Amministratore di Fatto: la Cassazione Conferma la Responsabilità Penale Primaria
La figura dell’amministratore di fatto è da tempo al centro del dibattito giurisprudenziale, specialmente in materia di reati tributari. Chi risponde quando chi gestisce non è chi appare formalmente? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 6435/2024, torna sul tema, confermando un principio ormai consolidato: ai fini della responsabilità penale, conta la sostanza e non la forma.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un imprenditore per il reato di omessa dichiarazione (art. 5 del D.Lgs. 74/2000), in concorso con altri soggetti. La condanna, emessa in primo grado dal Tribunale e confermata dalla Corte d’Appello, si basava sull’assunto che l’imputato, pur non rivestendo sempre cariche formali, avesse di fatto gestito la società per tutto il periodo contestato.
L’imprenditore ha quindi proposto ricorso per Cassazione, articolando le sue difese su due punti principali: la contestazione della sua responsabilità come amministratore di fatto, data la presenza di un amministratore di diritto, e la presunta assenza di dolo, ovvero dell’intenzione di commettere il reato.
La Responsabilità dell’Amministratore di Fatto secondo la Giurisprudenza
Il ricorrente ha tentato di scardinare l’impianto accusatorio sostenendo di non essere il vero gestore della società. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha rigettato questa linea difensiva, qualificando i motivi del ricorso come puramente fattuali e non idonei a mettere in discussione la logica della sentenza impugnata.
I giudici di merito avevano infatti già ampiamente dimostrato, sulla base di un cospicuo compendio probatorio, che l’imputato aveva esercitato le funzioni di amministratore di fatto per l’intero arco temporale, a prescindere dalle nomine formali di altri soggetti o dal suo inquadramento come semplice dipendente.
La Decisione della Corte di Cassazione
Con l’ordinanza in esame, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della vicenda, ma si ferma a una valutazione preliminare: i motivi proposti non erano conformi a quelli consentiti nel giudizio di legittimità, che non può riesaminare i fatti già accertati nei precedenti gradi di giudizio.
Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni
Il cuore della decisione risiede nel richiamo a un orientamento giurisprudenziale consolidato. La Cassazione sottolinea che, in caso di omessa dichiarazione, la responsabilità penale non è esclusiva dell’amministratore di diritto. Anzi, secondo la Corte:
1. Entrambi rispondono: Sia l’amministratore di diritto che l’amministratore di fatto sono responsabili del reato.
2. Responsabilità diversificata: La responsabilità non è identica. L’amministratore di fatto risponde a titolo principale, in quanto autore materiale e morale della gestione che ha portato all’omissione. L’amministratore di diritto, invece, risponde a titolo di concorso, per non aver vigilato o per aver consapevolmente permesso la gestione illecita altrui.
Questa interpretazione si fonda sul principio di effettività, secondo cui la responsabilità penale deve essere attribuita a chi ha concretamente il potere di impedire l’evento illecito, indipendentemente dalla carica formale.
Le Conclusioni
L’ordinanza n. 6435/2024 rafforza un importante monito per tutti gli operatori economici. Nascondersi dietro figure di ‘prestanome’ o amministratori ‘di facciata’ non è una strategia efficace per eludere le responsabilità penali, soprattutto in ambito fiscale. Il sistema giudiziario guarda a chi esercita effettivamente il potere decisionale e gestorio all’interno di un’azienda. La figura dell’amministratore di fatto non è una mera costruzione teorica, ma un soggetto a cui la legge attribuisce doveri e, di conseguenza, piene responsabilità in caso di violazioni.
Chi risponde penalmente per l’omessa dichiarazione dei redditi di una società?
Secondo l’ordinanza, rispondono penalmente sia l’amministratore di diritto (colui che è formalmente nominato) sia l’amministratore di fatto (colui che esercita effettivamente la gestione aziendale).
Qual è la differenza di responsabilità tra amministratore di fatto e di diritto in questo caso?
La Corte ribadisce che l’amministratore di fatto risponde del reato a titolo principale, in quanto gestore effettivo. L’amministratore di diritto, invece, risponde a titolo di concorso nel reato, per aver omesso i suoi doveri di vigilanza o aver permesso la gestione altrui.
È possibile contestare in Cassazione la propria qualifica di amministratore di fatto?
No, se tale qualifica è già stata accertata sulla base di prove nei precedenti gradi di giudizio. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile proprio perché la valutazione del ruolo effettivo svolto dall’imputato è una questione di fatto, non riesaminabile in sede di legittimità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6435 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6435 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/10/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TRADATE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/12/2022 della CORTE APPELLO di POTENZA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RG NUMERO_DOCUMENTO/23
Rilevato che con sentenza in data 9 dicembre 2022 la Corte di appello di Potenza ha confermato la sentenza in data 30 novembre 2021 del Tribunale di Matera che aveva condannato NOME alle pene di legge per la violazione degli art. 110 cod. pen. e 5 d.lgs. n. 74 del 2000;
Rilevato che il ricorrente ha articolato tre motivi di censura per violazione di legge e vizi motivazione con cui ha contestato la sua responsabilità come amministratore di fatto, in presenza di un amministratore di diritto, e la sussistenza del dolo;
Rilevato che con successiva memoria difensiva il ricorrente ha ribadito le sue ragioni;
Considerato che i motivi sono fattuali e non si confrontano con la sentenza impugnata, che all’esito del vaglio critico di tutto il cospicuo compendio probatorio, ha confermato l’accertament compiuto in primo grado, secondo cui l’imputato aveva svolto le funzioni di amministratore di fatto per l’intero arco temporale in contestazione, prescindendo dalle cariche formali ricoperte da altri soggetti che si erano succeduti nel tempo e dalla sua formale assunzione come dipendente dell’azienda;
Rilevato che, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità, in caso d omessa dichiarazione, rispondono sia l’amministratore di diritto che l’amministratore di fatto (tr le più recenti, Sez. 3, n. 20050 del 16/03/2022, COGNOME, Rv. 283201 – 01), e anzi l’amministratore di fatto risponde a titolo principale, mentre quello di diritto a titolo di con (Sez. 2, n. 8632 del 22/12/2020, dep. 2021, Puddu, Rv. 280723-01);
Rilevato che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile e rilevato che alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod, proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2023
Il Consigliere estensore
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