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Amministratore di fatto: la Cassazione sulla responsabilità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore, confermando la sua condanna per omessa dichiarazione fiscale. La Corte ha stabilito che la responsabilità penale ricade sull’amministratore di fatto, ovvero colui che gestisce effettivamente l’impresa, anche se ha formalmente cessato la carica di legale rappresentante. La Corte ha inoltre respinto l’eccezione di prescrizione, chiarendo il corretto calcolo dei termini.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Amministratore di Fatto: Chi Gestisce Davvero Risponde dei Reati Fiscali

La recente sentenza della Corte di Cassazione penale riaccende i riflettori su una figura cruciale nel diritto penale tributario: l’amministratore di fatto. Con questa pronuncia, i giudici supremi ribadiscono un principio fondamentale: per la legge non conta solo la carica formale, ma chi esercita effettivamente il potere decisionale e gestionale all’interno di un’impresa. Chi agisce come vero ‘dominus’ è anche il primo responsabile in caso di reati, come l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda il responsabile di un’associazione sportiva dilettantistica, condannato in primo e secondo grado per il reato di omessa dichiarazione fiscale (previsto dall’art. 5 del D.Lgs. 74/2000). Secondo l’accusa, l’imputato, pur avendo cessato formalmente la carica di legale rappresentante verso la fine dell’anno d’imposta in questione (il 2013), aveva continuato a gestire in tutto e per tutto l’attività. In particolare, aveva sottoscritto ben 106 fatture che documentavano numerose operazioni commerciali, generando un’imposta evasa di oltre 50.000 euro. Successivamente, aveva anche tentato di avviare una nuova gestione, progetto poi fallito, e aveva rassicurato gli altri soci che si sarebbe assunto ogni responsabilità in seguito ai controlli della Guardia di Finanza.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due argomenti principali:

1. Intervenuta Prescrizione: La difesa sosteneva che il reato, commesso nel 2014, fosse ormai estinto per il decorso del tempo, non essendo intervenuti atti interruttivi validi prima della scadenza del termine ordinario.
2. Mancanza di Prova e Illogicità della Motivazione: Secondo il ricorrente, non vi era prova sufficiente della sua responsabilità penale. Una volta cessata la carica, l’obbligo di presentare la dichiarazione sarebbe spettato unicamente al nuovo legale rappresentante. Egli, non avendo più alcun ruolo formale, non avrebbe potuto adempiere all’obbligo tributario.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile.

Sul tema della prescrizione, i giudici hanno chiarito il calcolo corretto dei termini. Il reato di omessa dichiarazione si perfeziona 90 giorni dopo la scadenza del termine di presentazione. Per l’anno d’imposta 2013, la scadenza era il 30/09/2014, quindi il reato si è consumato il 30/12/2014. Da quella data decorre il termine di prescrizione. La Corte ha evidenziato che atti interruttivi, come la richiesta di rinvio a giudizio, erano intervenuti ben prima della scadenza del termine ordinario di otto anni, rendendo l’eccezione infondata.

Sul punto centrale della responsabilità, la Corte ha confermato l’impianto accusatorio, qualificando il ricorrente come amministratore di fatto. I giudici hanno sottolineato che, al di là della cessazione della carica formale, l’imputato aveva mantenuto il pieno controllo gestionale dell’associazione, come dimostrato dalle numerose fatture firmate e dal suo comportamento successivo. Secondo l’orientamento consolidato della Cassazione, l’amministratore di fatto risponde come autore principale del reato di omessa dichiarazione, in quanto è il titolare effettivo della gestione sociale e, quindi, l’unico soggetto nelle condizioni concrete di poter compiere l’azione dovuta. L’amministratore di diritto (il cosiddetto ‘prestanome’), invece, può essere ritenuto responsabile a titolo di concorso, per non aver impedito l’evento.

Conclusioni

La sentenza consolida un principio di fondamentale importanza: nel diritto penale d’impresa, la sostanza prevale sulla forma. La responsabilità per i reati fiscali non si ferma alle nomine sulla carta, ma segue il potere effettivo. Chiunque gestisca un’attività, prendendo decisioni e compiendo atti di gestione rilevanti, è considerato dalla legge un amministratore di fatto e, come tale, è chiamato a rispondere delle proprie omissioni. Questa decisione serve da monito per chi crede di potersi schermare dietro cariche formali altrui, ricordando che il sistema legale è progettato per individuare e sanzionare chi detiene realmente le redini del comando.

Chi è responsabile per l’omessa dichiarazione fiscale secondo la Cassazione?
La responsabilità principale ricade sull’amministratore di fatto, cioè la persona che esercita effettivamente la gestione e il controllo dell’impresa, indipendentemente da chi ricopra formalmente la carica di legale rappresentante.

La responsabilità penale cessa con la fine dell’incarico formale?
No. Se una persona continua a gestire di fatto l’attività anche dopo aver cessato la propria carica formale durante l’anno d’imposta, rimane responsabile per l’omessa presentazione della dichiarazione relativa a quell’anno, in quanto è considerato il vero ‘dominus’ della gestione.

Come si calcola la prescrizione per il reato di omessa dichiarazione?
Il termine di prescrizione inizia a decorrere dal novantesimo giorno successivo alla scadenza del termine ordinario per la presentazione della dichiarazione fiscale. Per l’anno d’imposta 2013, ad esempio, con scadenza al 30/09/2014, il reato si è perfezionato il 30/12/2014 e da quella data è partito il conteggio per la prescrizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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