Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9117 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9117 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/01/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato a Catania il 18/9/1967 avverso l’ordinanza resa il 7 novembre 2024 dal Tribunale di Catania visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso. sentite le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento dei motivi
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Catania sezione per il riesame, in parziale accoglimento dell’istanza di riesame proposta da NOME COGNOME avverso l’ordinanza del GIP del Tribunale di Catania resa il 9/10/2024, con cui gli era stata applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari, in quanto indiziato dei reati di associazione a delinquere, di violazioni in materia fiscale e di emissione di fatture per operazioni inesistenti e di autoriciclaggio, ha sostituito la misura coercitiva domiciliare con la misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare imprese o uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per la durata di 12 mesi.
Si contesta a NOME NOME di avere partecipato ad un’associazione a delinquere finalizzata alla realizzazione di una serie di reati di sottrazione al pagamento delle accise di ingenti quantità di gasolio ad uso agricolo che veniva destinato ad uso per autotrazione e di avere, a tale fine, nella veste di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE emesso numerose fatture per operazioni inesistenti; di avere inoltre posto in essere condotte di autoriciclaggio.
2.Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, deducendo: 2.1 Violazione degli artt. 40 e 110 cod.pen. e vizio di motivazione in ordine al giudizio di gravità indiziaria per il reato associativo e per il reato fine di autoriciclaggio,(cap ed R) in quanto, pur condividendo la ricostruzione fattuale del complesso meccanismo illecito realizzato dai coimputati ed esposto nell’ordinanza genetica, il difensore lamenta che detto giudizio nei confronti del Gresta sia fondato esclusivamente sulla qualità di amministratore di diritto della società RAGIONE_SOCIALE rivestita dall’indagato, in assenza di elementi indiziari atti a comprovare la volontaria condivisione da parte dell’indagato delle finalità elusive delle operazioni di autoriciclaggio compiute dal coimputato COGNOME e dagli altri concorrenti e la consapevolezza, al momento della accettazione della carica fittizia, della strumentalizzazione della società alla realizzazione di attività illecite.
Osserva il ricorrente che la mera accettazione della gestione di una società, anche dietro compenso di denaro, non comporta l’accettazione delle singole azioni delittuose commesse da altri; in presenza di un mero prestanome occorre dimostrare la sussistenza del dolo specifico richiesto dalla norma incriminatrice, desumibile dal complesso dei rapporti tra il prestanome e l’amministratore di fatto, nell’ambito dei quali assumono valenza la macroscopica illegalità dell’attività svolta e la consapevolezza di questa attività. La responsabilità a titolo di concorso sotto il profilo soggettivo può essere affermata soltanto in presenza di indici rivelatori del concorso morale, e cioè della consapevolezza da parte dell’amministratore di diritto che la società verrà utilizzata anche per il compimento di azioni di quel particolare tipo.
Non sussiste a carico dell’amministratore di diritto un obbligo giuridico che permette l’applicazione generalizzata della clausola di cui all’art. 40 capoverso cod.pen., in quanto i suoi obblighi in sostanza sono la regolare tenuta delle scritture contabili, il pagamento delle imposte e la destinazione dei beni aziendali alle attività sociali.
Al di fuori di questo ambito non sussiste una previsione che imponga all’amministratore delle persone giuridiche di vigilare sulla regolare osservanza di qualsiasi norma penale da parte dei soggetti coinvolti nella gestione e la sua responsabilità può essere affermata soltanto in applicazione dei principi generali in tema di dolo di concorso.
2.2 Violazione degli artt 110 cod.pen. e art. 40 comma 1 lett. b) c) d) e g) e comma 4 D.LGS. 504/1995 in ordine alle incolpazioni contestate ai capi B, D F ,H, L, N e P
dell’ordinanza impugnata, in quanto COGNOME non può essere ritenuto indiziato soltanto in ragione della sua posizione di amministratore di diritto della RAGIONE_SOCIALE , poiché ciò comporta un’erronea applicazione dell’art. 110 cod.pen. nel senso che occorre dimostrare la compartecipazione del prestanome alla realizzazione delle condotte illecite di sottrazione al pagamento delle accise.
2.3 Violazione degli articoli 110 e 416 cod.pen. e 40 comma 4 d. Igs n. 504/95 e vizio di motivazione in ordine al reato associativo in quanto, trattandosi di fattispecie a concorso necessario, la condotta associativa deve costituire oggetto di rappresentazione e volontà e non può essere oggetto di dolo eventuale.
È necessaria la consapevolezza della finalità perseguita dal gruppo con cui si collabora di commettere un numero indeterminato di delitti mentre non è sufficiente il dolo eventuale inteso come concreta possibilità che con la propria condotta si partecipi ad un gruppo che persegue lo scopo di commettere un numero indeterminato di delitti.
Nel caso in esame l’unica vicenda che ha coinvolto attivamente la figura del COGNOME è il fatto contestato al capo D e non è vero che il teste COGNOME abbia indicato NOME COGNOME come uno dei soggetti presenti sul luogo del deposito, essendosi limitato a indicare un certo NOME COGNOME senza riferire il cognome, che venne aggiunto dal Pubblico ministero.
2.4 Violazione di legge in ordine al riconoscimento della circostanza aggravante prevista dall’art. 40 comma 4 d. Igs. 504/1995, per avere commesso il fatto su una quantità di prodotto energetico superiore a 10.000 chili in quanto nonostante si riconosca al reato contestato natura di reato permanente, si frantuma la condotta unitaria in distinti segmenti e in molteplici capi d’imputazione, trasformandolo di fatto in un reato istantaneo con effetti permanenti.
Le singole condotte da cui sono scaturiti i plurimi capi di imputazione sono tutte state consumate da marzo a settembre 2002, sicché si è consumato un unico reato a natura permanente, che viene invece trasformato in una pluralità di reati ad effetto istantaneo con natura permanente, operando una scissione temporale erronea. Il Tribunale del riesame ha ancorato la sua valutazione in ordine alla sussistenza dell’ aggravante alla capacità del mezzo di trasporto usato, ma tale assunto è frutto di una congettura poiché nessun elemento di fatto dimostra l’effettivo carico trasportato, essendo possibile veicolare assieme nei vari scomparti della cisterna sia gasolio destinato all’autotrazione, che quello destinato ad uso agricolo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso non supera il vaglio di ammissibilità poiché risulta nel complesso generico, in quanto non si confronta con la motivazione esposta nel provvedimento impugnato e quella formulata nell’ordinanza genetica, che si integrano reciprocamente.
Il ricorrente si duole che il Tribunale in alcuni passaggi del provvedimento impugnato avrebbe motivato il coinvolgimento del ricorrente nelle operazioni illegali poste in essere tramite la società e la sua partecipazione al sodalizio criminoso, valorizzando esclusivamente il suo ruolo di amministratore legale della RAGIONE_SOCIALE senza considerare che fungeva da mero prestanome e non era in grado di comprendere l’illiceità delle attività della struttura a lui facente capo.
Tale affermazione, in punto di diritto, è astrattamente condivisibile poichè è noto che secondo consolidata giurisprudenza, mentre il legale rappresentante di un ente che non abbia dello stesso l’effettiva gestione risponde quale autore principale della condotta di omessa dichiarazione fiscale, in quanto direttamente obbligato “ex lege” a presentare le dichiarazioni relative alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto di soggetti diversi dal persone fisiche, che devono essere da lui sottoscritte, in caso di altri reati commessi tramite la società, risponde in ragione del suo contributo materiale e soggettivo. Ed infatti la responsabilità morale dell’amministratore di diritto può ravvisarsi, pressoché “de plano”, solo per l’inosservanza di taluni obblighi connessi alla carica, come quelli relativi alla tenuta della contabilità, in considerazione della posizione di garanzia rivestita. (v Sez. 5, n. 32793 del 13/06/2016, Rv. 267462 – 01)
Ma l’assunto del ricorrente non si confronta con la motivazione resa nell’ordinanza genetica e dal Tribunale , fondata sulla costatazione che il COGNOME non si era limitato a fungere da prestanome, come da lui sostenuto all’evidente scopo di sminuire il proprio ruolo, ma aveva anche offerto un significativo contributo materiale da cui emerge la sua piena consapevolezza in ordine alle condotte illecite realizzate dal sodalizio.
Al riguardo va ricordato che la consapevolezza del concorso del rappresentante legale in attività illecite della società può essere desunto dal complesso dei rapporti tra questi e l’amministratore di fatto, nell’ambito dei quali assumono decisiva valenza la macroscopica illegalità dell’attività svolta e la consapevolezza di tale illegalità. (Sez. 3 , 2570 del 28/09/2018 (dep. 21/01/2019) Rv. 275830 – 01).
Nel caso in esame l’ordinanza impugnata ben espone che il sistema illecito concertato dagli indagati prevedeva la simulazione dell’apparenza di una filiera, con la interposizione fittizia tra il fornitore del carburante, la società RAGIONE_SOCIALE di cui COGNOME era leg rappresentante, e gli effettivi acquirenti, di una società intermediaria di fatto inesistente la RAGIONE_SOCIALE priva di deposito di stoccaggio e di licenze, che formalmente riceveva il prodotto petrolifero; il prodotto, attraverso numerosi trasporti di quantitati ingenti, veniva invece direttamente consegnato “in nero” ai veri acquirenti, imprenditori coinvolti nel sodalizio che, in assenza di documenti di accompagnamento e fatture relative all’acquisto, non pagavano le accise e destinavano il prodotto ricevuto con verosimile probabilità all’uso di autotrazione; in questo modo il provento del reato,
costituito dal prodotto sottratto al pagamento delle accise veniva rivenduto e immesso nel mercato legale ad un prezzo inferiore, così integrando il delitto di autoriciclaggio. L’operazione si rendeva possibile attraverso l’emissione di altrettante fatture per operazioni inesistenti in favore della società cartiera.
A pag. 10 e a pag. 30 l’ordinanza motiva in modo congruo ed esaustivo in ordine alla gravità indiziaria nei confronti dell’odierno ricorrente, valorizzando la sua attiv partecipazione alla gestione della società e la sua piena consapevolezza in merito alle operazioni illecite realizzate tramite la società da lui rappresentata, valorizzando diversi elementi di fatto: le sue parziali ammissioni, da cui emerge che pur essendosi reso conto dell’illiceità della gestione del deposito, aveva continuato a svolgere il suo ruolo; l dichiarazioni del coimputato COGNOME che ha delineato un ruolo del COGNOME, sin dall’origine del sodalizio, centrale nella gestione del meccanismo criminoso; gli apporti dell’autista NOME COGNOME il quale ha riferito che COGNOME, individuato senza margini di dubbio, come l’uomo più anziano rispetto al coimputato COGNOME, era presente nel deposito di Sciara, nella disponibilità della RAGIONE_SOCIALE. da cui partivano gli ingent quantitativi di carburante (v.pag.13).
L’entità delle transazioni e l’assenza di un deposito di stoccaggio della società COGNOME rende implausibile l’assunto che l’imputato potesse ignorare che i numerosi trasporti formalmente destinati a tale impresa inesistente, venivano scaricati presso altri destinatari, tra cui NOME COGNOME. GLYPH Ancora più significative le dichiarazioni di quest’ultimo, che riferiva di avere avuto rapporti solo con COGNOME (v. pag 16), il quale gli aveva proposto l’acquisto di carburante ad un prezzo inferiore rispetto ad altre ditte, a riprova della consapevolezza da parte sua del complessivo meccanismo che permetteva ampi margini di risparmio e il riciclaggio del prodotto che era sin dall’origine destinato non alla inesistente società Di Marte ma al Di Falco e , come a lui , agli altri distributori
A ciò si aggiunga che l’ordinanza genetica a pag. 89 valorizza anche i precedenti penali e i procedimenti pendenti a carico dell’indagato per fatti analoghi, “indicativi di una certa familiarità con le pratiche illecite e fraudolente nel settore”, che escludono l’assunto che lo stesso non fosse in grado di comprendere i meccanismi posti a base della frode.
Si tratta di elementi indiziari concordanti che palesano, in misura adeguata alla fase cautelare in cui si inseriscono le valutazioni del Tribunale, il coinvolgimento dell’imputato anche nella gestione di fatto della società e la piena consapevolezza del meccanismo criminoso, a prescindere dal suo ruolo formale, sia pure con un ruolo subordinato al Giuffrida, come emerge anche dal tenore di alcune conversazioni intercettate.
A ciò si aggiunga che in relazione ai reati tributari, che si inseriscono nel meccanismo volto a consentire il mancato pagamento delle accise, la responsabilità del Gresta in ragione del suo ruolo di rappresentante legale della società, non viene neppure contestata dalla difesa ed anche questo concorre a palesare il consapevole coinvolgimento dell’indagato nel meccanismo illecito attivato.
Alla stregua di queste considerazioni i primi tre motivi di ricorso sono generici, poiché non contestano gli elementi valorizzati dall’ordinanza e qui sinteticamente esposti, da cui desumere il ruolo attivo rivestito dal Gresta, ma si limitano a censurare in astratto quei passaggi della motivazione che sembrano valorizzare esclusivamente il ruolo formale dell’indagato.
1.2 II quarto motivo relativo alla ritenuta aggravante è manifestamente infondato poiché è vero che l’art. 40 d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, che sanziona la sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa sui prodotti energetici, disciplina un delitto permanente, con la conseguenza che lo stato di flagranza, ai sensi dell’art. 382, comma 2, cod. proc. pen., perdura fino al pagamento dell’accisa ovvero fino a quando l’agente, per atto volontario o per un provvedimento ablatorio da parte dell’autorità giudiziaria, non ha più la disponibilità del bene. (Sez. 3 , n. 41139 del 25/06/2019 Rv. 277981 01) l’ordinanza impugnata lo ribadisce in più occasioni e la distinzione in diversi capi d’imputazione della condotta accertata trova la sua ragione in relazione ai diversi destinatari del carburante e beneficiari della sottrazione al pagamento delle accise, le ditte COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME , che ricevevano il carburante in nero.
A pag. 9 il Tribunale ha correttamente affermato che l’aggravante sussiste poiché il volume complessivo di prodotto sottratto all’accisa nel periodo in esame, in relazione ai diversi destinatari , è superiore al limite di 10.000 litri .
L’ulteriore considerazione in ordine alla capacità di carico dei mezzi di trasporto, oggetto delle critiche della difesa, non è comunque dirimente in quanto la prova delle quantità ha in primis fondamento documentale.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa ne determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Roma 9 gennaio 2025