Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 22610 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
TERZA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 3 Num. 22610 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/05/2025
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso presentato da:
NOME nato a Castiglione delle Stiviere il 18/08/1993,
avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Mantova del 09/01/2025,
visti gli atti e il provvedimento impugnato; esaminati i motivi del ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni scritte del pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale D.ssa NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 09/01/2025, il Tribunale del riesame di Mantova rigettava la richiesta di riesame proposta da NOME COGNOME avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Mantova del 22/11/2024,
Avverso tale ordinanza l’indagato propone ricorso per cassazione.
2.1. Con il primo motivo lamenta l’assenza del fumus commissi delicti in ordine al capo B) della rubrica, denunciando mancanza di motivazione (125 cod. proc. pen.) e violazione di legge in riferimento all’articolo 321 cod. proc. pen. in relazione agli articoli 316-bis cod. pen. e 2639 cod. civ., in quanto il provvedimento gravato non contiene alcuna motivazione in riferimento all’esercizio continuativo da parte del Pavan dei poteri tipici inerenti alla qualifica di amministratore, al fine di attribuire allo stesso la qualifica di amministratore di fatto, elementi che debbono essere esplicitati anche in sede cautelare.
2.2. Con il secondo motivo lamenta l’assenza del fumus commissi delicti in ordine al capo B) della rubrica, denunciando mancanza di motivazione e violazione di legge (125 cod. proc. pen.) in riferimento all’articolo 321 cod. proc. pen. in relazione al contenuto dei bandi cui conseguirono le erogazioni pubbliche (‘patrimonio impresa’ e ‘ArchŁ 2020’), nonchØ violazione dell’articolo 3487
cod. civ. in riferimento alla violazione delle norme che disciplinano la decadenza degli amministratori delle società di capitali a seguito dello scioglimento del sodalizio.
2.3. Con il terzo motivo deduce lamenta l’assenza del fumus commissi delicti in ordine al capo D) della rubrica, denunciando mancanza di motivazione (125 cod. proc. pen.) e violazione di legge in riferimento all’articolo 321 cod. proc. pen. in relazione all’articolo 316bis cod. pen., con riferimento al bando ‘patrimonio impresa’.
2.4. Con il quarto motivo lamenta mancanza di motivazione in riferimento al periculum in mora .
Nelle sue conclusioni, il Procuratore generale evidenziava come, contrariamente alla prospettazione difensiva, l’ordinanza impugnata ha evidenziato gli elementi dai quali emergeva che fosse il COGNOME ad amministrare di fatto la società RAGIONE_SOCIALE ed a dirigere la fitta reti di relazioni tra le società italiane coinvolte nelle indagini.
Parimenti, Ł stato evidenziato il pericolo di dispersione dei beni nella disponibilità dell’indagato mediante operazioni economiche articolate, quali quelle emerse nel corso delle indagini.
In data 20 maggio 2025, l’Avv. NOME COGNOME per il ricorrente, depositava memoria in cui contestava le conclusioni del P.G. e insisteva nell’accoglimento del ricorso.
In particolare, quanto agli elementi idonei a confermare la qualifica di amministratore di fatto del COGNOME, la stessa Requisitoria peraltro non si sofferma a indicare quali essi sarebbero, e ciò appare inevitabile, in ragione del fatto che in realtà i suddetti elementi non sussistono.
Come rilevato in ricorso, la giurisprudenza Ł costante nel ritenere che, ai fini della qualifica di un soggetto quale amministratore di fatto di una società, anche in relazione a fattispecie attinenti i reati fallimentari o tributari, sia indispensabile la dimostrazione, in capo al supposto amministratore di fatto, di elementi rivelatori di una significativa attività gestoria del sodalizio, svolta oltretutto in via continuativa e in modo non episodico od occasionale.
Ebbene, tali elementi minimi non sono emersi nel corso delle indagini e comunque non hanno mai formato oggetto di contestazione e rilievo da parte dell’autorità procedente o del GIP del Tribunale di Mantova. Ancor meno, per quanto interessa in questa sede, non meglio precisati elementi a carico del signor COGNOME sarebbero stati esaminati dal Tribunale di Mantova con l’Ordinanza gravata.
Nulla dice la Requisitoria della Procuratrice Generale a proposito di quanto rilevato con gli altri motivi di gravame.
RITENUTO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile.
Il Collegio evidenzia che, a norma dell’art. 325 c.p.p., il ricorso per cassazione in materia di misure cautelari reali Ł ammesso soltanto per violazione di legge, per questa dovendosi intendere quanto alla motivazione della relativa ordinanza – soltanto l’inesistenza o la mera apparenza (v., ex multis, Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226710 – 01; Sez. 3, n. 35133 del 07/07/2023, Messina, n.m.; Sez. 3, n. 385 del 6/10/2022, COGNOME, Rv. 283916).
In tale categoria rientrano, in particolare, la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di una motivazione meramente apparente, ma non l’illogicità manifesta o la contraddittorietà, le quali possono essere denunciate nel giudizio di legittimità soltanto tramite il motivo di ricorso ex art. 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen. (v., ex plurimis , sez. 5, 11 gennaio 2007, n. 8434, Rv. 236255; sez. 6, 21 gennaio 2009, n. 7472, Rv. 242916; Sez. U., n. 5876 del 28 gennaio 2004, COGNOME,
Rv. 226710).
Giova in proposito rammentare che Ł «apparente» la motivazione che «non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo su cui si Ł fondata la decisione, mancando di specifici momenti esplicativi anche in relazione alle critiche pertinenti dedotte dalle parti» (Sez. 1, n. 4787 del 10/11/1993, COGNOME), come, per esempio, nel caso di utilizzo di timbri o moduli a stampa (Sez. 1, n. 1831 del 22/04/1994, COGNOME; Sez. 4, n. 520 del 18/02/1999, Reitano; Sez. 1, n. 43433 dell’8/11/2005, Costa; Sez. 3, n. 20843, del 28/04/2011, COGNOME) o di ricorso a clausole di stile (Sez. 6, n. 7441 del 13/03/1992, COGNOME; Sez. 6, n. 25361 del 24/05/2012, COGNOME) e, piø in generale, quando la motivazione dissimuli la totale mancanza di un vero e proprio esame critico degli elementi di fatto e di diritto su cui si fonda la decisione, o sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidonea a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U., n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME; nello stesso senso anche Sez. 4, n. 43480 del 30/09/2014, COGNOME, Rv. 260314).
E’, inoltre, apparente la motivazione meramente tautologica, che ricorre allorquando essa «si avvalga di argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa, cioŁ, in tutti i casi in cui il ragionamento espresso dal giudice a sostegno della decisione adottata sia soltanto fittizio e perciò sostanzialmente inesistente» (Sez. 5, n. 24862 del 19/05/2010, COGNOME, Rv. 247682 – 01; Sez. 5, n. 9677 del 14/07/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 263100 – 01).
Ciò determina l’automatica inammissibilità di tutti quei profili di censura in cui, sotto l’ombrello della mancanza di motivazione e della violazione di legge, in realtà si lamenta vizio di motivazione.
Ed Ł questo Ł proprio il caso che ricorre nel caso in esame, come meglio si vedrà nei paragrafi che seguono.
Ancora, il Collegio ritiene di dover confermare l’indirizzo (Sez. 6, n. 31362 del 08/07/2015, COGNOME, Rv. 264938 – 01) secondo cui in tema di impugnazione di misure cautelari personali, il giudice del riesame, sia pure con motivazione sintetica, deve dare ad ogni deduzione difensiva, «specificamente dedotta», puntuale risposta, incorrendo in caso contrario, nel vizio, rilevabile in sede di legittimità, di violazione di legge per carenza di motivazione.
Tuttavia, il principio deve essere specificato nel senso che, in sede di riesame di misure cautelari, posta l’applicabilità anche al riesame dell’articolo 581 cod. proc. pen., l’obbligo di motivazione di cui Ł gravato il Tribunale del riesame Ł speculare rispetto al livello di specificità dei motivi proposti, per cui, in assenza di deduzioni difensive, non incombe sul Tribunale del riesame alcun obbligo di motivazione (per cui il ricorso eventualmente proposto dovrà sul punto essere dichiarato inammissibile; v. sul punto, Sez. 3, n. 9553 del 07/02/2025, COGNOME, n.m., par. 6.1; Sez. 3, n. 29366 del 23/04/2024, COGNOME, Rv. 286752 – 01; Sez. 5, n. 47078 del 19/06/2019, COGNOME, Rv. 277543 – 01), mentre, a fronte di censure presenti, ma generiche, la motivazione potrà limitarsi a fare rinvio alle argomentazioni rese dal provvedimento impugnato, in applicazione del principio di reciproca integrazione dei provvedimenti, o a rendere «succinta motivazione» (Sez. 4, n. 2331 del 16/12/2022, dep. 2023; Sez. 3, n. 1465 del 10/11/2023, Orza, Rv. 285737 – 03).
Scendendo in concreto, i primi tre motivi, che possono essere trattati congiuntamente, sono inammissibili o manifestamente infondati.
Il Collegio evidenzia preliminarmente che il mancato esercizio dei poteri tipici di cui all’articolo 2696 cod. civ. non era stato sollevato con i motivi di riesame, con conseguente impossibilità di lamentare in sede di legittimità la mancanza di motivazione sul punto (v. paragrafo che precede).
3.1. Ciò premesso, quanto al primo motivo, l’ordinanza impugnata (pagina 9) precisa che l’attribuzione della qualifica al COGNOME di gestore di fatto del complesso reticolo societario che
ricomprendeva la società estera «RAGIONE_SOCIALE» e le società italiane «RAGIONE_SOCIALE» e «RAGIONE_SOCIALE» derivi da precisi elementi indiziari, che di seguito elenca.
In primo luogo, rammenta la circostanza che COGNOME NOME, legale rappresentante della società «International host limited», Ł un operaio in pensione del Comune di Castiglione delle Stiviere, mentre COGNOME NOME, precedente amministratrice e unica socia della medesima società di diritto inglese, Ł impiegata amministrativa di una società con sede a Castiglione delle Stiviere, da cui risulta assunta a tempo indeterminato ed ha ammesso di essersi recata a Manchester sono una volta nell’anno 2021.
Questa ultima, peraltro, avrebbe dichiarato di aver conosciuto il COGNOME proprio tramite il COGNOME, che glielo avrebbe segnalato come persona interessata a rilevare le quote della sua società e ad assumerne la direzione, e risulta essere legale rappresentante di altre due società la cui sede, a detta della stessa COGNOME, sarebbe stata fissata in Castiglione delle Stiviere, INDIRIZZO indirizzo di residenza dei nonni materni del COGNOME, su «concessione» dello stesso indagato.
Inoltre, in data 27 giugno 2024, la RAGIONE_SOCIALE veniva controllata dalle forze dell’ordine presso l’aeroporto di Villafranca di Verona mentre era in partenza con il Pavan, mentre il COGNOME sarebbe un avventore individuale del bar «RAGIONE_SOCIALE», gestito dalla madre del COGNOME, ossia NOME COGNOME con cui in passato avrebbe intrattenuto una relazione sentimentale.
Secondo il Tribunale del riesame, la circostanza che sia il COGNOME che la COGNOME percepiscano propri redditi e non abbiano evidenziato particolari capacità imprenditoriali e/o conoscenze nell’ambito dei servizi di hosting tali da ritenere l’effettiva assunzione da parte degli stessi di un ruolo gestore in una società di diritto inglese, induce a ritenere che ad amministrare di fatto la società «RAGIONE_SOCIALE» e a manovrare la fitta rete di relazioni con le anzidette società italiane con quella di diritto inglese fosse proprio il COGNOME NOMECOGNOME che risulta essere anche l’elemento di raccordo delle suddette società di sede presso il bar di Castiglione delle Stiviere di proprietà della «RAGIONE_SOCIALE, da lui legalmente rappresentata e gestito da sua madre COGNOME NOME
3.2. A fronte di tale motivazione, l’infondatezza manifesta della doglianza si coglie laddove si consideri che, per costante insegnamento della Corte (v., ex plurimis , n. 31823 del 06/10/2020, COGNOME, Rv. 279829 – 02; Sez. 3, n. 20052 del 14/04/2022, COGNOME, Rv. 283202 – 01), «la prova della posizione di amministratore di fatto di una società ‘schermo’ – priva di una reale autonomia e costituita per essere utilizzata come ‘cartiera’ in un meccanismo fiscalmente fraudolento volto ad evadere il versamento dell’IVA – si traduce in quella del ruolo di ideatore ed organizzatore del suddetto sistema fraudolento, atteso che non Ł ipotizzabile l’accertamento di elementi sintomatici di un inserimento organico all’interno di un ente solo formalmente operante», ciò che rende ultronea la prova dell’esercizio dei poteri tipici di cui all’articolo 2696 cod. civ..
Il provvedimento gravato contiene, pertanto, una non irragionevole valutazione del compendio indiziario, effettuato secondo i canoni della logica di tipo induttivo, non manifestamente illogica nØ apparente.
3.3. Peraltro, il Collegio evidenzia come l’ordinanza impugnata, nell’indicare il Pavan quale punto di snodo del reticolo societario, sembra fare un preciso – ancorchØ implicito – riferimento al fenomeno della c.d. «società anomala».
Ed infatti, la dottrina e la giurisprudenza civile della Corte hanno evidenziato la presenza nella realtà economica di situazioni in cui, pur in assenza di una precisa formalizzazione, sussistono particolari di collegamento, «in fatto», tra diverse società di capitali, o tra persone fisiche e società di capitali, le quali indirizzano l’attività di diversi soggetti giuridici verso scopi comuni e con attività in tal senso conver›genti.
Si parla, in questi ed altri casi, di «impresa anomala» (che, ove indirizzata verso la commissione di reati, può assumere la forma dell’«impresa illecita»), la quale concretizza delle
situazioni in cui, pur in assenza di una precisa formalizzazione, forme particolari di collegamento in fatto tra diverse società di capitali (o tra persone fisiche e società di capitali) indirizzano l’attività di diversi soggetti giuridici verso scopi comuni e con attività in tal senso convergenti.
Nella prassi, tali fenomeni di «anomalia» dell’impresa, scaturenti dal collegamento di fatto tra diverse persone fisiche e/o giuridiche, può assumere la forma di due fenomeni diversi: la « holding di fatto» e la «supersocietà di fatto».
3.3.1. La « holding di fatto» ricorre quando (Sez. U. Civ., 29/11/2006, n. 25275, Rv. 593338 01; Sez. 1 Civ., 06/03/2017, n. 5520, Rv. 644654 – 03) «una persona fisica, che sia a capo di piø società di capitali in veste di titolare di quote o partecipazioni azionarie, svolga professionalmente, con stabile organizzazione, l’indirizzo, il controllo ed il coordinamento delle società me›desime, non limitandosi, così, al mero esercizio dei poteri inerenti alla qualità di so›cio. A tal fine Ł necessario che la suddetta attività, di sola gestione del gruppo (cosid›detta holding pura), ovvero anche di natura ausiliaria o finanziaria (cosiddetta holding operativa), si esplichi in atti, anche negoziali, posti in essere in nome proprio, fonte, quindi, di responsabilità diretta del loro autore, e presenti altresì obiettiva attitudine a perseguire utili risultati economici, per il gruppo e le sue componenti, causalmente ricollegabili all’attività medesima».
3.3.2. La «supersocietà di fatto» ricorre, invece (Sez. 1 Civ., Ord. n. 5458 del 09/02/2023, Fercolor), quando una società, anche di capitali, partecipi, con altre società o persone fisiche, a una società di persone – non assoggettata ad altrui direzione e coordinamento – la cui sussistenza, però, postula la rigorosa dimostrazione del comune intento sociale perseguito (Sez. 1 Civ., ord. 20/05/2016, n. 10507, Rv. 639797 – 01).
Evidenzia la Corte nella citata sentenza COGNOME che la riforma del diritto societario ha «espressamente consentito la partecipazione, anche di fatto, di una società di capitali ad una società di persone (cd. ‘supersocietà’). Gli artt. 2361 c.c. e 111duodecies disp. att. c.c., infatti, hanno inequivocamente previsto che una società di capitali possa assumere la qualità di socio illimitatamente responsabile, tra l’altro, di una società in nome collettivo, pur se irregolare (art. 2297 c.c.) come la società di fatto. Nel medesimo senso, del resto, depone l’art. 147, comma 1°, l.fall., nel testo successivo alla riforma della legge fallimentare ed applicabile ratione temporis , il quale, in coerenza con la predetta opzione normativa, dispone che ‘la sentenza che dichiara il fallimento di una società appartenente ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del codice civile’ (e cioŁ di una società in nome collettivo, di una società in accomandata semplice o di una società in accomandita per azioni) ‘produce anche il fallimento dei soci, pur se non persone fisiche, illimitatamente responsabili’, in tal modo ribadendo la possibilità che le società di persone, anche se di mero fatto (c.d. ‘supersocietà’ di fatto), abbiano, tra i propri soci illimitatamente responsabili, altre società, anche di capitali, con ‘tutte le implicazioni, ivi compreso il possibile fallimento della società di fatto, cui quella di capitali abbia partecipato, e dei suoi soci illimitatamente responsabili’».
In quest’ultimo caso la giurisprudenza, soprattutto civile (v. Sez. 1 Civ, 08/09/2020, dep. 13/01/2021, n. 366, n.m.), ritiene la sussistenza di un unico imprenditore, pure a fronte di soggetti giuridici formalmente diversi, in presenza di una serie di indicatori di sussistenza di quella affectio societatis richiesta per la configurabilità della società tra soggetti diversi anche in assenza della stipula di un formale contratto di società con le forme e i requisiti di cui all’art. 2247 cod. civ..
3.3.3. Circa la differenza tra i due tipi di collegamento di fatto, la giurisprudenza civile della Corte (Sez. 6, Ord. n. 15620 dell’11/06/2019) ha chiarito che la esistenza della supersocietà di fatto postula la rigorosa dimostrazione del comune intento so›ciale perseguito, che dev’essere conforme, e non contrario, all’interesse dei soci.
Al contrario, la circostanza che le singole società perseguano, invece, l’in›teresse delle persone
fisiche che ne hanno il controllo, anche solo di fatto, co›stituisce, piuttosto, una prova contraria all’esistenza della supersocietà di fatto e, viceversa, a favore dell’esistenza della ‘ holding ‘ di fatto, nei cui confronti il curatore potrà eventualmente agire in responsabilità e che potrà essere dichiarata autonomamente fallita».
In altre parole, come affermato in dottrina, nella supersocietà di fatto vi Ł un unico interesse (della su›persocietà), perseguito da una pluralità di soggetti (compartecipanti), che coin›cide con i singoli, originari, interessi di ciascuna società coinvolta. Al contrario, nella holding di fatto vi Ł un soggetto (o una pluralità), che assume il nome di « parent» , il quale abusa dei poteri di direzione e coordinamento e, in piena elusione dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale, agisce in nome pro›prio e nel proprio esclusivo interesse.
In tal modo questi raggiunge un vantaggio, in termini economici, mediante lo svolgimento delle attività imprenditoriali delle società interessate (« subsidiaries» ), con coordinamento, commistione ed organizzazione dei relativi fattori produttivi. Il tutto, naturalmente, in maniera occulta ed illecita.
La verifica in ordine alla sussistenza dell’uno o dell’altro fenomeno costituisce accertamento in punto di fatto non censurabile, ove sorretto da adeguata motivazione, nel giudizio per cassazione.
3.4. La prassi ha enucleato una serie di indici rivelatori (Sez. 1 Civ., 13/02/2023, n. 4385, Rv. 667115 – 01; Sez. 1 Civ, 28/10/2019, n. 27541, Rv. 655773 – 01, secondo cui «l’esistenza del contratto sociale può essere desunta, oltre che da prove dirette specificamente riguardanti i suoi requisiti affectio societatis , costituzione di un fondo comune, partecipazione agli utili ed alle perdite – anche da manifestazioni esteriori che, pur giustificabili alla luce del rapporto di coniugio o di parentela, siano rivelatrici, per il loro carattere di sistematicità e concludenza, delle componenti del rapporto societario, tra le quali particolare significatività può riconoscersi ai rapporti di finanziamento e di garanzia che siano ricollegabili ad una costante opera di sostegno dell’attività dell’impresa per il raggiungimento degli scopi sociali» (ord. 13/01/2021, n. 366, cit.).
Aggiunge il Collegio che indici della sussistenza della supersocietà di fatto possono essere costituiti, a titolo meramente esemplificativo, da:
commistione di sede amministrativa ed operativa;
medesima organizzazione di impresa;
identità/vincoli di parentela e di coniugio fra i soci titolari del capitale sociale;
partecipazioni incrociate;
sostegno finanziario di un soggetto nei confronti degli altri o sostegno reciproco;
costanti rapporti economici i diversi soggetti in ordine alla gestione di commesse di terzi e/o ad altri rapporti;
sottoposizione ad un unico centro gestionale;
confusione patrimoniale e contabile.
L’ordinanza impugnata, come visto, sembra ravvisare (pag. 9-10) una serie di tali indici rivelatori nel caso concreto, così lasciando intendere, in modo non irragionevole in relazione all’attuale fase investigativa, ancora caratterizzata da fluidità, l’esistenza di una «impresa anomala».
3.4. Del pari, in relazione al secondo e al terzo motivo, la motivazione dell’ordinanza impugnata, laddove specifica che i bandi di concorso non possono certo considersi lex specialis rispetto al testo della norma incriminatrice (pag. 8-9), non appare certo apparente e pertanto la doglianza Ł inammissibile.
Va in ogni caso sottolineato che, secondo la giurisprudenza di legittimità, il delitto di malversazione ex art. 316bis cod. pen. si perfeziona nel momento di scadenza del termine essenziale previsto in contratto per la realizzazione dell’opera o del servizio costituente la ragione della erogazione, ovvero, anche prima, nel momento in cui divenga comunque impossibile la destinazione dei fondi alla finalità pubblicistica per la quale gli stessi siano stati erogati, come nel
caso dell’inosservanza di vincoli e condizioni ulteriori di per sØ significativa dell’irreversibile frustrazione della tutela predisposta dalla norma (Sez. 6, Sentenza n. 11732 del 16/01/2024, Rv. 286184 – 01), come avvenuto nel caso in esame, in cui (v. pag. 4), anzichØ iscrivere le somme corrispondenti al contributo concesso in una riserva di patrimonio netto non distribuibile da utilizzare per futuri aumenti di capitale sociale da realizzare nei successivi 24 mesi, la somma veniva trasferita alla ‘RAGIONE_SOCIALE‘, con causale ‘saldo fattura’, mentre l’importo del finanziamento veniva girato alla RAGIONE_SOCIALE con la medesima causale.
Trattasi quindi di motivazione esistente che non può essere censurata in questa sede.
3.5. Da ultimo, la deduzione della violazione dell’articolo 3487bis cod. civ., dal riepilogo dei motivi di impugnazione non risultava essere stata dedotta, per cui la doglianza di mancanza di motivazione deve ritenersi inammissibile per le ragioni dianzi esposte.
Il quarto motivo Ł inammissibile ai sensi dell’articolo 325 cod. proc. pen., in quanto a pagina 10 dell’ordinanza, con motivazione tutt’altro che apparente, il Tribunale del riesame, integrando le considerazioni svolte dal GIP a pagina 7 e 8 del decreto di sequestro preventivo, sottolinea che «Ł ragionevole supporre che, nelle more del giudizio, l’indagato occulti o dissipi i beni nella sua disponibilità mediante operazioni economiche articolate quali quelle venute alla luce nel corso delle indagini, rendendone impossibile il recupero».
Trattasi ancora una volta di motivazione non apparente, che non può essere censurata in questa sede.
Il ricorso deve in conclusione essere dichiarato inammissibile.
Alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento. Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, che il Collegio ritiene di fissare, equitativamente, in euro 3.000,00.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 27/05/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME NOME