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Aggravante lesioni pubblico ufficiale: la Cassazione

La Corte di Cassazione conferma la condanna per lesioni personali aggravate a un detenuto che aveva aggredito un agente di polizia penitenziaria. La sentenza chiarisce che per l’applicazione dell’aggravante lesioni pubblico ufficiale è sufficiente un nesso logico tra l’aggressione e la funzione dell’agente, a prescindere dall’assoluzione per il reato di resistenza.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Aggravante lesioni pubblico ufficiale: la Cassazione sul nesso con la funzione

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 33802 del 2024, è tornata a pronunciarsi su un tema delicato: l’applicazione dell’aggravante lesioni pubblico ufficiale. Il caso esaminato offre spunti fondamentali per comprendere la differenza tra tale aggravante e il reato di resistenza, chiarendo quando un’aggressione a un agente in servizio configuri una circostanza che inasprisce la pena. La decisione sottolinea che è sufficiente un “collegamento logico” tra la condotta violenta e la funzione svolta dalla vittima, anche se l’atto aggressivo appare estemporaneo o “gratuito”.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine all’interno di un istituto penitenziario, dove un detenuto ha aggredito un agente di polizia penitenziaria sferrandogli una testata al volto. L’aggressione è avvenuta mentre l’agente stava svolgendo il suo servizio di accompagnamento del detenuto. La reazione violenta dell’imputato è scaturita da un invito, rivolto dall’agente, a tenere un comportamento consono e a non adottare atteggiamenti che potessero comportare responsabilità disciplinari.

Condannato in primo e secondo grado per lesioni personali aggravate, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, ottenendo un primo annullamento con rinvio. La Corte d’Appello, nel nuovo giudizio, ha confermato la condanna e la sussistenza dell’aggravante. Contro questa seconda decisione, il detenuto ha proposto un nuovo ricorso.

I Motivi del Ricorso e l’aggravante lesioni pubblico ufficiale

Il ricorrente ha basato la sua difesa su due motivi principali:

1. Errata applicazione dell’aggravante: Secondo la difesa, l’aggravante di cui all’art. 576, n. 5-bis, c.p. non doveva essere applicata. A sostegno di questa tesi, si evidenziava che il giudice di primo grado aveva assolto l’imputato dal reato di resistenza a pubblico ufficiale, ritenendo l’aggressione “gratuita” e priva di una “connessione teleologica” (cioè finalistica) con la funzione dell’agente.
2. Mancanza di motivazione sul bilanciamento delle circostanze: Il secondo motivo lamentava una carenza di motivazione riguardo al bilanciamento tra le circostanze attenuanti (tra cui il vizio parziale di mente riconosciuto all’imputato) e quelle aggravanti (la recidiva e, appunto, l’aggressione al pubblico ufficiale). La difesa sosteneva che i giudici non avessero adeguatamente considerato l’attenuante legata alla condizione psichica.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato entrambi i motivi, ritenendo il ricorso infondato.

Sul primo punto, i giudici hanno chiarito una distinzione cruciale: i presupposti per il reato di resistenza a pubblico ufficiale sono diversi da quelli per l’aggravante lesioni pubblico ufficiale. Mentre la resistenza richiede che la violenza sia usata per opporsi a un atto d’ufficio, l’aggravante per le lesioni richiede solo un collegamento logico tra il fatto delittuoso e l’adempimento delle funzioni da parte della vittima. Nel caso specifico, l’aggressione non era un evento casuale o meramente simultaneo al servizio dell’agente, ma una diretta conseguenza di esso: era una reazione all’invito dell’agente a mantenere una condotta appropriata. Pertanto, l’assoluzione dal reato di resistenza non impediva di riconoscere l’aggravante per le lesioni.

Anche il secondo motivo è stato respinto. La Corte ha ritenuto che la motivazione dei giudici d’appello sul bilanciamento delle circostanze fosse congrua e logica. La decisione di considerare equivalenti le attenuanti e le aggravanti era giustificata dal disvalore complessivo dell’azione, dall’assenza di pentimento del ricorrente e dai suoi numerosi precedenti penali. La Corte ha sottolineato che l’uso del termine “attenuanti” al plurale da parte dei giudici di merito includeva implicitamente anche quella del vizio parziale di mente, che era stata quindi correttamente presa in considerazione nel giudizio complessivo.

Conclusioni

La sentenza consolida un importante principio di diritto: l’aggressione a un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni è un fatto di particolare gravità che giustifica un aumento di pena, anche quando non integra il più specifico reato di resistenza. Per l’applicazione dell’aggravante lesioni pubblico ufficiale non è necessario che l’aggressore voglia impedire un atto d’ufficio, ma è sufficiente che la sua condotta violenta sia una reazione o una conseguenza diretta della funzione pubblica esercitata dalla vittima. Questa pronuncia ribadisce la tutela rafforzata che l’ordinamento accorda a chi svolge un servizio per la collettività, sanzionando più severamente le offese perpetrate in tale contesto.

L’assoluzione dal reato di resistenza a pubblico ufficiale esclude automaticamente l’aggravante per le lesioni commesse nella stessa occasione?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che i presupposti delle due fattispecie sono diversi. L’aggravante per le lesioni richiede solo un collegamento logico tra l’aggressione e la funzione pubblica, mentre il reato di resistenza richiede l’intento di opporsi a un atto d’ufficio.

Cosa si intende per ‘collegamento logico’ ai fini dell’aggravante per lesioni a pubblico ufficiale?
Significa che l’aggressione deve essere una conseguenza dell’esercizio delle funzioni da parte del pubblico ufficiale e non un evento meramente casuale o avvenuto in contemporanea. Nel caso di specie, la testata era una reazione diretta all’invito dell’agente a mantenere un comportamento corretto.

Come viene valutata l’attenuante del vizio parziale di mente nel bilanciamento con altre circostanze?
Il vizio parziale di mente viene considerato dal giudice insieme a tutte le altre circostanze attenuanti e aggravanti. La decisione finale sul bilanciamento (prevalenza, equivalenza o soccombenza) è una valutazione discrezionale del giudice di merito, che deve essere motivata in modo logico, tenendo conto della gravità del fatto, della personalità dell’imputato e di altri elementi rilevanti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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