Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 17876 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 17876 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/04/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
CC – 16/04/2025
R.G.N. 8336/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME nato a SIDERNO il 15/01/1997 avverso l’ordinanza del 10/12/2024 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME sentito il PG dott. NOME COGNOME che si Ł riportata alle conclusioni depositate con le quali aveva chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso; udito il difensore avv.to NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento dei motivi.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Roma, con ordinanza in data 21 gennaio 2025, rigettava l’istanza di riesame proposta nell’interesse di COGNOME NOME avverso l’ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Roma del 28-10-2024 che aveva applicato al predetto la misura cautelare della custodia in carcere in quanto ritenuto raggiunto da gravi indizi di colpevolezza di varie ipotesi di intestazione fittizia ex art. 512 bis cod.pen. e vari reati fiscali di cui ai capi nn. 3, 4, 9, 10, 11 e 12 dell’imputazione provvisoria.
Avverso detta ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’indagato, avv.to NOME COGNOME deducendo con distinti motivi:
violazione di legge e difetto di motivazione quanto alla ritenuta sussistenza della gravità indiziaria in relazione alla circostanza aggravante della agevolazione dell’associazione mafiosa per avere, in particolare, favorito le attività della cosca COGNOME; i giudici del riesame avevano errato nell’includere COGNOME NOME nel nucleo della omonima famiglia essendo egli soggetto appartenente ad altro ceppo parentale e privo di relazione con COGNOME NOME, considerato nel provvedimento genetico il vertice dell’associazione mafiosa; peraltro l’agevolazione di un solo componente apicale non varrebbe comunque ad integrare l’aggravante di cui all’art. 416 bis.1 cod.pen. ed era anche mancata qualsiasi motivazione riguardante la circostanza che l’attività di socio occulto ed amministratore di fatto delle società indicate fosse funzionale al raggiungimento degli interessi del sodalizio criminale; altresì assente era la dimostrazione che tale condotta aveva
tratto mezzi e forza dal collegamento con la cosca;
violazione di legge e difetto di motivazione in punto sussistenza delle esigenze cautelari, stante il rilevante lasso temporale trascorso dalla consumazione dei fatti e la dedizione del ricorrente anche ad altre attività di impresa in luoghi differenti del territorio nazionale che doveva fare ritenere cessato ogni legame;
violazione di legge quanto alla applicazione della misura cautelare anche per il delitto di cui all’art. 4 D.Lvo 74/2000 contestato al capo n.10 della rubrica che non permette l’irrogazione della custodia in carcere in quanto punito, al momento di consumazione dei fatti il 12 ottobre 2019, con pena massima inferiore ad anni 5.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso Ł manifestamente infondato e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
Ed invero, il Tribunale di Roma, ha dedicato ampie argomentazioni alla sussistenza di una ramificazione della cosca COGNOME operante in Roma nell’ambito di delitti fiscali ed intestazioni fittizie societarie operate attraverso il meccanismo delle operazioni infra comunitarie soggette ad esenzione IVA; il giudice del riesame ha ricostruito l’articolata rete di compagini societarie che, secondo uno schema ricorrente, venivano prima attivate e poi fatte sparire quando avevano contratto rilevanti debiti erariali mai saldati, nelle quali erano coinvolti oltre al COGNOME NOME anche il padre NOME e COGNOME NOME, parente di COGNOME NOME, del quale venivano citate alcune conversazioni intercettate, tutte indicative del suo pieno coinvolgimento nella ‘ndrina COGNOME. Così ricostruiti i fatti, l’impugnata ordinanza non appare essere caduta in alcuna delle erronee valutazioni lamentate posto che, le attività ricostruite e poste in essere dai COGNOME e dallo COGNOME, sono state correttamente ritenute avere agevolato le attività di infiltrazione della cosca nelle attività economiche di commercio e gestione di idrocarburi svolte nel territorio romano; inoltre, gli stretti legami tra lo RAGIONE_SOCIALE e COGNOME Salvatore venivano ritenuti indicativi del coinvolgimento anche del ricorrente nelle attività di agevolazione delle operazioni di infiltrazione dell’economia legale operate dalla ‘ndrina. Trattasi, quindi, di valutazione che, essendo fondata su precisi accertamenti di fatto, appare non censurabile nella presente sede sotto il profilo del difetto di gravità indiziaria.
Quanto al secondo motivo, il tribunale del riesame, ha già evidenziato come la presunzione di pericolosità, che risulta applicabile al caso in esame in virtø della contestazione dell’aggravante di cui all’art. 416 bis.1 cod.pen., non risulta smentita da alcun elemento di segno contrario favorevole all’indagato. Il tribunale appare pertanto avere fatto corretta applicazione del principio secondo cui la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., Ł prevalente, in quanto speciale, rispetto alla norma generale stabilita dall’art. 274 cod. proc. pen.; ne consegue che se il titolo cautelare riguarda i reati previsti dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. detta presunzione fa ritenere sussistente, salvo prova contraria non desumibile dalla sola circostanza relativa al mero decorso del tempo, i caratteri di attualità e concretezza del pericolo (Sez. 2, n. 6592 del 25/01/2022, COGNOME, Rv.
282766 – 02 ed anche Sez. 2, n. 24553 del 22/03/2024, Rv. 286698 – 01).
Il terzo motivo, avente ad oggetto il reato contestato al capo n. 10, risulta fondato; ed invero al capo 10 della rubrica dell’ordinanza genetica Ł contestato il delitto di cui all’art. 4 D.Lvo 74/2000 commesso in data 12 ottobre 2019 relativamente alla dichiarazione infedele IVA per l’anno
di imposta 2018. Orbene, al momento della consumazione del predetto delitto, la pena massima dal citato art. 4 allora in vigore era quella di anni 3 che, pur aumentata della metà, per effetto della ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art.416 bis.1 cod.pen., non supera il limite di anni 5 previsto dall’art. 280 comma 2 cod.proc.pen..
Ne consegue l’annullamento dell’ordinanza impugnata limitatamente al capo n. 10 non potendo essere applicata in relazione a tale reato la misura della custodia in carcere.
A tale annullamento non consegue alcuna determinazione in relazione alla misura in atto applicata al COGNOME, che rimane in vigore in relazione a tutti i rimanenti capi di imputazione indicati ai numeri 3, 4, 9, 11 e 12 dell’imputazione provvisoria.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata, limitatamente al capo 10); dichiara inammissibile nel resto il ricorso. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 16/04/2025.
Il Presidente NOME COGNOME