Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 25766 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 25766 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli nel procedimento nei confronti di
COGNOME NOMECOGNOME nato a Giugliano in Campania il 30/05/1971
avverso l’ordinanza del 17/02/2025 del Tribunale di Napoli visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
letta la memoria degli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, difensori di COGNOME NOME, che hanno concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
uditi gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME COGNOME che hanno concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe indicata il Tribunale di Napoli, adito ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., pur ritenendo sussistenti gravi indizi di colpevolezza
in relazione ai reati di scambio elettorale politico mafioso (capo 16), di corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio (capo 17) e di corruzione per l’esercizio della funzione (capo 24), con esclusione dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. proc. pen. contestata ai capi 17 e 24, ha annullato per mancanza di esigenze cautelari l’ordinanza di applicazione della custodia cautelare in carcere emessa nei confronti di NOME COGNOME dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli in data 20/12/2024.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli denunciando, con un unico articolato motivo di annullamento, i vizi di violazione di legge e di difetto di motivazione in relazione all’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. e alle esigenze cautelari.
Sotto il primo profilo, quanto al capo 17, il ricorrente rileva che dal compendio delle intercettazioni telefoniche e dal parallelo sviluppo del procedimento amministrativo emergerebbe, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale per il riesame, che l’allora Sindaco NOME COGNOME, per il tramite di NOME COGNOME, avrebbe stretto un accordo con i reggenti del clan COGNOME, accordo che prevedeva che parte delle tangenti versate al Sindaco fosse destinata all’organizzazione criminale. In tal senso . deporrebbero sia l’incontro del 17/01/2020 tra NOME COGNOME e i due consiglieri comunali NOME COGNOME e NOME COGNOME sia la conversazione intercorsa tra NOME COGNOME e COGNOME NOME il 17/05/2020.
Quanto al capo 24, il Tribunale, nella valutazione in ordine alla sussistenza dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa, avrebbe omesso di considerare una serie di elementi, tra cui le intercettazioni prog. n. 1736888 del 13/09/2020 e prog. n. 7430110 del 08/01/2020, da cui si desumerebbe che NOME COGNOME aveva assunto l’obbligo di versare al clan parte delle tangenti incassate a qualsiasi titolo. Secondo il ricorrente, se nell’accordo illecito intercorso tra NOME COGNOME e il clan COGNOME era stata ricompresa come contropartita la spartizione dei proventi illeciti provenienti dalle tangenti, deve necessariamente ritenersi sussistente l’aggravante in parola in riferimento a ciascun episodio di corruzione successivo all’accordo.
In relazione alle esigenze cautelari, nella prospettazione del ricorrente, a fronte di tale ben collaudato sistema illecito, non assumerebbe alcun rilievo la circostanza che NOME COGNOME non rivesta più la carica di Sindaco, ben potendo altre condotte della stessa specie essere realizzate nello svolgimento di altri analoghi incarichi che l’indagato potrebbe assumere, in assenza di vincoli cautelari o mediante rapporti con imprenditori o altri amministratori pubblici.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. E’ opportuno premettere che, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine ai gravi indizi di colpevolezza, la Corte di cassazione è tenuta a verificare, nei limiti consentiti dalla peculiare natura del giudizio di legittimità, se il giudice di merito abbia dato adeguato conto delle ragioni che l’hanno determinato ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, verificando il rispetto dei canoni della logica e dei principi d diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Non è, dunque, consentito proporre censure riguardanti la ricostruzione dei fatti o che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito, come invece richiesto dal ricorrente, soprattutto attraverso l’interpretazione del contenuto delle conversazioni intercettate il cui apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità se non quando manifestamente illogico ed irragionevole (tra le tante Sez. 3, n.44938 del 5/10/2021, Rv. 282337). Infatti, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 – 01).
3. L’ordinanza impugnata ha escluso l’aggravante dell’agevolazione mafiosa in riferimento al capo 17 (in cui si contesta al ricorrente di aver accettato la promessa di denaro e di voti alle elezioni comunali per indurre un dipendente comunale a non emettere il provvedimento definitivo di diniego della richiesta di un permesso di costruire e a predisporre un parere urbanistico ed edilizio favorevole al rilascio dello stesso da sottoporre per l’approvazione al consiglio comunale e di essersi, infine, impegnato a far approvare la convenzione necessaria al rilascio del titolo) perché tutti i protagonisti della vicenda hanno agito pe interessi di arricchimento personale, tanto che, nell’ambito dell’attività di intercettazione che si è protratta per oltre un anno, non è mai venuto alla luce alcun collegamento tra questa corruzione e il clan mafioso. Né, secondo il Tribunale, vi sono elementi idonei a sostenere la tesi dell’esistenza di un presunto patto in base al quale il ricorrente avrebbe dovuto riversare all’associazione una parte dei proventi degli accordi corruttivi da lui comunque stipulati.
Tc
Quanto al capo 24 (in cui viene contestato al ricorrente di aver percepito un compenso mensile di entità fissa dalla RAGIONE_SOCIALE appaltatrice del servizio
di raccolta, trasporto e conferimento dei rifiuti urbani, per il prolungato asservimento della pubblica funzione alle esigenze della società) il Tribunale ha
rilevato che dal materiale istruttorio non emerge in alcun modo l’assunzione dell’obbligo di versare parte delle tangenti ricevute al clan.
La motivazione del Tribunale per il riesame è connotata da lineare e coerente logicità e da esauriente disamina dei dati processuali e non è scalfita dal ricorso,
che si limita a proporre una alternativa valutazione del materiale probatorio, inammissibile in sede di legittimità.
4. Manifestamente infondata è anche la censura relativa al profilo cautelare.
Il Tribunale ha ritenuto radicalmente insussistente l’attualità delle esigenze cautelarí, in quanto il ricorrente non è stato eletto Sindaco nel 2020 e, quindi, da
quella data, ha mantenuto la sola carica di consigliere comunale fino all’ottobre del 2024. Da allora non ricopre alcun ruolo in seno all’amministrazione comunale
di Giugliano né risulta coinvolto nella gestione di altri enti locali, con conseguente difetto del requisito della concretezza del pericolo di reiterazione di reati della stessa specie. Oltre a ciò, viene valutato il tempo trascorso dai fatti, la loro notorietà -che in sé rende problematica la prosecuzione della carriera politica del COGNOME– e la pregressa incensuratezza dello stesso.
Tale giudizio di merito, non illogico né irragionevole, è non censurabile in questa sede.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso il 21/05/2025.