Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 35031 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 35031 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME , nato a Cascina il DATA_NASCITA avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze del 03/10/2024; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla consigliera NOME COGNOME; lette le conclusioni rassegnate ex art. 23, comma 8, del decreto legge n. 137 del 2020 dal Procuratore generale che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 3 ottobre 2024 la Corte di appello di Firenze ha confermato quella emessa dal Tribunale di Firenze, il 13 maggio 2022, di condanna di COGNOME NOME alla pena di anni uno di reclusione, oltre al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di giustizia e alle pene accessorie, in quanto ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 8 d.lgs. 74/2000.
COGNOME ha proposto, a mezzo del difensore di fiducia, ricorso per l’annullamento della sentenza, affidato ad un unico motivo, reiterativo RAGIONE_SOCIALE istanze proposte col secondo motivo di gravame, con cui lamenta, ex art. 606, comma 1, lett e) e b) cod,proc.pen., violazione di legge -art. 8 d.lgs. 74/2000- e correlato vizio di motivazione, “essendo l’imputato mero amministratore di fatto”, circostanza da cui, se pur in astratto discenderebbe l’assunzione di obblighi di controllo e vigilanza, in concreto non sarebbe stato correttamente valutato il fatto che al COGNOME era impedito ogni potere di ingerenza nella gestione sociale e adozione RAGIONE_SOCIALE decisioni di politica aziendale, da cui l’assenza del necessario dolo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1. Il motivo è inammissibile perché declinato in fatto.
Non è consentito il motivo con cui si deduca la violazione dell’art. 192 c.p.p., anche se in relazione agli artt. 125 e 546, comma 1, lett. e), stesso codice, per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all’ammissibilità RAGIONE_SOCIALE doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza RAGIONE_SOCIALE norme processuali stabilite a pena di nullità (Sez. U, Sentenza n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027). Difatti la deduzione del vizio di violazione di legge, in relazione all’asserito malgoverno RAGIONE_SOCIALE regole di valutazione della prova contenute nell’art. 192 c.p.p. ovvero della regola di giudizio di cui all’art. 533 dello stesso codice, non è permessa non essendo l’inosservanza RAGIONE_SOCIALE suddette disposizioni prevista a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, come richiesto dall’art. 606 lett. c) c.p.p. ai fini della deducibilità della violazione di legge processuale (ex multis Sez. 3, n. 44901 del 17 ottobre 2012, F., Rv. 253567; Sez. 3, n. 24574 del 12/03/2015, COGNOME e altri, Rv. 264174; Sez. 1, n. 42207/17 del 20 ottobre 2016, COGNOME e altro, Rv. 271294; Sez. 4, n. 51525 del 04/10/2018, M., Rv. 274191;
Sez. U, Sentenza n. . 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027). Né vale in senso contrario la qualificazione del vizio dedotto operata dal ricorrente come error in iudicando in iure ai sensi della lett. b) dell’art. 606 c.p.p., posto che tale disposizione, per consolidato insegnamento di questa Corte, riguarda solo l’errata applicazione della legge sostanziale, pena, altrimenti, l’aggiramento del limite (posto dalla citata lett. c) dello stesso articolo) della denunciabilità della violazione di norme processuali solo nel caso in cui ciò determini una invalidità (ex multis Sez. 3, n. 8962 del 3 luglio 1997, COGNOME, Rv. 208446; Sez. 5, n. 47575 del 07/10/2016, P.M. in proc. Altoè e altri, Rv. 268404).
Sotto le mentite spoglie del denunciato vizio di motivazione ripercorre il motivo le risultanze dibattimentali, proponendone una inammissibile interpretazione, più favorevole all’imputato, onde riqualificare i fatti a mente dell’ipotesi lieve, istanza peraltro, non indicata tra i motivi di appello il cui riassunto non è sato dalla difesa impugnato.
E’ altresì inammissibile perchè meramente contestativo, e ripropositivo dei corrispondenti motivi di appello senza confrontarsi con la motivazione al proposito correttamente resa dalla Corte territoriale.
2.1. Le Sezioni Unite della Corte (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01; conformi, ex multis, Sez. 2, n. 51531 del 19/11/2019, COGNOME, Rv. 277811 – 01; Sez. 3, n. 12727 del 21/02/2019, COGNOME, Rv. 275841 01) hanno precisato che i motivi di impugnazione (sia in appello che in cassazione) sono affetti da genericità «estrinseca» quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato), posto che l’atto di impugnazione «non può ignorare le ragioni del provvedimento censurato» (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425).
3. E’, comunque, manifestamente infondato.
Si rileva, innanzitutto, che la sentenza impugnata conferma integralmente la sentenza di prime cure.
Fatte queste premesse la Corte ha offerto adeguata motivazione in ordine al giudizio di responsabilità dell’imputato, amministratore di diritto, anche in ragione RAGIONE_SOCIALE criticità sollevate in sede di appello, e riproposte integralmente in questa sede.
La sentenza impugnata ripercorre, invero, i fatti oggetto di procedimento nonché le emergenze istruttorie, anche con riferimento alla sussistenza del dolo, in forma
diretta o eventuale, dovendo ritenersi la generica consapevolezza, pur non riferita alle singole operazioni, RAGIONE_SOCIALE attività compiute dalla società tramite l’amministratore di fatto (si richiama il contenuto della sentenza impugnata sul punto, evidenziandosene la correttezza del percorso argomentativo).
Nella specie, come attestato dai giudici di merito, tali argomenti si traggono dalle stesse dichiarazioni dell’imputato, che ha confermato di aver pienamente compreso, all’epoca della sua nomina alla carica amministrativa, la natura e la finalità dell’atto che stava sottoscrivendo (delibera assembleare di modifica dell’organo amministrativo in una seduta in cui peraltro risultava, falsamente segretario, per non avermi mai partecipato); ha dichiarato di non aver mai svolto l’attività di amministratore e di non aver addirittura neppure mai chiesto di cosa la società si occupasse, limitandosi a recepire l’offerta di un compenso mensile di 500 euro, versatigli peraltro solo all’atto della sottoscrizione del verbale, e fidandosi ed affidandosi semplicemente alle rassicurazioni del proprio commercialista, colui che gli aveva proposto di diventare amministratore.
Rammenta il Collegio l’orientamento costante di questa Corte nel ritenere che in tema di reati tributari, la prova del dolo specifico dei delitti di cui agli artt. 5, 10 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 in capo all’amministratore di diritto di una società, che funge da mero prestanome, può essere desunta dal complesso dei rapporti tra questi e l’amministratore di fatto, nell’ambito dei quali assumono decisiva valenza la macroscopica illegalità dell’attività svolta e la consapevolezza di tale illegalità. (Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto indici del dolo specifico dell’amministratore di diritto la sua attiva partecipazione al meccanismo elusivo legato all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, anche con la richiesta dei vaglia circolari necessari per l’incasso RAGIONE_SOCIALE somme corrispondenti, e i suoi rapporti con l’amministratore di fatto, di cui eseguiva le direttive) , così, da ultimo, Sez. 6, n 15772 del 04/02/2025 Ud. (dep. 23/04/2025 ) Rv. 287969 – 01, e che la prova del dolo specifico dei reati tributari di cui agli artt. 5, 8 e 10 del d.lgs n. 74 2000 in capo all’amministratore di diritto di una società, che funge da mero prestanome, può essere desunta dal complesso dei rapporti tra questi e l’amministratore di fatto, nell’ambito dei quali assumono decisiva valenza la macroscopica illegalità dell’attività svolta e la consapevolezza di tale illegalità. (Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto indici del dolo specifico dell’amministratore di diritto la consapevolezza che l’amministratore di fatto fosse indagato e imputato per reati fiscali e la circostanza di aver rilasciato deleghe allo stesso per la movimentazione di conti la cui illiceità era evidente, ricevendone una retribuzione aggiuntiva in ragione dei rischi assunti), così Sez. 3, n. 2570 del 28/09/2018 Ud. (dep. 21/01/2019 ) Rv. 275830 – 01. Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
Nessun profilo di illegittimità della sentenza è, pertanto rilevabile in questa sede, con la conseguenza che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali, oltre ad un’ulteriore somma a favore della cassa RAGIONE_SOCIALE Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE Ammende. Così deciso in Roma il 22 maggio 2025
La Consialiera est.
Il Presidente