Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 12136 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 12136 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Gioia Tauro il 25.6.1971
avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Reggio Calabria il 28/03/2024;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, dott. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso>
RITENUTO IN FATTO
La Corte di cassazione, con sentenza n. 52271 del 11.10.2017, aveva annullato la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria con cui nei riguardi di COGNOME NOME, assolto dal reato associativo originariamente contestatogli, era stata anche esclusa la circostanza aggravante di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen. in relazione ad alcuni reati d truffa commessi in concorso; la Corte di cassazione aveva altresì annullato per la determinazione del trattamento sanzionatorio, anche in ragione della intervenuta abolizione del reato previsto dall’art. 485 cod. pen., per il quale pure era stata infli condanna all’esito del giudizio di primo grado.
La Corte di appello di Reggio Calabria, in sede di giudizio di rinvio, ha ritenuto nuovamente sussistente la indicata circostanza aggravante e rideterminato la pena.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato articolando un unico motivo con cui deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla ritenuta aggravante.
Richiamati i principi affermati dalle Sezioni unite con la sentenza n. 8545 del 2020 relativi alla natura soggettiva dell’aggravante e, nel caso di compartecipazion criminosa, alla necessità quanto meno della consapevolezza da parte del singolo compartecipe della finalità agevolatrice del concorrente, si assume che la sentenza sarebbe viziata per non avere la Corte di appello indicato gli elementi da cui inferire prova di detta consapevolezza essendosi limitata ad affermare che, nel contesto delle truffe a lui contestate, COGNOME fosse consapevole che “una qualche somma fosse stata versata a gruppi mafiosi” (così il ricorso).
Sarebbe stato accertato che:
COGNOME apparteneva, come mero prestanome, ad un gruppo costituito da COGNOME NOME – capo e organizzatore – e COGNOME NOME – proprietario del capannone in cui era custodita la merce provento delle truffe;
nell’ambito territoriale di Gioia Tauro operava un altro gruppo autonomo facente capo a COGNOME NOME e di cui avrebbero fatto parte anche i due collaboratori di giustizi COGNOME NOME e COGNOME NOME.
La Corte, pur di fronte alla prova della esistenza di due gruppi autonomi, ha ritenut sussistente l’aggravante sul presupposto che le modalità con cui erano state compiute le truffe da parte di COGNOME sarebbero identiche a quelle compiute dal COGNOME, cioè da un esponente di un diverso gruppo criminale, e per il quale l’aggravante è stata ritenuta la Corte avrebbe inoltre fatto derivare la prova in questione dall’assunto secondo cui circostanza che una parte dei proventi fosse stornata in favore di un’associazione mafiosa fosse “certamente noto a COGNOME“, indipendentemente dal ruolo da questi ricoperto.
Si tratterebbe di una motivazione viziata
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato.
La Corte di appello, recependo il principio di diritto fissato dalla Corte di cassazi ha ritenuto che: a) il versamento all’associazione mafiosa di una parte dei proventi dell truffe contestate non dipendesse da comportamenti estorsivi del sodalizio, ma da una libera scelta degli agenti, in quanto consapevoli che, per operare illecitamente in determinato territorio, avevano necessità di ottenere l’autorizzazione della cosca e che a tal fine occorreva corrispondere denaro; b) tale quadro di riferimento, descritto collaboratori di giustizia COGNOME e COGNOME sarebbe riferibile anche alle truffe post essere dal ricorrente, in quanto fondate “sullo stesso meccanismo descritto dallo stesso
COGNOME“; c) lo storno di una parte dei proventi avvenisse in favore di un’associazione mafiosa era noto a COGNOME che “indipendentemente da ruolo assunto nelle truffe, era consapevole della sorte dei proventi illeciti”
3. Si tratta di una motivazione viziata.
COGNOME è stato assolto dal reato associativo e risponde di una serie di truffe in concorso con altri.
Le Sezioni unite hanno spiegato che la circostanza aggravante dell’aver agito al fine di agevolare l’attività delle associazioni di tipo mafioso ha natura soggettiva, inerendo ai motivi a delinquere, e si comunica al concorrente nel reato che, pur non animato da tale scopo, è consapevole della finalità agevolatrice perseguita dal compartecipe (Sez. U, n. 8545 del 19/12/2019- dep. 2020, COGNOME, Rv. 278734).
Nel caso di specie, la Corte, con una motivazione obiettivamente assertiva, non ha spiegato né sulla base di quali elementi abbia ritenuto che COGNOME fosse consapevole della destinazione di una parte dei profitti derivanti dalle truffe al sodalizio mafioso, nè perch questa prova dovrebbe derivare dalle dichiarazioni di COGNOME e COGNOME, cioè di soggetti che non sono coimputati con il ricorrente e che non sono individualizzanti, e neppure perché la consapevolezza di COGNOME della destinazione di parte dei proventi al sodalizio mafioso dovesse essere nota a COGNOME.
Una motivazione gravemente viziata che impone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, da una parte, essendo obiettivamente superfluo un nuovo esame, e, dall’altra, potendosi rideterminare la pena, senza necessità di ulteriori accertamenti, in due anni e due mesi di reclusione (seguendo il procedimento della Corte di appello: pena base, un anno e sei mesi di reclusione, aumentata di un anno per la recidiva e di tre mesi per ciascuno dei tre fatti di truffa: anni tre e mesi nove di reclusione; diminui per la scelta del rito a due anni e due mesi di reclusione).
P. Q. M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all’aggravante di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen. e ridetermina la pena in anni due e mesi due di reclusione. Così deciso in Roma il 21 novembre 2024.