Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 43399 Anno 2024
In nome del Popolo RAGIONE_SOCIALE
Penale Sent. Sez. 2 Num. 43399 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/11/2024
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME
– Relatore –
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 27/03/2024 del Tribunale di Bologna visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le richieste del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Bologna, in funzione di Tribunale del riesame, ha parzialmente confermato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna in data 21 febbraio 2024, sostituendo gli arresti domiciliari alla misura cautelare della custodia in carcere già disposta nei confronti di NOME COGNOME in relazione al reato di cui agli artt. 56, 110, 629 e 416bis .1 cod. pen.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, deducendo tre motivi di impugnazione, che qui si riassumono nei termini di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge in relazione agli artt. 110 e 629 cod. pen. e 273 cod. pen. e travisamento della prova. Premesso che i giudici della cautela sarebbero pervenuti alle conclusioni qui contestate sulla base di un’analisi solo parziale delle risultanze investigative (pretermettendo, in particolare, la condizione di indagato, nel presente e in altri procedimenti, della persona offesa, anche «per collusione con il clan camorristico», con quanto ne consegue in termini di insufficiente delibazione della sua attendibilità), la difesa censura l’ipervalorizzazione di una semplice vanteria, al piø veicolata con espressioni infelici, e la mancata presa d’atto del mancato avverarsi dell’evento estorsivo a seguito della volontaria desistenza degli indagati, prima del sequestro da parte degli inquirenti. Parimenti dubbio, nell’ordinanza impugnata, sarebbe l’effettivo apporto causale offerto dal ricorrente alla perpetrazione del reato.
2.2. Illogicità della motivazione, in merito alla ribadita sussistenza del metodo mafioso, poichØ il Tribunale si sarebbe limitato ad elencare una serie di precedenti, non sempre in termini con quanto qui rileva (anche a fronte della ferma resistenza di COGNOME di fronte alle richieste), appiattendosi sulla soggettiva sensibilità della persona offesa e trascurando, altresì, il notorio giudiziale relativo alla disarticolazione delle organizzazioni a cui sarebbero stati affiliati gli indagati concorrenti.
2.3. Vizio di motivazione in ordine alla concretezza e attualità del pericolo di reiterazione, non essendosi tenuta in adeguata considerazione la considerevole estensione temporale della frattura tra il reato provvisoriamente contestato e il successivo vaglio cautelare, poichØ non emergerebbero, dopo il 2022, condotte dimostrative di pervicacia criminale.
Si Ł proceduto con trattazione scritta, ai sensi dell’art. 23, comma 8, decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito nella legge 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile in forza di quanto disposto dall’art. 94, comma 2, decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato, da ultimo, dall’art. 11, comma 7, decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215, convertito con modificazioni dalla legge 23 febbraio 2024, n. 18).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile.
Il primo e il secondo motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, in quanto entrambi diretti a invocare lo scrutinio di legittimità in ordine alla ricostruzione dei fatti e all’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, nella delibazione della gravità indiziaria.
2.1. Tali censure sono inammissibili nel giudizio di cassazione, allorquando, come nel caso di specie, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvano nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 3, n. 40873 del 21/10/2010, Merja, Rv. 248698-01). Quanto alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, anche per quanto attiene ai profili circostanziali che qui rilevano, infatti, Ł consentita al giudice di legittimità la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano la valutazione del compendio istruttorio e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976-01. Cfr. anche Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400-01).
2.2. Nel caso di specie, la doppia conforme valutazione dei giudici del merito cautelare ha posto in adeguata evidenza la condotta intimidatrice, realizzata da quattro soggetti, tutti di provenienza campana, diretta a costringere la persona offesa, direttore di una società commerciale, ad acquistare crediti Iva, poi rivelatisi del tutto insussistenti. La minaccia era in parte implicita e sottesa alla gestualità e all’atteggiamento dei còrrei (ostentando, ad esempio, COGNOME la propria falsa – condizione di latitante) e in parte sapientemente esplicitata, anche per via indiretta (evocando la propria contiguità ad ambienti camorristici e alla presenza incombente di un gruppo criminale in area bolognese ovvero prospettando scenari truculenti: «ce lo mangiamo, lo digeriamo e lo sputiamo», «vengo giø ti taglio la mano», «ti avrebbero buttato giø nel tritacarne»).
Il reato non si Ł consumato, solo in conseguenza dell’intervento degli investigatori: il gruppo di taglieggiatori – lungi dal desistere ed anzi restando in attesa di un prossimo nuovo confronto aveva, invero, salutato COGNOME, dicendogli «ti lascio delle carte… te le guardi allora ci chiami
te».
Oltre all’evocazione – neppure troppo sottintesa – di retrosceniche organizzazioni criminali e ai continui segnali di prepotenza e sopraffazione (giuridicamente ricondotti anche all’aggravante prevista dall’art. 629, secondo comma, in relazione all’art. 628, terzo comma, n. 1, cod. pen.), costituiva un segnale importante per intimorire ulteriormente la persona offesa anche il ricordo di una precedente estorsione, perpetrata anni prima da NOME COGNOME, sempre nei suoi confronti.
La presenza, foss’anche silenziosa, del ricorrente, in tale contesto di pressante minaccia, ha assunto l’indubitabile valenza di un comportamento esteriore idoneo ad arrecare un contributo apprezzabile alla commissione del reato, mediante il rafforzamento del proposito criminoso e l’agevolazione dell’opera degli altri concorrenti, unitamente all’accresciuta soggezione della vittima, così aumentando la possibilità della produzione del reato (Sez. 5, n. 43569 del 21/06/2019, P., Rv. 276990-01; Sez. 6, n. 1986 del 06/12/2016, dep. 2017, Salamone, Rv. 268972-01).
2.3. La valutazione della attendibilità della persona offesa dal reato rappresenta, poi, una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni ( ex plurimis , Sez. 6, n. 27322 del 14/04/2008, De Ritis, Rv. 240524-01). Nel caso di specie, risulta dirimente la insuperabile conferma derivante dalla registrazione dell’intero colloquio, predisposta da COGNOME, che ne aveva anticipatamente intuito il tenore, dopo che la visita era stata preannunciata a una sua collaboratrice. Del pari, Ł rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito anche l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni registrate, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità, se non nei limiti della manifesta illogicità e irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715-01; Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337-01).
2.4. L’ordinanza impugnata, come accennato, individua gli elementi circostanziali ex art. 416bis .1 cod. pen., nella nota riferibilità di NOME COGNOME, padre del ricorrente, e di COGNOME alla criminalità organizzata campana e nel già accennato modus operandi , connotato da minacce implicite e allusioni velenose, anche richiamando espressamente un’incombente organizzazione camorristica o altri fantomatici soggetti di notevole caratura criminale.
Ferma la ricostruzione in punto di fatto, le argomentazioni dei giudici felsinei sono conformi ai principi di diritto costantemente espressi da questa Corte regolatrice, secondo cui l’aggravante ha la funzione di reprimere il ‘metodo delinquenziale mafioso’ ed Ł connessa non alla struttura e alla natura del delitto rispetto al quale la circostanza Ł contestata, quanto, piuttosto, alle modalità della condotta che evochino la forza intimidatrice tipica dell’agire mafioso (Sez. 5, n. 22554 del 09/03/2018, Marando, Rv. 273190-01); essa, pertanto, ricorre quando l’azione incriminata, attuata evocando la contiguità a un’associazione di tipo mafioso, sia funzionale a creare nella vittima una condizione di assoggettamento, come riflesso del prospettato pericolo di trovarsi a fronteggiare le istanze prevaricatrici di un gruppo criminale mafioso, piuttosto che di un criminale comune (Sez. 2, n. 39424 del 09/09/2019, Pagnotta, Rv. 277222-01).
2.5. A fronte di questo apparato argomentativo congruo, scevro di vizi logico-giuridici, coerente con la piattaforma investigativa e conforme ai principi di diritto costantemente espressi da questa Corte, i motivi in disamina non sono, dunque, consentiti e risultano, in ogni caso, manifestamente infondati.
Quanto alle esigenze cautelari, il Collegio condivide e intende ribadire l’orientamento esegetico per cui, in tema di applicazione di misure cautelari personali, il disposto di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. sancisce, in caso di reati aggravati ex art. 416bis .1 cod. pen., una doppia
presunzione per ciò che concerne la sussistenza delle esigenze cautelari e l’adeguatezza al loro contenimento della sola misura carceraria, quest’ultima superabile nei soli casi previsti dall’art. 275, commi 4 e 4bis , cod. proc. pen (cfr. Sez. 2, n. 24515 del 19/01/2023, COGNOME, Rv. 284857-01. Cfr. anche Sez. 2, n. 23935 del 04/05/2022, COGNOME, Rv. 283176-01; Sez. 1, n. 38603 del 23/06/2021, COGNOME, Rv. 282049-01; Sez. 2, n. 22096 del 03/07/2020, COGNOME, Rv. 279771-01). In particolare, quando si abbia una contestazione non di intraneità a un contesto associativo di tipo mafioso, ma di mero ricorso alle modalità comportamentali tipiche di tali organizzazioni, la presunzione di perdurante pericolosità ha carattere marcatamente relativo e il giudice Ł chiamato a valutare gli elementi astrattamente idonei a escludere tale presunzione, desunti dal tipo di reato per il quale si procede, dalle concrete modalità del fatto e dalla distanza temporale dei precedenti (Sez. 5, n. 1525 del 06/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285808-01).
Il Tribunale del riesame, nella pienezza della giurisdizione di merito, condividendo le riflessioni poste a fondamento del provvedimento genetico, ha compiutamente chiarito come la suddetta presunzione di pericolosità, pure non assoluta, non sia nondimeno vinta da elementi di segno contrario ed anzi la prognosi infausta di recidivanza resti confermata appieno dalle emergenze investigative (cfr. l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari, p. 33, ove si sottolinea il pericolo per la genuinità della prova, avuto riguardo all’elevata capacità intimidatoria nei confronti della persona offesa COGNOME, nonchØ il pericolo di reiterazione, alla luce della mancata condivisione da parte del ricorrente della scelta paterna di interrompere attività estorsiva, nonchØ del suo pieno inserimento in un ambiente delinquenziale).
A fronte di queste lineari riflessioni, il solo decorso del tempo, peraltro, non risulterebbe sufficiente di per sØ solo, a superare la suddetta presunzione, per quanto attiene ai requisiti dell’attualità e della concretezza del pericolo (cfr., da ultimo, Sez. 2, n. 6592 del 25/01/2022, COGNOME, Rv. 282766-02; Sez. 1, n. 21900 del 07/05/2021, COGNOME, Rv. 282004-01).
Nessun interesse, infine, a censurare la scelta della misura custodiale extramuraria, operata in maniera maggiormente benevola di quanto imponesse l’ulteriore e piø stringente presunzione di legge.
Il motivo Ł, dunque, manifestamente infondato.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 13/11/2024
Il AVV_NOTAIO estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME