Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 34992 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 34992 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a TORINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/03/2025 della Corte d’appello di Torino Udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; Letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 6 marzo 2024 la Corte di appello di Torino ha confermato la sentenza emessa il 18 luglio 2022 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Torino che aveva condannato COGNOME NOME a pena di giustizia per i reati di bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale commessi in qualità di amministratore di fatto della società RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita con sentenza del 13 luglio 2017.
Il Tribunale aveva ritenuto COGNOME NOME responsabile della distrazione della somma di euro 122.000 in quanto oggetto di un bonifico privo di giustificazione, effettuato, in data 17 Febbraio 2017, in favore della RAGIONE_SOCIALE, nonché della sottrazione dei libri e scritture contabili della medesima società fallita.
In particolare, aveva ritenuto che il COGNOME– socio al 99% nella società fallita nonché amministratore di diritto della medesima, fino al novembre 2016, quando la carica di amministratore unico era stata assunta da COGNOME NOME– avesse continuato di fatto a gestire personalmente l’azienda assumendone il ruolo di amministratore di fatto e continuando a detenere le credenziali per l’accesso ai conti correnti bancari della società, fino a quando, nel Febbraio 2017, l’azienda era stata ceduta a COGNOME NOMENOME altro originario coimputato.
2.Avverso la sentenza ha proposto ricorso COGNOME NOME, con atto a firma del suo difensore.
2.1. Con primo motivo denuncia vizio di motivazione in relazione all’art. 192, comma 3, cod proc pen. Deduce la manifesta illogicità e mancanza di motivazione della sentenza essendo stata ritenuta dimostrata la responsabilità dell’imputato, in ordine alla fattispecie distrattiva ascritta al capo A), senza considerare che le dichiarazioni rese dal coimputato COGNOME avevano riguardato la condotta svolta dal COGNOME quale amministratore, e non già la ricostruzione della condotta distrattiva. Peraltro, le sentenze di merito non avrebbero rispettato i criteri di valutazione delle dichiarazioni rese dai coimputati, stabiliti dall’articolo 192, comma 3, cod proc pen; non era stata indicata la ragione per la quale il fatto distrattivo addebitato dovesse essere ricondotto al NOME; le sentenze di merito sono illogiche avendo ritenuto che l’imputato avrebbe dovuto chiarire il momento in cui aveva ceduto le credenziali di accesso al COGNOME, dovendo, piuttosto, tale chiarimento essere fornito dal COGNOME; la dichiarazione di quest’ultimo, secondo cui il COGNOME avrebbe continuato a detenere la chiavetta per l’accesso ai conti correnti della società, sarebbe priva di riscontro; le dichiarazioni rese dal COGNOME al curatore fallimentare sarebbero state oggetto di travisamento.
2.2. Con secondo motivo denuncia vizio di motivazione e travisamento di prova in relazione alla fattispecie di bancarotta di documentale ascritta al capo B).
Deduce di avere, con atto di appello, richiamato la ricevuta in atti, del 23 Febbraio 2017, con la quale NOME COGNOME aveva dichiarato di ricevere la documentazione contabile della società fallita; con successiva mail del 13 dicembre 2017, il coimputato COGNOME aveva comunicato all’AVV_NOTAIO, curatore del fallimento, che la documentazione contabile era stata ritirata dal nuovo amministratore; le superiori circostanze non sono state, tuttavia, considerate dalla Corte territoriale e la responsabilità del COGNOME sarebbe stata, pertanto, affermata sulla base di un ragionamento inferenziale non sulle prove documentali in atti.
3.Il Sostituto Procuratore generale ha concluso, con requisitoria scritta, chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Il ricorso è infondato.
1.Il primo motivo è infondato. La difesa deduce violazione di legge con riferimento alla regola di cui all’art. 192, comma 3, cod. proc. pen. sostenendo l’inidoneità delle dichiarazioni rese dal coimputato COGNOME a fornire prova della responsabilità dell’imputato.
La doglianza espressa, in ordine al fatto che ‘la questione fattuale da decidere’ sarebbe stata relativa alla condotta distrattiva e non al ruolo di amministratore, è fuorviante e fuori fuoco, costituendo il ruolo di amministratore di fatto il presupposto della condanna, essendo incontestato il carattere distrattivo della condotta incriminata.
Le sentenze di merito hanno ritenuto accertato il ruolo di amministratore di fatto assunto dall’imputato rispetto alla società fallita, anche dopo il passaggio formale delle consegne al COGNOME, soggetto privo delle competenze per amministrarla, evidenziando la sussistenza di concreti elementi indicativi di una fattiva gestione riconducibile al medesimo imputato, detentore, peraltro, del 99% delle quote sociali. In tale contesto, le dichiarazioni del coimputato COGNOME NOME, sul ruolo di amministratore di fatto mantenuto dall’odierno ricorrente anche dopo l’assunzione della carica di amministratore da parte del medesimo dichiarante, sono state ritenute riscontrate dalle dichiarazioni rese da altri soggetti, con i quali la società fallita ed il Pellicano hanno avuto modo di interfacciarsi; particolare rilievo è stato altresì dato al contenuto della mail indirizzata dal ricorrente al direttore dell’istituto bancario, con la quale il primo si doleva del malfunzionamento del collegamento home banking , in quanto ritenuta inconfutabilmente idonea a dimostrare che, appena un mese prima dell’esecuzione del bonifico, il ricorrente ancora era l’unico in possesso delle credenziali di accesso per il collegamento con l’istituto bancario.
Deve ricordarsi che, secondo l’insegnamento di questa Corte, ai fini dell’attribuzione della qualifica di amministratore “di fatto”, è necessaria la presenza di elementi sintomatici dell’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell’attività della società, quali i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare, ed il relativo accertamento costituisce oggetto di una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, ove sostenuta da congrua e logica motivazione (v., ad es., Sez. 5, n. 45134 del 27/06/2019, COGNOME, Rv. 277540 – 01; Sez. 5, n. 8479 del 28/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269101 – 01).
Siffatta cornice di riferimento ha informato adeguatamente l’ordito motivazionale dell’impugnata sentenza, destinata, peraltro, ad integrarsi nel suo apparato motivazionale con quella conforme di primo grado (Sez. 6, n. 5224 del 02/10/2019,
dep. 2020, COGNOME, Rv. 278611; sul punto, v. già Sez. 2, n. 11220 del 13/11/1997, COGNOME, Rv. 209145).
La Corte territoriale ha ancorato il proprio giudizio ad elementi specifici risultanti dagli atti, traendo dalla loro valutazione globale un giudizio in termini di certezza circa l’attribuzione del reato all’indagato, sulla base di considerazioni pienamente logiche, non suscettibili di censura in questa sede.
Le evidenze acquisite danno conto della ritenuta infondatezza della deduzione difensiva, improntata a logica del tutto congetturale, relativa alla presunta estraneità del ricorrente alla condotta distrattiva accertata in quanto la comprovata disponibilità, in capo al ricorrente, dell’impianto contabile dell’azienda lo ha posto nella condizione di controllare gli andamenti dei flussi finanziari, in entrata e in uscita e di effettuare la distrazione.
La Corte di appello ha fornito una motivazione priva di illogicità e coerente rispetto al quadro probatorio acquisito. Nonostante il bonifico sia risultato effettuato quando COGNOME era già divenuto l’amministratore da qualche giorno, l’imputato, reale dominus della società, appena un mese prima della cessione della stessa al COGNOME e prima che venisse effettuato il bonifico, aveva indirizzato una mail al direttore dell’istituto bancario, con cui la società intratteneva rapporti, chiedendo chiarimenti in merito alle disfunzioni del remote banking apex; nella medesima prospettiva è stato, inoltre, evidenziato che non risultano elementi da cui ritenere che il COGNOME ( che risulta essere coimputato in separato procedimento) sia effettivamente entrato nella disponibilità delle credenziali per operare sul conto corrente tramite Internet banking anche considerata la mancata allegazione, da parte dell’imputato, delle circostanze in cui tale cessione sarebbe avvenuta.
La motivazione risulta fondata su una chiave di lettura logica ed unitaria delle evidenze acquisite e la difesa in definitiva ripropone, con il ricorso, censure già sviluppate in appello attraverso deduzioni reiterative ed infondate, prive della idoneità ad assolvere la funzione di critica argomentata della sentenza impugnata ed inidonee a mettere in luce vizi rilevanti nel percorso logico-argomentativo dei giudici di appello, censurabili in questa sede.
Esulano, invero, dal perimetro di giudizio rimesso a questa Corte le censure che, pure investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze già esaminate dal giudice, spettando alla Corte di legittimità il solo compito di verificare se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, attraverso il controllo della congruenza della motivazione rispetto ai canoni della logica e ai principi del diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. 5, n. 602 del 14/11/2013, dep. 2014, Ungureanu, Rv. 258677; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, P.M. in proc. liana, Rv. 255460). Il controllo di logicità, peraltro, deve rimanere “all’interno” del
provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate.
2.Il secondo motivo è manifestamente infondato. Il ricorrente denuncia travisamento di prova, con riferimento al reato di bancarotta documentale, sostenendo che la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare la sussistenza in atti di una ricevuta della documentazione contabile, del 23 febbraio 2017, a firma del COGNOME e, inoltre, che lo stesso COGNOME NOME, con propria mail del 13 dicembre 2017, avrebbe comunicato al curatore fallimentare che la documentazione contabile della società era stata ritirata dal nuovo amministratore ovvero dal COGNOME.
La sentenza impugnata, oltre ad evidenziare il fatto che della documentazione contabile nulla si dica nell’atto di cessione della società, ha sottolineato, con motivazione priva di illogicità, che la sottrazione delle scritture contabili è stata funzionale alla copertura della condotta distrattiva, sottolineando la sussistenza di un nesso logico tra quest’ultima condotta, certamente riconducibile al COGNOME, e ‘ le gravi omissioni nella tenuta della contabilità’ in quanto ‘finalisticamente orientate a rendere impossibile la ricostruzione delle vicende patrimoniali’. La doglianza difensiva è aspecifica e assertiva in quanto priva di supporto dimostrativo, anche documentale, e inidonea a disarticolare l’ordito motivazionale della sentenza impugnata, efficace, pur se sintetico, e privo di illogicità.
3.In conclusione, pertanto, il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 18/09/2025 Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME