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Amministratore di fatto: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata, confermando che per essere qualificati come amministratore di fatto non è necessario esercitare tutti i poteri gestori. È sufficiente un’attività di gestione significativa e continuativa, anche in settori specifici, che dimostri un inserimento organico nella società. Questa figura comporta piena responsabilità penale, in questo caso per bancarotta.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Diritto Societario, Giurisprudenza Penale

Amministratore di Fatto: Quando la Gestione Concreta Conduce a Responsabilità Penale

La figura dell’amministratore di fatto è una delle più dibattute nel diritto societario e penale. Si tratta di quel soggetto che, pur senza un’investitura formale, agisce come se fosse un amministratore, influenzando le decisioni cruciali della società. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i principi chiave per identificare tale figura e le conseguenti responsabilità, soprattutto in contesti gravi come la bancarotta. Analizziamo questa decisione per comprendere meglio i confini tra gestione informale e responsabilità legale.

Il Caso in Analisi: un Ricorso per Bancarotta

Il caso trae origine da una sentenza della Corte d’Appello di Firenze, contro la quale un’imputata ha proposto ricorso in Cassazione. L’accusa era legata a un reato di bancarotta, e il punto centrale della difesa era contestare la qualifica di amministratore di fatto attribuita all’imputata. Secondo la tesi difensiva, le attività svolte non erano sufficienti a configurare un ruolo gestorio pieno e continuativo.

Il Principio Ribadito dalla Cassazione: cosa qualifica un amministratore di fatto

La Corte di Cassazione, nel dichiarare il ricorso inammissibile, ha colto l’occasione per consolidare un orientamento giurisprudenziale ormai stabile. Gli Ermellini hanno chiarito che, ai fini della qualifica di amministratore di fatto, non è richiesto l’esercizio di tutti i poteri tipici dell’organo di gestione. Ciò che conta è la presenza di un’attività gestoria o cogestoria che sia:

* Significativa e continua: L’ingerenza nella gestione non deve essere episodica o occasionale, ma deve avere un peso rilevante e protrarsi nel tempo.
* Svolta anche in settori specifici: La responsabilità sorge anche se l’attività di gestione si concentra solo su determinati ambiti aziendali, purché non siano marginali.
Indicativa di un inserimento organico: L’attività svolta deve essere tale da fornire ‘indici sintomatici’ dell’inserimento del soggetto nella struttura societaria come intraneus*, ovvero come parte integrante dell’assetto decisionale.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza di merito pienamente coerente con i principi di legittimità. I giudici hanno sottolineato che la qualifica di amministratore di fatto si fonda su un accertamento concreto del ruolo svolto dalla persona all’interno della società. Se emerge che un soggetto, in modo non occasionale, ha esercitato poteri decisionali e di gestione, egli deve rispondere delle conseguenze delle sue azioni, incluse le condotte illecite che hanno portato al dissesto societario. La Corte ha quindi ritenuto il ricorso manifestamente infondato, in quanto non apportava argomenti in grado di scalfire la logicità e la correttezza giuridica della decisione impugnata.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia conferma un principio di fondamentale importanza: la responsabilità penale e civile in ambito societario non si ferma alle nomine formali, ma guarda alla sostanza dei ruoli. Chiunque si ingerisca nella gestione di un’impresa, assumendo un ruolo decisionale continuativo, viene equiparato a un amministratore di diritto e ne condivide le responsabilità. Questa decisione serve da monito per chi opera nell’ombra delle società, credendo che la mancanza di una carica ufficiale possa fungere da scudo contro eventuali conseguenze legali. La giustizia, come ribadito, guarda ai fatti e non alle forme. La condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende sigilla l’inammissibilità del tentativo di sfuggire a tali responsabilità.

Per essere considerati amministratore di fatto è necessario esercitare tutti i poteri di gestione di una società?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che non è richiesto l’esercizio di tutti i poteri tipici dell’organo di gestione. È sufficiente svolgere un’attività gestoria significativa e continua, anche solo in specifici settori.

Un’attività di gestione occasionale o episodica è sufficiente per essere qualificati come amministratore di fatto?
No, la giurisprudenza richiede che l’attività gestoria sia svolta in modo non episodico o occasionale. Deve trattarsi di un’ingerenza continuativa e rilevante nella vita della società.

Cosa significa che l’attività gestoria deve essere un ‘indice sintomatico’ dell’inserimento organico nella società?
Significa che le azioni compiute dal soggetto devono dimostrare in modo inequivocabile che egli è integrato nella struttura decisionale e operativa della società (quale ‘intraneus’), al di là della sua qualifica formale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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