Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2122 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2122 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a ROMA il 04/01/1986
avverso la sentenza del 24/05/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udite le conclusioni del difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Roma confermava la pronuncia di condanna di primo grado del ricorrente per il delitto di bancarotta fraudolenta distrattiva.
Avverso la richiamata sentenza il PESARESI ha proposto ricorso per cassazione, mediante il difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME articolando tre motivi di impugnazione, di seguito ripercorsi nei limiti previsti dall’art. 1 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione quanto all’attribuita qualifica di amministratore di fatto e alla riconducibilità alla persona dei prelievi in contanti e dei bonifici sul conto della società.
Sotto il primo aspetto lamenta che è apodittica la statuizione della Corte d’Appello nel senso della sussistenza della qualifica di fatto, anche dopo la cessazione della carica formale, per avere egli continuato ad avere la delega ad operare sul conto, avendo destinato denaro ad interessi propri, non essendo tale affermazione rispondente al vero.
Ciò in quanto, rispetto ai prelievi in contanti, non sarebbe emerso alcun elemento idoneo a dimostrare che erano stati effettuati da lui.
Con riferimento, invece, ai bonifici eseguiti in favore della sua impresa individuale, deduce l’erroneità delle argomentazioni con le quali la Corte d’Appello di Roma, reiterando, anche a fronte delle puntuali contestazioni veicolate con i motivi di appello, le conclusioni del giudice di primo grado, ha affermato che non erano riconducibili all’esercizio dell’attività sociale della fallit
In particolare, lamenta, a riguardo, che: non vi era alcuna anomalia nella contabilità della sua impresa ritraibile dalla numerazione bis delle fatture, dovuta solo ad un iniziale errore contabile; l’assenza di bolle di consegna e le generiche indicazioni contenute nelle fatture avrebbero rispettivamente trovato spiegazione nelle circostanze che la merce era stata ordinata on line e che si trattava di ordinativi continuativi della stessa tipologia di beni.
2.2. Con il secondo motivo l’imputato denuncia inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 216 e 219 I.fall. in relazione all’elemento oggettivo della fattispecie di reato poiché non sarebbe stato considerato che, alla data delle
assunte distrazioni, la società versava in floride condizioni economiche, sicché non erano prevedibili in concreto il dissesto e il successivo fallimento, dipendenti in via esclusiva dalle condotte dell’ultimo amministratore, NOME COGNOME il quale non aveva destinato le risorse della società al pagamento delle rate previste dall’accordo con un fornitore.
2.3. Mediante il terzo motivo il ricorrente deduce carente motivazione in relazione alla richiesta di rinnovazione istruttoria effettuata con i motivi nuovi di appello ponendo in rilievo che la testimonianza del RAGIONE_SOCIALE avrebbe potuto condurre ad una differente valutazione della sua posizione sia sul piano oggettivo che su quello soggettivo, in quanto questi avrebbe potuto riferire anche su altri profili di rilievo, quali la tipologia e la quantità di beni acquistati mensilment dalla sua ditta individuale, la commerciabilità e il valore dei prodotti antiparassitari, i rapporti tra gli amministratori.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo non è fondato.
Su un piano generale, occorre ricordare che nella giurisprudenza di legittimità è stato più volte affermato che la nozione di amministratore di fatto, introdotta dall’art. 2639 cod. civ., postula l’esercizio in modo continuativo e significativo dei poteri tipici inerenti alla qualifica od alla funzione. In particola la posizione dell’amministratore di fatto, destinatario delle norme incriminatrici della bancarotta fraudolenta, si traduce, nell’ambito processuale, nell’accertamento di elementi sintomatici di gestione o cogestione della società, risultanti dall’organico inserimento del soggetto, quale intraneus che svolge funzioni gerarchiche e direttive, in qualsiasi momento dell’iter di organizzazione, produzione e commercializzazione dei beni e servizi – rapporti di lavoro con i dipendenti, rapporti materiali e negoziali con i finanziatori, fornitori e clienti qualsiasi branca aziendale, produttiva, amministrativa, contrattuale, disciplinare. L’accertamento degli elementi sintomatici di tale gestione o cogestione societaria costituisce oggetto di apprezzamento di fatto che è insindacabile in sede di legittimità, se sostenuto da motivazione congrua e logica (cfr. Sez. 5, 14 aprile 2003, n. 22413, Rv. 224948; Sez. 1, 12 maggio 2006, n. 18464, Rv. 234254). In sostanza, può essere accertata l’amministrazione di fatto della società in presenza di elementi sintomatici dell’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell’attività della società, quali i rapporti con i dipendenti, i fornitor o i clienti, ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso
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aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare: in dette il relativo accertamento costituisce oggetto di una valutazione di insindacabile in questa sede, ove sostenuta da congrua e logica motivazione ( Sez. 5, 27 giugno 2019, n. 45134, Rv. 277540).
In linea con tali principi, la Corte territoriale ha ritenuto, con motivazione, che il PESARESI ha rivestito, oltre alla qualifica di amministra formale nel periodo da marzo a maggio del 2018, anche quella di amministrator di fatto in quello successivo essenzialmente perché:
a)non si evinceva dal verbale di nomina del nuovo amministratore l consegna delle credenziali dell’home banking e della carta bancomat del con della società;
b) soprattutto, i bonifici dal conto sociale, sino al dicembre 2018, eran effettuati, senza alcun interesse per la società, a vantaggio del PESA medesimo (ovvero della sua impresa individuale).
Di qui si è logicamente inferito che tali indici fossero rappresentativis carica rivestita di fatto dall’imputato che disponeva del conto sociale e distratto significativi importi a suo vantaggio.
Infatti, pur volendosi prescindere dalla riferibilità allo stesso ovve amministratori formali dei prelievi in contanti, è pacifico che i bonifici da della fallita, sul quale sin dall’apertura il PESARESI è stato delegato ad o sono stati effettuati a suo favore.
A quest’ultimo riguardo, peraltro, con congrue argomentazioni, che no sono sindacabili in sede di legittimità salvo incorrere in un inammissibile delle prove, le decisioni di merito hanno ritenuto priva di consiste ricostruzione alternativa prospettata dall’imputato nel senso che quegli im erano giustificati dall’acquisto da parte della fallita di prodotti dalla su individuale.
Invero, come è . stato evidenziato dalle pronunce di merito anche se l’impresa individuale del PESARESI opera on line non si comprende perché la consegna dei prodotti avrebbe dovuto essere priva delle relative boll accompagnamento; a fronte degli elementi generici indicati nelle fatt l’imputato non ha prodotto gli ordinativi cui fa riferimento che avrebbero do dare ad essi maggiore “consistenza”; l’anomala fatturazione con il “bis” è giustificata solo sul piano deduttivo, senza il deposito delle scritture conta
2. Il secondo motivo deve essere rigettato.
L’impostazione della censura del COGNOME non si attaglia, invero, al delit contestato e ritenuto di bancarotta fraudolenta distrattiva quanto, in ip quello di dissesto cagionato per effetto di operazioni dolose.
è
Come hanno da lungo tempo chiarito le stesse Sezioni Unite della Corte di cassazione, infatti, ai fini della configurabilità della bancarotta fraudolenta distrattiva resta priva di rilievo la concreta situazione economica e patrimoniale della società nel momento in cui è stato compiuto l’atto, dato che l’elemento soggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione è costituito dal dolo generico, per la cui sussistenza non è necessaria la consapevolezza dello stato di insolvenza dell’impresa, né lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, essendo sufficiente la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte (Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, COGNOME, Rv. 266805 – 01).
E, d’altra parte, come è stato più di recente puntualizzato, in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, l’epoca del depauperamento può assumere rilevanza ai fini della sussistenza degli indici di fraudolenza e, dunque, del dolo, solo qualora la condotta dell’agente presenti elementi non univoci di qualificazione giuridica in termini di distrazione, ma non certo quando il depauperamento consegua ad una deliberata condotta di sottrazione, priva di un’alternativa ipotesi qualificatoria (Sez. 5, n. 45230 del 16/09/2021, COGNOME, Rv. 282284 – 01).
3.Anche il terzo motivo deve essere rigettato.
Occorre a riguardo ricordare che la rinnovazione dell’istruttoria nel giudizio di appello, attesa la presunzione di completezza dell’istruttoria espletata in primo grado, è un istituto di carattere eccezionale al quale può farsi ricorso esclusivamente allorché il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266820 – 01; Sez. U, n. 2780 del 24/01/1996, COGNOME, Rv. 203974 – 01).
Di qui in alcun vizio è incorsa la decisione impugnata, poiché la Corte territoriale ha congruamente argomentato il diniego della richiesta probatoria spiegata dalla difesa dell’imputato osservando che il COGNOME aveva già reso dichiarazioni esaustive a sommarie informazioni.
4.In definitiva il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 3 dicembre 2024 Il Consigliere Estensore COGNOME