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Aggravante non applicata: annullamento per furto

La Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio una condanna per furto di energia elettrica. La decisione si fonda su un principio cruciale: un’aggravante contestata ma non concretamente applicata dal giudice di primo grado non può essere considerata ai fini della procedibilità del reato. Poiché l’aggravante che avrebbe reso il furto procedibile d’ufficio è stata di fatto esclusa, e in assenza di querela, l’azione penale è stata dichiarata improcedibile.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Aggravante non applicata: la Cassazione annulla condanna per furto

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale in materia di reati contro il patrimonio, sottolineando che un’aggravante non applicata dal giudice di primo grado, sebbene formalmente contestata, non può essere utilizzata per determinare la procedibilità d’ufficio del reato. Questo principio ha portato all’annullamento di una condanna per furto di energia elettrica per difetto della necessaria querela.

Il Percorso Giudiziario del Caso

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un imputato per il reato di furto di energia elettrica, emessa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello. L’accusa contestava il furto aggravato ai sensi dell’art. 625 del codice penale, specificamente per l’uso della violenza sulle cose (n. 2) e per aver commesso il fatto su beni destinati a pubblico servizio (n. 7).

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando un unico motivo: la mancanza della condizione di procedibilità. Secondo la difesa, l’aggravante relativa ai beni destinati a pubblico servizio era insussistente, trattandosi di un utilizzo privato senza impatto sul servizio collettivo. Di conseguenza, in assenza di tale aggravante e a seguito della recente riforma legislativa, il reato sarebbe dovuto essere procedibile solo a querela di parte, che nel caso di specie non era mai stata presentata.

La Questione dell’aggravante non applicata

Il cuore della decisione della Cassazione ruota attorno alla distinzione cruciale tra una circostanza aggravante ‘contestata’ e una ‘applicata’. La Corte ha osservato che, sebbene nel capo d’imputazione fosse presente il riferimento all’art. 625, n. 7 c.p., il giudice di primo grado, nella sua sentenza, aveva di fatto ignorato tale aggravante.

Nello specifico, il Tribunale aveva riconosciuto e considerato nel giudizio di bilanciamento con le attenuanti generiche solo l’aggravante della violenza sulle cose (art. 625, n. 2 c.p.). L’aggravante dell’aver agito su cose destinate a pubblico servizio non era stata menzionata né nella motivazione né aveva prodotto alcun effetto sul trattamento sanzionatorio. Questo silenzio è stato interpretato dalla Cassazione come una sua esclusione di fatto.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la sentenza impugnata senza rinvio perché l’azione penale non poteva essere proseguita.

Le Motivazioni

La Corte ha ribadito un principio consolidato, citando le Sezioni Unite: di una circostanza aggravante contestata ma esclusa dal giudice (anche implicitamente), non si può tener conto ad alcun effetto. ‘Applicare’ una circostanza non significa solo riconoscerne l’esistenza, ma utilizzarla concretamente nel processo decisionale, ad esempio per aumentare la pena o per paralizzare l’effetto di un’attenuante nel giudizio di bilanciamento.

Nel caso in esame, il giudice di primo grado non ha ‘applicato’ l’aggravante del pubblico servizio. Poiché il pubblico ministero non aveva impugnato questa esclusione, si era formato un giudicato interno sul punto. Di conseguenza, la Corte d’Appello non avrebbe potuto riconsiderare tale aggravante per affermare la procedibilità d’ufficio del reato.

Le Conclusioni

Senza l’aggravante di cui all’art. 625, n. 7 c.p., il reato di furto contestato rientra tra quelli che, per effetto del D.Lgs. 150/2022 (c.d. Riforma Cartabia), sono diventati procedibili a querela. Dato che il termine per presentare la querela era ampiamente decorso senza che l’ente erogatore dell’energia avesse manifestato la sua volontà di punire il colpevole, è venuta meno la condizione di procedibilità. La Cassazione, rilevando d’ufficio questa carenza, ha concluso che l’azione penale non poteva proseguire, annullando la condanna.

Cosa significa che una circostanza aggravante è ‘applicata’ e non solo ‘contestata’?
Significa che il giudice non si è limitato a prenderne atto dall’accusa, ma l’ha concretamente utilizzata nella sua decisione, ad esempio per aumentare la pena o per bilanciarla con le attenuanti. Se il giudice la ignora nella motivazione e nel calcolo della pena, l’aggravante si considera non applicata, anche se era presente nel capo d’imputazione.

Perché il furto di energia elettrica in questo caso non era procedibile d’ufficio?
Il furto era procedibile d’ufficio solo in presenza dell’aggravante di aver commesso il fatto su cose destinate a pubblico servizio (art. 625, n. 7 c.p.). Poiché il giudice di primo grado ha di fatto escluso questa aggravante e la sua decisione non è stata impugnata dal PM, il reato è stato ricondotto all’ipotesi di furto semplice che, a seguito della riforma legislativa, richiede la querela della persona offesa per essere perseguito.

Può una Corte d’Appello reintrodurre un’aggravante esclusa dal giudice di primo grado se il PM non ha fatto appello su quel punto?
No. Secondo la Cassazione, se il Pubblico Ministero non impugna l’esclusione di un’aggravante da parte del giudice di primo grado, si forma una preclusione (giudicato interno). La Corte d’Appello non può, di sua iniziativa, riconsiderare e ritenere esistente quell’aggravante, poiché deciderebbe su un punto non devoluto alla sua cognizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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