Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 17912 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 17912 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Bari il 27/03/1973
avverso la sentenza del 15/05/2024 della Corte di appello di Bari visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; udito il difensore, Avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Bari, in sede di rinvio disposto dalla Corte di cassazione, a seguito dell’appello proposto dall’imputato NOME COGNOME avverso la sentenza emessa il 18 dicembre 2019 dal locale Tribunale, ha confermato la decisione con la quale il predetto imputato – per quanto in questa sede di interesse – è stato dichiarato responsabile del reato di cui al capo 1)(art. 416, 416-bis.l. cod. pen.) e condannato a pena di giustizia.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato che, con atto del difensore, deduce i seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo, violazione degli artt. 132, 133 cod. pen., 603 cod. proc. pen. e vizio cumulativo della motivazione.
La Corte ha apoditticamente ritenuto inconferente la ordinanza emessa dalla Corte di appello di Catanzaro in data 22.11.2023 con la quale era stata revocata la precedente condanna per violazione dell’art. 4 I. n. 410/89, dalla quale era stata desunta la “specifica attitudine delinquenziale” del ricorrente, rispetto al tema devoluto al giudizio di rinvio riguardante la sanzione da applicare per l’aggravante ex art. 416-bis.1. cod. pen.
Manifestamente illogico è l’assunto della irrogabilità del massimo edittale per tale aggravante in ragione del suo duplice estrinsecarsi e della sua pregnanza decisiva.
Manifestamente illogica è la ritenuta eccentricità della deduzione difensiva poggiata sulla confessione dell’imputato, di cui pure si afferma la incidenza.
Ancora, la sentenza ha sottaciuto e non valutato la assenza di delitti a carico del prevenuto e non ha adeguatamente contrastato la natura difforme del contributo reso a parere del primo Giudice, minimo contributo sotto il profilo operativo (v. pg. 259 della sentenza di primo grado).
Infine, si censura la ritenuta estraneità al tema devoluto dei principi di proporzionalità affermati da NOME COGNOME, rispetto alla irragionevole commisurazione della pena inflitta per l’aggravante mafiosa, incompatibile con il minimo della pena inflitta per il reato-base e con il riconoscimento nel massimo delle attenuanti generiche.
2.2. Con il secondo motivo, omessa motivazione rispetto al dedotto ruolo di partecipe del ricorrente affermato dalla prima sentenza, avendo la sentenza impugnata abolito la riqualificazione confermando la pena principale inflitta.
Il Procuratore generale ha depositato memoria a sostegno della inammissibilità del ricorso, alla quale la difesa ha replicato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo è genericamente proposto oltre che manifestamente infondato.
2.1. La sentenza impugnata, senza incorrere in vizi logici e giuridici, ha adempiuto all’obbligo fissato dalla sentenza rescindente di motivare in ordine alla determinazione dell’incremento di pena per l’aggravante mafiosa ritenendo congrua la determinazione dell’aumento di pena per detta aggravante speciale nella misura massima della metà alla luce sia della duplicità del suo estrinsecarsi (metodo mafioso e agevolazione mafiosa) sia della pregnanza decisiva assunta nella complessa vicenda delittuosa dall’adozione del metodo mafioso che era condizione essenziale affinché NOME COGNOME ed il sodalizio da lui capeggiato potesse operare su tutto il territorio nazionale ed anche in aree geografiche sottratte alla forza di intimidazione del proprio sodalizio di storica appartenenza.
2.2. Quanto alla mancata rinnovazione del giudizio, la censura è manifestamente infondata in quanto la sentenza impugnata definisce inammissibile e, comunque, inconferente la questione dedotta sulla base del corretto rilievo della conclusione irrevocabile sul punto da parte della sentenza rescindente circa l’irritualità della medesima deduzione difensiva sul tema specifico della precedente definitiva condanna dell’imputato (v. par. 3.4.2. della sentenza rescindente).
2.3. Quanto alla commisurazione della pena per l’aggravante, le censure sono manifestamente infondate rispetto alla ineccepibile valutazione, alla base della valutazione discrezionale demandata al giudice di merito, del peso della aggravante, sussistente nella duplice forma, e dell’ampia motivazione sulla pregnanza della adozione del metodo mafioso rispetto alla complessa vicenda delittuosa.
2.4. Manifestamente infondata è la censura di illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta irrilevanza, sul tema devoluto, della confessione, che aveva già fondato il riconoscimento delle attenuanti generiche nella misura massima e, pertanto, del tutto correttamente ascritta ad elemento esterno alla valutazione del peso delle aggravanti in conformità ai richiamati orientamenti di legittimità.
2.4. Del tutto generico è l’assunto difensivo sul minimo contributo da parte del ricorrente che, invece, è riconosciuto come vertice del sodalizio,
accertandosene l’attività svolta in tale qualità e modalità (v. pg. 27 e sg. della sentenza impugnata).
2.5. Manifestamente infondata è la censura sulla pretesa violazione dei principi fissati da NOME COGNOME, segnatamente con riguardo ad un preteso “principio di proporzionalità reciproca” tra pena base e pena per l’aggravante, del tutto correttamente esclusa da parte della sentenza impugnata.
Sk,Unite COGNOME nello stabilire che in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite, ha precisato che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi e tal da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra l pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispettati i previsti dall’art. 81 cod. pen. e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene. In punto di proporzionalità, la sentenza ha osservato che «la proporzionalità del trattamento sanzionatorio è requisito indefettibile per poterlo giudicare conforme a Costituzione»” e che «la relazione di proporzione risulta ovviamente tributaria della gravità di ciascun reato coinvolto nel medesimo disegno criminoso. Con precipuo riferimento all’aumento previsto in caso di reato continuato, le Sez. U. Sebbar hanno significativamente rimarcato che esso è sì obbligatorio nell’an, “ma discrezionale con riferimento al quantum, che va determinato – inevitabilmente – non solo in base al numero dei reati-satellite, ma anche in base alla gravità di ciascuno di essi”. Ben si comprende, quindi, la necessità di tener conto anche del corredo circostanziale proprio di ciascun reato satellite, come ritiene la pressocché unanime giurisprudenza di legittimità» per concludere che «il valore ponderale che il giudice attribuisce a ciascun reato satellite concorre a determinare un razionale trattamento sanzionatorio; e, pertanto, devono essere resi conoscibili gli elementi che hanno condotto alla definizione di quel valore». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Cosicché manifestamente infondato è l’assunto difensivo – oggi ribadito secondo il quale la pena inflitta per la circostanza aggravante avrebbe dovuto commisurarsi alla proporzione sanzionatoria stabilita per il reato alla quale accede, del tutto assente nella richiamata sentenza, dovendosi esercitare la discrezionalità demandata al giudice – come puntualmente avvenuto nella specie – all’interno dei limiti edittali e -sga , fissati per l’aggravante.
3. Il secondo motivo è manifestamente infondato, dandosi atto nella sentenza (v. pg. 23) dell’evidente errore materiale nella motivazione compiuto dal primo giudice a pg. 259 della sentenza in ordine al ruolo associativo dell’imputato, ampiamente motivato dalla stessa sentenza secondo quello apicale e
corrispondente alla decisione manifestata nel dispositivo della stessa, confo alla contestazione di “promotore, organizzatore e capo dell’associazione”.
4. Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo determinare
in euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de
Ammende.
Così deciso il 10/04/2025.