Aggravante Metodo Mafioso: la Cassazione Traccia i Limiti per la sua Applicazione
L’applicazione dell’aggravante metodo mafioso rappresenta uno degli strumenti più incisivi nel contrasto alla criminalità organizzata, ma la sua contestazione richiede un onere probatorio rigoroso. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito questo principio, dichiarando inammissibile il ricorso di un Pubblico Ministero che contestava l’esclusione di tale aggravante da parte del giudice di merito. La decisione sottolinea come la mancanza di prove certe sul legame tra l’imputato e un clan, unita a una dinamica dei fatti poco chiara, impedisca di configurare il reato in questa forma aggravata.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da una sentenza emessa con rito abbreviato dal G.U.P. del Tribunale di Napoli. Un imputato veniva condannato a 3 anni e 4 mesi di reclusione per detenzione e porto d’arma comune da sparo e lesioni personali aggravate. Il Giudice di primo grado, tuttavia, aveva escluso l’applicazione dell’aggravante metodo mafioso (prevista dall’art. 416-bis.1 c.p.), contestata inizialmente dalla Procura.
Il Pubblico Ministero, ritenendo errata tale esclusione, proponeva ricorso per saltum direttamente in Cassazione. Secondo l’accusa, tutti gli indicatori del metodo mafioso erano presenti: l’azione violenta (una ‘gambizzazione’) era stata eseguita come forma di ritorsione e intimidazione, manifestando così quella forza tipica delle organizzazioni criminali.
La Decisione della Cassazione sull’Aggravante Metodo Mafioso
La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni della Procura, dichiarando il ricorso inammissibile. Il fulcro della decisione risiede nella distinzione tra un legittimo motivo di ricorso per violazione di legge e un tentativo, non consentito in sede di legittimità, di ottenere una nuova valutazione del merito dei fatti.
I Giudici hanno evidenziato che il G.U.P. aveva fornito una motivazione logica e coerente per la sua decisione di escludere l’aggravante. Pertanto, il ricorso del Pubblico Ministero, opponendo una ‘ricostruzione alternativa dell’episodio disancorata dalle emergenze processuali’, si è scontrato con i limiti strutturali del giudizio di Cassazione.
Le Motivazioni
La motivazione della Cassazione si basa su due pilastri fondamentali evidenziati dal giudice di merito:
1. Mancanza di prova sull’appartenenza al clan: Non era stata raggiunta la prova certa che l’imputato fosse affiliato al clan camorrista di riferimento indicato dall’accusa. Questo elemento è cruciale, poiché l’aggravante si fonda proprio sull’utilizzo di un potere intimidatorio che deriva, direttamente o indirettamente, da un’associazione criminale.
2. Incertezza sulla dinamica e sul movente: Le dichiarazioni della persona offesa e degli altri testimoni non avevano chiarito in modo definitivo né le ragioni del litigio che aveva preceduto l’aggressione, né l’esatta dinamica dei fatti. Questa indeterminatezza probatoria ha reso impossibile collegare in modo inequivocabile l’azione violenta a una logica di affermazione mafiosa.
Di fronte a questo quadro, la Corte ha concluso che il giudice di merito aveva correttamente applicato la legge, non potendo fondare un’aggravante così pesante su mere supposizioni o su una ricostruzione dei fatti non supportata da prove solide.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio cardine del diritto processuale penale: l’aggravante metodo mafioso non può essere presunta sulla base della sola violenza dell’azione, ma deve essere ancorata a elementi di prova concreti che dimostrino il nesso con la forza intimidatrice di un’associazione criminale. Un ricorso in Cassazione che si limiti a proporre una diversa lettura delle prove, senza individuare un vizio di legittimità nella decisione impugnata, è destinato all’inammissibilità. Per gli operatori del diritto, questa pronuncia serve come monito sull’importanza di costruire un impianto accusatorio solido, capace di superare il vaglio critico del giudice anche sugli elementi circostanziali più complessi.
Quando può essere esclusa l’aggravante del metodo mafioso?
L’aggravante del metodo mafioso può essere esclusa quando mancano prove sufficienti sull’appartenenza dell’imputato a un clan criminale e quando le testimonianze non chiariscono in modo univoco le ragioni del litigio e l’esatta dinamica dei fatti, rendendo impossibile stabilire con certezza la finalità intimidatoria tipica mafiosa.
Perché il ricorso del Pubblico Ministero è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, invece di denunciare una violazione di legge, proponeva una ricostruzione alternativa dei fatti già valutati dal giudice di merito. Questo tipo di valutazione non è consentita nel giudizio di Cassazione, che si occupa solo della corretta applicazione del diritto e non di riesaminare le prove.
Quali elementi ha considerato il giudice di merito per escludere l’aggravante?
Il giudice di merito ha considerato tre elementi principali: 1) il difetto di prova circa l’appartenenza dell’imputato al clan camorrista indicato; 2) la mancata indicazione, da parte della persona offesa e di altri testimoni, delle ragioni del litigio e della dinamica precisa dei fatti; 3) l’incertezza sulle cause di un successivo alterco.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10140 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10140 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI NAPOLI nel procedimento a carico di:
NOME COGNOME NOME nato a POZZUOLI il 09/09/1999
avverso la sentenza del 29/04/2024 del GIP TRIBUNALE di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
PREMESSO
che, con la sentenza in epigrafe, il G.U.P. del Tribunale di Napoli, in esito a rito abbreviato, esclusa la circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1. cod. pen., ha dichiarato NOME COGNOME responsabile dei reati, unificati dalla continuazione, di detenzione e porto d’arma comune da sparo (capo A) e di lesioni personali aggravate dall’uso dell’arma (capo B) e lo ha condannato alla pena di 3 anni, 4 mesi di reclusione e 1.200,00 euro di multa;
VISTO
il ricorso per cassazione, proposto per saltum dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli – D.D.A., con il quale si denuncia l’inosservanza o l’erronea applicazione della legge penale in relazione alla circostanza di cui all’art. 416-bis.1. cod. pen., declinata nella forma del c.d. metodo mafioso, del quale, secondo il ricorrente, sarebbero stati compresenti, nella specie, tutti gli indicatori (gambizzazione della persona offesa NOME COGNOME a colpi d’arma da fuoco, effettuata per ritorsione rispetto a condotta posta in essere da tale NOME COGNOME);
CONSIDERATO
che, rispetto al logico argomentare sviluppato dal giudice di merito, che, a pag. 20, ha apprezzato, al fine di escludere l’aggravante in questione, il difetto di prova circa l’appartenenza del COGNOME al clan camorrista COGNOME la mancata indicazione, da parte della persona offesa e delle altre persone informate sulla vicenda, delle ragioni dell’avvenuto litigio, della esatta dinamica dei fatt nonché delle ragioni e a causa di chi vi fosse stato l’ulteriore successivo alterco, il Pubblico ministero ricorrente ha opposto, in modo assertivo e in fatto, una ricostruzione alternativa dell’episodio disancorata dalle emergenze processuali;
RITENUTO
pertanto, che il ricorso va dichiarato inammissibile, senza oneri di spese per la Parte pubblica;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 14 novembre 2024
Il Consigliere estensore
— Il Preside te