Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 32514 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME COGNOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 32514 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/06/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
COGNOME COGNOME
UP – 27/06/2025
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 28/10/2024 della Corte d’Appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; sentita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; sentito il AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
sentito per la difesa l’AVV_NOTAIO che conclude chiedendo l’accoglimento del ricorso .
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 18 marzo 2024 il GIP del Tribunale di Napoli – in rito abbreviato – ha affermato la penale responsabilità di COGNOME NOME in riferimento alla contestazione di detenzione di un’arma comune da sparo (per fatto del 10 marzo 2023). Ritenuta sussistente l’aggravante di cui all’art.416 bis.1 , con la diminuente correlata alla scelta del rito, la pena Ł stata determinata in quella di anni 6 di reclusione ed euro 18.000,00 di multa.
Il fatto Ł stato oggetto di ricostruzione esclusivamente attraverso la captazione di conversazioni intervenute – in ore notturne – presso l’abitazione di COGNOME NOME.
Secondo il primo giudice, che riporta il testo delle conversazioni, non vi Ł dubbio alcuno circa il fatto che i due – all’interno della abitazione del COGNOME e in ore notturne – erano intenti a maneggiare un’arma del tipo revolver calibro 38, tanto che al momento in cui il COGNOME si allontana per controllare ciò che stava accadendo al di fuori della abitazione lascia le debite istruzioni sul da farsi proprio al COGNOME. Si tratta di conversazioni da cui si deduce in modo chiaro, afferma il GIP, il compossesso dell’arma tra i due.
Una seconda parte della decisione di primo grado illustra in maniera dettagliata i rapporti intercorsi tra il COGNOME e il COGNOME, anche al fine di ricostruire il profilo della contestata circostanza aggravante di cui all’art.416 bis.1 .
Sul punto, il primo giudice, in sede valutativa, evidenzia che dalla produzione effettuata dal P.M. si desume la prova della esistenza del RAGIONE_SOCIALE di riferimento e della costante vicinanza del COGNOME al COGNOME, al cui modus operandi accede il possesso dell’arma in questione.
La Corte di Appello di Napoli con sentenza emessa in data 28 ottobre 2024 ha confermato la prima decisione, con variazione dell’assetto sanzionatorio. La pena Ł stata ridotta ad anni 4 di reclusione ed euro 9.000 di multa.
In motivazione si ribadisce che le conversazioni oggetti di captazione sono inequivoche e inquadrano nitidamente la condotta di condivisione dell’arma tra il COGNOME e il COGNOME (disponibilità condivisa dell’arma, anche in rapporto alle finalità di utilizzo). Pur in un contesto di maggiore esperienza in capo al COGNOME, Ł pacifico che il COGNOME ebbe un contatto diretto e una codetenzione dell’arma, che doveva – nelle intenzioni dei due – essere portata all’esterno.
Quanto alla circostanza aggravante si pone l’accento sulla qualità di ‘capo’ – in quel momento del COGNOME, del RAGIONE_SOCIALE, in ragione della detenzione degli altri soggetti di vertice. Detta condizione, in riferimento ai materiali istruttori indicati in primo grado, era di certo ben nota al COGNOME (che in piø occasione si era reso disponibile ad accompagnare COGNOME in auto). Da ciò la considerazione per cui la comune detenzione risulta aggravata – anche per il COGNOME – non solo dalle modalità di consumazione ma soprattutto dal finalismo, posto che la presenza dell’arma, che i due si apprestavano a portare all’esterno, implica una volontà di mantenere il predominio sul territorio e difendersi dagli avversari, finalismo di cui era partecipe il COGNOME.
Quanto al trattamento sanzionatorio, viene rimodulata la pena base in quella di anni quattro di reclusione, aumentata di anni due per l’aggravante di cui all’art.416 bis.1 cod.pen. e ridotta per il rito ad anni quattro (con multa pari a 9.000 euro). Vengono negate le circostanze attenuanti generiche in ragione della negativa personalità dell’imputato e della notevole gravità della condotta accertata.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione – nelle forme di legge COGNOME. Il ricorso Ł affidato a tre motivi.
4.1 Al primo motivo si deduce erronea applicazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla affermazione di responsabilità.
Secondo la difesa dalle conversazioni intercettate non emerge un reale compossesso dell’arma, che sarebbe sempre rimasta nella esclusiva disponibilità del COGNOME.
4.2 Al secondo motivo si deduce erronea applicazione di legge in riferimento alla ritenuta circostanza aggravante di cui all’art.416 bis.1 cod.pen. .
L’arma non Ł mai stata portata all’esterno della abitazione e dunque non si comprende come si possa essere inverata la parte oggettiva (modalità di commissione del reato) evocata dal legislatore nella aggravante. Quanto alle finalità della condotta, si evidenzia che il COGNOME non Ł mai stato ritenuto intraneo alla associazione criminosa RAGIONE_SOCIALE.
4.3 Al terzo motivo erronea determinazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alle modalità di determinazione della pena.
Si evidenzia che pur nella riduzione della pena rispetto al primo grado di giudizio, si Ł comunque indicata la pena base in quella di anni quattro di reclusione senza adeguata motivazione e si Ł affermata la sussistenza della recidiva con motivazione non congrua. Anche il diniego delle circostanze attenuanti generiche non sarebbe correttamente motivato, dato il ruolo del tutto marginale svolto dal COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato, per le ragioni che seguono.
Il primo motivo Ł inammissibile perchØ introduce critiche esclusivamente in fatto, a fronte di argomentazioni basate su una chiara – e non travisante – lettura dei contenuti delle
conversazioni oggetto di captazione. Si tratta, dunque di motivo non consentito o comunque manifestamente infondato. Va infatti ricordato che questa Corte di legittimità in piø arresti ha ribadito che Ł non consentita in questa sede una nuova e diversa «attribuzione di valore» ai contenuti intercettati, lì dove l’operazione compiuta dal giudice di merito non presenti aspetti di ‘travisamento’ o di manifesta irragionevolezza nella attribuzione di significato ai contenuti medesimi (per tutte v. Sez. U. n. 22471 del 26.2.2015, rv 263715); Ł dunque possibile prospettare una interpretazione del significato di una intercettazione diversa da quella proposta dal giudice del merito solo in presenza del travisamento della provao in presenza di una manifesta illogicità e irragionevolezza della motivazione espressa sul punto, aspetti che nel caso in esame non si rinvengono (tra le molteSez. II n. 35181 del 22.5.2013 rv 257784; Sez. VI n. 11189 del 8.3.2012, rv 252190).
In particolare Ł del tutto logico il percorso dimostrativo che ha ritenuto sussistente il compossesso dell’arma, in ragione non solo dell’interesse manifestato dal COGNOME a conoscere i dettagli del suo specifico funzionamento ma anche in ragione della custodia al medesimo affidata in occasione della uscita temporanea del COGNOME dalla abitazione.
3. Il secondo motivo Ł infondato.
Secondo il Collegio la critica difensiva Ł solo parzialmente fondata, lì dove le decisioni di merito ritengono integrato anche il profilo della modalità di commissione del reato. Per esservi simile fattore di aggravamento, infatti, il potere di intimidazione ricollegabile alla esistenza del sodalizio mafioso deve aver agevolato – in concreto – la realizzazione del reato. Come si Ł osservato in alcune recenti decisioni di questa Corte di legittimità, il particolare incremento sanzionatorio introdotto dal legislatore del 1991 con l’all’art. 7 l.n.203/91, attualmente art.416 bis.1 (pena aumentata da un terzo alla metà/sottrazione dell’aggravante agli effetti del giudizio di comparazione con le attenuanti diverse da quelle previste negli articoli 98 e 114) ha posto l’interprete nella necessità di individuare non tanto il fondamento politico-criminale della scelta legislativa (compito che può definirsi solo di ausilio nell’opera applicativa), quanto la concreta dimensione fenomenica delle condotte descritte nella norma, allo scopo di evitare la maggior punizione di condotte in realtà estranee al modello tipizzato o già altrove incriminate.
Sul punto, Ł ormai pacifica la considerazione della esistenza, nell’ambito della norma in parola, di una duplice e autonoma «direzione» dei contenuti precettivi.
Da un lato si valorizza – in negativo – una particolare modalità commissiva del delitto, rappresentata dall’ essersi, i soggetti agenti, avvalsi delle condizioni di cui all’art. 416 bis cod.pen. . Tali condizioni sono, per dettato normativo, rappresentate dalla forza di intimidazione del vincolo associativo e dalla condizione di assogettamento ed omertà che ne deriva tra i consociati.
Si Ł ritenuto, sul punto che tale ‘corno’ dell’aggravante – di natura oggettiva – incrimini essenzialmente le condotte degli associati, espressive in concreto di una maggior valenza intimidatoria, o anche dei soggetti non associati (o comunque del cui inserimento nel RAGIONE_SOCIALE non vi sia prova, si veda Sez. I n. 33245 del 9.5.2013, rv 256990 nonchŁ Sez. II n. 38094 del 5.6.2013, rv 257065) lì dove venga espressamente evocata o comunque sfruttata in modo evidente come fattore di semplificazione della condotta illecita (per la correlata riduzione dei poteri di reazione della vittima) la capacità intimidatoria di un RAGIONE_SOCIALE criminoso.
In particolare, si Ł di recente ribadito – con orientamento condiviso dal Collegio- che per ritenere integrata la fattispecie in parola (l’avvalersi delle condizioni) non Ł sufficiente il mero ‘collegamento’ degli autori con contesti di criminalità organizzata o la mera ‘caratura mafiosa’ degli autori del fatto (men che mai il riferimento a contesti ambientali) occorrendo
invece l’ effettivo utilizzo del metodo mafioso e dunque l’ impiego della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo in modo incidente e collegato causalmente alla consumazione del reato stesso (in tal senso, tra le altre, v. Sez. I n. 37621 del 14.7.2023, rv 285761; Sez. I n. 26399 del 28.2.2018, rv 273365; Sez. I n. 39836 del 19.4.2023, rv 285059; vedi anche Sez. II n. 28861 del 14.6.2013, rv 256740 e Sez. VI n. 27666 del 4.7.2011 rv 250357).
In altre parole il richiamo alle ‘condizioni’ di cui all’art. 416 bis cod.pen. evidenzia la necessità di una piø intensa coartazione psicologica della vittima (v. Sez. VI n. 21342 del 2.4.2007, rv 236628), o comunque la visibile facilitazione della condotta illecita , in rapporto alla particolare sicurezza mostrata dai soggetti agenti di evitare – in ragione del predominio mafioso – identificazioni o denunzie.
Ora, Ł del tutto evidente che nel caso in esame la detenzione dell’arma Ł avvenuta per quanto emerge dalle decisioni di merito – nelle mura domestiche, il che esclude che possa aver inciso sulla commissione del reato la condizione di cui all’art.416 bis cod.pen. .
Ciò tuttavia non conduce all’accoglimento del ricorso, posto che la critica Ł infondata in rapporto all’elemento finalistico che – anche da solo – integra l’aggravante in parola.
Dall’altro lato, infatti, la previsione di legge incrementa la connotazione di gravità della condotta lì dove la stessa sia stata commessa al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste nel medesimo art. 416 bis cod.pen. .Nel caso in esame le decisioni di merito, con diffuse argomentazioni, hanno spiegato la rilevanza ‘strategica’ del possesso dell’arma in capo al COGNOME. Non vi Ł dubbio, pertanto circa il finalismo di vantaggio che sorregge la condotta di detenzione dell’arma da parte di costui, finalismo che si comunica al COGNOME in riferimento alle condizioni indicate dalle Sezioni Unite di questa Corte nella nota sentenza Chioccini del 2020 : la circostanza aggravante dell’aver agito al fine di agevolare l’attività delle associazioni di tipo mafioso ha natura soggettiva inerendo ai motivi a delinquere, e si comunica al concorrente nel reato che, pur non animato da tale scopo, sia consapevole della finalità agevolatrice perseguita dal compartecipe.
Non coglie nel segno, dunque, la critica del ricorrente – tesa a sottolineare l’assenza di contestazioni del reato associativo al COGNOME anche in procedimenti diversi – posto che la comunanza di azione e la frequentazione tra i due Ł aspetto che congruamente sostiene la estensione della circostanza aggravante.
Il terzo motivo va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza.
Ed invero l’avvenuta applicazione della recidiva, peraltro congruamente motivata, Ł solo declamata ma non realizzata in concreto, posto che in sede di commisurazione della pena vi Ł esclusivamente l’aumento per l’aggravante di cui all’art.416 bis.1 , il che esclude un concreto interesse. Quanto alla pena-base e al diniego delle circostanze attenuanti generiche gli argomenti difensivi sono del tutto generici e non si confrontano con i contenuti argomentativi della decisione, basati sulla oggettiva gravità della condotta e sul negativo giudizio in punto di personalità.
Al rigetto del ricorso segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 27/06/2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME