Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 25677 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 25677 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 16/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a NAPOLI il 26/07/1988
avverso l’ordinanza del 28/02/2025 del TRIB. LIBERTA’ di Napoli Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso letta la memoria del difensore del ricorrente che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 28 febbraio 2025, il Tribunale di Napoli, quale giudice del riesame, confermava l’ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere disposta dal Gip del medesimo Tribunale (con provvedimento del 22 gennaio 2025) nei confronti di NOME COGNOME in ordine ai delitti contestatigli, di detenzione, porto e ricettazione di armi da fuoco (capi 35 e 36), di traffico di sostanze stupefacenti (capi 43 e 47) e di indebita fornitura a detenuti di strumenti di comunicazione (capo 44), tutti aggravati ai sensi dell’art. 416 bis 1 cod. pen., per avere, il prevenuto, inteso agevolare, con tali condotte, l’attività del sodalizio camorristico ‘COGNOME‘.
1.1. Il Tribunale aveva così ricostruito il contesto in cui andavano collocate le contestate condotte illecite (anche al fine di valutare la configurabilità dell’aggravante mafiosa).
Dalle indagini in corso era, infatti, emerso che, nella zona di Pomigliano d’Arco, a seguito della dispersione del gruppo camorristico in precedenza egemone, il clan ‘Foria’, si erano, in successione di tempo, contrapposte due altre associazioni, la prima, denominata i ‘COGNOME‘, alleata di alcuni gruppi criminali insediati nel napoletano, la seconda, formata da un sodalizio autoctono, noto come i ‘Ferretti’, che si erano contese il controllo del territorio.
Il compendio indiziario era formato dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, dalle conversazioni intercettate, dalle videoriprese operate dalla polizia giudiziaria e dai conseguenti sequestri di sostanza stupefacente e di armi.
Nell’ordinanza impugnata, il Tribunale aveva riportato i passi più salienti delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e delle conversazioni intercettate, da cui era stato possibile dedurre gli elementi indiziari a carico dei capi e degli associati del clan COGNOME (da pg. 1) e del clan COGNOME (da pg. 12 e da pg. 17 per la parte di tale sodalizio dedita al traffico di stupefacenti).
Da pagina 24, il Tribunale aveva illustrato gli indizi raccolti a carico dell’odierno ricorrente.
In particolare, si era accertato che:
-la notte fra il 6 ed il 7 marzo 2024, il prevenuto, nell’androne di un palazzo, si trovava in compagnia del capo clan del gruppo ‘COGNOME‘, NOME COGNOME, e di tale NOME COGNOME; l’COGNOME aveva con sé una borsa da viaggio ed altri pacchi ch e aveva caricato in una autovettura, parcheggiata nei pressi, e ne aveva consegnato le chiavi all’odierno ricorrente, allontanandosi. Chiavi che, dopo alcune decine di minuti, il ricorrente aveva restituito all’COGNOME, tornato sul posto, che aveva prelev ato
dall’autovettura la borsa ed i pacchi. Posto che, nelle successive conversazioni intercettate, erano state captate frasi significative, gli operanti erano intervenuti ed avevano rinvenuto armi e sostanza stupefacente;
-dalle conversazioni intercettate nell’abitazione del Cipolletta l’8 febbraio 2024, si era potuto dedurre che l’odierno ricorrente era fra coloro che erano stati incaricati dal medesimo di introdurre, servendosi di alcuni droni, nel carcere di Carinola ove era detenuto il fratello di NOME, NOME, telefoni cellulari e droga; era poi emerso che il prevenuto si era poi effettivamente recato a casa Cipolletta per ritirare quel materiale che avrebbe dovuto consegnare ai ‘dronisti’.
Materiale che in parte era stato sequestrato quando era giunto all’interno del carcere, il 9 febbraio 2024.
Il Tribunale riteneva pertanto che, fermo il quadro indiziario relativo alle contestate condotte, fosse configurabile anche l’aggravante dell’agevolazione mafiosa posto che l’indagato, ben consapevole del ruolo rivestito dai suoi complici nella compagine associativa (tanto da essere, con tutta evidenza, ritenuto, a sua volta, dagli stessi, un uomo di assoluta fiducia), avesse inteso, con tali condotte, agevolare le attività del consorzio criminale, custodendo armi e droga e contribuendo a fare avere ai detenuti, appartenenti al clan, telefoni cellulari ed ancora sostanza stupefacente.
Propone ricorso l’indagato, a mezzo del proprio difensore Avv. NOME COGNOME eccependo, con l’unico motivo, l’illegittimità costituzionale dell’art. 416 bis 1 cod. pen, come interpretato dalla sentenza delle Sezioni unite n. 8545 del 2020 in relazione agli artt. 59 e 118 cod. pen., nella parte in cui si afferma che risponde dell’aggravante agevolatrice anche il concorrente che risulti avere la sola consapevolezza di tale complessiva finalità.
L’eccezione era ammissibile appuntandosi sul diritto vivente costituito dalla ricordata pronuncia delle Sezioni unite.
Le condotte contestate all’indagato erano state consumate in soli due giorni e gli elementi indiziari indicati nell’ordinanza impugnata dimostravano come egli non fosse affatto consapevole dell’essere le stesse finalizzate ad agevolare l’operatività del cl an, come aveva invece ritenuto il Tribunale per il riesame.
E, tuttavia, per la citata pronuncia delle Sezioni unite, anche il non partecipe all’associazione o chi sia solo consapevole di tale finalità -può rispondere dell’aggravante mafiosa.
Il Tribunale l’aveva poi desunta, nei confronti dell’indagato, dalla caratura criminale dei correi e dal contesto nel quale agivano.
L’illegittimità costituzionale derivava dal fatto che l’aggravante si configurava per la sola mera consapevolezza del non associato della finalità mafiosa del reato.
La questione era rilevante nel caso di specie perchè l’esclusione dell’aggravante avrebbe consentito l’applicazione di misure cautelari meno stringenti.
L’illegittimità consisteva nel fatto che le Sezioni unite avevano ritenuto che il correo non partecipe potesse rispondere dell’aggravante ai sensi degli artt. 59 e 118 cod. pen. La norma costituzionale violata era l’art. 27 Cost. che sancisce come la resp onsabilità penale debba essere personale, ma anche con il principio di necessaria offensività della condotta sancito dall’art. 25 Cost., e con i principi di proporzionalità della risposta sanzionatoria.
Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, nella persona del sostituto NOME COGNOME ha inviato requisitoria scritta con la quale ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
Il difensore del ricorrente ha inviato memoria con la quale ha insistito per l’accoglimento del motivo di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non merita accoglimento.
La sentenza delle Sezioni unite n. 8545 del 19/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278734 -01, generatrice, secondo il ricorrente, del diritto vivente contrario al dettato costituzionale ha fissato il seguente principio di diritto:
‘ La circostanza aggravante dell’aver agito al fine di agevolare l’attività delle associazioni di tipo mafioso ha natura soggettiva inerendo ai motivi a delinquere, e si comunica al concorrente nel reato che, pur non animato da tale scopo, sia consapevole della finalità agevolatrice perseguita dal compartecipe ‘.
Principio di diritto che, ovviamente, presuppone il fatto che lo stesso Collegio (di legittimità, nella sua più autorevole composizione) ne avesse ritenuto la piena compatibilità con le norme della Costituzione.
Le Sezioni unite, nella citata sentenza, avevano anche ricordato come il combinato disposto degli artt. 59, comma 2, e 118 cod. pen. -per il primo: ‘ le circostanze che aggravano la pena sono valutate a carico dell’agente soltanto se da lui conosciute ovvero ignorate per colpa o ritenute inesistenti per errore determinato da colpa ‘, per il secondo: ‘ le circostanze che aggravano o diminuiscono le pene concernenti i motivi a delinquere, l’intensità del dolo, il grado della colpa e le circostanze inerenti alla persona del colpevole, sono valutate soltanto riguardo alla persona a cui si riferiscono ‘ -dovesse interpretarsi nel senso indicato nel principio di diritto già ricordato, posto che la giurisprudenza di legittimità era già approdata a tali conclusioni -l’imputazione di una circostanza
aggravante soggettiva al concorrente nel reato che ne sia solo consapevole – senza che si ponessero questioni di legittimità costituzionale (potendosi comunque dedurre il relativo elemento soggettivo doloso) anche nel caso di altre aggravanti, della stessa natura; ad esempio: la premeditazione, i motivi abietti e futili e la connessione teleologica con altro reato.
Sempre nella sentenza COGNOME, si era infatti ricordato che:
‘ È quanto avvenuto in tema di premeditazione, circostanza inesorabilmente connessa all’intensità del dolo e, quindi, compresa nell’art. 118 cod. pen., e tuttavia ritenuta chiaramente estensibile al concorrente non partecipe di tale intensa programmazione, ove ne sia consapevole (sul punto v. Sez. 6, n. 56956 del 21/09/2017, COGNOME, Rv.271952; Sez. 5, n. 29202 del 11/03/2014, C., Rv. 262383; Sez.1, n.40237 del 10/10/2007, COGNOME, Rv. 237866, che concludono tutte nel senso che la circostanza aggravante della premeditazione può essere estesa al concorrente, che non abbia partecipato all’originaria deliberazione volitiva, qualora questi ne abbia acquisito piena consapevolezza precedentemente al suo contributo all’evento).
In tale ambito ricostruttivo particolarmente rilevante risulta la precisazione contenuta nelle sentenze Sez. 1, n. 6182 del 28/04/1997, COGNOME, Rv. 207997, e Sez. 1, n. 7205 del 17/05/1994, COGNOME, Rv.199812, ove, pur dandosi specificamente conto della modifica normativa dell’art. 118 cod. pen., si chiarisce che la conoscenza effettiva e non la mera conoscibilità della premeditazione altrui impone l’applicazione dell’aggravante anche al partecipe, sgomberando il campo dalla possibilità di una imputazione colposa della circostanza ex art. 59, secondo comma, parte seconda, cod. pen.
Ad analoghe conclusioni si è giunti in tema di estensione al concorrente dell’aggravante dei motivi abietti e futili, anch’essa pacificamente ascrivibile al motivo a delinquere, estensione condizionata solo alla conoscenza di tali fini a cura del partecipe, prima di assicurare il suo intervento di collaborazione (Sez. 1, n. 50405 del 10/07/2018, COGNOME Rv. 274538; Sez. 1, n. 13596 del 28/09/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252348; Sez. 1, n. 6775 del 28/01/2005, Erra, Rv. 230147).
In senso conforme si è concluso anche nell’ipotesi dell’aggravante del nesso teleologico, connessa allo scopo dell’agente, ma ritenuta applicabile al concorrente che non abbia elaborato tale nesso, ove lo stesso fosse a questi conoscibile ed a lui attribuibile, anche a titolo di dolo eventuale (Sez. 1, n. 20756 del 02/02/2018, COGNOME, Rv. 273125) in forza della intervenuta rappresentazione. ‘
Ciò detto quanto alla manifesta infondatezza della questione di legittimità, deve aggiungersi che il ricorso difetta anche del requisito della rilevanza della stessa.
Il Tribunale del riesame, invero, non ha affatto affermato che in capo al ricorrente non fosse direttamente configurabile l’aggravante dell’agevolazione mafiosa, e fosse a lui
‘comunicabile’ solo perché egli era consapevole che i suoi concorrenti nei reati fossero mossi da tale intento.
Aveva, invece, rilevato come le condotte che avevano determinato l’applicazione della misura fossero state consumate dall’indagato proprio al fine, direttamente a lui riconducibile, di agevolare l’operatività del clan ‘COGNOME‘, custodendo una borsa contenente armi e sostanza stupefacente e partecipando poi alla complessiva condotta volta a far pervenire ad un detenuto di interesse del sodalizio ancora sostanza stupefacente e telefoni cellulari.
Così concludendo per la diretta ascrivibilità dell’aggravante agevolatrice al prevenuto.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
cod. proc. pen.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. Così deciso, in Roma il 16 giugno 2025.