Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 23168 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 23168 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a Ascoli Piceno 11 13/03/1959 avverso la sentenza del 15/10/2024 della CORTE di APPELLO di ANCONA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di rigettare il ricorso; uditi i difensori, avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME che hanno concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Ancona ha confermato la condanna di NOME COGNOME per i reati di bancarotta fraudolenta documentale (capo A) e patrimoniale (capo B), a lui ascritti, in concorso con il figlio NOME COGNOME (separatamente giudicato), nella veste di amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE, società dichiarata fallita il 9 novembre 2013.
Avverso l’indicata pronuncia ricorre l’imputato, tramite i difensori, articolando due motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
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2.1. Con il primo denuncia il vizio di motivazione in ordine alla attribuzione all’imputato della qualifica di amministratore di fatto.
In data 25 settembre 2007 COGNOME NOME, figlio del ricorrente, ha acquisito il 50% delle quote di RAGIONE_SOCIALE – che gestiva l’RAGIONE_SOCIALE di Re (VB) ed ha assunto la carica di amministratore unico dal 7 marzo 2008 sino al fallimento.
Il ricorrente sostiene che la gestione della società era affidata al proprio figlio (il quale ha definito il processo ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen.), e che egli si era limitato a prestare “un saltuario e sporadico ausilio di natura esclusivamente collaborativa” in ragione della notevole esperienza maturata nel settore turistico quale tour operator socio e gestore di alcune strutture ricettive.
Il riconoscimento del ruolo di amministratore di fatto in capo all’imputato dovrebbe considerarsi frutto di “una imprecisa percezione delle risultanze processuali”.
In particolare: il contratto di affitto di azienda con RAGIONE_SOCIALE, proprietaria dell’immobile, è stato sottoscritto dal precedente amministratore; le modifiche trasfuse nella scrittura del 1 novembre 2007 rientrano nell’ambito delle trattative preliminari; l’imputato è rimasto estraneo all’utilizzo indebito delle carte di credito societarie da parte dei figli NOME ed NOME (capo C); l’imputato non ha avuto parte nei pagamenti delle fatture per i servizi energetici erogati in favore dell’hotel COGNOME, fatture che, secondo il consulente di parte, risultano pagate non da Solidea ma da altra società (la Maragema); il commercialista della società ha intrattenuto regolari rapporti con NOME COGNOME, mentre il coinvolgimento dell’imputato è stato occasionale; nessun rilievo può attribuirsi alla circostanza che l’imputato fosse rimasto coinvolto in un incidente stradale mentre era alla guida di una vettura intestata alla società.
Inoltre la Corte di appello avrebbe trascurato di considerare gli elementi di segno contrario indicati nell’atto di gravame: nessuno dei fornitori escussi in dibattimento avrebbe riferito di aver avuto rapporti con l’imputato, se si eccettua la società RAGIONE_SOCIALE, che però era un operatore turistico in rapporti con RAGIONE_SOCIALE, non con RAGIONE_SOCIALE; NOME COGNOME, sentito in dibattimento come “testimone assistito”, ha dimostrato di “conoscere perfettamente le logiche societarie, di saper bene analizzare quali fossero le cause societarie e quali colpe ebbe nel fallimento RAGIONE_SOCIALE “; l’imputato non aveva deleghe di alcun tipo, rilasciate invece a favore del direttore della struttura alberghiera e della responsabile dell’accoglienza; questi ultimi hanno dichiarato di aver avuto come principale referente NOME COGNOME; la stessa sentenza di primo grado riconosce che l’imputato non si occupava della gestione operativa dell’hotel, essendo piuttosto
“l’ideatore della strategia di vendita del prodotto”, compito che, però, attiene ad un’attività promozionale diversa da quella gestoria,
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione in punto di mancata derubricazione delle condotte nelle fattispecie di bancarotta semplice.
Ad opinione del ricorrente non verrebbe individuato l’apporto concorsuale, né il coefficiente psicologico in termini di dolo.
In realtà le cause del dissesto della società vanno individuate in comportamenti di natura colposa, i cui caratteri si rinvengono anche nella sentenza di primo grado lì dove fa riferimento a mancanza di diligenza, superficialità gestionale, comportamento sprovveduto.
Circa la bancarotta fraudolenta documentale, si assume l’assenza di condotte di occultamento o sottrazione dato che anche le scritture contabili del 2012 sono state messe a disposizione della curatela nel corso del fallimento.
Nessuna parola viene spesa dalla Corte di appello sul dolo specifico, né sul contributo offerto dall’imputato alla creazione di una contabilità inaffidabile, tenuto conto peraltro che, come sottolineato “dal dottor COGNOME (CTU nella procedura relativa al fallimento)”, “la contestata omessa registrazione di alcuni ricavi, può assumere rilievo sul piano fiscale, ma non su quello distrattivo, dal momento che gli stessi risultano versati sui conti correnti sociali”.
Si è proceduto a discussione orale su richiesta dei difensori dell’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
In generale va osservato che il ricorso non risponde al modello dell’atto di impugnazione quale critica specifica e motivata alle ragioni della condanna, poiché si esaurisce nella esposizione di una personale prospettiva, offrendo una soggettiva e selettiva ricostruzione della vicenda.
Quanto denunciato come vizio di travisamento della prova consiste, in realtà, nella prospettazione di una diversa valutazione dell’intero materiale probatorio; in violazione del principio per cui la c.d. contraddittorietà processuale deve riguardare uno o più specifici atti del giudizio, non il fatto nella sua interezza (Sez. 3,n. 38431 del 31/01/2018, Ndoja, Rv. 273911 – 01; Sez. 1, n. 39846 del 23/05/2023, Salerno, Rv. 285368 – 01).
Sempre sul piano generale, e al fine della verifica della consistenza dei rilievi mossi alla sentenza di appello, è necessario ricordare che tale decisione non può
essere isolatamente valutata, ma deve essere esaminata in stretta correlazione con la sentenza di primo grado, dal momento che la motivazione di entrambe le pronunce si dispiega secondo l’articolazione di sequenze logico-giuridiche pienamente convergenti.
Quindi, in presenza di decisioni di primo e secondo grado motivate con criteri omogenei e con un apparato logico uniforme, è possibile procedere all’integrazione delle due sentenze in modo da farle confluire in una struttura argomentativa unitaria da sottoporre al controllo in sede di legittimità (tra le altre Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595).
Il primo motivo, che vede sulla qualifica di amministratore di fatto, è inammissibile, sia perché generico sia perché esula dal novero dei vizi deducibili ai sensi dell’art. 606, comma 1, cod. proc. pen.
3.1. Dalla integrazione dell’apparato argomentativo delle sentenze di primo e secondo grado (sul punto perfettamente collimanti) emerge quanto segue.
Come amministratore di diritto della società figurava NOME COGNOME figlio dell’imputato, che all’epoca dei fatti, giovane studente universitario, frequentava una scuola di specializzazione nella città di Urbino.
Era invece NOME COGNOME a guidare la società fallita, assumendo tutte le decisioni inerenti alla vita della stessa: intratteneva i rapporti con l’Opera Diocesana (proprietaria dell’immobile ove si trovava l’hotel gestito dalla fallita), contrattando personalmente con il delegato NOME COGNOME il corrispettivo del contratto; reclutava e nominava i direttori di Hotel; conosceva lo stato dei pagamenti da ricevere e da eseguire; dava disposizioni al commercialista su come eseguire le registrazioni contabili e su come chiudere il bilancio; ideava la strategia di vendita del prodotto turistico, fissando il prezzo al cliente e il prezzo netto di spettanza dell’hotel.
3.2. Il ricorso, pur enunciando formalmente vizi della motivazione, svolge una critica non alla tenuta logica della motivazione, ma alla bontà della decisione e all’apprezzamento (che reputa errato) del materiale probatorio.
Tuttavia il sindacato di legittimità non può spingersi a verificare se gli esiti dell’interpretazione delle prove siano realmente rispondenti alle acquisizioni probatorie emergenti dagli atti del processo.
Infatti alla corte di cassazione è preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione che il ricorrente indichi come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito.
L’oggetto dello scrutinio di legittimità resta la motivazione del provvedimento impugnato, l’esame della cui illogicità non può mai trasmodare in un’inammissibile
e rinnovata valutazione dell’intero compendio probatorio posto dal giudice di merito a fondamento delle proprie conclusioni.
Ciò è tanto più vero nel caso di specie in cui il ricorrente ignota la portata e gravità degli elementi a proprio carico, limitandosi a rivendicare una estraneità
alla fallita, smentita dalle sentenze di primo e secondo grado.
4. Analoga sorte segue il secondo motivo.
4.1. È manifestamente infondata la censura che chiama in causa la bancarotta semplice.
Secondo quanto accertato dai giudici di merito, la spoliazione del patrimonio
è ricollegabile non a crisi del settore alberghiero o a comportamenti superficiali e negligenti, ma a un preciso disegno dell’imputato volto drenare le risorse della
fallita verso altre realtà o verso bisogni personali e familiari, senza adempiere alle obbligazioni verso i fornitori o verso l’erario.
4.2. La questione sul dolo specifico della bancarotta fraudolenta documentale
è nuova e, in ogni caso, non pertinente alle ragioni della decisione che si fondano sulla ritenuta sussistenza della fattispecie c.d. generica, integrata dalla tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita, rispetto alla quale è sufficiente il do generico (Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 279838; Sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019, COGNOME, Rv. 276650; Sez. 5, n. 43966 del 28/06/2017, COGNOME, Rv. 271611; Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Autunno, Rv. 269904).
Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta equa, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16/05/2025