Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 19708 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 19708 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/04/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Caserta il 30/09/1973 NOME COGNOME di fiducia rappresentato e difeso dall’avv.
avverso la sentenza emessa 23/10/2024 dalla Corte di appello di Genova, terza sezione penale visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; preso atto che il difensore ha avanzato rituale richiesta di trattazione orale in presenza, ai sensi dell’art. 611, commi 1 -bis e 1ter , cod. proc. pen.; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso riportandosi alla memoria scritta depositata in data 17/03/2025; ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha chiesto
udito il difensore del l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Genova, in parziale riforma della pronuncia del 21/07/2023 del G iudice per l’udienza preliminare del Tribunale di La Spezia emessa a seguito di rito abbreviato ed appellata dal Procuratore generale, dichiarava NOME COGNOME in qualità di amministratore di diritto della RAGIONE_SOCIALE, responsabile del delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato (capo 1 di imputazione) con irrogazione della pena di un anno quattro mesi di reclusione ed euro 500,00 di multa.
Ha proposto ricorso per cassazione l’i mputato, tramite il difensore di fiducia, articolando quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b) e e) cod. proc. pen, la violazione de ll’art. 40 cod. pen, nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
Osserva il ricorrente che la sentenza impugnata non si confronta criticamente con i precisi elementi sui quali il giudice di primo grado ha escluso in capo all’imputato il dolo di truffa, limitandosi ad esprimere un diverso (e non condivisibile) convincimento con il quale ha delineato a carico di COGNOME una forma di responsabilità oggettiva fondata sul ‘non poteva non sapere’ .
In spregio ai noti principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di motivazione rafforzata richiesta in caso di ‘ overturning ‘ in appello della decisione assolutoria di primo grado, la sentenza impugnata prende in esame i medesimi elementi probatori che avevano condotto il giudice per l’udienza preliminare ad escludere l’elemento soggettivo del reato per giungere a conclusioni diametralmente opposte, senza, tuttavia, dare conto in maniera logica e persuasiva della ragioni poste a base di tale convincimento.
La Corte di appello ha escluso che la conversazione telefonica intercettata nella quale l’imputato affermava di sospettare che i fratelli COGNOME stessero attuando ‘casini che io non capisco’ comprovasse la sua estraneità al disegno truffaldino architettato. Al riguardo, ha ritenuto che COGNOME in tal modo avesse cercato semplicemente di chiamarsi fuori dalla vicenda in quanto a conoscenza delle operazioni di captazione in corso, omettendo tuttavia di esplicitare sulla base di quali elementi -seri, specifici e rinvenibili in atti -tale colloquio rappresentasse effettivamente una mera messinscena.
La Corte di appello ha poi valorizzato il fatto che l’imputato, nel momento in cui aveva accettato l’assunzione della carica di amministratore di diritto della società RAGIONE_SOCIALE dietro corrispettivo, era comunque rimasto dipendente della RAGIONE_SOCIALE amministrata dai fratelli COGNOME sicchè non avrebbe potuto
ignorare che la struttura aziendale fosse in realtà unica e che non esistesse alcun contratto di subappalto.
Rileva il ricorrente che la percezione di una retribuzione in ragione della carica rivestita non è, di per sé, indicativa di una consapevole partecipazione alle condotte fraudolente; in ogni caso, anche a voler ritenere che COGNOME fosse stato a conoscenza della unicità della governance delle due società, ciò non è sufficiente a dimostrare che egli, privo di adeguate competenze, avesse comunque contezza del meccanismo fraudolento, assai complesso, sotteso al finto subappalto.
Il giudice di appello non ha superato gli elementi sui quali il primo giudice aveva escluso il dolo del reato e ha finito per fondare la responsabilità dell’imputato sul dato della mera assunzione della carica amministrativa.
2.2. Con il secondo e terzo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 , lett. b) ed e) cod. proc. pen, la violazione degli artt. 62bis e 114 cod. pen., nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
La Corte di appello ha ingiustificatamente escluso il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e della diminuente della minima partecipazione al fatto.
Al riguardo, il ricorrente evidenzia il corretto e collaborativo comportamento processuale dell’imputato, il fatto che questi, all’epoca dei fatti, versa sse in condizioni di rilevante difficoltà personale e la circostanza che l’apporto causale fosse stato nullo con riferimento alla ideazione della condotta fraudolenta e marginale nella concreta esecuzione della stessa in quanto consistito nella mera accettazione della carica amministrativa.
2.3. Con il quarto motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 , lett. b) ed e) cod. proc. pen, la violazione degli artt. 545bis cod. proc. pen., 53 e ss. legge n. 689 del 1981, nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
La Corte di appello non ha accolto la richiesta di applicazione di una sanzione sostitutiva ricorrendo ad una vuota formula di stile, senza argomentare in ordine alla inidoneità di ciascuna di quelle previste dal legislatore al reinserimento sociale e alla prognosi negativa in ordine al futuro rispetto delle prescrizioni correlate alla singola misura.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Manifestamente infondato è il primo motivo con il quale si deduce la violazione dell’art. 40 cod. pen, nonché l a mancanza di congruente e logica motivazione c.d. rafforzata in punto di affermazione di responsabilità.
2.1. Il principio della motivazione rafforzata è ormai da anni recepito ed elaborato dalla giurisprudenza di questa Corte, come espressione delle fondamentali garanzie di cui agli artt. 24, comma 2, e 111 Cost. È sufficiente in proposito ricordare la pronuncia a Sezioni Unite n. 14426 del 14/01/2019, COGNOME, Rv. 275112 che ha affermato -ribadendo quanto già statuito nella precedente pronuncia sempre a Sezioni Unite n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231679 -che, in caso di riforma della decisione di primo grado ‘il giudice di appello ha l’obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i pi ù rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, in modo da giustificare la riforma del provvedimento impugnato’.
Tale principio ha trovato amplissima applicazione nella successiva elaborazione giurisprudenziale, ormai consolidata nel ritenere che, nel caso di ribaltamento della sentenza assolutoria, l’eventuale rivisitazione in senso peggiorativo compiuta in appello sul medesimo materiale già valutato in prima istanza ed ivi ritenuto inidoneo a giustificare una pronuncia di colpevolezza, deve essere sorretta da argomenti dirimenti e tali da evidenziare carenze o insufficienze della decisione assolutoria la quale, quindi, si rivela, a fronte di quella riformatrice, non più sostenibile, neppure nel senso di lasciare in piedi residui ragionevoli dubbi sull’affermazione di colpevolezza; la motivazione rafforzata deve quindi mettere in luce carenze e aporie di quella decisione sulla base di uno sviluppo argomentativo che si confronti con le ragioni addotte a sostegno, confezionando una nuova e compiuta struttura motivazionale che dia ragione delle difformi conclusioni ( ex multis , Sez. 6, n. 51898 del 11/07/2019, P., Rv. 278056; Sez. 6, n. 14444 del 21/02/2023, P., Rv. 284579-03; Sez. 3, n. 16131 del 20/12/2022, dep. 2023, B., Rv. 284493-03).
2.2. Tanto premesso, nel caso in esame la Corte di appello ha assolto all’onere di motivazione rafforzata, nei termini declinati dalla giurisprudenza di legittimità come sopra richiamati e ha sviluppato un percorso argomentativo di intrinseca coerenza logica ed immune da contraddittorietà.
La linea portante della decisione riformata con la quale l’imputato era assolto, ai sensi dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen., dal contestato delitto di truffa in concorso, per difetto di dolo, si fondava sull’assunto che non vi erano elementi dimostrativi che l’imputato (tecnico non esperto in contabilità) avesse accettato il rischio di commissione della truffa, al contrario, vi era la prova positiva della mancata contezza, da parte di questi, dell’articolato meccanismo fraudolento
realizzato da NOME e NOME COGNOME (con l’ausilio del professionista NOME COGNOME) ricavabile dalla conversazione intercettata n. 459 del 26/10/2020 nel corso della quale COGNOME aveva riferito al suo interlocutore di sospettare che, tramite la società da lui amministrata, venissero commessi illeciti e di temere conseguenze a proprio carico, tanto da essere intenzionato a presentarsi il giorno dopo negli uffici della Guardia di Finanza.
Rispetto a tale apparato argomentativo e alle censure mosse dal pubblico ministero appellante, la Corte territoriale (pagg. 17 e 18 della sentenza impugnata) ha, invece, ritenuto provato, al di là di ogni ragionevole dubbio, l’elemento soggettivo del reato.
A tale diverso epilogo, è pervenuta confrontandosi direttamente con gli argomenti spesi nella sentenza appellata, confutando ciascuno di essi, anche con il richiamo a elementi di natura logica trascurati dal primo giudice e fornendo puntuale e razionale ragione, sul piano fattuale, delle difformi conclusioni assunte, così sviluppando un autonomo ragionamento probatorio idoneo a superare quello posto a base della precedente pronuncia assolutoria.
Il Collegio di merito, ai fini della prova del dolo, ha valorizzato, congiuntamente, le seguenti circostanze:
(a) COGNOME, per sua stessa ammissione, aveva accettato la proposta dei COGNOME di assumere la carica di amministratore di diritto della società RAGIONE_SOCIALE, di fatto gestita non da lui ma dagli stessi COGNOME, a fronte di un compenso mensile di euro 500,00, con l’accordo che avrebbe continuato a lavorare per l’azienda RAGIONE_SOCIALE (sempre riferibile ai Russo) di cui era da tempo dipendente;
(b) il tenore testuale della conversazione n. 459 del 26/10/2020 dava conto di come l’imputato fosse al corrente del sistema fraudolento posto in essere dai Russo;
(c) COGNOME, pur avendo assunto la veste di amministratore formale della RAGIONE_SOCIALE, era comunque rimasto dipendente della RAGIONE_SOCIALE e tale circostanza ulteriormente dimostrava come egli fosse certamente a conoscenza che non vi era alcun contratto di subappalto tra le due società ma una mera cessione di manodopera della prima in favore della seconda e, quindi, era consapevole del meccanismo fraudolento ideato dai Russo dal quale lui stesso aveva conseguito utilità.
La Corte di appello ha, quindi, indicato precisi dati probatori aderenti alle risultanze processuali che, da un lato, rivestivano una valenza obiettivamente diversa da quella attribuita nella sentenza appellata e, dall’altro , erano stati tralasciati dal primo giudice sebbene connotati da capacità dimostrativa rispetto all’ipotesi accusatoria ; ha, pertanto, sviluppato un alternativo e non
manifestamente illogico ragionamento probatorio che supera le ragioni poste a fondamento dell’esito assolutorio di primo grado.
Valga solo aggiungere che la conferma dell’e pilogo di proscioglimento con riferimento al reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti non si pone in contrasto con la dichiarazione di responsabilità per il delitto di truffa il cui ingiusto profitto -come emerge dall’imputazione è rappresentato non solo dall’eva sione di imposta derivata da tale illecito fiscale ma anche dal risparmio di spesa in relazione ai versamenti dei contributi previdenziali ed assistenziali di numerosissimi lavoratori dipendenti.
Il costrutto argomentativo, così come sviluppato, è altresì in linea con i principi di diritto in tema di responsabilità dell’amministratore di diritto per omesso controllo ex art. 40 cod. pen. a titolo di concorso con l’amministratore di fatto che si ravvisa non già ed esclusivamente in virtù della posizione formale rivestita all’interno della società, ma in ragione del mancato esercizio dei poteri di gestione dell ‘azienda e di controllo sull’operato dell’amministratore effettivo, connaturati alla carica rivestita, ove vi sia prova di una generica consapevolezza dell’agire illecito di quest’ultimo ; ciò vale a fortiori nelle ipotesi, come quella di specie, in cui l’agente sia soggetto che ha accettato il ruolo di amministratore esclusivamente allo scopo di fare da prestanome, sicchè la sola consapevolezza che dalla propria condotta omissiva possano scaturire gli eventi tipici del reato (dolo generico) o l’accettazione del rischio che questi si verifichino (dolo eventuale) possono risultare sufficienti per l’affermazione della responsabilità penale (Sez. 5, n. 32413 del 24/09/2020, Loda, Rv. 279831; Sez. 5 n. 7332 del 07/01/2015, COGNOME, Rv. 262767).
Generici sono il secondo ed il terzo motivo di ricorso con i quali si deduce la violazione degli artt. 62bis e 114 cod. pen., nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in punto di mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e della diminuente della minima partecipazione.
3.1. Il ricorrente non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata (pag. 18) laddove, sotto il primo profilo, sono evidenziati i precedenti penali a carico dell’imputato e, sotto il secondo profilo, è dato conto del contributo causale non marginale, ma anzi decisivo, fornito da COGNOME, che si era prestato a ricoprire il ruolo di prestanome di una società la cui costituzione era stata peculiarmente funzionale alla realizzazione del meccanismo fraudolento.
Va ricordato il costante orientamento di legittimità – che qui si ribadisce secondo cui il giudice di merito, ai fini della valutazione delle circostanze attenuanti generiche, non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi dedotti
dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549; Sez. 3, n. 1913 del 20/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275509; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826).
3.2. Quanto alla diminuente di cui all’art. 114 cod. pen., per l’integrazione della stessa non è sufficiente una minore efficacia causale dell’attività prestata da un correo rispetto a quella realizzata dagli altri, essendo, invece, necessario che il contributo si sia concretizzato nell’assunzione di un ruolo del tutto marginale, ossia di efficacia causale così lieve, rispetto all’evento, da risultare trascurabile nell’economia generale del crimine commesso e da poter essere avulsa, senza apprezzabili conseguenze pratiche, dalla serie causale produttiva dell’evento ( Sez. 4, n. 26525 del 07/06/2023, Malfarà, Rv. 284771; Sez. 4, n. 49364 del 19/07/2018, P., Rv. 274037; Sez. 2, n. 835 del 18/12/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 254051).
Parimenti generico è il quarto motivo di ricorso con il quale si deduce la violazione degli artt. 545bis cod. proc. pen., 53 e ss. legge n. 689 del 1981, nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui la Corte di appello ha disatteso la richiesta di applicazione di sanzione sostitutiva.
Il ricorrente, ancora una volta, non si confronta con la sentenza impugnata (pagg. 18 e 19) che ha ritenuto l’insussistenza dei presupposti della invocata sostituzione in ragione della gravità del fatto di reato e dei precedenti penali
La sostituzione delle pene detentive brevi è rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice che deve essere condotta con l’osservanza dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., prendendo in esame, tra l’altro, proprio le modalità del fatto per il quale è intervenuta condanna e la personalità del condannato, indice idoneo a giustificare la valutazione negativa anche sulla sostituibilità della pena detentiva; tale giudizio -se, come nella fattispecie, adeguatamente motivato -sfugge al sindacato di legittimità (Sez. 3, n. 9708 del 16/02/2024, Tornese, Rv. 286031; Sez. 3, n. 14963 del 27/03/2024, Omosigho, non mass.; Sez. 3, n. 19326 del 27/01/2015, COGNOME, Rv. 263558).
Alla inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente grado di giudizio e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 03/04/2025