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Aggravante spaccio stupefacenti: la Cassazione decide

La Cassazione conferma la condanna per due imputati, chiarendo i presupposti per l’applicazione dell’aggravante spaccio stupefacenti. Viene specificato che il solo accordo per la cessione in carcere è sufficiente a integrare l’aggravante di luogo, e che una quantità eccezionalmente elevata giustifica l’aggravante dell’ingente quantità.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Aggravante spaccio stupefacenti: la parola alla Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15081 del 2024, è tornata a pronunciarsi su due questioni centrali in materia di reati legati agli stupefacenti: l’applicazione dell’aggravante spaccio stupefacenti per la cessione destinata a un carcere e per l’ingente quantità di droga detenuta. La decisione offre chiarimenti fondamentali, distinguendo tra il momento perfezionativo del reato e la sua consumazione, e ribadendo i criteri per valutare la gravità del fatto in base al quantitativo.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un’operazione che ha portato alla condanna di due soggetti per diversi reati legati al traffico di hashish. La Corte di Appello di Genova aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, confermando le responsabilità ma ricalcolando le pene.

In particolare, un imputato era stato condannato, tra le altre cose, per essersi accordato telefonicamente con un detenuto al fine di fargli pervenire circa 44 grammi di hashish all’interno della Casa Circondariale. La droga era stata poi sequestrata prima della consegna. Per questo fatto era stata contestata l’aggravante di cui all’art. 80, lett. g), d.P.R. 309/90, ovvero la cessione in prossimità di un carcere.

Il secondo imputato, invece, era stato condannato per la detenzione di oltre 300 panetti di hashish, per un totale di quasi 11 kg di principio attivo, da cui si sarebbero potute ricavare oltre 436.000 dosi. A suo carico era stata applicata l’aggravante dell’ingente quantità, prevista dal comma 2 dello stesso articolo 80.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Entrambi gli imputati hanno presentato ricorso alla Corte di Cassazione, contestando non la loro responsabilità, ma il trattamento sanzionatorio ricevuto, focalizzandosi proprio sulle aggravanti.

Le contestazioni sull’aggravante spaccio stupefacenti in carcere

Il primo ricorrente sosteneva che l’aggravante della cessione in carcere non potesse essere applicata, poiché la droga era stata sequestrata lontano dall’istituto penitenziario, presso un sottopassaggio ferroviario. A suo dire, la norma richiederebbe una cessione effettiva ‘all’interno o in prossimità’ della struttura, requisito non soddisfatto nel caso di specie, dove vi era stato solo un accordo telefonico.

Le doglianze sull’aggravante dell’ingente quantità

Il secondo ricorrente, invece, lamentava una motivazione insufficiente riguardo all’applicazione dell’aggravante dell’ingente quantità. Secondo la sua difesa, il semplice superamento della soglia quantitativa non sarebbe di per sé sufficiente, essendo necessari ulteriori indicatori capaci di dimostrare una potenziale ‘saturazione’ del mercato, elementi che a suo avviso mancavano.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i ricorsi, ritenendoli infondati e fornendo una motivazione chiara su entrambi i punti.

Per quanto riguarda la cessione destinata al carcere, i giudici hanno ribadito un principio consolidato: il delitto di cessione di stupefacenti è un reato a formazione progressiva. Può perfezionarsi già al momento dell’accordo tra le parti (‘in forma contratta’), anche se non segue la consegna materiale della sostanza (‘traditio’). Nel caso esaminato, l’accordo telefonico tra il ricorrente e il detenuto era serio e concludente, sufficiente a integrare il reato. Di conseguenza, poiché l’accordo prevedeva la consegna all’interno del carcere, l’aggravante è pienamente applicabile, rendendo irrilevante il luogo in cui la droga è stata successivamente sequestrata e la mancata consumazione della consegna finale.

Sul tema dell’ingente quantità, la Corte ha richiamato la giurisprudenza delle Sezioni Unite. Sebbene sia vero che il superamento della soglia (convenzionalmente fissata in 2.000 volte il valore massimo in milligrammi) non determina automaticamente l’applicazione dell’aggravante, il giudice del merito deve comunque effettuare una valutazione concreta. Nel caso di specie, la quantità era talmente elevata (oltre 436.000 dosi singole) da rendere evidente e indiscutibile il pericolo di una massiccia diffusione della sostanza, con conseguente grave rischio per la salute pubblica. Questo dato, da solo, è stato ritenuto sufficiente a giustificare l’aumento di pena, senza necessità di provare ulteriori elementi come la ‘saturazione’ del mercato.

Le conclusioni

La sentenza in esame consolida due principi di fondamentale importanza pratica nel contrasto al traffico di stupefacenti. In primo luogo, stabilisce che la pianificazione di una cessione di droga all’interno di luoghi ‘sensibili’ come i carceri integra l’aggravante spaccio stupefacenti specifica, a prescindere dal fatto che la consegna vada a buon fine. Ciò che conta è la destinazione finale prevista nell’accordo. In secondo luogo, pur confermando la necessità di una valutazione discrezionale da parte del giudice, la Corte chiarisce che di fronte a quantitativi di droga eccezionalmente elevati, la gravità del fatto e il pericolo sociale possono essere considerati ‘in re ipsa’, giustificando pienamente l’applicazione dell’aggravante dell’ingente quantità.

Quando si perfeziona il reato di cessione di stupefacenti?
Il reato di cessione di stupefacenti si perfeziona già al momento dell’accordo tra cedente e cessionario, anche se a tale accordo non segue la materiale consegna della sostanza.

Per applicare l’aggravante della cessione in carcere, è necessario che la droga entri fisicamente nell’istituto?
No. Secondo la sentenza, l’aggravante è integrata anche se la cessione avviene sulla base di un accordo che preveda la consegna all’interno del carcere, a prescindere dal fatto che la droga venga effettivamente consegnata o che l’operazione venga interrotta prima.

Il solo superamento della soglia quantitativa è sufficiente per l’aggravante dell’ingente quantità?
Non automaticamente. Il superamento della soglia richiede una valutazione concreta da parte del giudice. Tuttavia, la sentenza chiarisce che quando la quantità è eccezionalmente elevata, come nel caso di specie con oltre 436.000 dosi ricavabili, tale dato è sufficiente a dimostrare la sussistenza dell’aggravante per l’enorme pericolo alla salute pubblica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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