Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 35413 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME
In nome del Popolo RAGIONE_SOCIALE
Penale Sent. Sez. 5   Num. 35413  Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data Udienza: 30/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da
COGNOME COGNOME
– Presidente –
Sent. n. sez. 1022/2025
NOME OCCHIPINTI
UP – 30/09/2025
NOME BELMONTE
R.G.N. 17983/2025
COGNOME COGNOME
– Relatore –
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nata a BOLLATE il DATA_NASCITA Nel procedimento in cui è parte civile: RAGIONE_SOCIALE
avverso la sentenza del 11/12/2024 del G.u.p. presso il Tribunale di Milano
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito  il  Pubblico  Ministero,  in  persona  del  Sostituto  Procuratore,  COGNOME, che ha concluso, riportandosi alla memoria già depositata, per il rigetto del ricorso;
udito  l’AVV_NOTAIO  che  ha  esposto  i  motivi  di  gravame  ed  insistito nell’annullamento RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1.Con  sentenza  del  11.12.2024,  il  G.u.p.  presso  il  Tribunale  di  Milano, decidendo  in  sede  di  giudizio  abbreviato,  ha  dichiarato  NOME  COGNOME colpevole  dei  reati  a  lei  ascritti  (di  bancarotta  fraudolenta  patrimoniale  per distrazione  e  documentale),  e,  su  richiesta  dell’imputata,  ha  sostituito,  ex  art.
56-bis  l.  689/81  e  succ.  mod.,  la  pena  inflitta  di  anni  due  e  mesi  otto  di reclusione con quella del lavoro di pubblica utilità.
 Avverso  la  suindicata  sentenza,  ha  proposto  ricorso  per  cassazione l’imputata, tramite il difensore di fiducia, deducendo i seguenti tre motivi.
2.1. Col primo motivo deduce la manifesta illogicità e contraddittorietà RAGIONE_SOCIALE motivazione RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata relativamente all’attribuzione alla ricorrente del ruolo di amministratrice di fatto RAGIONE_SOCIALE società fallita, nonché il travisamento dei fatti e l’illogica valutazione delle prove, e la carenza degli elementi soggettivo ed oggettivo RAGIONE_SOCIALE fattispecie criminosa. La ricorrente è stata condannata perché ritenuta amministratrice di fatto RAGIONE_SOCIALE società fallita per tutto il periodo RAGIONE_SOCIALE sua esistenza, pur avendo avuto la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ un amministratore unico nella persona di NOME COGNOME, socio titolare del 99% delle quote, divenuto poi liquidatore dal 29/08/2016 alla dichiarazione di fallimento.
Tanto premesso, si ritiene che occorre valutare se il giudice di merito, affermando che COGNOME sarebbe stato una mera testa di legno, abbia fatto buon governo dei principi giurisprudenziali elaborati dalla Suprema Corte per riconoscere gli elementi sintomatici dell’amministrazione di fatto di un’impresa. Indi si riportano i principi affermati da questa Corte di legittimità riguardo al tema indicato, evidenziando come sia costante l’orientamento giurisprudenziale secondo cui è necessaria la verifica dell’effettivo e sistematico ruolo gestorio RAGIONE_SOCIALE concreta attività aziendale e l’accertamento di determinati indici sintomatici al riguardo puntualmente indicati dalla Suprema Corte.
Il primo elemento evidenziato dal G.u.p. è costituito dalle ‘strette cointeressenze tra la fallita e la società RAGIONE_SOCIALE ricorrente’ che in realtà altro non sono che dei rapporti commerciali tra la fallita e le altre società riconducibili ai coniugi COGNOME, ossia la società italiana RAGIONE_SOCIALE, l’elvetica RAGIONE_SOCIALE e l’albanese RAGIONE_SOCIALE Tali pretese cointeressenze non sono state minimamente individuate né argomentate dal giudice, che neppure ha spiegato in quale modo e se proverebbero l’amministrazione di fatto RAGIONE_SOCIALE fallita da parte RAGIONE_SOCIALE ricorrente. Dai conti correnti RAGIONE_SOCIALE fallita emergono solo degli ordinari rapporti commerciali tra quest’ultima e la società RAGIONE_SOCIALE e null’altro, e i rapporti commerciali tra imprese sono ovviamente diversi e distinti dalle cointeressenze economiche. Dalle movimentazioni bancarie non si evince un’azione o una distrazione posta in essere dalla COGNOME o una cointeressenza economica nell’attività RAGIONE_SOCIALE fallita. Del tutto generica e apparente è dunque la motivazione resa dal giudice al riguardo. D’altra parte, la COGNOME aveva anche dichiarato, nel suo interrogatorio reso alla RAGIONE_SOCIALEa di finanza il 21 Marzo 2018, di avere ricevuto
un compenso di euro 50.000 dalla RAGIONE_SOCIALE per una prestazione di lavoro di collaborazione e progetto afferente la realizzazione di un albergo in Albania, e la difesa aveva tempestivamente prodotto in atti sia il contratto con il progetto sia la relazione allegata. RAGIONE_SOCIALE ha dunque collaborato con la società fallita per soli 10 mesi, cioè per la durata del contratto conclusosi a novembre 2015 con la consegna del progetto commissionato, e non per i 21 mesi indicati dal curatore.
Quanto poi alle dichiarazioni valorizzate dal G.u.p., rese dalla signora NOME COGNOME, si fa rilevare che esse, oltre a non essere intrinsecamente attendibili, non hanno comunque trovato riscontri esterni. Tali dichiarazioni sono state inoltre smentite dalla signora NOME COGNOME, collega di lavoro RAGIONE_SOCIALE COGNOME sentita a sommarie informazioni dall’AVV_NOTAIO nell’ambito dello svolgimento di investigazioni difensive. La COGNOME è incorsa in diverse contraddizioni e ha reso la versione valorizzata dal giudice in maniera non spontanea ma solo a seguito delle contestazioni effettuate dagli operanti.
A ciò si aggiunga che, mentre è stata attribuita piena valenza probatoria alle dichiarazioni rese in sede di ritrattazione dalla teste ritenuta fondamentale nel processo pur in assenza di qualsiasi obiettivo riscontro di verifica di attendibilità, sono state ritenute radicalmente inattendibili le dichiarazioni raccolte da tutti gli altri soggetti escussi in sede di investigazioni difensive. E ciò, peraltro, in base ad una generica affermazione di inattendibilità resa sulla base del fatto che sarebbe stato invece palese che il COGNOME fosse una mera testa di legno.
Né si è tenuto conto di quanto affermato dal locatore dell’immobile sede RAGIONE_SOCIALE società  che  ha  riferito  di  avere  trattato  per  la  locazione,  e  relativi  problemi, sempre  e  soltanto  con  il  COGNOME  cui  aveva  consegnato  le  chiavi  e  che  a  fine locazione gliele aveva restituite.
Né avrebbero dovuto essere tratti elementi dalla genericità delle informazioni rese  dal  COGNOME  al  curatore  in  sede  di  interrogatorio,  perché  egli  si  recò sofferente  a  rendere  le  sue  dichiarazioni,  in  condizioni  di  salute  precarie,  e  fu questo quindi il motivo  che lo spinse ad essere vago  e non  quello di salvaguardare la COGNOME, o altri.
2.2. Col secondo motivo deduce l’illogicità RAGIONE_SOCIALE motivazione in ordine all’ammontare del danno da risarcire alla parte civile erroneamente determinato nella somma di euro 253.673,51, mentre il passivo fallimentare ammonta ad euro 182.682,79. Il G.u.p., in luogo di valutare in concreto l’entità del danno effettivo subito dalla procedura fallimentare che non risulta eccedente quello accertato con lo stato passivo definitivo allegato, lo ha determinato effettuando la sommatoria delle pretese distrazioni elencate nel capo di imputazione finendo
col condannare l’imputato al risarcimento di un danno immotivatamente superiore al passivo fallimentare pari ad euro 182.682,79. Ciò senza neppure avere esaminato né argomentato in ordine alle prove documentali fornite dall’altro coimputato, ingegnere NOME COGNOME, assolto per non aver commesso il fatto, prove che smentivano, quantomeno in parte, l’imputazione di distrazione RAGIONE_SOCIALE somma complessiva di euro 85.991,93, quale oggetto di varie disposizioni di bonifico sul conto corrente acceso presso la banca Credito Emiliano a beneficio di destinatari esteri e privi di giustificativo. I documenti prodotti dal COGNOME erano idonei a giustificare i bonifici esteri quantomeno per complessivi euro 26.326, fermo restando che dalla lettura dell’estratto conto RAGIONE_SOCIALE banca Credito Emiliano (Credem), e da tutti gli atti del fascicolo, neppure risultano effettuati bonifici esteri per l’ammontare RAGIONE_SOCIALE somma di euro 85.991, illogicamente riconosciuta dal G.u.p.
Tutto  ciò  senza  considerare  che  i  prelievi  sono  stati  tutti  considerati  come distrazioni  senza  tener  conto  dei  conferimenti  intervenuti  nel  periodo  da  parte del  COGNOME  a  copertura,  conferimenti  che  avrebbero  dovuto  evidentemente essere  comunque  considerati  nel  calcolo  economico  per  la  determinazione  del danno risarcibile e ai fini RAGIONE_SOCIALE gravità del reato.
2.3. Col terzo motivo deduce la contraddittorietà e manifesta illogicità RAGIONE_SOCIALE motivazione circa il  mancato  riconoscimento delle attenuanti generiche e l’omessa  indicazione  dei  criteri  di  determinazione  RAGIONE_SOCIALE  pena  ex  art.  133  cod. pen.  per  non  avere  il  giudice  valutato  le  condizioni  sociali  del  reo  attribuendo illegittimamente valenza negativa al suo comportamento processuale per il solo fatto che non aveva reso confessione.
Il ricorso, proposto successivamente al 30.6.2024, è stato trattato – ai sensi dell’art.  611  come  modificato  dal  d.lgs.  del  10.10.2022  n.  150  e  successive integrazioni  –  su  richiesta,  con  l’intervento  delle  parti  che  hanno  rassegnato  le conclusioni indicate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il  ricorso,  che  presenta  tratti  di  inammissibilità,  è  nel  suo  complesso infondato.
1.1. Il primo motivo è, nel suo complesso, infondato, non potendosi ritenere sussistenti i  vizi  denunciati  che  peraltro  si  soffermano  solo  su  alcuni  degli  aspetti indicati nella sentenza impugnata ai fini RAGIONE_SOCIALE valutazione RAGIONE_SOCIALE ricorrenza, in capo alla COGNOME, RAGIONE_SOCIALE qualifica di amministratrice di fatto.
Nel tracciare le linee portanti RAGIONE_SOCIALE ricostruzione dell’intera vicenda e del ruolo assunto dalla ricorrente, la Corte di merito non si è limitata a citare i rapporti intercorsi tra la società fallita ed altre società riconducibili ai coniugi COGNOME, rispetto ai quali si sono comunque poste in evidenza le discrasie emerse tra i dati comunicati al fisco dalla RAGIONE_SOCIALE, da un lato, e dalla RAGIONE_SOCIALE, dall’altro, in ordine alle operazioni tra loro intercorse, ma ha piuttosto posto l’accento sulla evidente commistione esistente tra le varie società in questione, come delineatasi anche sulla base delle dichiarazioni rese dalla teste COGNOME alla RAGIONE_SOCIALEa di finanza. Al riguardo, la sentenza impugnata, anche al fine di tracciare le linee RAGIONE_SOCIALE ritenuta attendibilità RAGIONE_SOCIALE teste, ha innanzitutto accennato al fatto, certamente non di scarso rilievo ove collegato a tutti gli altri elementi emersi, che la riduttiva versione originariamente resa dalla stessa, e poi rettificata, le era stata suggerita, come dalla medesima precisato alla RAGIONE_SOCIALE, proprio dalla COGNOME, alla quale la COGNOME si era evidentemente sentita in dovere di rivolgersi, prima di essere sentita dalla RAGIONE_SOCIALEa di finanza, e di riferire la circostanza RAGIONE_SOCIALE convocazione.
La NOME, sempre secondo quanto riferito dalla teste – RAGIONE_SOCIALE cui attendibilità la sentenza impugnata non ha avuto motivo di dubitare né d’altra parte il ricorso indica le specifiche ragioni per le quale le sue affermazioni non sarebbero da ritenere credibili – avrebbe per di più suggerito alla stessa di dire che era stato NOME NOME ad assumerla, evidentemente proprio al fine di non far trapelare il ruolo da lei di fatto avuto. E al contempo l’aveva invitata a non preoccuparsi dicendole che era stata convocata anche lei dalla RAGIONE_SOCIALEa di finanza.
E, in occasione delle dimissioni dalla teste rassegnate in relazione alla società RAGIONE_SOCIALE, rispetto alla quale risultava formalmente assunta, era stata sempre la COGNOME a cercare di dissuaderla, chiedendole di rimanere a lavorare per ‘loro’ e proponendole addirittura un aumento di stupendo. E, sempre su disposizione RAGIONE_SOCIALE COGNOME, la teste non aveva risposto al questionario inviatole un anno addietro dalla curatrice fallimentare, avendole, appunto, la COGNOME riferito che ci avrebbe pensato lei.
Tra i diversi pagamenti tramite bonifici e traenza di assegni per prestazioni palesemente estranee all’attività imprenditoriale, oppure privi di causale, figuravano, poi, anche undici bonifici per complessivi euro 14.350 in favore di NOME COGNOME, madre di NOME, che mai era stata assunta dalla fallita, oltre che quattro bonifici per complessivi euro 5.300 in favore RAGIONE_SOCIALE COGNOME, risultata formalmente alle dipendenze RAGIONE_SOCIALE società fallita per soli 23 giorni. Quasi tutti i predetti soggetti che avevano ricevuto pagamenti a titolo di emolumenti o compensi da RAGIONE_SOCIALE risultavano avere lavorato anche e soprattutto per RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE, la società costituita il 29/10/2013, di proprietà ed amministrata da NOME COGNOME.
In  pratica  si  conclude  nella  sentenza  impugnata  che  la  RAGIONE_SOCIALE  pagava  gli stipendi dei propri dipendenti attingendo alle casse RAGIONE_SOCIALE fallita, la cui gestione era pertanto solo apparentemente riconducibile al prestanome COGNOME, ma di fatto a lei imputabile.
D’altra parte, si è altresì evidenziato nella sentenza impugnata che il COGNOME, allorquando si presentava al curatore, dopo il sollecito ricevuto, a rendere interrogatorio, palesava la sua veste formale di testa di legno, trincerandosi dietro inverosimili vuoti di memoria per mascherare la mancata conoscenza di aspetti elementari per chi avesse davvero amministrato la società – vuoti di memoria che inerendo ad aspetti elementari appaiono difficilmente giustificabili con i generici motivi di salute addotti dalla difesa.
Il  motivo  è  a  tratti  anche  inammissibile  in  quanto  volto  a  sollecitare  una rivalutazione del merito e delle risultanze probatorie, attività preclusa al giudice di legittimità.
Ed invero, deve, per altro verso, rilevarsi che il Tribunale ha proceduto alla ricostruzione  del  ruolo  RAGIONE_SOCIALE  ricorrente  nella  piena  consapevolezza  dei  principi affermati  da  questa  Corte  in  tema  di  amministrazione  di  fatto  indicati  in  ricorso, attesi gli estremi fattuali di cui essa ha tenuto conto ai fini RAGIONE_SOCIALE valutazione operata al riguardo.
È principio costante che la qualifica di amministratore di fatto richiede l’accertamento dell’esercizio, in via continuativa e significativa, dei poteri tipici dell’organo gestorio, anche in assenza di formale investitura, e può essere desunta da plurimi indici sintomatici, quali la sottoscrizione di atti, la gestione dei rapporti con i terzi, l’ingerenza nella conduzione dell’impresa; e che i fini dell’attribuzione RAGIONE_SOCIALE qualifica di amministratore di fatto è necessaria la presenza di elementi sintomatici dell’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive in qualsiasi fase RAGIONE_SOCIALE sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell’attività RAGIONE_SOCIALE società, quali i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare ed il relativo accertamento costituisce oggetto di una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, ove sostenuta da congrua e logica motivazione (Sez. 5, n. 45134 del 27/06/2019, Bonelli, Rv. 277540; Sez. 5, n. 8479 del 28/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269101).
E’ a tale funzione direttiva che ha inteso evidentemente riferirsi la ricostruzione  contenuta  nella  sentenza  impugnata,  che,  nel  riportare  i  plurimi elementi  emersi  a  sostegno  del  ruolo  di  amministratrice  di  fatto  svolto  dalla
ricorrente,  ha  indicato  aspetti  direttamente  sintomatici  di  tale  direzione,  quale l’incidenza dell’imputata nella fase di assunzione e di dimissione dei dipendenti, ed aspetti  che,  sebbene non rimandino direttamente ad atti gestori, sono comunque indicativi  del  suo  porsi  come dominus RAGIONE_SOCIALE  società,  ‘gestendo’  i  lavoratori  anche nella fase in cui essi erano convocati dalla guardia di finanza, dando loro le direttive su cosa dire e soprattutto su cosa non far trapelare.
In  definitiva,  nel  caso  di  specie,  il  giudice  di  merito  ha  dato  conto  degli elementi  posti  a  fondamento  RAGIONE_SOCIALE  qualifica  di  amministratrice  di  fatto,  tra  cui  le cointeressenze  societarie,  i  rapporti  bancari  e  le  dichiarazioni  testimoniali,  con motivazione non apparente né manifestamente illogica.
Le censure difensive attengono, pertanto, al merito e si risolvono in mere deduzioni in fatto, che per di più mirano ad una rivalutazione probatoria, in quanto tali inammissibili in sede di legittimità. Avendo, peraltro, la sentenza impugnata, anche con riferimento agli esiti delle investigazioni difensive, fornito adeguata motivazione riguardo alle ragioni per le quali esse, a fronte del granitico quadro probatorio emerso a suffragio del ruolo di amministratrice di fatto RAGIONE_SOCIALE COGNOME, non potessero assumere rilievo idoneo a superare i convergenti dati probatori emersi.
In altri termini, a fronte RAGIONE_SOCIALE logica ed esaustiva ricostruzione dei giudici di merito, il ricorso si è limitato, dopo una generica premessa su quelli che sono i parametri indicati dalla giurisprudenza di questa corte sintomatici RAGIONE_SOCIALE assunzione RAGIONE_SOCIALE funzione di fatto di amministratore, ad estrapolarne alcuni al fine di evidenziare che nel caso di specie essi difetterebbero, laddove i giudici di merito hanno in realtà ricostruito la posizione dell’imputata su una pluralità di elementi ritenuti, nel loro complesso, indicativi di una ingerenza continuativa nella gestione societaria anche per la qualità ed incisività degli atti in cui essa si è estrinsecata tra i quali gli stessi atti distrattivi – che non possono giustificarsi se non con l’assunzione di un potere di fatto da vero dominus.
1.2. Quanto al motivo sulla quantificazione del danno risarcibile in favore RAGIONE_SOCIALE parte  civile,  Fallimento  RAGIONE_SOCIALE  ‘RAGIONE_SOCIALE‘,  si  deve  innanzitutto  dare  atto dell’intervenuta revoca RAGIONE_SOCIALE costituzione di parte civile da parte RAGIONE_SOCIALE curatela del Fallimento RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE che a rigore determina la cessazione RAGIONE_SOCIALE materia del  contendere  (ed  il  difensore  dell’imputata  ha  di  fatto  rinunciato  al  motivo  in questione nel corso RAGIONE_SOCIALE discussione).
In ogni caso non può non rilevarsi che il motivo, come articolato, è comunque generico, facendo esso riferimento unicamente al passivo accertato con riferimento alle domande tempestive, ed allegando unicamente il verbale di verifica dello stato passivo che tuttavia non reca neppure la data dell’esecutività.
1.3. Inammissibile è infine la doglianza relativa al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche ed alla determinazione RAGIONE_SOCIALE pena.
Non è sindacabile in sede di legittimità la valutazione negativa del comportamento processuale dell’imputato, che non abbia fornito contributi collaborativi o di chiarimento, potendo il giudice valorizzare tali aspetti intesi come indicativi dell’assenza di elementi positivi di valutazione.
La Corte territoriale nel rendere la motivazione con la quale ha escluso la meritevolezza da parte RAGIONE_SOCIALE ricorrente di un trattamento sanzionatorio più mite peraltro già non in particolare esubero rispetto ai minimi edittali e ridotta per il rito ad anni due e mesi otto di reclusione – ritenendo che non emergessero elementi, ulteriori, valorizzabili rispetto alla incensuratezza e alla scelta di definire il procedimento col rito abbreviato, si è attenuta al consolidato principio giurisprudenziale affermato da questa Corte secondo cui il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto RAGIONE_SOCIALE quale, ai fini RAGIONE_SOCIALE concessione RAGIONE_SOCIALE diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017 – dep. 30/08/2017, COGNOME, Rv. 27098601).
Dalle ragioni sin qui esposte deriva il rigetto del ricorso, cui consegue, per legge, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna RAGIONE_SOCIALE ricorrente al pagamento delle spese di procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 30/09/2025.
Il Consigliere estensore COGNOME COGNOME
Il Presidente COGNOME