Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 6561 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 6561 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/07/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Terni il DATA_NASCITA;
avverso la ordinanza n. 114/23 TLMCP del Tribunale di Venezia del 10 marzo 2023;
letti gli atti di causa, la ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal AVV_NOTAIO COGNOME;
letta la requisitoria scritta del – sentito il PM, in persona del AVV_NOTAIO, il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Pronunziando in qualità di giudice del riesame dei provvedimenti cautelari personali, il Tribunale di Venezia, con ordinanza del 10 marzo 2023, ha respinto il ricorso che, tramite la sua difesa fiduciaria, NOME COGNOME aveva presentato avverso il provvedimento del Gip del Tribunale di Padova, datato 21 gennaio 2023, con il quale gli era stata applicata la misura cautelare personale della custodia in carcere in relazione ai reati di cui agl artt. 2 e 8 del dlgs n. 74 del 2000 a lui provvisoriamente contestati.
Avverso il predetto provvedimento ha interposto ricorso per cassazione la difesa del NOME, formulando a tale fine 3 motivi di impugnazione.
Con il primo motivo di impugnazione è stata censurata la ordinanza in discussione per essere stata in essa illogicamente affermata l’esistenza in capo al ricorrente della qualifica di amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE, cioè di una delle compagini societarie che, secondo la ipotesi accusatoria, avrebbe costituito il “filtro” tra il reale venditore ed il r acquirente della merce oggetto di compravendita nell’ambito delle operazioni commerciali strumentali alla realizzazione della frode “carosello” oggetto della provvisoria contestazione, e per essere stata ritenuta l’esistenza del fumus commissi delicti.
Con il secondo motivo di ricorso la ordinanza impugnata è censurata in quanto, con motivazione omissiva ed operando in violazione di legge, il Tribunale lagunare avrebbe trascurato di prendere nella opportuna considerazione la documentazione prodotta in sede di riesame.
Il terzo motivo di impugnazione concerne l’illegittimità che colpirebbe la ordinanza impugnata, essendo stata in questa erroneamente ritenuta la sussistenza del pericolo di recidiva ed essendo stata, altresì erroneamente ritenuta adeguata la sola misura custodiale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto è risultato manifestamente infondato e, pertanto, lo stesso deve essere dichiarato inammissibile.
Con riferimento al primo motivo di impugnazione, riguardante il vizio di motivazione che inficerebbe la sentenza impugnata in ordine alla ritenuta attribuzione al ricorrente della qualifica di amministratore di fatto dell RAGIONE_SOCIALE, si rileva che le censure contenute nell’atto
impugnatorio appaiono essere generiche; infatti, il Tribunale lagunare ha fondato il proprio giudizio sulla qualifica del NOME all’interno della predet società sulla base delle affermazioni accusatorie rese dai coindagati COGNOMECOGNOME
Il contenuto di tali dichiarazioni, atto a far ritenere sussistente in cap all’odierno ricorrente la predetta qualifica, non è stato, in sostanza, contesta dalla difesa di quest’ultimo nella sua sostanza, avendo quella semplicemente proposto per le dichiarazioni in questione un’interpretazione che, senza evidenziare la implausibilità di quella alle stesse attribuita in sede di riesam ne ipotizza una diversa, più favorevole al ricorrente.
Ma una tale operazioni, incidendo in realtà su di una valutazione di merito compiuta da parte del giudice del riesame cautelare, non vale, in questa sede di legittimità, ad evidenziare una qualche illegittimità del provvedimento impugnato, non essendo sufficiente, onde pervenire all’annullamento di un provvedimento giurisdizionale, tanto più se emesso in fase cautelare del giudizio, affermare che il materiale probatorio acquisito agli atti avrebbe potuto condurre ad un approdo ricostruttivo dei fatti di causa diverso da quello cui è pervenuto il giudice, in questo caso, del riesame, dovendo, invece, dimostrarsi che le conclusioni da questo tratte appaiano inaccettabili.
Cosa questa che l’odierno ricorrente non ha fatto, essendosi limitato a formulare una prospettazione alternativa a quella operata in sede di riesame.
Così come del tutto generica e priva di elementi di ancoraggio è l’affermazione, funzionale alla esclusione della esistenza dei fattori costituti degli illeciti in provvisoria contestazione, secondo la quale la RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata una compagine societaria operativa e dotata di una sua effettiva vitalità imprenditoriale, trattandosi di affermazione meramente postulata ma non dimostrata.
Quanto al secondo motivo di impugnazione, riguardante il mancato esame da parte del Tribunale di Venezia della documentazione che la difesa del COGNOME ha sottoposto alla sua attenzione, ritiene il Collegio che anche in questo caso si tratti di doglianza inammissibile; invero, al di là del corrispondenza al vero della circostanza che in sede di riesame siffatta documentazione sia stata, sebbene regolarmente sottoposta alla sua attenzione, sostanzialmente ignorata dal Tribunale dell’impugnazione cautelare, si rileva – ed il dato è assorbente di ogni altra ragione – che ricorrente non ha assolto l’onere di dimostrare, con la dovuta affidabilità, l
circostanza che siffatta documentazione avrebbe avuto una valenza determinante ai fini del decidere, di tal che la decisione assunta senza che la stessa documentazione sia stata (accettando per semplicità argomentativa come corretta la ricostruzione procedimentale operata dal ricorrente) adeguatamente esaminata risulti – stante la mancata deduzione dalla medesima delle ineludibili conseguenze cui la stessa avrebbe, sempre secondo il ricorrente, condotto – essere sorretta solo da una motivazione manifestamente illogica (nel senso della insussistenza del vizio di violazione di legge laddove il giudice del riesame o di altra fase procedimentale non abbia preso in considerazione una memoria o comunque una produzione difensiva, potendo siffatta mancanza ridondare solamente sulla congruità e sulla correttezza logico-giuridica della motivazione del provvedimento che definisce la fase o il grado nel cui ambito sono state espresse le citate ragioni difensive, si vedano, fra le moltissime: Corte di cassazione, Sezione I penale, 23 settembre 2020, n. 26536; Corte di cassazione, Sezione III penale, 24 maggio 2019, n. 23097).
La mancanza di una tale dimostrazione rende inammissibile, per irrilevanza, il motivo di ricorso.
Venendo, a questo punto, al terzo motivo di doglianza, riferito alla sussistenza delle esigenze cautelari al cui presidio è stata disposta la misura a carico del prevenuto, va, per prima cosa, rilevato che le stesse sono state dal Tribunale del riesame ritenute sussistere con esclusivo riferimento al pericolo di reiterazione criminosa, posto che in relazione a quello di inquinamento probatorio ed a quello di fuga dell’indagato il Tribunale del riesame, discostandosi in tale modo dalla visione dei fatti propria del AVV_NOTAIO ha ritenuto la insussistenza degli elementi costitutivi.
Diversamente quanto alle esigenze cautelari connesse alla possibilità che il NOME reiteri condotte delittuose dello stesso genere di quelle ora in questione; al riguardo, infatti, il Tribunale lagunare ha osservato sia che, quanto meno sino al 2020 sono proseguiti i rapporti opachi fra le imprese commerciali gestite dall’indagato e le altre coinvolte nella presente inchiesta, sia che la ampiezza del periodo interessato dalle condotte ora in provvisoria contestazione, che, ancora la estrema professionalità dimostrata dall’indagato nella realizzazione degli illeciti per i quali sono in corso le indagini, costituiscono tutti elementi evidenzianti, con affidabile probabilità, la propensione del COGNOME alla commissione di illeciti di carattere commerciale o, comunque, connessi con lo svolgimento, secondo modalità illecite, dell’attività
commerciale, rendendo assai verosimile che, in assenza di forme di costrizione, lo stesso tornerà a delinquere.
A tali articolati rilievi l’odierno ricorrente ha opposto, a comprova della carenza del requisito della attualità del pericolo, il dato, ritenuto non inattendibile dallo stesso Tribunale di Venezia, che ad oggi l’indagato non ha più responsabilità gestorie all’interno della RAGIONE_SOCIALE, avendo egli, anzi, reciso i legami con le aziende operanti, come la precedente, nel settore dell’informatica.
Si tratta di rilievi non decisivi, posto che è proprio in relazione alla professionalità dimostrata dal ricorrente – la quale evidentemente è indipendente dal settore merceologico nel quale la singola impresa può operare, essendo lo schema operativo in passato seguito suscettibile di essere replicato, fatti gli opportuni, ma marginali, aggiustamenti, anche ad altro genere di compravendite commerciali – che il pericolo di reiterazione è tuttora attuale, di tal che l’avvenuta recisione dei legami con un determinato ambito produttivo e con i soggetti imprenditoriali ad esso legati appare costituire un elemento indifferente ai fini della esclusione del pericolo di recidivanza, non essendo in discussione la competenza tecnica dell’indagato nella fase della produzione dei beni informatici, quanto di una spiccata capacità di manipolare gli strumenti commerciali, quale che sia l’oggetto del commercio, a fini frodatori in danno del Fisco.
In relazione alla idoneità della sola misura custodiate è sufficiente osservare come la versatilità dell’indagato nell’utilizzo di strumenti comunicativi elettronici – la cui inibizione, in assenza di misure totalmente privative della libertà personale, è per molti versi rimessa allo spirito collaborativo del soggetto sottoposto alla misura, potendo essere gli stessi adoperati senza alcuna manifesta e facilmente riscontrabile in sede di eventuale controllo sul rispetto della misura applicata, violazione sia della misura stessa sia delle prescrizioni eventualmente ad essa connesse – non consentirebbe di ritenere adeguatamente presidiata la esigenza cautelare in questione, ove l’indagato non fosse posto sotto il diuturno controllo che solamente la custodia cautelare in carcere consente.
Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile ed il ricorrente, visto l’art. 616 cod. proc. pen. va condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euri 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Considerata la perdurante condizione di cattività del NOME derivante dal presente provvedimento, di esso deve essere data informazione, secondo le modalità di cui in dispositivo, all’Autorità di cui all’art. 94, comma 1 -ter, dip. att. cod. proc. pen.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter, dip. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 11 luglio 2023
Il AVV_NOTAIO estensore
GLYPH Il Presidente