Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 36770 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 36770 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/07/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME NOME, nato a Terni il DATA_NASCITA NOME NOME, nato a Terni il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del-17/10/2023 della Corte d’appello di Perugia visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’annullame “-nto della sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia limitatamente al beneficio della sospensione condizionale della pena per COGNOME NOME e dichiararsi inammissibili entrambi i ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Perugia, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Terni, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti degli ,imputati in relazione al reato di cui all’art. 11 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 (capo 2), perché estint per prescrizione, ed ha rideterminato la pena, rispettivamente; nei confronti di COGNOME NOME, in anni due di reclusione, in relazione ai reati di cui agli artt.
comma 2 cod.pen., 4 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, (capo I del proc.pen. 775/2017), artt. 110 cod.pen., 10 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 (capo 1 del proc.pen. 51/2018) e nei confronti di COGNOME NOME, in anni due e mesi uno di reclusione, in relazione ai reati di cui agli artt. 110 cod.pen., 10 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 (capo 1 del proc.pen. 51/2018), art. 5 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 (capo 3 del proc.pen. 51/2018) e artt. 81 comma 2 cod.pen., 4 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 (capo 4 del proc.pen. 51/2018).
Avverso la sentenza hanno proposto separati ricorsi gli imputati.
2.2. L’AVV_NOTAIO, nell’interesse di NOME ha dedotto quattro motivi di ricorso:
Violazione di legge in relazione all’erronea applicazione dell’art. 10 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74. La Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto responsabile il ricorrente che, all’epoca dell’accertamento esperito dalla Guardia di finanza, non era più il soggetto obbligato alla tenuta RAGIONE_SOCIALE scritture societarie in quanto non er più formalmente l’amministratore della società. La società RAGIONE_SOCIALE era, infatti, stata oggetto di cessione, tramite scrittura privata notarile in data 3 aprile 2013, ossi all’incirca un anno prima dell’accertamento della Guardia di finanza e dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. Difetterebbe pertanto l’elemento oggettivo richiesto dalla norma perché nel momento in cui è stato effettuato l’accertamento della Guardia di finanza, la documentazione della società avrebbe dovuto essere richiesta al nuovo amministratore e la stessa doveva inoltre essere conservata presso la nuova sede societaria in Romania.
Violazione di legge in relazione all’erronea applicazione dell’art. 5 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74. La Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto responsabile il ricorrente per l’omessa presentazione della dichiarazione a fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette al 31 dicembre 2013, nonostante non fosse più socio accomandatario della società RAGIONE_SOCIALE alla data di scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione e dunque al momento della consumazione del reato.
Vizio di motivazione in relazione alla carenza di motivazione in relazione all’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 4 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74. L motivazione sarebbe carente perché riferito alla sola condotta materiale del reato che non può giustificare l’elemento soggettivo del reato né sotto il profilo della coscienza e volontà da parte del soggetto agente di presentare una dichiarazione infedele, né in merito al dolo di evasione.
Vizio di motivazione in relazione alla carenza di motivazione in punto superamento RAGIONE_SOCIALE soglie di punibilità dei reati di cui agli artt. 4 e 5 d.lgs 10 mar 2000, n. 74, fondata su un mero accertamento induttivo.
2.3. L’AVV_NOTAIO, nell’interesse di COGNOME NOME, ha dedotto quattro motivi.
Vizio di motivazione in relazione alla carenza, illogicità della motivazione in relazione all’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 4 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74. Premesso che il ricorrente possedeva l’80% RAGIONE_SOCIALE quote della società RAGIONE_SOCIALE ed era socio accomandante e che gli elementi attivi omessi dall’imputato attengono unicamente alla sua quota di partecipazione rispetto al reddito imponibile della società RAGIONE_SOCIALE nel 2010 e 2011, reddito accertato sulla scorta dell’accertamento induttivo basato sui ricavi della società suddivisi pro quota tra i soci, la Co territoriale avrebbe argomentato l’elemento soggettivo del reato sul rilievo che non era stata esposta alcuna plausibile spiegazione che giustificasse l’omessa indicazione degli elementi attivi rilevanti per la determinazione del reddito se non quella d evasione. Non avrebbe considerato che il socio accomandante e non firmatario della dichiarazione del reddito societario potrà rispondere del reato di dichiarazione infedele solo qualora venga accertato che fosse a conoscenza della falsità della dichiarazione dei redditi presentata dalla società o a fronte di una dichiarazione societaria fedele abbia presentato una dichiarazione Irpef ad essa non conforme.
Il ricorrente sarebbe stato ritenuto colpevole unicamente sulla base dell’incongruenza tra quanto dallo stesso dichiarato a fini Irpef e l’imponibil societario ricostruito in via induttiva dall’RAGIONE_SOCIALE.
-Vizio di motivazione in relazione alla prova del superamento RAGIONE_SOCIALE soglie di punibilità dell’art. 4 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74. Carenza di motivazione poiché il superamento della soglia di punibilità si baserebbe unicamente sull’accertamento induttivo dell’RAGIONE_SOCIALE, ossia sulla base di semplici presunzioni tributarie La corte avrebbe omesso di considerare la documentazione contabile depositata nel corso del giudizio di primo grado.
Violazione di legge in relazione all’erronea applicazione dell’art. 10 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74. La Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto responsabile il ricorrente che, all’epoca dell’accertamento esperito dalla Guardia di finanza, non era tenuto a conservare le scritture contabili in quanto mero socio accomandante e comunque la società era stata oggetto di cessione in data 3/04/2013, prima dell’accertamento. La documentazione contabile avrebbe dovuto essere richiesta al
nuovo amministratore e la stessa doveva essere tenuta presso la nuova sede societaria.
Violazione di legge in relazione all’art. 163 cod.pen. e 597 comma 5 cod.pen. e vizio di motivazione in relazione all’assoluta carenza di motivazione in punto mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha depositato requisitoria scritta con cui ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia limitatamente al beneficio della sospensione condizionale della pena per COGNOME NOME e dichiararsi inammissibili entrambi i ricorsi per il resto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi, seppur per ragioni diverse connesse ai motivi dedotti, sono manifestamente infondati.
Partendo dal ricorso di COGNOME NOME, risulta inammissibile il primo motivo di ricorso con cui si deduce l’erronea applicazione della legge penale in relazione all’individuazione del soggetto attivo del reato di occultamento RAGIONE_SOCIALE scritture contabili, e del soggetto obbligato alla tenuta RAGIONE_SOCIALE scritture contabili, perché privo confronto specifico con la motivazione della sentenza impugnata.
La sentenza impugnata, in continuità con quella di primo grado che in presenza di c.d. doppia conforme si salda per costituire un unico complesso argomentativo, ha argomentato, per quanto qui di rilievo, che la cessione RAGIONE_SOCIALE quote della società RAGIONE_SOCIALE all’acquirente lituano era risultata, da verifiche della G.di F. e dalle testimonianze dei lavoratori,merannente fittizia essendo l’acquirente una mera “testa di legno”, che gli imputati avevano sempre continuato a gestire la società e che la documentazione contabile, contenuta in n. 57 faldoni che gli imputati avevano prodotto nel dibattimento di primo grado, era sempre rimasta nella disponibilità degli stessi, anche dopo la formale cessione RAGIONE_SOCIALE quote, e dunque era stata da loro occultata, fino alla produzione nel dibattimento, e quindi ben dopo l’accertamento della G. di F., il cui fine unico era l’evasione RAGIONE_SOCIALE imposte stante l’impossibilità di ricostruzione dei redditi volutamente impedita dalla condotta di occultamento della documentazione che, come poi, dimostrato costoro avevano ritenuto conveniente produrre nel dibattimento di primo grado.
A fronte di tale motivazione, la censura che si limita a contestare la motivazione sull’astratto presupposto della cessione RAGIONE_SOCIALE quote sociali e della necessità che gli accertatori avrebbero dovuto rivolgersi al nuovo acquirente, non
affronta la motivazione con una critica puntuale sulle ragioni della decisione ed è pertanto priva della specificità estrinseca.
6. Per la medesima ragione risulta inammissibile anche il secondo motivo di ricorso che deduce la violazione di legge in relazione all’affermazione della responsabilità penale per il reato di cui all’art. 5 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, su rilievo che con la cessione RAGIONE_SOCIALE quote il ricorrente non aveva più la carica di socio accomandatario e amministratore alla data di scadenza del termine per l’adempimento dell’obbligo dichiarativo e dunque non era responsabile del reato.
7. Per quanto riguardo il terzo e quarto motivo di ricorso che lamentano il vizio di motivazione in relazione all’elemento soggettivo del reato di dichiarazione infedele ex art. 4 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 e alla prova del superamento RAGIONE_SOCIALE soglie di punibilità dei reati di cui agli artt. 4 e 5 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, contestati NOME, mette conto rilevare, il Collegio, che la sentenza di appello ha rilevato l genericità sul punto dei motivi di impugnazione al punto 5.
È ben vero che il reato di omessa dichiarazione può essere commesso solamente da coloro che, secondo le leggi tributarie, sono obbligati alla presentazione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni fiscali e che la volontaria omissione deve sussistere in capo all’obbligato al momento della scadenza del termine (Sez. 3, n. 1465 del 10/11/2023, Orza, Rv. 285737 – 02), ma, nuovamente, il ricorrente non contesta l’argomento speso dai giudici del merito che hanno fondato la sua responsabilità in quanto amministratore di fatto della medesima società, in presenza di una cessione solo formale RAGIONE_SOCIALE quote sociali, circostanza rispetto la quale il ricorrente non si confront (par. 4A), e considerato che del reato di omessa presentazione della dichiarazione ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette o IVA, l’amministratore di fatto risponde quale autore principale, in quanto titolare effettivo della gestione sociale e, pertanto, nel condizioni di poter compiere l’azione dovuta, mentre l’amministratore di diritto, quale mero prestanome, è responsabile a titolo di concorso per omesso impedimento dell’evento, a condizione che ricorra l’elemento soggettivo richiesto dalla norma incriminatrice (Sez. 2, n. 8632 del 22/12/2020, Rv. 280723 – 01; Sez. 3, n. 38780 del 14/05/2015, COGNOME, Rv. 264971 – 01). Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
Ora deve evidenziarsi, da un lato, che il ricorrente non contesta la rilevata genericità del motivo di appello e, dall’altro, che la genericità del motivo di appell preclude una nuova censura fondata sulle medesime -generiche – considerazioni risolvendosi in motivo aspecifico che conduce, ai sensi dell’art.591 comma 1 lett c) cod.proc.pen. alla dichiarazione di inammissibilità.
Nel caso poi, come quello in scrutinio, nel quale si denuncia il difetto di motivazione della sentenza di appello, che aveva già rilevato la genericità del motivo,
non può formare oggetto di ricorso per RAGIONE_SOCIALEzione, poiché i motivi generici restano viziati da inammissibilità originaria anche quando la decisione del giudice dell’impugnazione non pronuncia in concreto tale sanzione (Sez. 3, n. 10709 del 25/11/2014, Botta, Rv. 262700). In ogni caso, seppur succintamente, la sentenza impugnata offre una adeguata motivazione sia in punto elemento soggettivo del dolo specifico, desunto all’entità del superamento dell’imposta evasa e dunque dell’evasione, e del superamento derivante dal calcolo induttivo mai contestato essendo la censura in appello, ritenuta dai giudici del merito, meramente esplorativa
Il ricorso di COGNOME NOME risulta inammissibile con tutte le conseguenze di legge.
8. Il ricorso di COGNOME NOME è inammissibile sulla base RAGIONE_SOCIALE seguenti ragioni.
Il primo motivo di ricorso con cui deduce il vizio di motivazione in relazione all’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 4 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, della coscienza e volontà di omettere elementi attivi di reddito e del dolo specifico è inammissibile in presenza della rilevata genericità del motivo di appello.
Anche per tale imputazione, la corte territoriale ai par. 5 e 6 ha rilevato la genericità dei motivi di appello che, quanto in particolare alla contestazione mossa al COGNOME NOME di dichiarazione infedele, è palese dalla semplice lettura dell’atto di appello che non contiene, a differenza RAGIONE_SOCIALE censure sui reati di cui agl artt. 10 e 11 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, alcuna censura specifica in relazione al reato di dichiarazione infedele.
Pertanto, con riguardo al caso in scrutinio, il motivo per cassazione proposto è inammissibile per le ragioni sopra esposte. Ove così non fosse si dilaterebbe il vizio di motivazione oltre il perimetro di questo che è circoscritto dai motivi da un lato e dall’altro, dalle ragioni della decisione che si assume viziata, nonchè dalla pertinenza censoria di questi in rapporto alla ratio decidendi.
Ad ogni buon conto, la corte territoriale, anche richiamando il corretto ragionamento giuridico della sentenza di primo grado, ha ritenuto dimostrato che il ricorrente avesse omesso nelle dichiarazioni fiscali relative all’imposta sui redditi persone fisiche, 2010 e 2011, elementi attivi derivanti dalla partecipazione all’80% della società RAGIONE_SOCIALE, determinati sulla base di un accertamento di tipo induttivo sui ricavi della società, che aveva omesso la presentazione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni fiscali e non aveva esibito la contabilità, per cui, per effetto dell’art. 5 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, i redditi RAGIONE_SOCIALE società in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili. Muovendo da questa
disposizione, la giurisprudenza civile di legittimità afferma che il maggior reddito operato in rettifica nei confronti della società in accomandita semplice ed imputato al socio ai fini dell’IRPEF, in proporzione della relativa quota di partecipazione, comporta anche l’applicazione allo stesso socio della sanzione per infedele dichiarazione prevista dalla legislazione tributaria (così, tra le altre, Sez. 5 civ., n. 16116 28/06/2017, Rv. 644702-01, e Sez. 5 civ., n. 21570 del 07/11/2005, Rv. 58514101). Per completezza, rileva il Collegio che non è neppure pertinente, afcaso in esame, la censura difensiva poiché non si verte in un caso di divergenza tra quanto dichiarato dalla società e quanto dichiarato dal socio, ma di omessa presentazione della dichiarazione fiscale a fini dei redditi della società il cui reddito è stato ricos in via induttiva e poi attribuito pro quota al socio.
Alla stessa sorte non si sottrae anche il secondo motivo posto che la rilevata genericità del motivo di appello (di cui supra) comporta che non è deducibile quale vizio di motivazione la censura di carenza di motivazione sul superamento RAGIONE_SOCIALE soglie di punibilità ex art. 4 cit., superamento RAGIONE_SOCIALE soglie che, come scrivono i giudici dell’impugnazione, era fondato su un accertamento induttivo non era stato contestato.
Il terzo motivo di ricorso con cui contesta la violazione di legge penale in relazione all’erronea applicazione dell’art. 10 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, quale socio accomandante della società RAGIONE_SOCIALE è manifestamente infondato.
Il ricorrente è stato ritenuto responsabile della condotta di occultamento della documentazione contabile, in concorso con COGNOME NOME (vedi par. 5) in un contesto nel quale la cessione RAGIONE_SOCIALE quote sociali, ivi compresa quella del socio accomandante, era fittizia, il ricorrente era stato ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 11 n. 74 del 2000, e aveva prodotto la documentazione occultata nel corso del dibattimento, come ben argomentato a pag. 19 della sentenza di primo grado. Non rileva ex se, secondo la sentenza impugnata, la qualità di socio accomandante, ma il concreto contributo fattuale nell’occultamento e poi nella consegna. In ogni caso, a mente della disposizione di cui all’art. 2320, comma 3, cod. civ., che prevede che i soci accomandanti “hanno diritto di aver comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e RAGIONE_SOCIALE perdite, e di controllarne l’esattezza, consultando i libri e altri documenti della società’, discende un preciso obbligo di controllo la cui omissione rileva ai fini della commissione del reato per omesso impedimento dell’evento.
NOME
Infine, per quanto riguarda il quarto motivo di ricorso, va rammento che in tema di sospensione condizionale della pena, fermo l’obbligo del giudice d’appello di motivare circa il mancato esercizio del potere-dovere di applicazione di detto beneficio in presenza RAGIONE_SOCIALE condizioni che ne consentono il riconoscimento, l’imputato
non può dolersi, con ricorso per cassazione, della sua mancata concessione, qualora non ne abbia fatto richiesta nel corso del giudizio di merito (Sez. U, n. 22533 del 25/10/2018, Salerno, Rv. 275376 – 01).
Considerato che non risulta devoluta alcuna richiesta nei motivi di appello, anche questo motivo risulta inammissibile.
12. I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili e i ricorrenti devono essere condannati al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ricorsi siano stat presentati senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che ciascun ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso, il 18/07/2024