Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 10402 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 10402 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 13/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME COGNOME NOME, nato a Villacidro il 23-04-1944, avverso la sentenza del 23-01-2024 della Corte di appello di Milano; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Presidente COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Procuratore generale, dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l’avvocato NOME COGNOME difensore di fiducia del ricorrente, il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 23 gennaio 2024, la Corte di appello di Milano confermava la decisione emessa dal Tribunale di Milano il 6 dicembre 2022, con la quale NOME COGNOME COGNOME era stato condannato alla pena di un anno e otto mesi di reclusione, in quanto ritenuto colpevole del delitto di cui agli art. 110 cod. pen. e 10 del d. lgs. n. 74 del 2000, delitto a lui contestato (capo A) perché, in qualità di amministratore di fatto della società RAGIONE_SOCIALE e in concorso con NOME COGNOME legale rappresentante della stessa, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, occultava le scritture contabili in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi e del volume d’affari ; fatto accertato in Milano il 20 marzo 2018. Con la pronuncia di primo grado era stato dichiarato invece estinto per prescrizione nei confronti dell’imputato l ‘ulteriore reato ex art. 5 del d. lgs. n. 74 del 2000 (capo B, commesso in Milano il 30 settembre 2013). Nel confermare la sentenza del Tribunale, i giudici di secondo grado sostituivano la pena inflitta all’imputato nella sanzione sostitutiva della detenzione domiciliare.
Avverso la sentenza della Corte di appello meneghina, COGNOME tramite il suo difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando tre motivi.
Con il primo, la difesa eccepisce l’inosservanza delle norme processuali in materia di inutilizzabilità, con particolare riferimento agli art. 526, 493 comma 3 e 511 cod. proc. pen., per avere i giudici di merito indebitamente utilizzato ai fini della decisione atti di indagine acquisiti all’udienza del 17 maggio 2022 al fascicolo del dibattimento, quali il processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza e i verbali contenenti le dichiarazioni rese dagli impiegati della RAGIONE_SOCIALE e dai suoi clienti, senza che ne venisse data lettura e che ne sia stata attestata la produzione, essendosi in tal modo impedito alla difesa di opporsi alla loro acquisizione. Precisa il difensore che, non avendo il P.M. specificato nelle richieste di prova che tra i documenti che intendeva produrre vi fossero, oltre ai documenti fiscali, anche il processo verbale di constatazione e le dichiarazioni rese dalle persone informate sui fatti, egli è venuto a conoscenza solo al termine del processo dell’i ndebito i nserimento di tali atti all’interno del fascicolo per il dibattimento.
Con il secondo motivo, oggetto di doglianza è la conferma del giudizio di colpevolezza dell’imputato, dolendosi in particolare la difesa dell’omessa risposta da parte della Corte territoriale agli specifici motivi di impugnazione sollevati dalla difesa, con i quali era stata contestata la qualità di amministratore di fatto del ricorrente; si era in particolare rimarcato che i testi escussi in dibattimento (COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME), le cui dichiarazioni sono state riportate parzialmente senza essere contestualizzate dal punto di vista temporale, avevano riferito dei rapporti intercorsi con la RAGIONE_SOCIALE negli anni fino al 2012,
quando la società era ancora operativa, prima del trasferimento della sede legale della società a Milano e prima che COGNOME ne divenisse legale rappresentante. Tali dichiarazioni, se esaminate nella loro interezza, avrebbero permesso di escludere il ruolo di amministratore di fatto in capo a COGNOME, avendo quest’ultimo mancato di esercitare in modo continuativo e significativo i poteri inerenti alla qualifica. La detenzione delle scritture contabili e l’inoltro delle dichiarazioni fiscali sarebbero invero da interpretarsi come l’espletamento delle attività tipiche dell’esercizio di dottore commercialità, nulla avendo a che vedere con la gestione della società, essendo una prassi diffusa la domiciliazione della società presso lo studio del consulente fiscale. La difesa deduce inoltre che la Corte di appello ha ignorato il valore probatorio ex art. 238 bis cod. proc. pen. della sentenza del Tribunale di Milano del 27 maggio 2021 passata in giudicato, resa in un procedimento per l’omessa presentazione della denuncia dei redditi relativa all’anno 2013, sentenza con cui l’odierno ricorrent e, tratto in giudizio anche in quel caso unitamente all’amministratore di diritto Suero NOME COGNOME era stato prosciolto per non aver commesso il fatto dall’accusa di essere amministratore di fatto della stessa società. La Corte di appello avrebbe inoltre omesso di valutare l’atto notarile prodotto dalla difesa attestante l’acquis izione da parte di COGNOME delle quote della RAGIONE_SOCIALE in data 21 dicembre 2012, nonché la ricezione da parte di COGNOME della documentazione contabile da NOME COGNOME precedente amministratore di diritto della società. La sentenza gravata, limitandosi ad affermazioni apodittiche, risulterebbe quindi carente rispetto a ll’individuazione delle prove poste a base dell ‘afferm azione di responsabilità dell’imputato.
Con il terzo motivo, è stata dedotta la violazione dell’art. 649 cod. proc. pen. poiché, nel separato procedimento prima indicato, in cui al ricorrente veniva contestata l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi per l’anno 2013, in violazione dell’art. 5 del d. lgs. n. 74 del 2000, COGNOME, con sentenza passata in giudicato, veniva prosciolto dall’accusa di essere amministratore di fatto della società RAGIONE_SOCIALE in quanto non era stata raggiunta la prova in tal senso. Sostiene la difesa che, pur essendo le due fattispecie oggetto dei due procedimenti diverse dal punto di vista oggettivo, esse convergono tuttavia in merito al presupposto soggettivo, ossia la qualifica di amministratore di fatto in capo al Sanneris. Pertanto, si dovrebbe prendere atto del fatto che è stato accertato con sentenze definitiva che, quantomeno alla data del 29 dicembre 2014, il ricorrente non era amministratore di fatto della società RAGIONE_SOCIALE e, quindi, non gli si sarebbero potute ascrivere condotte illecite successive a tale data.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1. Iniziando dal primo motivo, occorre in via preliminare richiamare il costante principio elaborato da questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 24635 del 04/02/2021, Rv. 281781 – 02, Sez. 6, n. 15968 del 08/03/2016, Rv. 266995, Sez. 5, n. 15624 del 15/12/2014, dep. 2015, Rv. 263261 e Sez. 4, n. 33387 del 08/07/2008, Rv. 241573), secondo cui l’ inutilizzabilità degli atti erroneamente inseriti nel fascicolo del dibattimento non è automatica, ma consegue alla tempestiva eccezione di parte, da proporre entro il termine previsto dall ‘ art. 491, comma 2, cod. proc. pen., posto che la legge consente l ‘ acquisizione, su accordo delle parti, di atti ulteriori rispetto a quelli previsti dall ‘ art. 431, comma 1, cod. proc. pen.
Ciò premesso, non può sottacersi che, come affermato nella sentenza impugnata (pag. 7-8), non vi è stata da parte della difesa alcuna opposizione all’acquisizione al fascicolo per il dibattimento delle dichiarazioni dei soggetti escussi nel corso della verifica fiscale, per cui tali contributi dichiarativi sono legittimamente confluiti nel corredo probatorio, trattandosi di atti non affetti da inutilizzabilità patologica, anche perché collegati al processo verbale di constatazione che, come più volte chiarito da questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 31223 del 04/06/2019, Rv. 276679 e Sez. 3, n. 15372 del 10/02/2010, Rv. 246599), in quanto atto amministrativo extraprocessuale, costituisce prova documentale, mentre, qualora emergano indizi di reato, occorre procedere secondo le modalità previste dall’art. 220 disp. att., giacché altrimenti la parte del documento redatta successivamente a detta emersione non può assumere efficacia probatoria e quindi non è utilizzabile. Ne consegue che la parte di documento compilata prima dell’insorgere degli indizi ha sempre efficacia probatoria ed è utilizzabile, mentre non è tale quella redatta successivamente, qualora non siano state rispettate le disposizioni del codice di rito, a ciò aggiungendosi che, in materia di attività ispettive di vigilanza di natura amministrativa, il momento a partire dal quale, nel corso di tale attività, sorge l’obbligo di rispettare le garanzie del codice di procedura penale è quello nel quale è possibile attribuire rilevanza penale al fatto, emergendone tutti gli elementi costitutivi, anche se ancora non possa essere ascritto a persona determinata, avendo in quest’ottica la citata sentenza n. 31223 del 2019 ribadito che anche il superamento della soglia di punibilità costituisce elemento costitutivo del reato.
Ora, nel caso di specie, il momento dell’insorgenza degli indizi di reità a carico dell’imputato non è stato oggetto di contestazione, per cui legittimamente è stato utilizzato il processo verbale di constatazione (i cui esiti sono stati esposti in dibattimento dal luogotenente NOME COGNOME, anche rispetto all’allegazione delle dichiarazioni dei soggetti escussi durante le attività ispettive, dichiarazioni rispetto al cui ingresso nel fascicolo processuale la difesa , su cui incombeva l’onere di verificare cosa venisse materialmente prodotto dal P.M., non si è opposta.
Ne consegue che la doglianza difensiva non può essere accolta.
Passando al secondo e al terzo motivo, suscettibili di trattazione unitaria perché tra loro sovrapponibili, occorre evidenziare che l’affermazione della penale responsabilità dell’imputato in ordine al reato di cui all’art. 10 del d. lgs. n. 74 del 2000 (capo A) non presenta vizi di legittimità rilevabili in questa sede.
Ed invero le due conformi sentenze di merito, le cui argomentazioni sono destinate a integrarsi per formare un apparato motivazionale unitario, hanno compiuto un’adeguata rassegna delle prove raccolte, evidenziando che d alla verifica fiscale svolta dalla Guardia di Finanza di Modena è emerso che la RAGIONE_SOCIALE società con sede legale in Milano, rispetto all’anno di imposta 2012, ha omesso di presentare la dichiarazione dei redditi, pur essendovi obbligata, essendo stata accertata una base imponibile netta sottratta a tassazione pari a 540.000 euro, con conseguente evasione dell’iva per 126.000 euro e dell’ires per 148.500 euro . Tale conclusione è scaturita in particolare dalla correlazione delle risultanze dello spesometro integrato, dei dati contabili riportati nell’ultimo bilancio depositato, quello relativo al 2011, e delle dichiarazioni rese da NOME COGNOME, legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, il quale ha riferito di aver acquistato dalla RAGIONE_SOCIALE, a partire dal 2012, attrezzature per la lavorazione della carne particolarmente costose, rispetto alle quali erano state emesse fatture.
È stato inoltre appurato che la predetta società aveva inizialmente istituito la contabilità, come desumibile dal rinvenimento presso i clienti delle fatture dalla stessa emesse, dal deposito dei bilanci di esercizio fino a quello relativo al 2011, oltre che dal rinvio, risultanti dai medesimi bilanci, alla documentazione contabile comprovante i dati riportati nello stato patrimoniale e nel conto economico.
E tuttavia dalle indagini svolte dai finanzieri è emerso che alcuna contabilità aziendale era presente nel luogo indicato come sede della sua tenuta, ovvero lo studio di NOME COGNOME COGNOME, ubicato in Modena, INDIRIZZO L’occultamento delle scritture contabili è stato ragionevolmente ritenuto funzionale a precludere la ricostruzione dei redditi e del volume di affari della società, ciò in ragione del l’opacità delle operazioni economiche compiute dalla RAGIONE_SOCIALE per come rivelata sia dal tenore delle fatture rinvenute presso i clienti, del tutto generiche e inidonee a provare le prestazioni asseritamente svolte, sia dall’omessa redazione dei bilanci riferiti alle annualità successive al 2011 e dalla dichiarazione di inoperatività della società, pur a fronte dei documentati e perduranti rapporti economici intrattenuti con i clienti, e in particolare con la RAGIONE_SOCIALE
Di qui il coerente giudizio sulla sussistenza dei reati di cui agli art. 5 e 10 del d. lgs. n. 74 del 2000, dovendosi precisare che il primo dei due reati è stato dichiarato estinto per prescrizione già dal Tribunale (peraltro in modo erroneo, posto che
all’epoca della decisione di primo grado non era maturata la prescrizione del reato, che si computa in 10 anni ex art. 17, comma 1 bis , del d. lgs. n. 74 del 2000).
2.1. Orbene, le condotte di omessa dichiarazione dei redditi e di occultamento delle scritture contabili sono state ascritte tanto all’amministratore di diritto della RAGIONE_SOCIALE ossia NOME COGNOME COGNOME resosi peraltro irreperibile dal marzo 2013, quanto al l’odierno ricorrente NOME COGNOME ritenuto amministratore di fatto della predetta società. Questi, infatti, è risultato essere non solo il depositario delle scritture contabili della RAGIONE_SOCIALE e l’intermediario abilitato alla pres entazione delle dichiarazioni della contribuente, ma anche (in assenza di minime tracce di attività riconducibili all’amministratore formale) il gestore di tutte le operazioni economiche riconducibili alla predetta società, come riferito dai dipendenti della RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME i quali hanno dichiarato di aver fatto sempre riferimento a Sanneris, da cui ricevevano indicazioni operative circa le attività da svolgere, compiti questi eccentrici rispetto alla mera veste di commercialista, mentre il legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME ha precisato di aver visto le fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE presso lo studio di Sanneris, presso il quale non fu rinvenuta alcuna documentazione contabile.
Ne consegue che, in presenza di elementi fattuali di indubbio spessore probatorio, l’attribuzione a l ricorrente del ruolo di amministratore di fatto della società formalmente rappresentata da RAGIONE_SOCIALE (dileguatosi subito dopo l’acquisizione delle quote) appare immune da censure, risultando la valutazione dei giudici di merito sorretta da argomentazioni pertinenti e coerenti con la condivisa affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 5, n. 45134 del 27/06/2019, Rv. 277540 Sez. 3, n. 22108 del 19/12/2014, dep. 2015, Rv. 264009, Sez. 5, n. 35346 del 20/06/2013, Rv. 256534), secondo cui la nozione di amministratore di fatto, introdotta dall’art. 2639 cod. civ., postula l’esercizio in modo continuativo e significativo dei poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione; nondimeno, significatività e continuità non comportano necessar iamente l’ esercizi o di tutti i poteri propri dell’ organo di gestione, ma richiedono l’esercizio di un’ apprezzabile attività gestoria, svolta in modo non episodico o occasionale. Ciò comporta che la prova della posizione di amministratore di fatto si traduce nell’ accertamento di elementi sintomatici dell’ inserimento organico del soggetto con funzioni direttive, in qualsiasi fase della sequenza organizzativa , produttiva o commerciale dell’ attività della società, quali sono i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunque settore gestionale di tale attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare, accertamento che costituisce oggetto di una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, ove sostenuta da congrua e logica motivazione, come appunto avvenuto nella vicenda in esame.
2.2. In definitiva, il giudizio delle due conformi sentenze di merito circa la sussistenza dei fatti illeciti e la loro ascrivibilità a Sanneris, in quanto sorretto da considerazioni razionali e non distoniche rispetto alle convergenti acquisizioni probatorie disponibili, correttamente intese nella loro valenza dimostrativa, non presta il fianco alle censure difensive, che invero sollecitano differenti apprezzamenti di merito che tuttavia esulano dal perimetro del giudizio di legittimità di legittimità, dovendosi ribadire (cfr. Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601 e Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482) che, in tema di giudizio di cassazione, a fronte di un apparato argomentativo privo di profili di irrazionalità, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito.
2.3. Resta solo da precisa re che alcuna violazione dell’art. 649 cod. proc. pen. è ravvisabile nel caso di specie, evincendosi dalle stesse allegazioni difensive che la pronuncia assolutoria resa dal Tribunale di Milano il 27 maggio 2021 (e irrevocabile il 1° ottobre 2021) ha riguardato una vicenda differente dal punto di vista temporale e contenutistico (art. 5 del d. lgs. n. 74 del 2000 riferito all’anno di imposta 2013), per cui alcuna efficacia preclusiva rispetto ai fatti di causa può attribuirsi al precedente giudicato, e ciò a prescindere da ogni approfondimento circa l’identità o meno delle acquisizioni probatorie veicolate nei due giudizi rispetto al tema dell’esercizio di poteri gestori dell’impresa da parte di Sanneris negli anni cui si riferiscono le distinte imputazioni di cui all’art. 5 del d. lgs. n. 74 del 2000, e ciò senza considerare che in questa sede la colpevolezza del ricorrente è stata circoscritta al differente reato ex art. 10 del d. lgs. n. 74 del 2000, la cui epoca di commissione è stata ancorata a quella della verifica fiscale (2018).
3 . Alla stregua di tali considerazioni, il ricorso proposto nell’interesse di Sanneris deve essere quindi rigettato, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 13.11.2024