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Aggravante spaccio: prova del concorso di persone

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna per spaccio di stupefacenti, limitatamente alla configurabilità dell’aggravante spaccio in concorso e al diniego delle attenuanti generiche. Secondo la Corte, la semplice intestazione di una scheda telefonica a un terzo, utilizzata per l’attività illecita, non è sufficiente a provare il suo contributo consapevole al reato. Inoltre, il giudice non può negare le attenuanti generiche con una motivazione generica se esistono elementi positivi, come l’aver trovato un lavoro stabile.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Aggravante Spaccio: la Prova del Concorso è Essenziale

Una recente sentenza della Corte di Cassazione riafferma un principio fondamentale in materia di reati di droga: per applicare l’aggravante spaccio nel concorso di tre o più persone, non basta un semplice collegamento formale tra i soggetti, ma è necessaria la prova di un contributo concreto e consapevole all’attività illecita. Il caso analizzato riguarda la posizione di un terzo, la cui unica colpa apparente era quella di essere l’intestatario della scheda SIM usata dai pusher. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Il ricorrente era stato condannato nei primi due gradi di giudizio per un’attività continuata di spaccio di sostanze stupefacenti di vario tipo (cocaina e hashish), protrattasi per circa dieci mesi. L’attività criminale veniva gestita tramite un’utenza telefonica intestata a un terzo soggetto, estraneo alle dinamiche di cessione della droga.

I giudici di merito avevano ritenuto sussistente l’aggravante del concorso di tre o più persone, includendo nel novero dei concorrenti anche l’intestatario della SIM, e avevano negato la concessione delle attenuanti generiche. L’imputato ha quindi presentato ricorso in Cassazione, lamentando tre vizi principali: l’errata qualificazione del fatto (che a suo dire era di ‘lieve entità’), l’illegittima applicazione dell’aggravante e l’ingiustificato diniego delle attenuanti.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto parzialmente il ricorso. Ha rigettato la richiesta di riqualificare il reato come di ‘lieve entità’, confermando la valutazione dei giudici di merito sulla sistematicità e la durata dell’attività di spaccio.

Tuttavia, ha annullato la sentenza impugnata su due punti cruciali: l’aggravante spaccio in concorso e le attenuanti generiche. Il caso è stato quindi rinviato alla Corte d’Appello per un nuovo esame su questi specifici aspetti.

Le Motivazioni: la Prova dell’Aggravante Spaccio

Il cuore della decisione risiede nella motivazione con cui è stata cassata l’applicazione dell’aggravante. La Corte d’Appello si era limitata a confermare il concorso del terzo sulla base del fatto che egli ‘forniva la scheda collegata al cellulare’.

Secondo la Cassazione, questa motivazione è del tutto insufficiente. Non è stato chiarito, infatti, come e perché la scheda fosse nella disponibilità degli spacciatori. La Corte sottolinea che non vi erano elementi per dimostrare un collegamento consapevole del terzo con l’attività illecita. La disponibilità della SIM, infatti, avrebbe potuto essere stata ottenuta all’insaputa del titolare o in un’epoca precedente e per motivi del tutto estranei allo spaccio.

Citando un proprio precedente (sent. n. 37686/2022), la Corte ribadisce che, ai fini della configurabilità dell’aggravante del concorso di persone, è necessario che la pluralità dei soggetti sia riferibile a una delle condotte previste dalla norma (offerta, acquisto, detenzione, ecc.). Non è sufficiente un’attribuzione indistinta della condotta, ma serve la prova dello specifico ruolo di ciascun concorrente. In altre parole, l’accusa deve dimostrare che l’intestatario della SIM abbia agito con la consapevolezza di agevolare il reato di spaccio.

Le Motivazioni: il Diniego delle Attenuanti Generiche

Anche la motivazione sul diniego delle attenuanti generiche è stata giudicata carente. La Corte d’Appello aveva rigettato la richiesta in modo sbrigativo, facendo riferimento alle ‘modalità della condotta’, alla ‘personalità del prevenuto’ e alla ‘mancanza di elementi di positiva valutazione’.

Questa formula generica, secondo la Cassazione, è inaccettabile, soprattutto perché ignora elementi positivi che lo stesso giudice di primo grado aveva evidenziato. In particolare, il tribunale aveva dato atto che il ricorrente non aveva precedenti specifici e, soprattutto, che aveva trovato un’attività lavorativa stabile a tempo indeterminato, dimostrando ‘di aver attualmente deciso di improntare il proprio comportamento al rispetto delle norme’.

Queste notazioni positive dovevano essere prese in seria considerazione dal giudice d’appello, che non può liquidarle con una frase di stile senza un’analisi concreta.

Le Conclusioni

La sentenza offre due importanti lezioni pratiche. Primo, per contestare l’aggravante spaccio in concorso, non è sufficiente dimostrare un legame formale (come l’intestazione di un’utenza), ma è onere dell’accusa provare il contributo causale e consapevole di ogni singola persona all’impresa criminale. Secondo, i giudici di merito devono motivare in modo puntuale ed esaustivo il diniego delle attenuanti generiche, non potendo ignorare gli elementi positivi emersi a favore dell’imputato, come un percorso di reinserimento sociale e lavorativo.

Essere l’intestatario di una SIM card usata per lo spaccio è sufficiente per essere considerato un concorrente nel reato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la mera intestazione della scheda non basta. È necessario che l’accusa provi il contributo concreto e consapevole del soggetto all’attività illecita, dimostrando che fosse a conoscenza dell’uso che ne veniva fatto e che abbia agito per agevolare il reato.

Può un giudice negare le attenuanti generiche con una motivazione generica?
No. La Corte ha stabilito che una motivazione lapidaria e generica, come il riferimento alle ‘modalità della condotta’, non è sufficiente, specialmente quando esistono elementi positivi concreti a favore dell’imputato (come l’assenza di precedenti specifici e l’aver trovato un lavoro stabile) che devono essere specificamente valutati.

Quando un’attività di spaccio non può essere considerata di ‘lieve entità’?
Sebbene la Corte abbia annullato la sentenza su altri punti, ha confermato che un’attività di spaccio non può essere considerata di ‘lieve entità’ quando risulta essere collaudata, sistematica e protratta nel tempo (in questo caso, per oltre 10 mesi), con la distribuzione di diverse tipologie di sostanze a un numero significativo di acquirenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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