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Aggravante transnazionale: la decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un individuo accusato di associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi, confermando la misura della custodia cautelare in carcere. La sentenza chiarisce i presupposti per l’applicazione dell’aggravante transnazionale, specificando che è sufficiente il coinvolgimento di un gruppo criminale organizzato operante a livello internazionale, anche se il reato viene commesso interamente in Italia. La Corte ha inoltre ribadito la forza della presunzione legale che impone la custodia in carcere per reati di tale gravità.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Aggravante transnazionale: la Cassazione chiarisce i presupposti

In un mondo sempre più interconnesso, anche le attività criminali superano i confini nazionali. La legge risponde con strumenti specifici, come l’aggravante transnazionale, che inasprisce le pene per i reati commessi da organizzazioni che operano su scala internazionale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 35843/2025) offre un’analisi dettagliata dei criteri per la sua applicazione, confermando un orientamento rigoroso in materia di criminalità organizzata.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato riguarda un soggetto indagato per la sua partecipazione a un’associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri. A seguito dell’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, la sua difesa ha presentato ricorso prima al Tribunale del Riesame e poi in Cassazione.

I motivi del ricorso si concentravano su due punti principali:
1. La contestazione delle circostanze aggravanti, in particolare quella della transnazionalità, sostenendo che l’attività del ricorrente fosse limitata al territorio italiano e non collegata a gruppi criminali esteri.
2. La richiesta di una misura meno afflittiva, come gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, ritenendo sproporzionata la detenzione in carcere.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso in parte inammissibile e in parte infondato, rigettandolo integralmente. I giudici hanno confermato sia la sussistenza delle aggravanti contestate, sia la correttezza della misura cautelare della custodia in carcere. Questa decisione si basa su un’interpretazione precisa della normativa e su una valutazione rigorosa degli elementi indiziari.

Le Motivazioni: quando si configura l’aggravante transnazionale

La parte più significativa della sentenza riguarda l’analisi dell’aggravante transnazionale. La difesa sosteneva che mancasse la prova di contatti diretti del proprio assistito con fornitori o associazioni estere. La Cassazione ha smontato questa tesi, chiarendo un principio fondamentale: per la configurabilità dell’aggravante non è necessario che il reato sia materialmente commesso all’estero, ma è sufficiente che alla sua realizzazione concorra un gruppo criminale organizzato attivo a livello internazionale.

Nel caso specifico, diversi elementi indiziari sono stati ritenuti sufficienti a dimostrare tale collegamento:
* La nazionalità estera dell’autista del camion utilizzato per il trasporto della merce di contrabbando.
* L’ingente quantità di tabacco sequestrato (ben 12 tonnellate), che presupponeva una capacità di fornitura tipica di un’organizzazione internazionale.
* I viaggi dell’indagato in Albania e Montenegro, avvenuti in prossimità della commissione del reato, per comunicare con il capo dell’associazione.

La Corte ha inoltre specificato che l’aggravante transnazionale ha natura oggettiva, cioè riguarda le modalità dell’azione criminale. Di conseguenza, essa si estende a tutti i partecipanti all’associazione che, con l’ordinaria diligenza, potevano conoscere la dimensione internazionale del sodalizio.

Le Motivazioni sulla Misura Cautelare

Per quanto riguarda la richiesta di una misura meno severa, la Cassazione ha richiamato la cosiddetta “doppia presunzione” prevista dall’art. 275, comma 3, c.p.p. Per reati di associazione per delinquere di tale gravità, la legge presume sia l’esistenza di esigenze cautelari (come il pericolo di reiterazione del reato) sia l’adeguatezza della sola custodia in carcere.

Il fatto che l’indagato si fosse consegnato spontaneamente non è stato ritenuto un elemento sufficiente a superare questa presunzione, in quanto gesto dal significato “equivoco”. Una volta confermata la validità della presunzione, hanno concluso i giudici, non c’è motivo di valutare misure alternative come il braccialetto elettronico.

Conclusioni

La sentenza in esame consolida un’interpretazione rigorosa dei reati associativi con carattere internazionale. Le conclusioni principali che si possono trarre sono due:
1. L’aggravante transnazionale può essere applicata anche quando le condotte individuali si svolgono in Italia, se l’associazione nel suo complesso si avvale di una struttura e di collegamenti operativi che travalicano i confini nazionali.
2. Per i reati di grave allarme sociale, le presunzioni legali in materia di misure cautelari rappresentano un ostacolo molto difficile da superare per la difesa, che deve fornire prove concrete e inequivocabili per ottenere una misura diversa dal carcere.

Quando si applica l’aggravante transnazionale a un’associazione per delinquere?
Secondo la Corte, l’aggravante si applica quando alla realizzazione del reato concorre un gruppo criminale organizzato attivo a livello internazionale. Non è necessario che la condotta del singolo associato o il reato stesso avvengano materialmente all’estero; è sufficiente che l’associazione si avvalga di una struttura operativa transnazionale.

Una circostanza aggravante si comunica a tutti i membri di un’associazione criminale?
Sì, le aggravanti di carattere oggettivo, cioè quelle che riguardano le modalità di esecuzione del reato (come la transnazionalità), si estendono a tutti i partecipanti che ne erano a conoscenza o che avrebbero potuto conoscerle usando l’ordinaria diligenza. La condivisione del programma criminale implica l’accettazione anche di questi elementi.

Consegnarsi spontaneamente alle autorità è sufficiente a evitare la custodia in carcere?
No, per reati gravi come l’associazione per delinquere, per cui vige una presunzione di adeguatezza della sola custodia in carcere, il fatto di consegnarsi spontaneamente non è, da solo, un elemento sufficiente a superare tale presunzione, poiché la sua motivazione può essere equivoca e non elimina il pericolo di reiterazione del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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