Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 9162 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 9162 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 06/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Reggio Calabria il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza emessa il 18/4/2023 dal Tribunale di Reggio Calabria Visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso;
Udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; Udito il Sostituto AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso;
Udito l’AVV_NOTAIO, anche in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, difensore del ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 18 aprile 2023 il Tribunale di Reggio Calabria ha confermato il provvedimento emesso il 19 febbraio 2021 dal Giudice per le indagini preliminari di Reggio Calabria, con cui a NOME COGNOME è stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere in relazione al delitto di estorsione, aggravato dall’art. 416 bis.1 cod. pen.
Avverso l’ordinanza del Tribunale hanno proposto ricorso per cassazione i difensori dell’imputato, che hanno dedotto violazione di legge e vizi della motivazione. Premessi i principi enunciati da questa Corte in ordine alla doppia presunzione dettata dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., il ricorrente ha lamentato che non sarebbero stati considerati il tempo decorso dai fatti, risalenti al 2015, e il comportamento tenuto dall’imputato nel periodo di restrizione nonché la sentenza con cui questa Corte ha annullato con rinvio la pronuncia di condanna del medesimo imputato per la ritenuta appartenenza al sodalizio COGNOME, a cui fa riferimento l’aggravante contestata nel presente procedimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso merita accoglimento.
A prescindere dalla fondatezza o meno della deduzione, pure formulata dal ricorrente, afferente alla lontananza nel tempo dei fatti e, quindi, alla rilevanza, ai fini dei provvedimenti di revoca o sostituzione della misura cautelare, del tempo trascorso dalla commissione del reato, è dirimente osservare che il Tribunale di Reggio Calabria ha ritenuto apoditticamente che gli argomenti difensivi fossero inidonei ad inficiare il quadro cautelare già valutato, avendo omesso di valutare e dar conto, con congrua motivazione, del fatto sopravvenuto e, pertanto, nuovo, indicato dalla difesa, ossia la sentenza, pronunciata il 22 febbraio 2023 da questa Sezione nei confronti del ricorrente e di altri imputati.
Con tale pronuncia è stata annullata con rinvio la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria che aveva ritenuto il ricorrente partecipe della cosca COGNOME RAGIONE_SOCIALE, la cui esistenza, quale articolazione di vertice del locale di Archi di Reggio Calabria e della struttura unitaria denominata RAGIONE_SOCIALE, era stata già riconosciuta in sentenze passate in giudicato in base alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia NOME COGNOME e NOME COGNOME, entrambi operanti nel settore della gestione dei rifiuti e vittime di estorsioni mafiose, i qua avevano attribuito il ruolo apicale a COGNOME.
Nell’anzidetta sentenza di legittimità si è affermato che risultava viziata la valutazione dell’attendibilità delle dichiarazioni rese dal collaboratore NOME COGNOME, la cui centralità, così come le dichiarazioni del collaboratore COGNOME, ai fini del giudizio di responsabilità formulato a carico degli imputati, era innegabile ed era stata ammessa dai Giudici di merito, che tra gli atti utilizzabili in ragione del rito prescelto, costituti dalle informative di polizia giudiziaria, da trascrizioni dei dialoghi intercettati e dai provvedimenti giudiziari prodotti
ritualmente acquisiti, avevano assegnato spazio centrale al contributo offerto dai due collaboratori, ritenuto credibile, convergente, autonomo e riscontrato da plurimi elementi.
Nell’ordinanza impugnata si è affermato che «quanto alla sentenza con cui la Corte di cassazione ha annullato la sentenza resa dalla Corte di appello riguardo alle vicende criminose di cui COGNOME risponde nel procedimento cosiddetto Trash, il Collegio ritiene che nessuna rilevanza possa attribuirsi all’annullamento di un diverso titolo custodiale, disposto in differente procedimento penale».
Siffatta motivazione si appalesa viziata.
Deve precisarsi, innanzitutto, che la evocata pronuncia di legittimità concerne non un titolo custodiale, disposto in un differente procedimento penale, ma la sentenza di condanna del ricorrente per la ritenuta partecipazione al sodalizio conosciuto come cosca COGNOME.
Deve rilevarsi, poi, che, nel presente procedimento, l’aggravante di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen. è stata contestata sotto il profilo dell’agevolazione del menzionato sodalizio e il Tribunale della cautela ha ritenuto che la condotta estorsiva denotava l’inserimento del ricorrente in circuiti delinquenziali di pericolosità sociale e i suoi «legami con il contesto di criminalità organizzata in cui si inseriscono i fatti di reato di cui egli risponde».
E’ evidente, quindi, che il Tribunale di Reggio Calabria avrebbe dovuto valutare se l’annullamento, disposto da questa Corte, avesse o meno incidenza sulla sussistenza dell’aggravante contestata. Tale annullamento, senza essere in alcun modo vincolante, avrebbe imposto, alla luce dei rilievi difensivi, un’analisi più attenta in punto di sussistenza della circostanza aggravante o quantomeno una valutazione della ritenuta irrilevanza della pronuncia.
Non è superfluo ricordare che più volte questa Corte ha affermato che, in tema di impugnazioni avverso misure cautelari personali, vi è carenza di interesse sia al riesame sia al ricorso per cassazione, quando l’indagato tenda ad ottenere l’esclusione di una circostanza aggravante, salvo che da tale esclusione derivi, per lui, una concreta utilità, ovvero immediati riflessi sull’an o s quomodo della misura (cfr., Sez. 3, n. 20891 del 18/06/2020, COGNOME, Rv. 279508 – 01; Sez. 6, n. 5213 del 11/12/2018, Fucito, Rv. 275028 01; Sez. 6, n. 50980 del 21/11/2013, Fabricino, Rv. 258502 – 01).
Nel caso in esame, sussiste l’interesse del ricorrente a contestare la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen..
L’esclusione di tale circostanza, infatti, produrrebbe per il ricorrente la non applicazione della presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della sola misura custodiale a farvi fronte, prevista dall’art. 275,
comma 3, cod. proc. pen., con la conseguenza che la valutazione in ordine al pericolo di recidiva dovrebbe essere effettuata sulla base di diversi e meno rigorosi parametri.
Alla luce di quanto precede si impone l’annullamento del provvedimento impugnato, con trasmissione degli atti al Tribunale di Reggio Calabria, per nuovo esame.
Deve essere disposto, inoltre, che copia del presente provvedimento sia trasmesso al Direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito dall’art. 94, comma 1 ter, disp. att. c.p.p.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Reggio Calabria competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen.. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 6/2/2024