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Amministratore di fatto e bancarotta: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di un amministratore unico e di un amministratore di fatto, condannati per bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale. La sentenza ribadisce che la qualifica di amministratore di fatto si basa sull’esercizio concreto e continuativo di poteri gestionali, indipendentemente da qualifiche formali o da una precedente sentenza civile che lo riconosceva come dipendente. La Corte ha confermato la condanna, ritenendo provata sia la gestione di fatto che la distrazione di fondi e la tenuta irregolare della contabilità, finalizzata a nascondere le operazioni illecite.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

L’Amministratore di Fatto e la Bancarotta: La Cassazione Conferma la Responsabilità Penale

La recente sentenza n. 13613/2024 della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sulla figura dell’amministratore di fatto e sulla sua responsabilità penale in caso di bancarotta fraudolenta. Questo provvedimento è cruciale perché ribadisce come, ai fini della legge penale, conti la sostanza del ruolo svolto all’interno di un’azienda e non la mera forma. Anche chi opera senza un incarico ufficiale può essere chiamato a rispondere dei reati fallimentari, se ha gestito la società come un vero amministratore.

I Fatti del Caso: La Gestione Occulta della Società

Il caso riguarda la condanna di due soggetti, l’amministratore unico (di diritto) e un’altra persona ritenuta l’amministratore di fatto, per i reati di bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale per distrazione, in seguito al fallimento di una S.r.l. nel 2011. Secondo l’accusa, confermata nei primi due gradi di giudizio, l’amministratore di fatto gestiva in via esclusiva i rapporti con clienti e fornitori, ordinava le merci, riceveva pagamenti e decideva delle sorti aziendali, presentandosi a tutti come il vero titolare. La difesa dell’imputato sosteneva invece che le sue attività fossero riconducibili a un normale rapporto di lavoro dipendente, forte anche di una sentenza civile che aveva riconosciuto tale qualifica.

La Decisione della Cassazione: Inammissibilità dei Ricorsi

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi presentati da entrambi gli imputati, confermando così la condanna. I giudici hanno respinto tutte le argomentazioni difensive, ritenendole infondate o non ammissibili in sede di legittimità. In particolare, la Corte ha smontato la tesi difensiva basata sulla precedente sentenza civile e ha ribadito i principi consolidati per l’individuazione della responsabilità dell’amministratore occulto.

Le Motivazioni: Il Ruolo dell’Amministratore di Fatto

La sentenza si sofferma su tre punti fondamentali per comprendere la decisione.

La Prova della Gestione di Fatto

La Corte ha stabilito che la qualifica di amministratore di fatto non dipende da nomine formali, ma dall’esercizio continuativo e significativo dei poteri tipici della gestione societaria. Nel caso specifico, le testimonianze raccolte dimostravano in modo inequivocabile che l’imputato svolgeva funzioni gestorie e direttive in modo esclusivo e sistematico, ben oltre le mansioni di un semplice dipendente. Il fatto che il contratto di lavoro non fosse neanche firmato e che tali attività fossero state svolte anche prima della presunta assunzione ha ulteriormente rafforzato questa conclusione.

L’Irrilevanza del Giudicato Civile

Un aspetto cruciale della motivazione riguarda l’autonomia tra giudizio civile e penale. La Cassazione ha chiarito che una sentenza civile, che aveva riconosciuto l’imputato come lavoratore dipendente, non ha alcuna autorità nel processo penale. Il giudizio civile si basa su quanto allegato e provato dalle parti in quella sede, mentre il processo penale ha l’obiettivo di accertare la verità materiale dei fatti ai fini della responsabilità penale. Pertanto, l’accertamento del ruolo di amministratore di fatto in sede penale è del tutto indipendente.

La Bancarotta Documentale e Patrimoniale

La Corte ha confermato anche le accuse di bancarotta documentale e patrimoniale. Per la prima, ha evidenziato come la contabilità fosse tenuta in modo talmente irregolare da rendere molto difficoltosa la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari (conti cassa negativi, pagamenti non annotati, inventari non aggiornati). Tale condotta, secondo i giudici, è di regola funzionale a nascondere atti di distrazione. Per la bancarotta patrimoniale, è stato ritenuto sufficiente provare la distrazione di somme di denaro, senza la necessità di dimostrare un dolo specifico di pregiudicare i creditori, essendo sufficiente il dolo generico, ovvero la consapevolezza di dare al patrimonio una destinazione diversa da quella sociale.

Conclusioni: Le Implicazioni della Sentenza

Questa sentenza riafferma un principio cardine del diritto penale societario: la responsabilità penale segue la gestione effettiva dell’impresa. Chiunque, a prescindere da nomine formali, eserciti poteri direttivi, è equiparato all’amministratore di diritto e risponde penalmente per i reati fallimentari commessi. La decisione sottolinea inoltre la netta separazione tra l’accertamento dei fatti in sede civile e penale, impedendo che una qualificazione formale ottenuta in un ambito possa fungere da scudo nell’altro. Infine, viene confermato che per la bancarotta per distrazione è sufficiente la coscienza e volontà di sottrarre beni alla loro funzione di garanzia per i creditori, configurandosi come un reato di pericolo che non richiede la prova di un danno effettivo.

Come si individua la figura dell’amministratore di fatto ai fini della responsabilità penale?
L’amministratore di fatto viene individuato sulla base delle concrete funzioni esercitate. La responsabilità penale sorge quando un soggetto svolge in modo continuativo e significativo i poteri tipici di gestione e direzione di una società, indipendentemente dal fatto che possieda una qualifica formale.

Una sentenza di un giudice del lavoro che qualifica una persona come dipendente può escludere la sua responsabilità come amministratore di fatto in un processo penale per bancarotta?
No. La sentenza della Cassazione ribadisce la piena autonomia tra il giudizio civile e quello penale. La qualifica di lavoratore dipendente accertata in sede civile non impedisce al giudice penale di riconoscere lo stesso soggetto come amministratore di fatto, sulla base di un’analisi autonoma delle prove e delle attività concretamente svolte.

Per la condanna per bancarotta fraudolenta per distrazione è necessario provare l’intenzione di danneggiare i creditori?
No, non è necessario. La Corte ha confermato che il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione richiede solo il dolo generico. È sufficiente la consapevolezza e la volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia per le obbligazioni contratte, senza che sia necessario dimostrare lo scopo specifico di recare pregiudizio ai creditori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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