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Amministratore di fatto: la Cassazione sulla responsabilità

La Corte di Cassazione conferma la condanna per bancarotta fraudolenta a carico di un’imputata ritenuta amministratore di fatto. La sentenza chiarisce i criteri per identificare la gestione di fatto e le nuove regole procedurali sull’obbligo di rinnovazione della prova in appello dopo la riforma del 2022. La Corte ha stabilito che la responsabilità penale deriva dall’esercizio concreto dei poteri gestori, indipendentemente dalla qualifica formale, confermando la colpevolezza per la distrazione dell’azienda a favore di una new-co e per il falso in bilancio che ha aggravato il dissesto.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

L’Amministratore di Fatto: Quando la Gestione Effettiva Conduce alla Responsabilità Penale

Nel diritto penale societario, la figura dell’amministratore di fatto assume un’importanza cruciale. Non è la carica formale a determinare la responsabilità, ma l’effettivo esercizio dei poteri gestionali. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito questo principio, confermando la condanna per bancarotta di una persona che, pur non avendo un ruolo ufficiale, gestiva concretamente un’azienda poi fallita. Questo caso offre spunti fondamentali sui criteri per identificare la gestione di fatto e sulle implicazioni delle recenti riforme processuali.

I Fatti: la Spoliazione di un’Azienda in Crisi

Il caso riguarda una società gravata da un indebitamento insostenibile, superiore al milione di euro, principalmente verso il fisco. Invece di avviare le procedure di liquidazione o fallimento, l’intero complesso aziendale (clienti, know-how, dipendenti e beni) è stato di fatto trasferito a una nuova società, costituita appositamente e amministrata formalmente dalla ricorrente. Questo trasferimento è avvenuto senza alcun corrispettivo, privando la società originaria di ogni risorsa e lasciando i creditori a mani vuote. La ricorrente, secondo l’accusa, era l’amministratore di fatto della società fallita, agendo in concorso con altri soggetti.

Il Percorso Giudiziario e i Motivi del Ricorso

La Corte d’Appello aveva riconosciuto la responsabilità della ricorrente per diversi reati, tra cui bancarotta distrattiva per la cessione dell’azienda, falso in bilancio per aver occultato i debiti tributari e aggravamento del dissesto. L’imputata ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Erronea qualificazione come amministratore di fatto: la difesa sosteneva che la ricorrente avesse svolto solo mansioni contabili e non gestionali.
2. Violazione di norme procedurali: si lamentava la mancata rinnovazione in appello dell’esame del curatore fallimentare, ritenuta necessaria per ribaltare la parziale assoluzione del primo grado (c.d. ‘overturning’).
3. Indeterminatezza dell’accusa di falso in bilancio: si contestava che l’imputazione non specificasse il nesso causale tra la falsificazione dei bilanci e il dissesto della società.

La Decisione della Cassazione: Analisi dei Punti Chiave

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo chiarimenti essenziali su tutti i punti sollevati.

Il Ruolo della gestione di fatto: Oltre la Forma

La Cassazione ha confermato che la qualifica di amministratore di fatto non dipende da investiture formali, ma dall’esercizio concreto, continuativo e significativo dei poteri tipici della funzione gestoria. Nel caso di specie, le prove raccolte (testimonianze di dipendenti e consulenti, e-mail, e il fatto che la ricorrente fosse diventata amministratrice di diritto della ‘new-co’) dimostravano in modo inequivocabile il suo ruolo centrale nella gestione economica e decisionale della società fallita. La Corte ha sottolineato che la responsabilità penale grava su chiunque eserciti tali poteri, essendo destinatario diretto delle norme incriminatrici.

La Riforma dell’Assoluzione in Appello: le Nuove Regole Procedurali

Uno degli aspetti più tecnici ma rilevanti della sentenza riguarda l’obbligo di rinnovare le prove dichiarative in appello in caso di ribaltamento di un’assoluzione. La Corte ha chiarito che, a seguito della riforma introdotta dal D.Lgs. 150/2022, tale obbligo è stato circoscritto. In particolare, non si applica ai giudizi abbreviati (come quello in esame) che si basano sugli atti raccolti durante le indagini. La Corte ha inoltre applicato il principio tempus regit actum, affermando che la nuova disciplina processuale si applica ai giudizi di impugnazione in corso al momento della sua entrata in vigore, rendendo legittima la decisione della Corte d’Appello di non procedere a un nuovo esame del testimone.

Falso in Bilancio e Nesso Causale con il Dissesto

Infine, la Corte ha respinto la censura relativa al reato di bancarotta impropria da falso in bilancio. Ha ritenuto che l’accusa fosse sufficientemente chiara e che il nesso causale fosse evidente: la sistematica omissione di ingenti debiti tributari nei bilanci aveva fornito una rappresentazione falsata della salute economica della società, consentendone la prosecuzione dell’attività. Questa prosecuzione, basata su dati non veritieri, ha portato all’accumulo di ulteriori perdite, aggravando in modo determinante il dissesto e danneggiando ulteriormente i creditori.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su due pilastri. Il primo è il principio della prevalenza della sostanza sulla forma nella definizione della responsabilità penale dell’amministratore di fatto. La giurisprudenza costante, richiamata nella sentenza, stabilisce che la responsabilità penale per i reati societari e fallimentari si estende a chiunque eserciti di fatto le funzioni gestionali, in quanto è l’effettivo esercizio del potere a costituire il presupposto per l’assunzione dei doveri e delle responsabilità connesse. I giudici hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse correttamente ricostruito il ruolo gestorio della ricorrente attraverso una lettura sinergica e logica di plurimi indicatori fattuali, superando la tesi difensiva che tentava di frammentare gli elementi di prova per sminuirne la portata accusatoria. Il secondo pilastro è l’interpretazione delle norme processuali alla luce del principio tempus regit actum. La Corte ha spiegato che la modifica dell’art. 603, comma 3-bis, c.p.p. non riguarda l’atto di impugnazione in sé, ma la disciplina istruttoria del giudizio d’appello. Pertanto, la legge applicabile è quella in vigore al momento della celebrazione del giudizio di secondo grado, non quella vigente al momento della proposizione dell’appello. Questa interpretazione ha permesso di considerare legittima la decisione della Corte territoriale di non rinnovare la prova, dato che la nuova norma esclude tale obbligo per i giudizi abbreviati.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande rilevanza pratica: ai fini della responsabilità penale in ambito societario, ciò che conta è chi detiene effettivamente le redini dell’impresa. Essere un amministratore di fatto comporta l’assunzione di tutti i doveri e le responsabilità legali, inclusa quella per i reati fallimentari come la bancarotta. La decisione della Cassazione serve da monito per chiunque operi dietro le quinte, credendo che l’assenza di una carica formale possa fungere da scudo contro le conseguenze legali delle proprie azioni gestionali. Inoltre, la pronuncia offre un’importante chiave di lettura sull’applicazione delle recenti riforme del processo penale, confermando che le nuove regole procedurali possono trovare applicazione anche nei procedimenti già in corso.

Chi è considerato ‘amministratore di fatto’ e quali sono le sue responsabilità?
Secondo la sentenza, un ‘amministratore di fatto’ è colui che, pur senza una nomina formale, esercita in modo continuativo e significativo i poteri tipici di gestione di una società. Questa persona risponde penalmente per i reati commessi nella gestione, come la bancarotta, al pari di un amministratore di diritto, perché la responsabilità deriva dall’esercizio concreto delle funzioni e non dalla qualifica formale.

È sempre necessaria la rinnovazione dell’esame di un testimone se la Corte d’Appello riforma una sentenza di assoluzione?
No. La sentenza chiarisce che, a seguito della riforma introdotta dal D.Lgs. 150/2022, l’obbligo di rinnovare l’esame di un testimone in caso di ribaltamento di un’assoluzione non si applica quando la sentenza di primo grado è stata emessa a seguito di giudizio abbreviato (salvo integrazioni probatorie specifiche non presenti in questo caso). La nuova norma si applica ai giudizi d’appello in corso al momento della sua entrata in vigore.

In che modo il falso in bilancio può causare o aggravare il dissesto di una società?
La sentenza spiega che la falsificazione del bilancio, ad esempio omettendo di registrare ingenti debiti, fornisce una rappresentazione non veritiera della situazione patrimoniale e finanziaria. Questo inganno consente alla società di continuare a operare quando invece dovrebbe essere liquidata o ristrutturata. La prosecuzione dell’attività in queste condizioni porta all’accumulo di ulteriori perdite, aggravando così il dissesto e aumentando il pregiudizio per i creditori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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