Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 36584 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 36584 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SANT’ANTIOCO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 29/11/2023 della CORTE APPELLO di CAGLIARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
Il Proc. Gen. conclude per l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato.
udito il difensore
AVV_NOTAIO‘AVV_NOTAIO NOME COGNOME insiste per l’accoglimento del ricorso.
IN FATTO E IN DIRITTO
Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Cagliari confermava la sentenza con cui il tribunale di Cagliari, in data 12.1.2021, aveva condannato COGNOME NOME alla pena ritenuta di giustizia, in relazione al reato ex artt. 624, 625, co. 1, n. 2) e n. 7), c.p., in rubrica contestatogli, come si evince dal capo d’imputazione, per essersi impossessato, al fine di trarne profitto, di un quantitativo di acqua rimasto indeterminato, “predisponendo un allaccio idrico presso le abitazioni site in INDIRIZZO, mediante un collegamento abusivo attraverso una derivazione dell’allaccio alla rete pubblica, realizzando un collegamento diretto privo di contatore”, commettendo il fatto con violenza sulle cose, consistita nell’indicato allaccio abusivo alla rete pubblica, e su cose destinate a pubblico servizio.
Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede l’annullamento, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, lamentando: 1) violazione di legge, in considerazione della nullità dell’accertamento operato in data 1.9.2017, che condusse alla scoperta dell’allaccio abusivo, derivante dalla circostanza che, trattandosi di accertamento effettuato ai sensi dell’art. 354, co. 2, c.p.p., all’imputato, presente nell’appartamento all’atto del controllo, andava dato avviso, ex art. 114, disp. att., c.p.p., della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, con la conseguenza che, non potendosi utilizzare in ragione della dedotta nullità gli esiti del menzionato accertamento, il fatto non può ritenersi provato; 2) violazione di legge in punto di ritenuta sussistenza della circostanza aggravante, di cui all’art. 625, co. 1, n. 2), c.p.
Il ricorso va rigettato, essendo sorretto da motivi, in parte infondati, in parte inammissibili.
4.1. Premesso che nel caso in esame le sentenze di primo e di secondo grado vanno lette congiuntamente, costituendo esse un unico complessivo corpo decisionale, in quanto la sentenza di appello, nella sua pur sintetica struttura argonnentativa, si salda con quella di primo
grado: (cfr., ex plurimis, Sez. 2, n. 37295 del 12.6.2019), infondato, in particolare, deve ritenersi il primo motivo di ricorso.
L’art. 114, disp. att., c.p.p., prevede espressamente che “nel procedere al compimento degli atti indicati nell’art. 356 del codice, la polizia giudiziaria avverte la persona sottoposta alle indagini, se presente, che ha facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia”.
Come è noto, secondo quanto affermato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione nella sua espressione più autorevole, la violazione di tale disposizione normativa integra una nullità generale a regime intermedio che può essere tempestivamente dedotta, a norma del combinato disposto degli artt. 180 e 182, comma secondo, secondo periodo, c.p.p., fino al momento della deliberazione della sentenza di primo grado (cfr. Sez. U, n. 5396 del 29/01/2015, Rv. 263023).
Orbene, nel caso in esame, non è revocabile in dubbio che, come sostenuto dal ricorrente, all’atto dell’accesso all’interno dell’abitazione occupata dal COGNOME, all’esito del quale venne scoperto l’allaccio abusivo alla rete idrica pubblica in precedenza indicato, operato dall’appuntato COGNOME NOME e dal vice brigadiere COGNOME NOME, entrambi in forza all’arma dei Carabinieri, in uno con il tecnico del nucleo ispettivo della società erogatrice del servizio, “RAGIONE_SOCIALE“, COGNOME NOME, non venne dato al COGNOME, presente, nessun avviso in ordine alla facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, né venne redatto alcun verbale del relativo accertamento, ma solo il verbale di verifica del tecnico (cfr., al riguardo, le dichiarazioni rese dal COGNOME nel corso dell’istruttoria dibattimentale, allegate al ricorso in conformità al principio dell’autosufficienza).
Nella prospettiva difensiva, rientrando l’accesso all’abitazione occupata dal COGNOME nell’attività di polizia giudiziaria contemplata dall’art. 354, co. 1 e 2, c.p.p., come del resto affermato dal giudice di primo grado, la cui decisione sul punto è stata condivisa dalla corte di appello, all’imputato spettava il diritto di essere avvisato della facoltà di farsi assistere in quel momento da un difensore di fiducia, laddove il medesimo difensore, pur potendo assistervi, non aveva il diritto di essere preventivamente
avvisato da parte della polizia giudiziaria del compimento dell’atto, giusto il disposto dell’art. 356, c.p.p.
Tuttavia, ove anche si volesse condividere la tesi difensiva, in ogni caso non può accogliersi le conseguenze che il ricorrente pretende di far derivare dalla denunciata nullità, in termini di mancata dimostrazione della sussistenza del reato.
Il COGNOME, infatti, omette di considerare il contenuto delle dichiarazioni del teste oculare COGNOME, nei confronti del quale non trovano applicazione le regole fissate negli articoli in precedenza indicati, non facendo parte egli della polizia giudiziaria.
Il COGNOME, infatti, come si evince dalla motivazione della sentenza di primo grado, è entrato nell’abitazione occupata dal COGNOME, insieme ai carabinieri, con il consenso di quest’ultimo (cfr. p. 3 della sentenza del tribunale), verificando la funzionalità dell’allaccio idrico abusivamente realizzato, che consentiva di usufruire della fornitura di acqua senza che i relativi consumi venissero registrati da un contatore, allaccio che lo stesso tecnico aveva in precedenza notato all’esterno dell’abitazione (cfr. le dichiarazioni rese dal NOME, allegate al ricorso).
Dichiarazioni, quelle del Mili, su cui, peraltro, si fonda la decisione del giudice di appello, che le ha ritenute, correttamente, del tutto utilizzabili (cfr. p. 6 della sentenza di secondo grado).
Tale profilo non è stato adeguatamente preso in considerazione dal ricorrente, che dimostra di non avere sufficientemente meditato i principi affermati dall’orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui, ove con il ricorso per cassazione si lamenti l’inutilizzabilità di un elemento a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilità per aspecificità, l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta “prova di resistenza”, in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento (cfr. Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, Rv.
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269218; Sez. 2, n. 30271 del 11/05/2017, Rv. 270303; Sez. 5, n. 31823 del 06/10/2020, Rv. 279829).
4.2. Irricevibile appare il secondo motivo di impugnazione, posto che, come si evince dalla incontestata sintesi dei motivi di appello operata dalla corte territoriale, si tratta di un motivo inedito, articolato per la prima volta con il ricorso per cassazione, che, pertanto, sul punto, appare inammissibile, ai sensi dell’art. 606, co. 3, c.p.p, mentre del tutto generico è il rilievo, contenuto per incidens nel secondo motivo di ricorso, sulla mancata dimostrazione del fatto che sia stato proprio il COGNOME a effettuare l’allaccio abusivo alla rete idrica.
5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 25.6.2024.