Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 29706 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 29706 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 14/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposti da NOME NOME nato il 06/08/1960 a Trapani avverso la sentenza del 26/11/2024 della Corte di appello di Palermo
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; sentito l’avvocato NOME COGNOME nell’interesse di NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso ritenendo nulla la sentenza per avere applicato una circostanza aggravante non contestata.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte di appello di Palermo, per quanto interessa in questa sede, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Trapani il 17 maggio 2023, nei confronti di NOME COGNOME
funzionario addetto alla Cancelleria del Tribunale di Trapani, ha riqualificato il delitto di tentata concussione (capo c) ai sensi dell’art. 322, terzo comma, cod. pen., e ha ridotto la pena finale in due anni e nove mesi di reclusione, ritenendo più grave il delitto di falso ideologico.
Avverso la sentenza ha presentato ricorso NOME COGNOME deducendo i seguenti motivi.
2.1. Violazione di legge, in relazione all’ art. 322, terzo comma, cod. pen., in quanto la sentenza impugnata ha ritenuto seria e idonea la sollecitazione di NOME COGNOME a determinare il terzo estraneo ad aderire al sinallagma illecito. Infatti, il pubblico ufficiale si era limitato ad un solo gesto del pollice e ad una fr pronunciate non nei confronti delle ipotetiche vittime, come contestato nell’imputazione, ma dell’avvocata COGNOME così da non avere consentito neanche l’esercizio del diritto di difesa dell’imputato e risultando pertanto integrata violazione dell’art. 521 cod. proc. pen.
2.2. Violazione del divieto di reformatio in peius in quanto la sentenza impugnata, in assenza di ricorso del pubblico ministero, ha ritenuto più grave il delitto di falso, ex art. 476 cod. pen., aggravato dal secondo comma, nonostante la sentenza di primo grado avesse quantificato la pena-base su quello di tentata concussione con aumento per la continuazione sul delitto di falso non aggravato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato limitatamente al secondo motivo.
Premesso che la condotta materiale contestata ad NOME COGNOME Cancelliere del Tribunale di Trapani, non è contestata, il ricorso si limita ad escludere che fosse seria e idonea allo scopo la proposta del ricorrente, avanzata all’Avvocata COGNOME di procedere rapidamente all’inventario dei beni se la sua assistita, erede del de cuius, gli avesse versato 100 euro.
La sentenza impugnata, dopo avere escluso l’esistenza di un’inerzia minacciosa, durata mesi, per indurre la vedova a corrispondere la somma non dovuta, ha correttamente qualificato il fatto nel più tenue delitto di istigazione al corruzione, avendo il pubblico ufficiale, nell’esercizio delle sue funzioni, sollecitat la dazione di una somma di denaro non dovuta.
Si tratta di univoci elementi di fatto, ammessi dallo stesso Bologna, fondati su prove testimoniali di chi aveva ricevuto la richiesta e coerentemente vagliati dai Giudici di merito, rispetto ai quali il ricorso si è limitato a rappresentare, modo apodittico, l’assenza di serietà della proposta, comprovata, invece, dalla
provenienza dal Cancelliere, tenuto a provvedere all’inventario, avanzata alla persona offesa per il tramite della sua legale, con cui il ricorrente aveva un rapporto di confidenza, in piena correlazione con l’imputazione.
3. Il secondo motivo di ricorso è fondato.
Va chiarito, per comprendere la questione posta, come le sentenze di merito abbiano esaminato le condotte contestate a Bologna e descritte in due diversi decreti che dispongono il giudizio, senza però modificarne la denominazione: il primo, del 18 aprile 2019, relativo alle condotte indicate ai capi A) e B) per i delit di falso ideologico di atti fidefacenti, ex art. 479 cod. pen., commessi tra il 2013 ed il 2016 e al capo C) per il delitto di tentata concussione, riqualificato dalla Cort di merito nella condotta di cui all’art. 322, secondo comma, cod. pen.; il secondo decreto, del 15 ottobre 2020, relativo alle condotte indicate al capo C) per il delitt di falso ideologico, ex art. 479, cod. pen., commesso nell’ambito di una procedura fallimentare e al capo D) per il delitto di truffa aggravata, commessi dal 2017.
La Corte di appello, avendo riqualificato il delitto di tentata concussione, di cui al capo C) del decreto di citazione del 18 aprile 2019, ritenuto più grave dal Tribunale di Trapani, ai fini della continuazione, nella fattispecie meno grave di cui all’art. 322, secondo comma, cod. pen., ha modificato gli addendi del calcolo finale della pena applicata a Bologna e ha ritenuto più grave il delitto di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale di cui al capo C) del secondo decreto che dispone il giudizio del 15 ottobre 2020 (pagg. 8 e 9), che non solo non richiama l’art. 476, secondo comma, cod. pen., ma non evidenzia testualmente la natura fidefacente degli atti falsificati anche con eventuali espressioni evocative di tale natura.
In tal modo la sentenza impugnata ha contravvenuto al principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite Sorge, secondo cui «In tema di reato di falso in atto pubblico, non può ritenersi legittimamente contestata, sì che non può essere ritenuta in sentenza dal giudice, la fattispecie aggravata di cui all’art. 476, comma secondo, cod. pen., qualora nel capo d’imputazione non sia esposta la natura fidefacente dell’atto, o direttamente, o mediante l’impiego di formule equivalenti, ovvero attraverso l’indicazione della relativa norma. (In applicazione del principio le Sezioni unite hanno escluso che la mera indicazione dell’atto, in relazione al quale la condotta di falso è contestata, sia sufficiente a tal fine quanto l’attribuzione ad esso della qualità di documento fidefacente costituisce il risultato di una valutazione)» (Sez. U, n. 24906, 18 aprile 2019, Sorge, Rv. 275436).
Non sussistevano, quindi, le condizioni perché la circostanza aggravante di cui all’art. 476, comma 2, cod. pen., potesse ritenersi contestata all’imputato.
(Ju)
Per effetto dell’esclusione di detta aggravante, il termine di prescrizione del reato deve ritenersi decorso e atteso l’accoglimento del motivo ne deve essere
dichiarata l’estinzione, anche considerando il periodo di tempo oggetto delle sospensioni solo a lui riferibili.
4. Alla stregua di tali rilievi, in conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente al reato di falso
sub
C), riportato nel decreto di rinvio giudizio emesso in data 15 ottobre 2020, perché estinto per
prescrizione, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Palermo per la rideterminazione della pena limitatamente ai reati oggetto dei residui capi di
imputazione, in relazione ai quali deve essere dichiarato irrevocabile l’accertamento della responsabilità.
Nel resto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Esclusa l’aggravante di cui all’art. 476, comma 2, cod. pen., annulla senza ,h-rinviorsentenza impugnata limitatamente al reato di falso di cui dcapo C del decreto di rinvio giudizio emesso in data 15 ottobre 2020 perché è estinto per prescrizione. Rinvia per la rideterminazione della pena relativa ai reati oggetto dei residui capi di imputazione ad altra sezione della Corte di appello di Palermo.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Visto l’art. 624, comma 2, cod. proc. pen. dichiara irrevocabile, in relazione ai predetti residui capi di imputazione, l’accertamento della responsabilità.
Così deciso il 14 luglio 2025
La Consigliera estensora
Il Presidente