Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 22859 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 22859 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME, nato a Reggio Calabria il DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza in data 12/12/2023 del Tribunale di Reggio Calabria, Sezione per il riesame;
letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
sentito il difensore dell’imputato, AVV_NOTAIO, che, in accoglimento del ricorso proposto, ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 12/12/2023 il Tribunale di Reggio Calabria, Sezione per il riesame, in parziale accoglimento del riesame proposto avverso l’ordinanza con cui, il precedente 03/10/2023, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria aveva applicato, nei confronti di COGNOME NOME, la misura cautelare della custodia in carcere in relazione ai delitti di accesso indebito e di tentato accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti (capi B, D, F e G), di partecipazione
ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (capo V), aggravati dalla finalità di agevolazione delle attività di un’associazione di tipo mafioso, nonché di illecito trasporto di sostanza stupefacente (capo AB), ha annullato il titolo custodiale limitatamente ai delitti di tentato accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti (capi F e G) e ha rigettato il gravame in parte residua.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia del AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO, che ha articolato quattro motivi di ricorso, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., l’inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità e, in specie, del disposto di cui agli artt. 125, comma 3 e 309, commi 9 e 10, cod. proc. pen., nonché il vizio di motivazione per carenza in punto di ritenuta sussistenza di gravità indiziaria in relazione ai delitti per cui il titolo custodia stato mantenuto.
Sostiene segnatamente che nell’ordinanza impugnata risulterebbe omessa la prescritta argomentazione in ordine alla ritenuta sussistenza di gravità indiziaria, non potendosi ritenere motivazione adeguata a fondare il mantenimento del titolo custodiale le mere formule di stile rinvenibili nel provvedimento reso dai giudici della cautela, anche alla luce dell’effetto pienamente devolutivo correlato alla richiesta di riesame.
2.2. Con il secondo motivo si duole, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., di violazione di legge in relazione a quanto previsto dall’art. 416-bis.1 cod. pen. e di vizio di motivazione per manifesta illogicità i punto di ritenuta configurabilità indiziaria, in relazione ai delitti di acces indebito a dispositivi per la comunicazione da parte di detenuti e di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, dell’aggravante della finalità agevolatrice delle attività di un’associazione di tip mafioso.
Assume al riguardo che nell’ordinanza impugnata la ritenuta configurabilità di tale circostanza, di natura soggettiva, sarebbe stata erroneamente collegata alle peculiari qualità criminali del coindagato COGNOME NOME, nel cui interesse i telefoni cellulari erano stati introdotti in carcere, inferendo, inoltre, evidente salto logico, la prescritta consapevolezza, in capo all’agente, della finalità agevolatrice della propria condotta dall’avvenuto utilizzo dell’apparecchio, da parte del predetto coindagato, nella commissione di un delitto, quale quello di
illecito trasporto di stupefacenti di cui al capo AB, rispetto al quale, purtuttavia l’indicata circostanza non era stata contestata.
2.3. Con il terzo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., violazione di legge in relazione a quanto previsto dall’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 e di vizio di motivazione per manifesta illogicità in punto di ritenuta configurabilità indiziaria del delitto di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.
Sostiene in proposito che nella decisione oggetto d’impugnativa sarebbe stata illegittimamente e irragionevolmente affermata l’affiliazione dell’indagato al sodalizio criminoso, essendosi valorizzati, a tal fine, elementi di significato non univoco, quali il suo coinvolgimento nella commissione di un unico delitto-fine, la collaborazione offerta al proprio genitore nella riscossione dei crediti derivanti dall’illecita attività di cessione e il collegamento assicurato al predetto co l’affiliato COGNOME NOME, in funzione del reinvestimento, da parte di quest’ultimo, dei proventi della vendita di una partita di droga in analoghe operazioni.
Osserva, infatti, che la sola attività di cessione ha natura intrinsecamente delittuosa, aggiungendo che l’indagato vi aveva preso parte in un’unica occasione, che l’ausilio prestato, in altre circostanze, al genitore non poteva intendersi come indicativo di un suo stabile inserimento nel sodalizio e che non risultava in alcun modo argomentata la ritenuta consapevolezza e volontà del predetto di far parte di una struttura organizzata.
2.4. Con il quarto motivo si duole infine, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., di erronea applicazione di norme processuali stabilite a pena di nullità e, in specie, del disposto di cui agli artt. 274, lett. 275 cod. proc. pen., nonché di vizio di motivazione per manifesta illogicità in punto di ritenuta sussistenza di esigenze cautelari correlate al pericolo di condotte recidivanti e di ritenuta inadeguatezza al loro contenimento di misure meno gravose di quella carceraria.
Assume al riguardo che nell’ordinanza impugnata il pericolo di reiterazione sarebbe stato congetturalmente fondato sulla sola agevole replicabilità, da parte dell’indagato, delle condotte illecite, senza tener conto della peculiarità del suo ruolo di trait d’union tra il proprio genitore e i sodali gravitanti nell’area reggina, mentre l’affermata inadeguatezza al contenimento di tale rischio di una misura autocustodiale sarebbe stata assertivamente fondata sull’affermata, ma non argomentata, “spiccata abilità e proclività delinquenziale nel porre in essere le condotte delittuose che gli sono provvisoriamente ascritte”, senza valutare, in alcun modo, i positivi effetti della decontestualizzazione che sarebbe conseguita all’assoggettamento a un vincolo restrittivo domiciliare in località del nord Italia.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse di COGNOME NOME è infondato per le ragioni che di seguito si espongono.
Destituito di fondamento è il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta l’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità di cui agli artt. 125, comma 3 e 309, commi 9 e 10, cod. proc. pen. e il vizio di motivazione per carenza in punto di ritenuta sussistenza di gravità indiziaria in relazione ai delitt per cui il titolo custodiale è stato mantenuto, sostenendo che nell’ordinanza impugnata sarebbe stata omessa la necessaria argomentazione in ordine all’affermata sussistenza dell’indicato presupposto, in quanto non possono ritenersi motivazione adeguata a fondare il mantenimento del vincolo coercitivo le mere formule di stile utilizzate dai giudici della cautela.
Rileva preliminarmente il Collegio che costituisce consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, al quale s’intende dare continuità, quello secondo cui «In tema di misure caute/ari personali, il ricorso per cassazione che deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, o assenza delle esigenze caute/ari, è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito» (così, da ultimo, Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628, nonché, in precedenza, Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884-01, Sez. 6, n. 11194 dell’08/03/2012, COGNOME, Rv. 252178-01 e Sez. 5, n. 46124 dell’08/10/2008, COGNOME, Rv. 241997-01).
Fatta tale premessa, è a dirsi che, nel caso di specie, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, l’ordinanza impugnata non risulta affetta dal dedotto vizio motivazionale, atteso che la ritenuta sussistenza di gravità indiziaria in ordine a ciascuno dei delitti posti a base del titolo custodiale è sta adeguatamente argomentata, la qual cosa rende evidente l’insussistenza anche della prospettata inosservanza delle disposizioni processuali prescrittive dell’obbligo di motivazione con riguardo ai provvedimenti del Tribunale del riesame.
E invero, a fronte di un’impugnativa con cui era stata specificamente dedotta l’assenza di gravità indiziaria in ordine all’aggravante di cui all’art. 416-bis. contestata con riguardo ai delitti di cui ai capi B, E, F e G, l’assenza di gravità indiziaria in relazione al delitto di cui al capo V e l’idoneità a fronteggiare
esigenze cautelari anche di misura meno afflittiva di quella intramuraria, i giudici della cautela hanno legittimamente strutturato l’impianto motivazionale a corredo del proprio provvedimento articolando autonoma argomentazione rinvenibile, in specie, alle pagg. 5-10 dell’ordinanza – solo con riguardo al delitto associativo e all’aggravante ad effetto speciale oggetto di puntuale contestazione, posto che, in relazione al profilo indiziario degli ulteriori deli provvisoriamente contestati, hanno fatto ricorso a una motivazione “per relationem”, in conformità al consolidato insegnamento della Suprema Corte, secondo cui «In tema di riesame dell’ordinanza applicativa di misure caute/ari è legittima la motivazione che richiami o riproduca le argomentazioni contenute nel provvedimento impugnato, in mancanza di specifiche deduzioni difensive, formulate con l’istanza originaria o con successiva memoria difensiva, ovvero articolate oralmente in udienza» (così: Sez. 1, n. 8676 del 15/01/2018, COGNOME, Rv. 272628-01, nonché, in precedenza, Sez. 6, n. 9752 del 29/01/2014, COGNOME, Rv. 259111-01 e Sez. 2, n. 44378 del 25/11/2010, COGNOME, Rv. 248946-01).
3. Infondato è anche il secondo motivo di ricorso, con cui ci si duole di violazione di legge in relazione a quanto previsto dall’art. 416-bis.1 cod. pen. e di vizio di motivazione per manifesta illogicità in punto di ritenuta configurabilità sul piano indiziario, dell’aggravante della finalità agevolatrice delle attività un’associazione di tipo mafioso, assumendo, per un verso, che nell’ordinanza impugnata l’affermata sussistenza di tale circostanza soggettiva in relazione ai delitti di cui ai capi B, E ed TARGA_VEICOLO sarebbe stata erroneamente collegata alle peculiari qualità criminali del coindagato COGNOME NOME, nel cui interesse i telefoni cellulari erano stati introdotti in carcere e, per altro verso, che consapevolezza, in capo all’agente, della finalità agevolatrice della propria condotta sarebbe stata desunta, con evidente salto logico, dall’avvenuto utilizzo dell’apparecchio, da parte del predetto coindagato, nella commissione di un delitto – quale quello di illecito trasporto di stupefacenti di cui al capo AB rispetto al quale l’indicata circostanza non risultava contestata.
Ritiene in proposito il Collegio che l’ordinanza del Tribunale del riesame sia immune dal vizio motivazionale di fatto dedotto con il motivo in disamina, avendo i giudici cautelari ritenuto configurabile, sotto il profilo finalist l’aggravante de qua con riguardo ai delitti dianzi indicati in ragione di una pluralità di fattori, individuati, in maniera del tutto ragionevole, nella rileva caratura criminale, in seno alla RAGIONE_SOCIALE, del destinatario dei telefoni abusivamente introdotti in carcere, COGNOME NOME, nella piena consapevolezza di tale circostanza da parte dell’indagato, figlio del menzionato
destinatario, nonché nella consapevolezza, da parte del predetto, dell’utilizzo per fini illeciti, correlati anche al controllo dei traffici gestiti dalla RAGIONE_SOCIALE, che apparecchi de quibus sarebbe stato fatto verosimilmente dal loro destinatario.
Privo di pregio è, ancora, il terzo motivo di ricorso, con cui si lamenta violazione di legge in relazione a quanto previsto dall’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 e vizio di motivazione per manifesta illogicità in punto di ritenuta configurabilità indiziaria del delitto di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, sostenendo che nella decisione impugnata sarebbe stata illegittimamente e irragionevolmente affermata l’affiliazione dell’indagato al sodalizio criminoso, in quanto si sarebbero valorizzati elementi di significato ex se non univoco, quali il suo coinvolgimento nella commissione di un unico delitto-fine, senza, peraltro, argomentare in alcun modo la ritenuta consapevolezza del predetto di far parte di una struttura organizzata.
Rileva sul punto il Collegio che il Tribunale distrettuale, diversamente da quanto sostenuto in ricorso, ha ritenuto sussistenti, a carico dell’indagato, i gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto-mezzo di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di droga con argomentazione congrua, lineare e tutt’altro che illogica, nella quale, in aderenza all’ermeneusi che della norma incriminatrice di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 ha offerto la Suprema Corte, ha avuto cura di evidenziare che costituivano elementi indicativi del coinvolgimento del predetto nelle illecite attività del gruppo e, quindi, della sua consapevole affiliazione ad esso (cd. “affectio societatis) l’eseguito trasporto, per conto dell’organizzazione, di un quantitativo di cocaina del peso complessivo di gr. 770,00 circa (condotta formante oggetto di specifica contestazione al capo AB) e l’ausilio in più occasioni fornito al padre COGNOME NOME, al momento detenuto, sia nella riscossione di crediti costituenti provento dei traffici di stupefacen (desunto, in specie, dalla conversazione telefonica intercorsa tra quest’ultimo e il coindagato COGNOME NOME), sia nella comunicazione ai sodali della destinazione da dare ad altri fondi di analoga derivazione (inferito, a sua volta, dalla conversazione tra il menzionato genitore e l’altro coindagato COGNOME NOME).
Manifestamente infondato è, infine, anche il quarto motivo di ricorso, con cui ci si duole dell’erronea applicazione delle norme processuali stabilite a pena di nullità di cui agli artt. 274, lett. c) e 275 cod. proc. pen., nonché del vizio motivazione per manifesta illogicità in punto di ritenuta sussistenza di esigenze cautelari correlate al pericolo di condotte recidivanti e di ritenuta inadeguatezza al loro contenimento di misure meno gravose di quella carceraria, assumendo
che nell’ordinanza impugnata il pericolo di reiterazione sarebbe stato fondato, in maniera del tutto congetturale, sulla sola agevole replicabilità delle condotte illecite e la ritenuta inadeguatezza al contenimento di tale rischio del vincolo domiciliare sarebbe stata assertivamente basata su un’indimostrata “spiccata abilità e proclività delinquenziale nel porre in essere le condotte delittuose… provvisoriamente ascritte”, senza valutare, in alcun modo, i positivi effetti che sarebbero potuti conseguire alla decontestualizzazione dell’indagato.
Rileva al riguardo il Collegio che, anche in parte qua, l’ordinanza oggetto d’impugnativa risulta congruamente motivata, avendo il Tribunale distrettuale evidenziato che vige, con riguardo al delitto-mezzo di cui al capo V e all’aggravante ritenuta configurabile in relazione ai delitti di cui ai capi B ed E, presunzione relativa di sussistenza di esigenze cautelari, che la stessa non è stata in alcun modo superata e che, anzi, i plurimi illeciti in cui l’indagato risul attivamente coinvolto, realizzati, peraltro, in un contesto territoriale connotato storicamente dall’incombente presenza della criminalità organizzata, sono, all’evidenza, indicativi di una sua spiccata e quantomai allarmante proclività a delinquere.
Nel contempo, appare motivata in maniera adeguata anche l’affermata inidoneità al contenimento delle evidenziate esigenze preventive di presidi meno gravosi di quello intrannurario, essendosi chiarito che osta alla sostituzione del vincolo in atto la tipologia dei delitti ritenuti indiziariamente configurab all’evidenza indicativi di un’incoercibile propensione dell’indagato all’inosservanza delle prescrizioni derivanti ex lege o impostegli dall’Autorità, argomento a fronte del quale diviene logicamente irrilevante l’assenso manifestato del predetto all’assoggettamento a un sistema di controllo a distanza (cd. braccialetto elettronico) e insuscettibile di positiva valutazione la possibilità di applicazion della misura autocustodiale in area territoriale diversa e distante da quella in cui risultano commessi i fatti.
6. Alla stregua delle considerazioni che precedono, risultando insussistenti i vizi denunziati, il ricorso dev’essere rigettato, con conseguente onere per il ricorrente di sostenere, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., le spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter, , · disp. att. cod. proc. pen. Così deciso il 23/04/2024