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Amministratore di fatto: la Cassazione sulla responsabilità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore condannato per omessa dichiarazione fiscale. L’ordinanza ribadisce che la responsabilità penale ricade sull’amministratore di fatto, ovvero colui che gestisce concretamente l’azienda, a prescindere dalle cariche formali. La sua responsabilità è considerata principale, mentre quella dell’amministratore di diritto è a titolo di concorso. La Corte ha ritenuto le contestazioni del ricorrente mere questioni di fatto, già accertate nei precedenti gradi di giudizio.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Amministratore di Fatto: la Cassazione Conferma la Responsabilità Penale Primaria

La figura dell’amministratore di fatto è da tempo al centro del dibattito giurisprudenziale, specialmente in materia di reati tributari. Chi risponde quando chi gestisce non è chi appare formalmente? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 6435/2024, torna sul tema, confermando un principio ormai consolidato: ai fini della responsabilità penale, conta la sostanza e non la forma.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un imprenditore per il reato di omessa dichiarazione (art. 5 del D.Lgs. 74/2000), in concorso con altri soggetti. La condanna, emessa in primo grado dal Tribunale e confermata dalla Corte d’Appello, si basava sull’assunto che l’imputato, pur non rivestendo sempre cariche formali, avesse di fatto gestito la società per tutto il periodo contestato.

L’imprenditore ha quindi proposto ricorso per Cassazione, articolando le sue difese su due punti principali: la contestazione della sua responsabilità come amministratore di fatto, data la presenza di un amministratore di diritto, e la presunta assenza di dolo, ovvero dell’intenzione di commettere il reato.

La Responsabilità dell’Amministratore di Fatto secondo la Giurisprudenza

Il ricorrente ha tentato di scardinare l’impianto accusatorio sostenendo di non essere il vero gestore della società. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha rigettato questa linea difensiva, qualificando i motivi del ricorso come puramente fattuali e non idonei a mettere in discussione la logica della sentenza impugnata.

I giudici di merito avevano infatti già ampiamente dimostrato, sulla base di un cospicuo compendio probatorio, che l’imputato aveva esercitato le funzioni di amministratore di fatto per l’intero arco temporale, a prescindere dalle nomine formali di altri soggetti o dal suo inquadramento come semplice dipendente.

La Decisione della Corte di Cassazione

Con l’ordinanza in esame, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della vicenda, ma si ferma a una valutazione preliminare: i motivi proposti non erano conformi a quelli consentiti nel giudizio di legittimità, che non può riesaminare i fatti già accertati nei precedenti gradi di giudizio.

Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione risiede nel richiamo a un orientamento giurisprudenziale consolidato. La Cassazione sottolinea che, in caso di omessa dichiarazione, la responsabilità penale non è esclusiva dell’amministratore di diritto. Anzi, secondo la Corte:

1. Entrambi rispondono: Sia l’amministratore di diritto che l’amministratore di fatto sono responsabili del reato.
2. Responsabilità diversificata: La responsabilità non è identica. L’amministratore di fatto risponde a titolo principale, in quanto autore materiale e morale della gestione che ha portato all’omissione. L’amministratore di diritto, invece, risponde a titolo di concorso, per non aver vigilato o per aver consapevolmente permesso la gestione illecita altrui.

Questa interpretazione si fonda sul principio di effettività, secondo cui la responsabilità penale deve essere attribuita a chi ha concretamente il potere di impedire l’evento illecito, indipendentemente dalla carica formale.

Le Conclusioni

L’ordinanza n. 6435/2024 rafforza un importante monito per tutti gli operatori economici. Nascondersi dietro figure di ‘prestanome’ o amministratori ‘di facciata’ non è una strategia efficace per eludere le responsabilità penali, soprattutto in ambito fiscale. Il sistema giudiziario guarda a chi esercita effettivamente il potere decisionale e gestorio all’interno di un’azienda. La figura dell’amministratore di fatto non è una mera costruzione teorica, ma un soggetto a cui la legge attribuisce doveri e, di conseguenza, piene responsabilità in caso di violazioni.

Chi risponde penalmente per l’omessa dichiarazione dei redditi di una società?
Secondo l’ordinanza, rispondono penalmente sia l’amministratore di diritto (colui che è formalmente nominato) sia l’amministratore di fatto (colui che esercita effettivamente la gestione aziendale).

Qual è la differenza di responsabilità tra amministratore di fatto e di diritto in questo caso?
La Corte ribadisce che l’amministratore di fatto risponde del reato a titolo principale, in quanto gestore effettivo. L’amministratore di diritto, invece, risponde a titolo di concorso nel reato, per aver omesso i suoi doveri di vigilanza o aver permesso la gestione altrui.

È possibile contestare in Cassazione la propria qualifica di amministratore di fatto?
No, se tale qualifica è già stata accertata sulla base di prove nei precedenti gradi di giudizio. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile proprio perché la valutazione del ruolo effettivo svolto dall’imputato è una questione di fatto, non riesaminabile in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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