Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 3688 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 3688 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/10/2023
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a SAN GIUSEPPE VESUVIANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/10/2022 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME;
letta la requisitoria della Procuratrice generale, NOME COGNOME, la quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
TRATTAZIONE SCRITTA
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 25/10/2022 la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza del 25/3/2022 del GUP del Tribunale in sede che, a seguito di giudizio abbreviato, aveva condannato NOME COGNOME alla pena di anni due e mesi otto di reclusione ed Euro 5.000 di multa, per i reati rubricati al capo 1) artt. 10 e 12 L. n. 497 del 1974, 416 bis.1 cod. pen. – perché, in concorso con NOME e NOME COGNOME, illecitamente deteneva e portava in luogo pubblico un borsone contenente svariate armi, di matricola e modello imprecisato, tra cui un mitra Kalashnikov, armi da guerra, con contestazione dell’aggravante del metodo mafioso. Fatti accertati in RAGIONE_SOCIALE e comuni limitrofi nel luglio 2021.
La Corte di appello ha validato l’impostazione del primo collegio, e per quanto qui interessa – con riferimento all’aggravante ex art. 416 bis.1 cod. pen. ha ritenuto sussistente sia il profilo del metodo mafioso, che quello della agevolazione mafiosa. Quanto al primo aspetto, si è osservato che la detenzione delle armi recava in sé le stimmate del metodo mafioso, per il numero e la micidialità delle stesse, per le modalità con cui venivano custodite, avvalendosi della complicità omertosa di soggetti nel ruolo di custodi, nonché per le finalità della detenzione, costituite dal difendersi dagli attacchi della fazione contrapposta nella scalata ai vertici di un’organizzazione RAGIONE_SOCIALE ancora non del tutto disarticolata. In ordine alla finalità di agevolazione dell’organizzazion RAGIONE_SOCIALE, si è evidenziato che i reati in esame erano strumentali a consentire ai NOME COGNOME di assumere il controllo dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, e si è ritenuta l’estensibilità di tale circostanza aggravante a NOME COGNOME, in considerazione del forte legame tra costui ed i NOME NOME, anche con NOME, alle cui direttive il COGNOME aveva obbedito senza indugio, prestandosi ad indicare loro il luogo in cui erano state sotterrate le armi, senza necessità di particolari spiegazioni quando era stato convocato, così da manifestare piena consapevolezza del contenuto del borsone, ed il suo coinvolgimento anche nelle precedenti attività di imbosco e di custodia delle armi, nonché nel loro porto. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME, AVV_NOTAIO, avanzando i seguenti motivi di impugnazione, attinenti alla ritenuta aggravante ex art. 416 bis.1 cod. pen.
3.1. Violazione di legge ed illogicità della motivazione, con riferimento alla declinazione di detta aggravante nella sua dimensione oggettiva e con estensione all’imputato COGNOME.
Evidenziando l’accertato ruolo del COGNOME di mero custode delle armi, si deduce che l’interramento della borsa contenente dette armi – unica azione da lui commessa – non era stato contraddistinto da alcun carattere di mafiosità, da relazionarsi esclusivamente alla successiva condotta dei concorrenti, senza possibilità di una “parossistica dilatazione indiziante” delle captazioni presso l’abitazione dei NOME COGNOME. Al più, la condotta del COGNOME potrebbe costituire un mero antefatto di un agguato eventualmente posto in essere da altri.
La motivazione dell’estensione al ricorrente della circostanza aggravante oggettiva del metodo camorristico è stata soltanto apparente e basata su argomenti congetturali (id est: impossibilità che il COGNOME non sapesse che le armi erano destinate all’agguato in danno del COGNOME, attesa la sua vicinanza a NOME COGNOME).
3.2. Violazione di legge per avere la Corte territoriale ritenuto l’aggravante ex art. 416 bis.1 cod. pen. contestata anche nella declinazione soggettiva della cosiddetta agevolazione RAGIONE_SOCIALE, nonostante dal testo dell’imputazione sub capo 1) essa risulti contestata soltanto nella forma del “metodo camorristico”. Denuncia il ricorrente che – contrariamente al primo giudice, che aveva ritenuto contestato soltanto il metodo mafioso e sotto tale profilo aveva esclusivamente affrontato il tema dell’aggravante in questione – la Corte territoriale ha fornito una sua interpretazione autentica della contestazione dell’aggravante, introducendo un elemento a sorpresa nel contraddittorio processuale rispetto alla incolpazione definitiva descritta al capo 1) della rubrica.
Invece, in aderenza ai principi affermati nella sentenza CEDU del 2007, RAGIONE_SOCIALE vs Italia, in ordine alla prevedibilità di una riqualificazione dell’accus iniziale e alle iniziative difensive effettivamente adottabili in tale evenienza, Corte di appello avrebbe dovuto disporre la restituzione degli atti al Pubblico ministero per le opportune determinazioni in ordine alla completa descrizione della contestata aggravante. Nel caso di specie, si rivendica che mancasse ogni prevedibilità dell’estensione dell’aggravante al profilo soggettivo, in quanto l’imputazione aveva chiaramente contestato soltanto il metodo mafioso, come era stato ritenuto in primo grado e come la difesa aveva impostato i motivi di appello. Peraltro, da tale estensione sono derivate conseguenze pregiudizievoli sul quantum della pena inflitta.
3.3. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al calcolo della pena. Deduce il ricorrente che nonostante le sentenze di merito abbiano escluso il concorso del COGNOME nel porto delle armi, ritenendo credibile che costui non avesse mai recuperato le armi (pag. 11 sentenza di primo grado), nondimeno la pena è stata calcolata riconoscendo la continuazione e ritenendo
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pena base quella per il più grave reato del porto, che invece si sarebbe dovuto escludere dal calcolo della sanzione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei seguenti limiti.
1.1. La contestazione dell’aggravante ex art. 416 bis.1 cod. pen. soffre di un vizio di origine, risultando intrinsecamente contraddittoria nella evocazione di un metodo mafi-oso, consistente nel “fine di voler affermare il proprio predominio criminale sul territorio di RAGIONE_SOCIALE ed evitare l’ingresso nel predetto comune di altri gruppi camorristici”. Tale descrizione non si attaglia al metodo mafioso, ma richiama profili di finalità agevolativa, creando una commistione concettuale che oggettivamente ha costituito ostacolo alla corretta esplicazione del diritto di difesa. Per aggirare la criticità, la sentenza impugnata ha inteso integrare la prima statuizione, basata soltanto sul riconoscimento del metodo mafioso, in senso proprio, individuando anche l’agevolazione mafiosa insita nel ritenere che i reati in esame erano strumentali a consentire ai NOME COGNOME di assumere il controllo dell’RAGIONE_SOCIALE, affermandosi l’estensibilità di tale circostanza aggravante a NOME COGNOME, in considerazione del forte legame tra costui ed i NOME NOME.
1.2. Osserva questa Corte che la costruzione non risulta in linea con due elementi ostativi: il primo profilo è l’impossibilità di ravvisare il perseguimento un metodo mafioso in una condotta di occultamento di un borsone pieno di armi, da ritenersi avvenuta in forme del tutto riservate e perciò inidonea, in concreto, ad “evocare, nei confronti dei consociati, la forza intimidatrice tipica dell’agi mafioso”, costituente il proprium dell’aggravante in esame; la seconda criticità, attinente all’agevolazione mafiosa, costituirebbe una nuova declinazione della circostanza, non contestata ab origine nel capo di imputazione, né introdotta ritualmente nel processo tramite contestazione integrativa del Pubblico ministero con incisivi riflessi suscettibili di determinare la nullità per difetto di correlaz tra accusa e sentenza.
Non colgono nel segno le ulteriori critiche in ordine alla dosimetria della pena, attraverso le quali si censura in realtà il ritenuto concorso del porto di armi insieme alla detenzione delle stesse.
A prescindere dal rilievo che la doglianza – indirizzata sull’accertamento di responsabilità per il contestato porto delle armi – ripropone un motivo di appello attinente alla responsabilità (cfr. par. 3. L’udienza di discussione), al quale l difesa del COGNOME aveva rinunciato, ne va comunque rimarcata l’infondatezza: invero, come ha osservato anche la Procuratrice generale, va considerato il
segmento di condotta precedente all’occultamento del borsone di armi, sicché anche ritenendo che il COGNOME, sollecitato dai NOME COGNOME a dissotterrare le armi da lui stesso nascoste, non vi abbia dato seguito, ciò non elide il fatto che l’attività di seppellimento da lui operata per conto dei medesimi NOME COGNOME sia stata inevitabilmente preceduta da un’attività di porto delle armi in luogo pubblico oltre che di detenzione.
In conclusione, respinto il motivo scrutinato da ultimo, deve essere disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata con riferimento all’aggravante ex art. 416 bis.1 cod. pen., che va esclusa.
Pertanto, la pena va rideterminata mediante l’espunzione del segmento corrispondente all’aumento a tale titolo, secondo il seguente calcolo: pena base = anni due e mesi sei di reclusione ed Euro 4.500 di multa; aumento per continuazione = anni tre e mesi due di reclusione ed Euro 6.000 di multa; riduzione per il rito abbreviato = anni due, mesi uno e giorni dieci di reclusione ed Euro 4.000 di multa.
Ciò può essere fatto direttamente da questa Corte, ai sensi dell’art. 620, lett. /, cod. proc. pen., in quanto la pena viene rideterminata sulla base delle statuizioni del giudice di merito.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla circostanza aggravante di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen., che esclude, e, per l’effetto ridetermina la pena inflitta in due anni, un mese e dieci giorni di reclusione ed Euro 4.000,00 di multa. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il giorno 6 ottobre 2023
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Il Presidente