Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 13014 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 13014 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a SAN MINIATO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/11/2022 della CORTE APPELLO di FIRENZE visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME AVV_NOTAIO che ha concluso chiedendo
udito il difensore
IN FATTO E IN DIRITTO
Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Firenze confermava la sentenza con cui il tribunale di Siena, in data 10.10.2019, aveva condannato COGNOME NOME alle pene, principale e accessorie, ritenute di giustizia, in relazione ai fatti di bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale in rubrica ascrittigli come commessi in concorso, nella sua qualità di amministratore di fatto della società “RAGIONE_SOCIALE“, dichiarata fallita dal tribunale di Siena in data 22.7.2012.
Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede l’annullamento, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, lamentando: 1) violazione di legge in punto di mancata applicazione dell’art. 519, c.p.p., come modificato dall’art. 30, d.lgs. 10.10.2022, n. 150, con decorrenza dal 30.12.2022; 2) vizio di motivazione in punto di attribuzione all’imputato della qualità di amministratore di fatto della società fallita, in cui amministratore di diritto era il coimputato COGNOME NOME.
Con requisitoria scritta del 17.11.2023, il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, AVV_NOTAIO chiede che il ricorso venga rigettato.
Il ricorso va rigettato per le seguenti ragioni.
Infondato appare il primo motivo di ricorso.
Con esso il ricorrente COGNOME richiede che sia applicato nei suoi confronti con efficacia retroattiva il nuovo disposto dell’art. 519, co. 1, c.p.p., come modificato dal decreto legislativo n. 150 del 2022, che consente all’imputato, in caso di contestazione – di un reato concorrente, di esercitare una facoltà processuale non prevista in precedenza, vale a dire quella di richiedere il giudizio abbreviato, la sospensione del procedimento con messa alla prova o l’applicazione della pena su richiesta ex art. 444 c.p.p., quando, come accaduto nel caso che ci occupa, la contestazione del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, di cui al capo b) dell’imputazione, sia stata effettuata a norma dell’art. 517 c.p.p.
/t/
Secondo la prospettazione difensiva la norma di nuovo conio avrebbe natura sostanziale, per cui essa deve applicarsi retroattivamente ex art. 2 c.p., in quanto norma più favorevole, anche ai fatti commessi prima della sua entrata in vigore, sicché la sentenza impugnata andrebbe annullata con rinvio, per consentire all’imputato di esercitare le opzioni consentitegli in punto di accesso ai riti alternativi.
Tale tesi non può essere condivisa per un duplice ordine di ragioni.
Va innanzitutto chiarito che la norma di cui si discute ha una chiara natura processuale, proprio perché consente all’imputato, in caso di nuova contestazione, a sua scelta, di definire H giudizio instaurato nei suoi confronti, attraverso l’accesso a diverse forme di definizione del processo ovvero di richiedere l’ammissione di nuove prove, dunque di esercitare un ventaglio di opzioni processuali, preliminari alle quali è attribuita all’imputato la possibilità, del pari prevista dal “nuovo” art. 519, co. 1, c.p.p., di chiedere un termine a difesa, per meditare sulla scelta da compiere.
In quanto norma processuale essa non è applicabile retroattivamente.
Sul punto appare sufficiente ribadire il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui il principio di nec:essaria retroattività della disposizione più favorevole, affermato dalla sentenza CEDU del 17 settembre 2009 nel caso Scoppola contro Italia, non è applicabile in relazione alla disciplina dettata da norme processuali, che è regolata dal principio “tempus regit actum” (cfr. Sez. U, n. 44895 del 17/07/2014, Rv. 260927), sicché in tema di successione di leggi processuali nel tempo, non opera il principio di retroattività della legge più favorevole (cfr. Sez. 5, n. 35588 del 03/04/2017, Rv. 271207).
Sotto altro profilo non può non rilevarsi come la disposizione di cui si discute abbia recepito un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, che, in tema di nuove contestazioni, riconosceva al pubblico ministero il potere di procedere, nel dibattimento, alla modifica dell’imputazione o alla formulazione di nuove contestazioni senza specifici COGNOME limiti COGNOME temporali COGNOME o COGNOME di COGNOME fonte, COGNOME proprio COGNOME perché veniva contestualmente riconosciuto all’imputato la facoltà di chiedere al
giudice un termine per contrastare l’accusa, esercitando ogni prerogativa difensiva come la richiesta di nuove prove o il diritto ad essere rimesso in termini per chiedere riti alternativi o l’obiezione (cfr., ex plurirms, Sez. 5, n. 8631 del 21/09/2015, Rv. 266081; .Sez. 6, n. 18749 del 11/04/2014, Rv. 262614).
Di tale facoltà l’imputato non si è avvalso, pur avendo chiesto e ottenuto un rinvio della trattazione del processo, a seguito della contestazione del reato di cui al capo b), avvenuta all’udienza del 18.5.2017, sicché non può egli ora dolersi del mancato esercizio di una facoltà, che era in suo potere esercitare, ma non ha esercitato.
6. Inammissibile appare il secondo motivo di ricorso.
Si osserva al riguardo che, come affermato da tempo nella giurisprudenza di legittimità, in tema di reati fallimentari, il soggetto che, ai sensi della disciplina dettata dall’art. 2639, c.c., assume la qualifica di amministratore “di fatto” della società fallita è da ritenere gravato dell’intera gamma dei doveri cui è soggetto l’amministratore “di diritto”, per cui, ove concorrano le altre condizioni di ordine oggettivo e soggettivo, egli assume la penale responsabilità per tutti i comportamenti penalmente rilevanti a lui addebitabili (come i fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale), tra i quali vanno ricomprese le condotte dell’amministratore di diritto (cfr. Sez. 5, 20/05/2011, n. 39593, rv 250844; Sez. 5, 2/3/2011, n. 15065, rv. 250094).
Senza tacere che la previsione di cui all’art. 2639 cod. civ. non esclude che l’esercizio dei poteri o delle funzioni dell’amministratore di fatto possa verificarsi in concomitanza con l’esplicazione dell’attività di altri soggetti di diritto, i quali – in tempi successivi o anche contemporaneamente – esercitino in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione (cfr. Sez. 5, n. 12912 del 06/02/2020, Rv. 279040).
Consolidato appare all’interno della giurisprudenza di legittimità anche l’orientamento secondo cui la nozione di amministratore di fatto, introdotta dall’art. 2639 c.c., postula l’esercizio in modo continuativo e
significativo dei poteri tipici inerenti alla qualifica od alla funzione, anche se “significatività” e “continuità” non comportano necessariamente l’esercizio di “tutti” i poteri propri dell’organo di gestione, ma richiedono l’esercizio di un’apprezzabile attività gestoria, svolta in modo non episodico od occasionale.
La posizione dell’amministratore di fatto, destinatario delle norme incriminatrici della bancarotta fraudolenta, dunque, va determinata con riferimento alle disposizioni civilistiche che, regolando l’attribuzione della qualifica di imprenditore e di amministratore di diritto, costituiscono la parte precettiva di norme che sono sanzionate dalla legge penale. La disciplina sostanziale si traduce, in via processuale, nell’accertamento di elementi sintomatici di gestione o cogestione della società, risultanti dall’organico inserimento del soggetto, quale “intraneus” che svolge funzioni gerarchiche e direttive, in qualsiasi momento dell'”iter” di organizzazione, produzione e commercializzazione dei beni e servizi rapporti di lavoro con i dipendenti, rapporti materiali e negoziali con i finanziatori, fornitori e clienti – in qualsiasi branca aziendale, produttiva, amministrativa, contrattuale, disciplinare.
Peraltro l’accertamento degli elementi sintomatici di tale gest:ione o cogestione societaria costituisce oggetto di apprezzamento di fatto che è insindacabile in sede di legittimità, se sostenuto da motivazione congrua e logica (cfr. Sez. 5, 14.4.2003, n. 22413, rv. 224948; Se. I, 12.5.2006, n. 18464, rv. 234254).
Orbene non può non rilevarsi come, nel caso in esame, la corte territoriale abbia fatto buon governo dei richiamati principi.
Il giudice di appello, infatti, ha ritenuto che il COGNOME abbia svolto il ruolo di amministratore di fatto della società fallita, alla luce delle dichiarazioni rese al riguardo, da un lato, da COGNOME NOME, unico cliente della suddetta società, e dal commercialista COGNOME, i quali hanno concordemente indicato nel COGNOME il loro punto di riferimento all’interno della società, laddove il COGNOME NOME, amministratore di diritto, è stato indicato come uomo di fiducia del ricorrente, ritenuto comunque dai giudici di appello responsabile al pari
del COGNOME dei fatti di bancarotta, avendone condiviso i disegni illeciti; dall’altro, dallo stesso COGNOME, che ha attribuito al coimputato la responsabilità esclusiva della gestione societaria.
A fronte di tale coerente argomentazione, i rilievi difensivi non aggrediscono specificamente l’attendibilità delle dichiarazioni dei testi e del coimputato, ma propongono una diversa valutazione delle risultanze processuali, valorizzando il ritrovamento di un’auto appartenente alla società, che il RAGIONE_SOCIALE aveva affidato alle cure di un meccanico, senza provvedere a ritirarla, perché il prezzo della riparazione non era mai stato pagato; il mancato rinvenimento di documenti contabili o beni da acquisire all’attivo a seguito di perquisizione domiciliare presso l’abitazione del ricorrente; la presenza di conti correnti intestati alla società, cui il RAGIONE_SOCIALE non poteva accedere, e l’assenza di conti correnti personali intestati agli imputati.
Orbene, in questa sede di legittimità è precluso il percorso argomentativo seguito dal ricorrente, che si risolve in una mera e del tutto generica lettura alternativa o rivalutazione del compendio probatorio, posto che, in tal caso, si demanderebbe alla Cassazione il compimento di una operazione estranea al giudizio di legittimità, quale è quella di reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione (cfr. ex plurimis, Cass., sez. VI, 22/01/2014, n. 10289; Cass., Sez. 3, n. 18521 del 11/01/201.8, Rv. 273217; Cass., Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Rv. 253099; Cass., Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, Rv. 277758).
Infine non può non rilevarsi come, con riferimento al tema dell’amministratore di fatto, il ricorso sia fondato su censure che si risolvono anche nella semplice reiterazione di quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla corte di merito, con la cui motivazione sul punto il ricorrente in realtà non si confronta, dovendosi, pertanto, le stesse considerare non specifiche ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Rv. 277710).
7. Al rigetto del ricorso, segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento. RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese.
Così deciso in Roma il 12.12.2023.