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Amministratore di fatto: la Cassazione decide

Due soggetti, condannati per bancarotta fraudolenta, hanno impugnato la sentenza contestando la loro qualifica di amministratore di fatto. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 10585/2024, ha dichiarato i ricorsi inammissibili, confermando che la prova di un ruolo gestionale continuativo e significativo, basata su elementi concreti come gli accertamenti bancari, è sufficiente per fondare la responsabilità penale, indipendentemente da una carica formale.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Amministratore di Fatto e Bancarotta: Quando la Gestione di Fatto Diventa Responsabilità Penale

La figura dell’amministratore di fatto è cruciale nel diritto penale societario, specialmente nei reati di bancarotta. Chi gestisce un’azienda senza averne la carica formale può essere ritenuto penalmente responsabile? La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 10585 del 2024, torna su questo tema, ribadendo un principio consolidato: ciò che conta è l’esercizio effettivo del potere gestorio, non la nomina ufficiale. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una sentenza della Corte d’Appello che aveva condannato due persone per bancarotta fraudolenta. Secondo l’accusa, pur non avendo cariche formali, i due imputati avevano agito come veri e propri gestori della società poi fallita, compiendo atti di distrazione di beni e tenendo le scritture contabili in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio.

Contro questa decisione, gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione, basandolo principalmente su due motivi:
1. L’erronea attribuzione della qualifica di amministratore di fatto, contestando la valutazione delle prove che li indicavano come gestori.
2. La presunta maturazione dei termini di prescrizione del reato.

La Decisione della Cassazione sull’Amministratore di Fatto

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, rigettando le argomentazioni della difesa. Il punto centrale della decisione riguarda proprio la contestazione della qualifica di amministratore di fatto.

La Cassazione ha chiarito che tale contestazione si traduceva in una mera richiesta di rivalutazione dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità. La Corte d’Appello, infatti, aveva fornito una motivazione dettagliata e specifica, indicando le “plurime emergenze” (in particolare, gli accertamenti bancari) che provavano in modo inequivocabile il ruolo gestionale svolto dagli imputati in maniera continuativa e significativa.

I giudici hanno richiamato il proprio orientamento consolidato, secondo cui per attribuire la qualifica di amministratore di fatto è necessaria la presenza di “elementi sintomatici dell’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell’attività della società”.

Prescrizione e Altri Aspetti Procedurali

Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla prescrizione, è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte ha calcolato che il termine non era ancora maturato al momento della decisione, fissando la data di estinzione del reato a gennaio 2025.

Inoltre, la Corte ha sottolineato un aspetto procedurale rilevante: una memoria difensiva presentata da uno degli imputati è stata dichiarata tardiva e, quindi, non presa in considerazione. Questo conferma la rigidità dei termini processuali nel giudizio di cassazione, stabiliti per garantire il contraddittorio tra le parti.

Le Motivazioni della Corte

Il nucleo della motivazione risiede nella distinzione tra giudizio di fatto e giudizio di legittimità. La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione delle prove a quella dei giudici di merito, ma può solo verificare che la motivazione della sentenza impugnata sia logica, coerente e non contraddittoria. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva adeguatamente spiegato perché gli imputati dovessero essere considerati amministratori di fatto, basandosi su prove concrete e non su mere supposizioni. La decisione si fonda sul principio di effettività: la responsabilità penale segue chi esercita concretamente il potere, al di là delle qualifiche formali. Le argomentazioni dei ricorrenti sono state quindi ritenute generiche e fattuali, non idonee a scalfire la logicità del provvedimento impugnato.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza in commento ribadisce un principio fondamentale con importanti implicazioni pratiche: ai fini della responsabilità per i reati societari, come la bancarotta fraudolenta, non ci si può nascondere dietro l’assenza di una carica formale. Se un soggetto si inserisce nella gestione aziendale, impartisce direttive, intrattiene rapporti con dipendenti, fornitori o clienti, e compie atti di gestione, sarà considerato un amministratore di fatto e risponderà penalmente per le sue azioni illecite. Questa decisione serve da monito: la legge guarda alla sostanza dei ruoli e delle funzioni esercitate, non solo alla forma degli incarichi ufficiali, per tutelare i creditori e il corretto funzionamento del mercato.

Chi è considerato amministratore di fatto ai fini della responsabilità penale?
È considerato amministratore di fatto colui che si inserisce organicamente nella struttura aziendale con funzioni direttive, esercitando un ruolo gestionale in modo continuativo e significativo in qualsiasi settore (aziendale, produttivo, amministrativo, etc.), come dimostrato da elementi concreti quali la gestione dei rapporti con dipendenti, fornitori o clienti.

È possibile contestare in Cassazione la qualifica di amministratore di fatto attribuita da un giudice di merito?
No, non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione una nuova valutazione delle prove per contestare la qualifica. Il ricorso è ammissibile solo se la motivazione della sentenza precedente è manifestamente illogica, contraddittoria o del tutto assente, ma non per riesaminare i fatti del caso.

Quali sono le conseguenze se un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che la sentenza di condanna impugnata diventi definitiva. Inoltre, i ricorrenti vengono condannati al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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