Amministratore di Fatto: Quando un Ricorso in Cassazione è Inammissibile
La figura dell’amministratore di fatto è centrale in una recente sentenza della Corte di Cassazione, che ha chiarito i limiti e i requisiti di ammissibilità dei ricorsi in materia penale-tributaria. Il caso riguarda due imprenditori condannati per l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, il cui tentativo di contestare la sentenza di condanna si è scontrato con rigidi principi procedurali. Analizziamo la decisione per comprendere perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile e quali lezioni se ne possono trarre.
I Fatti del Processo
La vicenda giudiziaria nasce da una condanna in primo grado per un reato previsto dal D.Lgs. 74/2000, ovvero la dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture per operazioni inesistenti. In particolare, agli imputati veniva contestato di aver utilizzato documentazione fiscale fittizia per abbattere l’imponibile e evadere le imposte.
La Corte d’appello, in sede di rinvio, pur riducendo la pena, aveva confermato la responsabilità penale degli imputati. Uno di essi, in particolare, era stato ritenuto l’amministratore di fatto della società coinvolta, il vero dominus aziendale nonostante non ricoprisse formalmente la carica.
Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando diversi vizi di motivazione.
I Motivi del Ricorso e la Figura dell’Amministratore di Fatto
Il ricorso presentato alla Suprema Corte si basava essenzialmente su tre punti:
1. Contestazione del ruolo di amministratore di fatto: La difesa sosteneva che la Corte d’appello avesse omesso di valutare le argomentazioni che mettevano in discussione tale qualifica.
2. Errata valutazione probatoria: Si criticava l’affermazione secondo cui l’assenza di autorizzazioni amministrative per un’attività commerciale fosse un indizio della falsità delle fatture.
3. Mancata concessione delle attenuanti generiche: Si lamentava l’assenza di motivazione sul diniego delle circostanze attenuanti ex art. 62-bis del codice penale.
In aggiunta, sono stati depositati motivi ulteriori per insistere sull’annullamento della sentenza.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, ritenendoli generici e privi del requisito di autosufficienza. La decisione si fonda su precise ragioni procedurali che meritano un’analisi approfondita.
La Doglianza Tardiva sull’Amministratore di Fatto
Il punto cruciale della sentenza riguarda la contestazione del ruolo di amministratore di fatto. La Suprema Corte ha evidenziato che questa specifica questione non era stata sollevata nei motivi d’appello, ma solo dedotta nel corso della discussione orale davanti alla Corte territoriale. Di conseguenza, si trattava di una doglianza tardiva, che non poteva essere introdotta per la prima volta in quella sede.
I giudici hanno comunque aggiunto, a titolo di completezza, che la motivazione dei giudici di merito sul punto era in ogni caso solida e priva di vizi logici. Il ruolo di dominus emergeva chiaramente sia dalla visura camerale, che lo indicava come procuratore con gli stessi poteri dell’amministratore unico, sia dalle dichiarazioni testimoniali raccolte durante il processo.
Genericità degli Altri Motivi e Discrezionalità del Giudice
Anche gli altri motivi di ricorso sono stati ritenuti inammissibili. La Corte ha osservato che la motivazione sulla struttura dell’inesistenza oggettiva delle operazioni fatturate era congrua e, di fatto, non specificamente contestata.
Per quanto riguarda la mancata concessione delle attenuanti generiche, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato: tale valutazione rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Nel caso di specie, la decisione era stata legittimamente motivata sulla base dell’assenza di elementi positivi e della presenza di elementi sfavorevoli, quali la complessità della vicenda e l’elevato numero di fatture fittizie utilizzate. Una motivazione di questo tipo, se non palesemente illogica o arbitraria, non è sindacabile in sede di legittimità.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Suprema Corte si basano su principi cardine del processo penale. In primo luogo, un ricorso per cassazione deve essere specifico e non può limitarsi a una generica contestazione della decisione impugnata. Deve indicare con precisione il vizio di legge o di motivazione, confrontandosi puntualmente con le argomentazioni della sentenza.
In secondo luogo, non è possibile introdurre per la prima volta in Cassazione questioni che non sono state oggetto dei motivi di appello. Il principio di devoluzione impone che il giudice di secondo grado decida solo sui punti della sentenza di primo grado che sono stati specificamente contestati. Una doglianza sollevata tardivamente, come quella sul ruolo dell’amministratore di fatto, non può trovare ingresso.
Infine, la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione, non rivalutare le prove. La valutazione sulla concessione delle attenuanti generiche, se adeguatamente motivata, è un tipico esempio di apprezzamento di merito insindacabile in sede di legittimità.
Le Conclusioni
La sentenza offre importanti indicazioni pratiche. Anzitutto, sottolinea l’importanza di una strategia difensiva completa e tempestiva: ogni contestazione deve essere sollevata nel momento processuale corretto, a partire dall’atto di appello. Introdurre nuovi argomenti in fasi successive del giudizio è una strategia destinata al fallimento.
Inoltre, viene ribadita la solidità della figura dell’amministratore di fatto nel diritto penale-tributario. La responsabilità penale non si ferma alle cariche formali, ma guarda a chi esercita concretamente il potere decisionale e gestionale. Dimostrare di non essere il dominus richiede una contestazione puntuale e supportata da prove, non una generica lamentela.
Infine, il caso conferma che l’accesso alla Corte di Cassazione è limitato a vizi specifici. Un ricorso basato su contestazioni generiche o tardive viene dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Quando un motivo di ricorso in Cassazione viene considerato tardivo?
Un motivo di ricorso è considerato tardivo quando solleva per la prima volta una questione che avrebbe dovuto essere specificamente inclusa nei motivi di appello e che quindi non è stata sottoposta al giudizio della Corte d’appello.
Può la Corte di Cassazione riesaminare il ruolo di amministratore di fatto di un imputato?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare nel merito il ruolo di amministratore di fatto se questo è già stato oggetto di una valutazione logica e congruamente motivata da parte dei giudici di primo e secondo grado. Il suo compito è verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione, non effettuare una nuova valutazione delle prove.
Perché sono state negate le attenuanti generiche in questo caso?
Le attenuanti generiche sono state negate perché il giudice di merito, esercitando il suo potere discrezionale, ha ritenuto assenti elementi positivi a favore degli imputati e ha invece riscontrato la presenza di elementi negativi, come la complessità del meccanismo fraudolento e il considerevole numero di fatture false utilizzate. Tale valutazione, essendo motivata in modo non arbitrario, non è stata ritenuta censurabile dalla Cassazione.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 10456 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 10456 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 14/01/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a Oria il 09/11/1942
NOME nata a Manduria il 02/05/1956
avverso la sentenza del 13/07/2022 della Corte d’appello di Lecce Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso con le conseguenti statuizioni ex art 616 cod. proc. pen.; udito il difensore: è presente, in sostituzione dell’avvocato COGNOME COGNOME del foro di Taranto (per delega orale), l’avvocato COGNOME NOME del foro di Roma in difesa di COGNOME NOME e NOME, la quale illustra le proprie ragioni, si riporta al ricorso e ai motivi aggiunti depositati e ne chiede l’accoglimento
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 12.2.2024, la Corte di appello di Lecce, giudicando in sede di rinvio, in riforma della sentenza di primo grado ha ridotto la pena nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME in ordine al reato di cui al capo b), artt. 81, 110 cod. pen., 2 d.lgs. 74/2000.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore degli imputati, lamentando (in sintesi, giusta il disposto di cui all’art. 17 comma 1, disp. att. cod. proc. pen.) vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale omesso di valutare la doglianza con cui si contestava la qualifica di amministratore di fatto di Spina e per avere affermato che l’assenza di autorizzazione da parte della pubblica amministrazione per l’apertura di un bar ristorante era un elemento indicativo dell’inesistenza delle fatture. Deduce anche omessa motivazione in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche ex art. 62-bis cod. pen.
2.1. Successivamente sono stati depositati motivi aggiunti con cui si insiste per l’annullamento della sentenza impugnata.
I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, in quanto generici e privi di autosufficienza.
Si concorda con le considerazioni dedotte dal Procuratore generale nella memoria depositata e ribadita in sede di discussione.
4.1. Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, la Corte territoriale ha logicamente evidenziato che, in difetto di uno specifico motivo d’appello volto a contestare il ruolo di amministratore di fatto di RAGIONE_SOCIALE attribuito allo Spina in imputazione, la questione dedotta nel corso della pubblica udienza non potesse trovare ingresso, trattandosi di doglianza tardiva.
In ogni caso, è appena il caso di rilevare che sul ruolo di amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE la Corte di appello ha esaurientemente richiamato la motivazione offerta sul punto dal Tribunale, il quale, con argomentazioni immuni da vizi logici, aveva evidenziato come dalla visura camerale emergesse il ruolo dello COGNOME NOME quale procuratore della società, dotato degli stessi poteri attribuiti all’amministratore unico, e come in realtà lo stesso era sempre stato il vero e proprio dominus della società in
questione, come era emerso dalle dichiarazioni rese dallo stesso COGNOME, da NOME e da NOME COGNOME.
4.2. L’inesistenza oggettiva delle operazioni portate nelle fatture utilizzate nelle dichiarazioni IVA e imposte sui redditi relativa all’anno 2016 è stata congruamente motivata e neppure è oggetto di contestazione.
4.3. Quanto al profilo soggettivo del reato sub B), i giudici hanno congruamente osservato come la stessa struttura dell’inesistenza oggettiva delle operazioni fatturate fosse conducente alla considerazione che i costi indicati erano finalizzati all’abbattimento dell’imponibile ed all’evasione fiscale, con conseguente consapevolezza da parte dei prevenuti di non avere usufruito delle prestazioni documentate dalle fatture indicate in dichiarazione.
4.4. Il motivo sulla mancata concessione delle attenuanti generiche ex art. 62-bis cod. pen. è inammissibile, atteso che tale valutazione costituisce l’esplicazione di un potere discrezionale del giudice di merito, che nel caso è stato legittimamente motivato con la riscontrata assenza di elementi positivi e con la constatata presenza di elementi sfavorevoli all’invocata attenuante, quali la complessità della vicenda ed il numero di fatture utilizzate, secondo una ponderata e non arbitraria valutazione di merito, come tale insindacabile in cassazione.
Stante l’inammissibilità dei ricorsi, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 14 gennaio 2025
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