Amministratore di Diritto: Essere una ‘Testa di Legno’ non Esclude la Colpa
Essere nominati amministratore di diritto di una società comporta oneri e responsabilità precise, anche in ambito penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione lo ribadisce con chiarezza, stabilendo che la difesa basata sul ruolo di semplice ‘testa di legno’ non è sufficiente a escludere la colpevolezza, specialmente quando si partecipa attivamente alla commissione del reato. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I Fatti di Causa: l’Amministratore Formale e le Fatture False
Il caso riguarda l’amministratore di una società a responsabilità limitata, condannato sia in primo grado che in appello per il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, previsto dall’art. 8 del D.Lgs. 74/2000. L’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, sostenendo di aver agito come un mero prestanome, una ‘testa di legno’, e che i giudici di merito non avessero adeguatamente considerato questa circostanza, violando la legge e presentando una motivazione viziata.
La Difesa dell’Imputato e il Precedente Giurisprudenziale
La linea difensiva si basava sull’idea che la responsabilità penale dovesse ricadere sull’amministratore di fatto, colui che realmente gestiva la società, e non sull’amministratore formale. A supporto di questa tesi, la difesa ha citato un precedente della Cassazione secondo cui la responsabilità dell’amministratore di diritto non può derivare automaticamente da una posizione di omesso controllo (ex art. 40 cpv. c.p.), ma deve essere provata a titolo di concorso nel reato (ex art. 110 c.p.).
La Responsabilità Penale dell’Amministratore di Diritto
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. I giudici hanno smontato la tesi difensiva punto per punto, sottolineando come il ricorso fosse generico e non si confrontasse realmente con le motivazioni delle sentenze precedenti. La Corte ha chiarito che, nel caso specifico, la condanna non era basata su un omesso controllo, ma su una condotta attiva e diretta dell’imputato.
le motivazioni
Le motivazioni della Corte sono state nette e precise. In primo luogo, hanno evidenziato che all’imputato era stato contestato il concorso nel reato (art. 110 c.p.) e non la violazione dell’obbligo di impedire un evento (art. 40 cpv c.p.). Pertanto, il precedente giurisprudenziale citato dalla difesa era del tutto irrilevante.
Il punto cruciale della decisione risiede però nel fatto che, secondo quanto accertato nei gradi di merito, l’imputato non si era limitato a ricoprire passivamente la carica. Al contrario, era stato condannato perché, nel periodo in cui era amministratore di diritto, aveva materialmente emesso una serie di fatture per operazioni inesistenti. Di fronte a una condotta commissiva diretta, l’argomento dell’omessa vigilanza sull’operato di un presunto amministratore di fatto è stato ritenuto dalla Corte ‘chiaramente ultroneo’, ovvero del tutto superfluo e non pertinente. La responsabilità dell’imputato derivava direttamente dalla sua azione, non dalla sua posizione di garanzia.
le conclusioni
Questa ordinanza conferma un principio fondamentale del diritto penale societario: la carica di amministratore di diritto non è una mera formalità. Chi accetta tale ruolo si assume precise responsabilità legali. La difesa di essere una ‘testa di legno’ si rivela inefficace quando l’amministratore partecipa attivamente alla commissione di un reato. La decisione serve da monito: la firma apposta su documenti illeciti, come le fatture false, comporta una responsabilità penale diretta e personale, a prescindere da chi abbia ideato o beneficiato dell’operazione fraudolenta. Di conseguenza, l’appello è stato dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Un amministratore di diritto può evitare la responsabilità penale sostenendo di essere solo una ‘testa di legno’?
No, secondo questa ordinanza, tale difesa non è efficace se l’amministratore ha partecipato attivamente alla commissione del reato, ad esempio emettendo personalmente fatture false. La sua condotta diretta lo rende responsabile.
Perché il precedente citato dalla difesa non è stato ritenuto valido dalla Corte?
Il precedente riguardava la responsabilità per omesso controllo (art. 40 cpv. c.p.), mentre all’imputato era stato contestato il concorso attivo nel reato (art. 110 c.p.). Dato che l’accusa era basata su un’azione diretta (l’emissione di fatture) e non su una mancata vigilanza, il riferimento giurisprudenziale è stato giudicato non pertinente.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte di Cassazione non entra nel merito della questione. La decisione impugnata diventa definitiva e al ricorrente vengono addebitate le spese del procedimento e il pagamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un ricorso infondato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2807 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2807 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/10/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CAMMARATA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/05/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RG NUMERO_DOCUMENTO/23
Rilevato che con sentenza in data 5 maggio 2023 la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza in data 17 maggio 2022 del GUP di Milano che aveva condanNOME NOME COGNOME alle pene di legge per il reato dell’art. 8 d.lgs. n. 74 del 2000,
Rilevato che con un unico motivo di ricorso l’imputato ha dedotto la violazione di legge e il viz di motivazione perché i Giudici di merito non avevano considerato che era stato solo una testa di legno,
Considerato che il motivo è generico perché non si confronta con le sentenze di merito secondo cui l’imputato era responsabile del reato ascrittogli perché amministratore di diritto prescindere dal ruolo di COGNOME NOME, di cui non era certo fosse stato amministratore di fatto;
Rilevato che il ricorrente ha citato in suo favore il precedente della Sez. 2, n. 43968 del 202 non mass., secondo cui non è ammessa una responsabilità dell’amministratore di diritto ai sensi dell’art. 40 cpv, cod. pen., ma solo a titolo di concorso;
Considerato che, nello specifico, all’imputato è stato contestato il concorso dell’art. 110 cod. pen e non l’art. 40 cpv, cod. pen., e che comunque è stato condanNOME come amministratore di diritto della RAGIONE_SOCIALE, per aver emesso nel periodo in cui aveva ricoperto la carica una serie di fattu per operazioni inesistenti, specificamente accertate in primo grado, per cui l’argomento dell’omessa vigilanza e controllo sull’operato di chi agiva per la società era chiaramente ultroneo;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile e rilevato che all declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere dell spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente