Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 8266 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 8266 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 10/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Termini Imerese il 04/08/1965, avverso la sentenza del 18/04/2024 della Corte di appello di Palermo; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del Sosti Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibi del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 27 marzo 2023, il Tribunale di Termini Imerese condannava NOME COGNOME alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione, in quanto ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 5 d.lgs. n. 74/2000, applicando le pene accessorie di legge e concedendo il beneficio della sospensione condizionale della pena principale e delle pene accessorie.
Con sentenza del 18 aprile 2024, la Corte di appello di Palermo, su appello dell’imputato e del Procuratore Generale presso la Corte di appello di Palermo, ordinava, nei confronti di NOME COGNOME, la confisca diretta della somma di euro 53.691,00 e, ove non possibile, la confisca per equivalente dei beni nella disponibilità dell’imputato, confermando, nel resto, la sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo, NOME COGNOME tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due motivi.
2.1 Con il primo motivo, la difesa invoca l’annullamento senza rinvio perché i reati sono estinti per intervenuta prescrizione.
In sintesi, la difesa deduce che, essendo i reati contestati al capo A) della rubrica commessi nel 2014 ed essendo la richiesta di rinvio a giudizio depositata in data 11/02/2022, il dibattimento di primo grado definito in data 27/03/2023 e quello di secondo grado in data 18/07/2024 senza atti interruttivi, andava emessa sentenza di non luogo a procedere per l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione ex art. 157 cod. pen.
2.2 Con il secondo motivo, la difesa lamenta ai sensi dell’ad 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata.
Deduce la difesa che non può affermarsi l’esistenza di un compendio probatorio a carico del ricorrente tale da far ritenere raggiunto lo standard minimo richiesto dalla Corte di cassazione per affermare la responsabilità penale del ricorrente per il reato di cui all’art. 5 d.lgs. n. 74/2000. Osserva la difesa ch i testi della pubblica accusa avevano chiarito, nel corso dell’esame reso all’udienza del 19/09/2022, che il rappresentante legale dell’Associazione RAGIONE_SOCIALE era NOME COGNOME a far data dall’11/12/2023, sicchè quest’ultimo era l’unico soggetto obbligato alla presentazione della dichiarazione dei redditi, tanto che il testimone funzionario dell’Agenzia delle Entrate aveva riferito che le omissioni dichiarative erano da imputare solo al legale rappresentante NOME COGNOME mentre se il ricorrente NOME COGNOME avesse
voluto procedere al pagamento dei tributi, neanche avrebbe potuto farlo, non rivestendo alcun ruolo all’interno dell’Associazione dilettantistica Virtus.
E’ pervenuta memoria dell’avv. COGNOME difensore di fiducia del ricorrente, con la quale si insiste nei motivi articolati nel ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è inammissibile per genericità, venendo reiterate le doglianze già svolte in sede di appello, senza l’imprescindibile confronto con le argomentazioni svolte dalla sentenza impugnata.
Il momento consumativo del reato di cui all’art. 5 d.lgs. n. 74/2000, tratto dalla previsione dell’art. 5, comma 2, cit., è quello della scadenza del termine di novanta giorni a decorrere dal termine finale previsto per legge per la presentazione della dichiarazione annuale relativa all’imposta sui redditi o sull’I.V.A. (Sez. 3, n. 42373 del 08/10/2024, COGNOME; Sez. 3, n. 48304 del 20/09/2016, Gioia, Rv. 268576).
Per l’anno di imposta 2013, il termine di presentazione della dichiarazione fiscale era fissato al 30/09/2014, per cui il reato si è perfezionato il 30/12/2014, ossia alla scadenza dei 90 giorni decorrenti dal 30/09/2014.
Da tanto discende che il termine massimo di prescrizione decennale, senza considerare eventuali sospensioni del corso della prescrizione, maturerà soltanto il 30/12/2024. Né può dirsi maturato il termine ordinario di prescrizione pari ad otto anni, essendo intervenuti, prima che detto termine maturasse (in data 30/12/2022), atti interruttivi del corso della prescrizione ai sensi dell’art. 1 cod. proc. pen., costituiti dal deposito della richiesta di rinvio a giudizio da par del pubblico ministero (11/02/2022) e dall’emissione del successivo decreto che dispone il giudizio (21/04/2022).
2. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
Diversamente da quanto sostenuto in ricorso, seppure il ricorrente avesse ricoperto il ruolo di legale rappresentante dell’impresa sino all’11/12/2013, anno di imposta nel quale aveva posto in essere numerose operazioni commerciali, desunte da 106 fatture tutte da lui sottoscritte, per un imponibile pari ad euro 207.011,39, corrispondente ad una imposta di euro 56.928,13, la gestione effettiva dell’impresa stessa era stata comunque da costui mantenuta anche nel periodo successivo, senza ottemperare alla presentazione della dichiarazione fiscale, conseguendo così un risparmio di spesa pari all’imposta evasa. I giudici di merito hanno messo in evidenza, infatti, come il ruolo di dominus
dell’Associazione sportiva era stato mantenuto dal ricorrente anche nel periodo successivo alla cessazione della carica di rappresentante legale: era stato il ricorrente stesso a promuovere una nuova gestione, con il subentro di altro rappresentante legale per la costituzione di un circolo; il progetto era naufragato perché la struttura non poteva conseguire l’autorizzazione sanitaria, sicché il circolo non era mai stato operativo, lo statuto era stato restituito al ricorrente e conseguentemente, il nuovo rappresentante legale ed i soci si erano disinteressati della gestione, ritenendo il progetto definitivamente archiviato; in esito ai controlli della Guardia di finanza, lo stesso COGNOME aveva rassicurato i soci, assumendosi la responsabilità di quanto occorso.
Le conclusioni sono in linea con gli orientamenti di questa Corte che affermano che del reato di omessa presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte dirette o IVA, l’amministratore di fatto risponde quale autore principale, in quanto titolare effettivo della gestione sociale e, pertanto, nelle condizioni di poter compiere l’azione dovuta, mentre l’amministratore di diritto, quale mero prestanome, è responsabile a titolo di concorso per omesso impedimento dell’evento, a condizione che ricorra l’elemento soggettivo richiesto dalla norma incriminatrice (Sez. 2, n. 8632 del 22/12/2020, COGNOME, Rv. 280723; Sez. 3, n. 38780 del 14/05/2015, COGNOME, Rv. 264971).
In conclusione, stante la manifesta infondatezza delle doglianze formulate, il ricorso proposto nell’interesse del ricorrente deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente stesso, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
Tenuto conto, infine, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende, esercitando la facoltà introdotta dall’art. 1, comma 64, I. n. 103 del 2017, di aumentare oltre il massimo la sanzione prevista dall’art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilità del ricorso, considerate le ragioni dell’inammissibilità stessa come sopra indicate.
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Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso il 10/12/2024