Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28093 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28093 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nata a PIETRASANTA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/03/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udite le conclusioni del AVV_NOTAIO COGNOME, che ha chiesto di annullare la sentenza con rinvio, limitatamente all’aggravante di cui all’art. 61, n. 5, cod. pen., e dichiarare il ricorso inammissibile nel resto;
udito l’AVV_NOTAIO, per l’imputato, che ha chiesto di acc:ogliere il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Ancona ha confermato la pronuncia di primo grado, che aveva condannato NOME COGNOME alla pena di giustizia per il delitto di furto in abitazione, commesso in Ascoli Piceno il 28 agosto 2017.
Secondo l’impostazione accusatoria, ritenuta fondata dai giudici di merito, l’imputata, dopo essersi introdotta all’interno dell’abitazione di COGNOME NOME
e COGNOME NOME, approfittando della distrazione delle persone offese, si sarebbe impossessata di un portafogli contenente la somma di denaro di euro 1.300,00.
Ha proposto ricorso per cassazione l’Imputata, a mezzo del difensore di fiducia, articolando i motivi di seguito enunciati negli stretti limiti di cui all’art comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 192 e 533 cod. proc. pen.
Contesta il giudizio di responsabilità e, in particolare, l’individuazione dell’imputata quale autrice del reato, sostenendo che si fonderebbe su un’individuazione fotografica eseguita a distanza di tempo dai fatti, da due persone anziane. Richiamate le acquisizioni della psicologia cognitiva, la ricorrente contesta le conclusioni raggiunte dai giudici di merito, che non avrebbero considerato la facile verificabilità di «falsi positivi». La Corte di appello non avrebbe reso una motivazione adeguata, non governando in modo corretto la valutazione del materiale indiziario e non superando il ragionevole dubbio.
2.2. Con il secondo motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 545-bis cod. proc. pen. e 20-bis cod. pen.
Contesta il rigetto della richiesta di accesso alle pene sostitutive, sostenendo che la motivazione resa dalla Corte di appello avrebbe avuto riguardo alla sola finalità special-preventiva della pena e non invece alla finalità rieducativa, alla cu logica sarebbero improntate le pene sostitutive.
2.3. Con il terzo motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione all’art. 61, n. 5, cod. pen.
Contesta la sussistenza della contestata aggravante, sostenendo che la Corte di appello l’avrebbe giustificata con motivazione generica, senza precisi riferimenti all’assenza in concreto di capacità critiche e di reattività in capo alle vittime.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato.
1.1. Il primo motivo è manifestamente infondato.
Con esso, la ricorrente ha articolato alcune censure che, pur essendo state da lei riferite alle categorie dei vizi di motivazione e di erronea applicazione dell legge penale, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., non evidenziano alcuna effettiva violazione di legge né travisamenti di prova o vizi di manifesta logicità
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NOME
emergenti dal testo della sentenza, ma sono, invece, dirette a ottenere una non consentita rivalutazione delle fonti probatorie e un inammissibile sindacato sulla ricostruzione dei fatti operata dalla Corte di appello (cfr. Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944; Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, COGNOME).
Va solo osservato che la Corte di appello, con motivazione adeguata, coerente e priva di vizi logici, ha ricostruito i fatti in conformità all’ipotesi accusat valutando in maniera rigorosa l’individuazione fotografica effettuata dalle persone offese. Va, peraltro, evidenziato che l’individuazione dell’imputata quale autrice del reato era basata anche sulle immagini estrapolate da un sistema di videosorveglianza di un negozio, analizzate dalla polizia giudiziaria.
Quanto alla regola dell’«oltre ogni ragionevole dubbio» invocata dalla ricorrente, in linea con la giurisprudenza di questa Corte, va ricordato che essa non può essere adoperata quale parametro di violazione di legge, perché in tal modo si finirebbe per censurare la motivazione al di là dei casi di cui all’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., richiedendo così al giudice di legittimità un’autonoma valutazione delle fonti di prova che esula dai suoi poteri (Sez. 3, n. 24574 del 12/03/2015, COGNOME, Rv. 264174). Il parametro di valutazione di cui all’art. 533 cod. proc. pen., invero, ha ampi margini di operatività solo nella fase di merito, quando può essere proposta una ricostruzione alternativa, mentre in sede di legittimità tale regola rileva solo allorché la sua inosservanza si traduca in una manifesta illogicità della motivazione (Sez. 2, n. 28957 del 03/04/2017, COGNOME e altri, Rv. 270108).
1.2. Il secondo motivo è infondato.
Va premesso che l’art. 20-bis cod. pen, rimette l’applicazione delle pene sostitutive alla valutazione discrezionale del giudice.
Questa Corte ha già evidenziato che: il presupposto da cui deve muovere il giudice, al fine di verificare dell’applicazione della pena sostitutiva, «è quello dell valutazione della sussistenza o meno di fondati motivi che inducano a ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute, perché la prospettiva della rieducazione non può prevalere sull’esigenza di neutralizzazione del pericolo di recidiva, che necessita di essere soddisfatta anche durante l’esecuzione della pena»; il controllo di legittimità, «rispetto alla decisione del giudice di merito di non farsi luogo all sostituzione della pena detentiva, non può che fermarsi, secondo i principi generali che regolano il giudizio di legittimità e quelli specificamente affermati in tema di trattamento sanzionatorio, alla verifica della sussistenza di una congrua motivazione che dia conto della esistenza di quei fondati motivi ostativi ad una prognosi favorevole in ordine al futuro comportamento del condannato che involge il rispetto delle prescrizioni (e non solo quelle imposte dal giudice ma anche quelle
insite nelle stesse pene sostitutive che tendenzialmente impongono adempimenti comportamentali specifici)» (Sez. 5, n. 43622 dell’11/07/2023, NOME, n.m.).
Ebbene, nel caso in esame, la Corte di appello ha reso una motivazione ampia e coerente in ordine all’esercizio del suo potere discrezionale, ponendo in rilievo gli elementi che l’inducevano a ritenere non sussistenti i presupposti per la sostituzione della pena detentiva, costituiti dalla spiccata propensione dell’imputata a violare le prescrizioni di legge e dalla circostanza che la sua principale fonte di sostentamento fosse costituita dalla commissione di reati contro il patrimonio.
1.3. Il terzo motivo è infondato.
La Corte di appello, invero, ha ampiamente motivato in ordine alla sussistenza dell’aggravante contestata, evidenziando in maniera specifica gli elementi che, nel caso concreto, denotavano la particolare vulnerabilità dei soggetti passivi, della quale l’imputata aveva consapevolmente tratto vantaggio.
La Corte territoriale ha posto in rilievo che l’imputata, in precedenza, aveva avvicinato le vittime e aveva avuto modo di verificare che le due persone anziane non avevano palesato alcuna capacità critica o reattiva di fronte alle menzogne che aveva loro propinato. In tale occasione, l’imputata aveva avuto modo di verificare la particolare vulnerabilità delle persone offese e aveva consapevolmente deciso di approfittarne.
Al rigetto del ricorso per cassazione, consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 24/04/2024.