Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 30170 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 30170 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a NAPOLI il 08/10/1975
avverso la sentenza del 03/10/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, la Corte d’Appello di Napoli, in riforma delliti sentenza emessa dal GUP del Tribunale di Napoli il 9.7.2018, ha rideterminato in anni tre di reclusione la durata delle pene accessorie fallimentari, confermando nel resto la condanna di NOME COGNOME alla pena principale di anni tre di reclusione, in relazione al delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per aver sottratto immobilizzazioni materiali e beni di proprietà della “RAGIONE_SOCIALE“, fallita il 13.3.2015, della quale era stato amministratore di fatt nonché al delitto di bancarotta fraudolenta documentale, per aver sottratto le scritture contabili della società, nelle medesime qualità.
Avverso la citata sentenza d’appello ha proposto ricorso l’imputato, tramite il difensore di fiducia, deducendo tre diversi motivi di critica.
2.1. La prima ragione di censura eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione manifestamente illogica e contraddittoria in relazione al riconoscimento, in capo al ricorrente, del ruolo di amministratore di fatto della fallita, nonostante non siano emersi elementi concreti sintomatici di tale posizione gestoria.
La sentenza considera significativi due fattori invece neutri, vale a dire il fat che l’imputato sia il figlio dell’amministratrice legale e che sia stato il dipenden di riferimento della società nella sede distaccata di Bologna; dipendente al quale venivano dati poteri dispositivi in ragione della vicinanza parentale, ma senza che tali momenti di condivisione familiare delle responsabilità aziendali possano spostare l’asse dell’amministrazione dalla madre, vera unica amministratrice, al figlio.
Si contesta ancora la valenza gestoria attribuita alle impressioni dei dipendenti ascoltati come testimoni, i quali percepivano il figlio del capo come “capo” egli stesso, nonché all’operazione di cessione dei contratti di leasing dei beni aziendali di un’altra società di proprietà del figlio (autocarri da trasporto) a fallita, da cui si è dedotta illogicamente una commistione gestoria tra le due società, che avrebbe rivelato la riconducibilità di entrambe ad un unico centro di interessi.
2.2. Il secondo motivo di ricorso eccepisce vizio di motivazione per mancanza e manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto configurabile la condotta distrattiva, enunciandone i punti essenziali, che ritiene insufficienti.
Si contesta, in particolare:
la genericità dell’imputazione di aver distratto immobilizzazioni materiali non meglio specificate – “crediti, disponibilità liquide. .voci di attivo risultanti dall bilancio al 31.12.2011” – di cui non si comprende bene la natura;
la valenza distrattiva della rottamazione di vecchi autocarri della fallita, c anzi rappresentato come un atto dovuto, al fine di eliminare costi inutili, vist l’antieconomicità del loro uso.
2.3. Il terzo motivo di ricorso denuncia violazione di legge e vizio di motivazione manifestamente illogica e contraddittoria in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta documentale.
Si ribadisce l’estraneità del ricorrente dalla gestione della fallita e comunque la giustificazione fornita dalla madre dell’imputato, amministratrice di diritto del fallita, riguardo alla circostanza che le scritture contabili erano st incolpevolmente perdute durante il trasferimento dell’azienda.
Si contesta, altresì, la mancanza del dolo richiesto dalla disposizione incriminatrice, individuato dalla difesa in quello generico “in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimoni o del movimento degli affari”, chiedendo la riqualificazione, al più, della condotta nella fattispecie meno grave di bancarotta semplice documentale.
Il Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione ha chiesto con requisitoria scritta l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è complessivamente infondato.
Il primo motivo di critica è infondato, ai limiti dell’inammissibilità.
Si contestano la valenza delle prove dalle quali si è tratta la qualifica d amministratore di fatto in capo al ricorrente, ma con argomenti che non riescono a scardinare la ricostruzione della gravità indiziaria a suo carico.
Gli elementi concreti dai quali si è desunto il ruolo gestionale di fatt dell’imputato sono stati ben richiamati a pag. 6 della sentenza impugnata, con una motivazione del tutto congrua, coerente con quanto ritenuto dal GUP del Tribunale di Napoli all’esito del giudizio abbreviato, e mediante la valorizzazione di dati da forte impatto logico deduttivo: in particolare, la percezione dei dipendentitestimoni circa la qualità dell’imputato di amministratore “delegato” dalla madre e la posizione fiduciaria e gestoria affidatagli nella sede di Bologna; inoltre, commissione gestoria rilevata tra la fallita e altra società da lui stess amministrata – la Fase trasporti – ha rappresentato un importante, ulteriore
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tassello di conferma della conclusione dei giudici di merito, rivelando la riconducibilità di entrambe ad un unico centro di interessi.
Del resto, costituisce orientamento consolidato ritenere che, in tema di bancarotta, la qualifica di amministratore di fatto di una società non richiede l’esercizio di tutti i poteri tipici dell’organo di gestione, essendo necessari sufficiente una significativa e continua attività gestoria o cogestoria, svolta modo non episodico o occasionale, anche solo in specifici settori, pur se non interessati dalle condotte illecite, tale da fornire indici sintomatici dell’organ inserimento del soggetto, quale “intraneus”, nell’assetto societario (cfr., da ultimo, Sez. 5, n. 2514 del 04/12/2023, dep. 2024, Commodaro, Rv. 285881).
Deve essere, altresì, ricordato che, in presenza di una doppia conforme, il vizio di motivazione deducibile e censurabile in sede di legittimità è soltanto quello derivante dal medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 2, n. 5336 del 19/01/2018, L, Rv. 272018) oppure quello che derivi dalla rappresentazione, con specifica deduzione, che il dato probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado (Sez. 3, n. 45537 del 28/09/2022, M., Rv. 283777).
Nel caso di specie, vi è stata una valutazione completa del compendio probatorio da parte dei giudici di merito, conforme nei due gradi di giudizio.
Se invece si vuole “riscrivere” la vicenda dal punto di vista del significato delle prove, logico e coerente, descritto nelle sentenze di primo e secondo grado, tale operazione incorre nel vizio di inammissibilità (cfr., tra le altre, Sez. 6, n. 5465 del 4/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, COGNOME, Rv. 265482).
3. Il secondo motivo di ricorso è generico e inedito.
Con critiche mai formulate prima dell’impugnazione in sede di legittimità (come si desume dall’atto di appello), la censura si limita a contestare, in modo assertivo e pertanto di per sé inammissibile, le conclusioni alle quali è giunta la sentenza impugnata in ordine alla distrazione dei beni aziendali, senza confrontarsi con la motivazione, fondata sull’analisi dettagliata della documentazione esaminata dal curatore.
Il terzo motivo di censura è altrettanto inammissibile, poiché la qualificazione giuridica in termini di bancarotta fraudolenta documentale della
condotta contestata all’imputato si radica in solidi argomenti logici nella sentenza impugnata (cfr. pag. 7).
Anche il riferimento all’elemento soggettivo è ben strutturato, alla stregua degli insegnamenti della giurisprudenza di legittimità, secondo cui la condotta
distrattiva costituisce la base finalistica della bancarotta fraudolenta documentale e, quindi, un elemento indicatore da cui si desume la volontà di occultare i
movimenti patrimoniali della società fallita, per impedire la ricostruzione delle sue consistenze economiche, a danno dei creditori. L’irregolare tenuta delle scritture
contabili è, infatti, di regola funzionale all’occultamento o alla dissimulazione atti depauperativi del patrimonio sociale (cfr., in tema, Sez. 5, n. 2438 de
05/11/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287480; Sez. 5, n. 26613 del
22/02/2019, COGNOME, Rv. 276910).
4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 12/06/2025.