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Alterazione di stato: concorso nel reato è possibile?

La Corte di Cassazione ha confermato la custodia cautelare per un soggetto accusato di concorso nel reato di alterazione di stato, per aver istigato un terzo a effettuare una falsa dichiarazione di nascita. La sentenza chiarisce che chiunque contribuisca, anche solo moralmente, alla realizzazione del reato è punibile. La Corte ha rigettato tutti i motivi di ricorso, ritenendo la misura detentiva giustificata dal pericolo di inquinamento probatorio e di recidiva, confermando così un’interpretazione estensiva della complicità in questo grave delitto.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Alterazione di Stato: Si Può Essere Complici Senza Fare la Falsa Dichiarazione?

Il reato di alterazione di stato rappresenta una delle violazioni più gravi dei diritti fondamentali della persona, poiché incide sull’identità e sulla discendenza di un individuo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso complesso, chiarendo i confini del concorso di persone in questo delitto. La questione centrale è se possa essere ritenuto responsabile chi, pur non rendendo personalmente la falsa dichiarazione di nascita, abbia istigato o contribuito moralmente alla sua realizzazione. Analizziamo la decisione per comprendere le implicazioni giuridiche.

I Fatti del Caso: Un Accordo per un Falso Riconoscimento

Il caso ha origine da un’ordinanza del Tribunale di Roma che confermava la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di un individuo. L’accusa era quella di aver concorso in tre distinti episodi di alterazione di stato, previsti dall’articolo 567 del codice penale. Secondo l’ipotesi accusatoria, l’uomo avrebbe istigato un’altra persona a presentarsi dinanzi all’ufficiale di stato civile per riconoscere falsamente come proprio un figlio nato da altri genitori.

La difesa dell’indagato ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni di legittimità, con l’obiettivo di annullare la misura cautelare.

I Motivi del Ricorso e l’interpretazione del reato di alterazione di stato

La difesa ha basato il proprio ricorso su cinque punti principali:

1. Errata valutazione della pena: Si sosteneva che il Tribunale avesse calcolato erroneamente la prognosi di pena, superando la soglia dei tre anni necessaria per la custodia cautelare, senza considerare possibili attenuanti o riti alternativi.
2. Impossibilità del concorso nel reato: Il punto giuridicamente più rilevante. La difesa affermava che il reato di alterazione di stato potesse essere commesso solo da chi rende materialmente la falsa dichiarazione, escludendo la possibilità di un concorso morale da parte di terzi.
3. Vizio di motivazione sulle prove: Veniva contestata la valutazione di credibilità delle dichiarazioni rese dalla persona che aveva effettuato il falso riconoscimento.
4. Insussistenza delle esigenze cautelari: La difesa negava la sussistenza di un reale pericolo di inquinamento probatorio e di reiterazione del reato.
5. Mancata applicazione di misure meno afflittive: Si lamentava che il Tribunale non avesse motivato a sufficienza sulla scelta della misura più grave (il carcere) rispetto a opzioni come gli arresti domiciliari.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendo tutti i motivi infondati o inammissibili. Sul punto cruciale del concorso nel reato, i Giudici Supremi hanno offerto una chiara interpretazione. Hanno stabilito che l’articolo 110 del codice penale, che disciplina il concorso di persone nel reato, funziona come una norma integratrice. Questo significa che estende la punibilità a chiunque, pur non compiendo l’azione tipica descritta dalla norma incriminatrice (in questo caso, la falsa dichiarazione), contribuisca materialmente o moralmente, con adeguata efficienza causale, alla realizzazione dell’evento illecito.

In altre parole, anche chi istiga, convince o aiuta l’autore materiale a compiere la falsa dichiarazione che altera lo stato di un neonato, risponde a pieno titolo del reato. La Corte ha ribadito che, sebbene la fattispecie sia strettamente legata alla disciplina dello stato civile, non si può escludere la responsabilità di chi concorre dall’esterno.

Anche gli altri motivi sono stati respinti. La Corte ha chiarito che il calcolo della pena ai fini cautelari deve considerare tutti i reati contestati in continuazione, senza poter fare affidamento su future ed eventuali circostanze attenuanti. Le esigenze cautelari sono state ritenute sussistenti e ben motivate dal Tribunale, che aveva evidenziato i tentativi dell’indagato di rintracciare e intimidire il dichiarante, nonché il suo curriculum criminale per reati simili, che rendeva concreto il pericolo di recidiva.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale in materia di reati contro la famiglia e lo stato civile: la responsabilità penale per l’alterazione di stato non è limitata al solo dichiarante. Chiunque partecipi al disegno criminoso, anche con un ruolo di semplice istigatore, può essere chiamato a risponderne penalmente. Questa decisione riafferma la tutela rafforzata che l’ordinamento riserva al diritto all’identità personale del minore, punendo tutte le condotte che contribuiscono a lederlo. La conferma della misura cautelare più severa sottolinea inoltre la gravità con cui il sistema giudiziario valuta non solo il reato in sé, ma anche i comportamenti successivi volti a inquinare le prove e il rischio concreto di commissione di nuovi delitti.

È possibile essere accusati di alterazione di stato anche se non si è la persona che ha reso la falsa dichiarazione di nascita all’ufficiale di stato civile?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che chiunque concorra, materialmente o moralmente, con efficacia causale, all’evento (l’alterazione dello stato del neonato) può essere ritenuto responsabile a titolo di concorso nel reato, ai sensi dell’art. 110 del codice penale.

Come viene calcolata la pena prevista per decidere se applicare la custodia cautelare in carcere?
Per determinare se la pena superi la soglia prevista dalla legge (in questo caso, tre anni), si deve tener conto della pluralità dei reati contestati e dei relativi aumenti di pena secondo la disciplina del cumulo. In questa fase non si considerano eventuali future riduzioni per riti alternativi o circostanze attenuanti non ancora accertate.

In questo caso, perché la custodia cautelare in carcere è stata considerata l’unica misura adeguata?
Il Tribunale ha ritenuto la misura necessaria a causa dell’intensità delle esigenze cautelari. Queste erano basate sul concreto pericolo di inquinamento probatorio (tentativi di intimidire un testimone) e di recidiva, desunto dalla gravità dei fatti, da altre condotte illecite emerse e dai precedenti penali specifici del ricorrente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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