Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 22277 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 22277 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 05/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Jesi il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/5/2023 della Corte di appello di Ancona
Visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO; udita la requisitoria del AVV_NOTAIO COGNOME, che ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso; udito l’AVV_NOTAIO, difensore del ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 26 maggio 2023 la Corte di appello di Ancona ha confermato la pronuncia emessa il 26 luglio 2021 dal Tribunale della stessa città,
con cui NOME COGNOME è stato condannato alla pena ritenuta di giustizia per il reato di cui all’art. 316 ter cod. pen.
Secondo la ricostruzione effettuata in modo conforme da entrambi i Giudici del merito, il ricorrente era amministratore di fatto della società RAGIONE_SOCIALE, la quale aveva ottenuto rimborsi dal MIBAC, avendo comunicato falsamente l’avvenuta vendita di musica digitale, di cui in realtà non aveva la disponibilità, in quanto mai acquistata. Il contributo da parte del MIBAC in favore della società era stato erogato sulla base della mera presentazione delle fatture attestanti cose non vere, in quanto, ai sensi dell’art. 8 DPCM 8 settembre 2006, n. 187, a seguito di emissione di fattura elettronica, il venditore ottiene l’accredito di un importo pari a quello del credito maturato.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, che ha dedotto mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione nonché inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale, per avere la Corte territoriale attribuito al ricorrente la veste di amministratore di fatto di “RAGIONE_SOCIALE” sulla base di due argomenti, quello della parentela con la legale rappresentante dell’anzidetta persona giuridica della collaborazione con gli agenti della Guardia di finanza, che avevano effettuato la perquisizione nei locali della società, che, però, non sarebbero indici significativi dell’effettivo compito svolto dal ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Il ricorrente ha contestato la sussistenza della qualifica di amministratore di fatto ella società “RAGIONE_SOCIALE“, deducendo di essere un mero dipendente.
Al riguardo, la Corte di Appello ha attribuito all’imputato la veste di amministratore di fatto della società, poiché 19 ragazzi, che si erano recati presso il negozio per acquistare prodotti vari grazie ai buoni cultura, avevano avuto come referente per l’utilizzo degli stessi e come soggetto che aveva rappresentato loro la possibilità di utilizzarle in modo generalizzato, anche al di fuori dei limiti previsti dalla normativa, proprio l’imputato. Gli agenti dell Guardia di finanza, durante la perquisizione nei locali della società, avevano operato sempre con la collaborazione dell’imputato, che aveva spiegato la
procedura di vendita dei prodotti acquistati e di validazione dei buoni e aveva fornito tutta la documentazione, tra cui quella contabile.
Tali elementi – a cui il Giudice di primo grado aveva aggiunto lo stretto rapporto di parentela con la legale rappresentante della società, madre dell’odierno ricorrente – dimostravano che quest’ultimo era amministratore di fatto della società.
Siffatte argomentazioni resistono a ogni rilievo censorio, consentito in questa sede.
La figura dell’amministratore di fatto va determinata con riferimento alle disposizioni civilistiche e, in particolare, all’art. 2639 cod. civ., secondo cui essa postula l’esercizio in modo continuativo e significativo dei poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione. Significatività e continuità, tuttavia, così come per i casi di amministrazione formale, non comportano necessariamente l’esercizio di tutti i poteri propri dell’organo di gestione ma richiedono l’esercizio di un’apprezzabile attività gestoria, svolta in modo non episodico od occasionale (Sez. 5, n. 35346 del 20/6/2013, Tarantino, Rv. 256534 – 01).
Ne discende che la prova della posizione di amministratore di fatto si traduce nell’accertamento di elementi sintomatici dell’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive in qualsiasi momento dell’iter di organizzazione, produzione e commercializzazione dei beni e servizi ovvero in qualsiasi branca aziendale, produttiva, amministrativa, contrattuale e disciplinare (cfr., tra tante, Sez. 2, n. 36556 del 24/05/2022, COGNOME, Rv. 283850 – 01; Sez. 1, n. 18464 del 12/05/2006, COGNOME, Rv. 234254 – 01).
La ricostruzione del profilo di amministratore di fatto, quindi, deve condursi, in ambito penalistico, alla stregua di specifici indicatori, individuati non soltanto rapportandosi alle qualifiche formali ovvero alla mera rilevanza degli atti posti in essere in adempimento della qualifica ricoperta, bensì sulla base delle concrete attività dispiegate in riferimento alla società oggetto di analisi, riconducibili secondo validate massime di esperienza – ad indici sintomatici, quali la diretta partecipazione alla gestione della vita societaria, la generalizzata identificazione nelle funzioni amministrative da parte dei dipendenti e dei terzi, l’intervento nella declinazione delle strategie d’impresa e nelle fasi nevralgiche dell’ente economico (ex multis Sez. 5, n. 41793 dei 17/06/2016, COGNOME, Rv. 268273 – 01).
Si è precisato che l’accertamento della sussistenza della posizione di amministratore di fatto costituisce oggetto di una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, ove sostenuta da congrua e logica motivazione (ex multis, Sez. 5, n. 45134 del 27/06/2019, Bonelli, Rv. 277540 01).
4. Nel caso in esame, entrambi i Giudici del merito, sulla base delle prove acquisite, hanno individuato specifici indicatori dell ‘effettiva riconducibilità al ricorrente delle scelte gestionali ed operative relative alla società, quali la piena conoscenza della procedura di vendita dei prodotti acquistati e di validazione dei buoni, la collaborazione fornita agli agenti della Guardia di finanza in sede di ispezione e l ‘ avere a disposizione tutta la contabilità della società.
Tale accertamento in fatto, in quanto sostenuto da congrua motivazione e non inficiato da errori di diritto e da manifesta illogicità, sfugge al controllo d questa Corte.
Ed invero, per espressa volontà del legislatore, anche a seguito della L. n. 46 del 2006, il sindacato demandato alla Corte di cassazione è limitato a riscontrare l ‘esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, esulando dai poteri del giudice di legittimità quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata, in via esclusiva, al giudice di merito (ex plurimis Sez. 6, n. 5465 del 4/11/2020, F., Rv. 280601 – 01; Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, COGNOME, Rv. 265482 – 01; Sez. 4, n. 35683 del 10/07/2007, COGNOME, Rv. 237652 – 01).
5. In definitiva il ricorso è inammissibile e ciò comporta, ai sensi dell ‘art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – non sussistendo ragioni di esonero – della sanzione pecuniaria, equitativamente determinata in euro 3.000,00, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 5/3/2024