Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 37479 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 37479 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/02/2025 della Corte d’appello di Messina
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
letta la memoria depositata dal Procuratore Generale, il quale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni scritte depositate dal difensore del ricorrente, il quale, richiamando i motivi di ricorso, ne ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Messina, con la decisione indicata in epigrafe, ha confermato la sentenza emessa in data 4 aprile 2024, con la quale il Giudice per l’Udienza Preliminare del Tribunale di Messina dichiarava COGNOME NOME colpevole del delitto di cui agli artt. 73, co. 1 e co. 1 bis, e 80, co. 2, D.P.R. n. 309 del 9/10/1990, condannandolo alla pena di anni otto di reclusione ed euro 30.000,00 di multa, oltre all’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
In breve il fatto, per agevolare l’illustrazione dei motivi di ricorso.
In data 21 novembre 2023, personale del Comando RAGIONE_SOCIALE Messina procedeva a un controllo presso gli imbarcaderi della società ‘RAGIONE_SOCIALE‘. L’attenzione dei militari veniva attirata da una Fiat 500 che circolava con la paratia in plastica posta sotto il motore parzialmente divelta. Il conducente del veicolo, identificato nell’odierno ricorrente, manifestava uno stato di particolare nervosismo che induceva gli operanti ad estendere la perquisizione al veicolo. L’ispezione del portabagagli posteriore consentiva di rinvenire, all’interno di una comune busta della spesa, dieci panetti contenenti sostanza stupefacente che, sottoposta alle analisi di laboratorio, risultava essere cocaina per un peso complessivo di grammi 9.993,3, con principio attivo pari a grammi 6.521,72, quantitativo dal quale era possibile ricavare 43.478,1 dosi medie singole.
Le successive indagini rivelavano ulteriori elementi di interesse investigativo: l’autovettura risultava presa a noleggio a Palermo da persona diversa dal conducente e il contratto di noleggio era scaduto da diversi giorni; COGNOME NOME, inoltre, opponeva un netto rifiuto alla richiesta di fornire ai militari i codici di accesso al proprio apparecchio telefonico, impedendo così l’acquisizione di dati potenzialmente rilevanti per la ricostruzione della vicenda.
Nel corso dell’interrogatorio di garanzia, l’imputato forniva una versione dei fatti che il primo giudice riteneva del tutto inverosimile. Il COGNOME sosteneva infatti di non essere a conoscenza della presenza dello stupefacente nell’autovettura, ipotizzando che terzi ignoti avessero collocato la sostanza a sua insaputa durante la traversata dello Stretto, occasione nella quale avrebbe lasciato il veicolo aperto. Tale ricostruzione, tuttavia, non veniva supportata da alcun elemento concreto: l’imputato non era in grado di fornire spiegazioni plausibili circa le motivazioni del viaggio, non ricordava il nome della persona che avrebbe dovuto incontrare né il cognome di colui che gli avrebbe prestato l’auto, pur definendolo suo amico.
Il giudice di primo grado, sulla base di tali premesse fattuali, riteneva pienamente comprovato il dolo del reato contestato, evidenziando come la rilevante consistenza e il significativo valore economico dello stupefacente – stimabile tra i due e i quattro milioni di euro – non consentissero di ritenere sostenibile, sul piano logico, la collocazione all’interno del veicolo, ad opera di terzi, all’insaputa del conducente. Veniva ritenuta in sentenza l’aggravante dell’ingente quantità e negate le circostanze attenuanti generiche in ragione della gravità della condotta e dell’allarme sociale derivante dal ruolo di corriere rivestito dall’imputato nell’ambito di più ampie relazioni criminali.
La Corte territoriale, investita dell’appello proposto dalla difesa, ha integralmente confermato il giudizio di responsabilità, ritenendo che il convincimento espresso dal primo giudice trovasse pieno riscontro negli elementi di fatto acquisiti.
Avverso tale pronuncia, il difensore di fiducia di COGNOME NOME propone ricorso per cassazione, articolando tre distinti motivi di doglianza.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione dell’art. 59 cod.pen., in relazione agli artt.73 e 80 D.P .R. 309/1990, sostenendo che la Corte territoriale abbia erroneamente ritenuto sussistente la circostanza aggravante dell’ingente quantità, senza alcuna dimostrazione della consapevolezza dell’agente quanto allo specifico profilo quantitativo dello stupefacente. La difesa evidenzia come le anomalie della vicenda – l’utilizzo di un’autovettura con noleggio scaduto e vistosamente danneggiata, il mancato occultamento della droga – siano incompatibili con la consapevole partecipazione a un disegno criminoso di tale portata.
2.2. Il secondo motivo censura la violazione degli artt. 62 bis e 133 cod.pen., lamentando il diniego delle circostanze attenuanti generiche, nonostante l’incensuratezza dell’imputato e l’assenza di elementi comprovanti la sua vicinanza ad ambienti criminali.
La difesa sottolinea come la Corte di merito abbia fondato l’esclusione delle attenuanti esclusivamente sul dato ponderale e sulla presunta adesione a un circuito criminale, senza valorizzare gli indici positivi emergenti dalla condotta processuale e dalla personalità del ricorrente.
2.3. Con il terzo motivo, infine, si deduce la violazione degli artt. 28 e 29 cod.pen., sostenendo che l’eventuale rideterminazione del trattamento sanzionatorio in misura inferiore a cinque anni dovrebbe comportare la revoca dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Il Procuratore Generale ha depositato memoria, concludendo per l’inammissibilità del ricorso.
Il difensore del ricorrente ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto l’accoglimento dei richiamati motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.
Con il primo motivo, il ricorrente lamenta che la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere sussistente la circostanza aggravante dell’ingente quantità, sostenendo l’assenza di prova circa la consapevolezza dell’agente in ordine allo specifico profilo quantitativo dello stupefacente trasportato.
La doglianza non coglie nel segno e tradisce un’erronea comprensione dei limiti del sindacato di legittimità sulla motivazione della sentenza di merito.
Occorre preliminarmente ricordare che, quanto all’oggettiva configurabilità dell’aggravante di cui al citato art.80, i giudici di merito, hanno puntualmente illustrato i criteri adottati per la determinazione dell’ingente quantitativo, uniformandosi al principio secondo cui la suddetta aggravante è ravvisabile quando la quantità non sia inferiore a 2.000 volte il valore massimo, in milligrammi (valore – soglia), determinato per ogni sostanza nella tabella allegata al d.m. 11 aprile 2006, ferma restando la discrezionale valutazione del giudice di merito, quando tale quantità sia superata ( Sez. U, n. 147222 del 30/01/2020, COGNOME, Rv. 279005 – 01; Sez. U, n. 36258 del 24/05/2012, COGNOME, Rv. 253150 – 01).
In ordine al profilo soggettivo, nell’atto di appello, al secondo motivo (pag.12), il difensore lamentava che nel compendio probatorio in atti non v’era alcun elemento che facesse ipotizzare una siffatta consapevolezza; anzi era evidente il contrario: ‘l’appellante era del tutto ignaro del carico presente nel bagagliaio figurarsi conoscere l’ammontare’.
La Corte distrettuale ha dato puntuale risposta alla censura così formulata, sulla base di una pluralità di elementi fattuali convergenti a dimostrare la consapevolezza dell’oggetto trasportato.
In particolare, sono stati evidenziati: a) il comportamento dell’imputato al momento del controllo, caratterizzato da uno stato di nervosismo talmente evidente da indurre gli operanti ad approfondire la perquisizione; b) il categorico rifiuto di fornire i codici di accesso al telefono cellulare, interpretato quale sintomo del timore di far emergere contatti inerenti all’attività delittuosa; c) l’utilizzo di un’autovettura presa a noleggio da terzi, modalità operativa tipica del traffico organizzato di stupefacente diretta a ostacolare l’identificazione dei responsabili; d) l’inverosimiglianza e contraddittorietà delle spiegazioni fornite dall’imputato circa le ragioni del viaggio e sulla disponibilità del veicolo; e) il notevole valore economico dello stupefacente e specialmente ‘le sue reali connotazioni materiali’ ( dieci panetti, contenuti in un sacchetto per la spesa riposto nel bagagliaio), tali da escludere, sul piano logico, che esso potesse essere stato collocato all’interno dell’autovettura condotta dal COGNOME, senza che questi ne fosse consapevole, anche con riferimento alla effettiva consistenza della stessa.
Il ricorso tende a sollecitare un nuovo giudizio di merito, inammissibile nella fase di legittimità; peraltro, introducendo elementi (auto danneggiata, noleggio scaduto, deposito della sostanza nel bagagliaio in busta aperta) che non si confrontano adeguatamente con le suindicate ragioni della decisione, e inidonei, in quanto tali, a destrutturarne l’impianto logico.
Incidentalmente si osserva che questa Corte, nel vagliare la correttezza dell’iter argomentativo seguito dai giudici di merito, non può procedere a una rivalutazione delle emergenze probatorie, ma deve limitarsi a verificare che la motivazione – come nella specie sia completa, coerente e conforme ai canoni della logica, nonché rispettosa dei principi di diritto che governano la materia.
Quanto alla doglianza relativa alla mancata prova della consapevolezza circa l’ingente quantità, la Corte d’Appello ha evidenziato che l’incarico conferito al corriere e il rinvenimento di
un così consistente quantitativo, ‘con riguardo alla sua effettiva consistenza’ e ‘nelle sue reali connotazioni materiali’ (dieci panetti di cocaina, del peso complessivo di quasi dieci chilogrammi, contenuti in una busta aperta, riposta in bagagliaio), escludono che il ricorrente potesse non essere consapevole della eccezionale rilevanza del carico.
Tale valutazione, ancorata a dati fattuali, non presenta profili di manifesta illogicità censurabili in questa sede ed è in linea con la giurisprudenza di questa Corte.
E’ stato ritenuto infatti che, ai fini del riconoscimento della circostanza aggravante dell’ingente quantità di sostanze stupefacenti, di cui all’art. 80, comma secondo, d.P.R. n. 309 del 1990, è necessario accertare, ai sensi dell’art. 59, comma secondo, cod. pen., la colpevolezza del soggetto attivo anche in relazione alla predetta circostanza, dimostrando che la stessa sia da lui conosciuta, ovvero ignorata per colpa o ritenuta inesistente per errore dovuto a colpa (Sez. 4, n. 18049 del 14/04/2022, Caca NOME, Rv. 283209 – 01; Sez. 3, n. 6871 del 08/07/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269151 – 01; Sez. 3, n. 21968 del 24/02/2016, COGNOME, Rv. 267076; e specialmente, Sez . 6, n.13087 del 05/03/2014 , Mara, Rv. 258643 – 01, relativa ad analoga fattispecie di illecita detenzione di oltre nove chili di cocaina rinvenuti all’interno dell’auto guidata dal ricorrente, il quale, pur negando di essere a conoscenza del dato ponderale, aveva ammesso di aver accettato di accompagnare altra persona – seduta in auto al lato passeggero, e rivelatasi come quale punto di riferimento di un’organizzazione dedita al narcotraffico internazionale – per la consegna di una partita di droga in un’altra città).
Con il secondo motivo, il ricorrente contesta il diniego delle circostanze attenuanti generiche, lamentando che la Corte territoriale non avrebbe adeguatamente valorizzato l’incensuratezza dell’imputato.
Come costantemente affermato da questa Corte, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane, Rv. 248244-01).
Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente e atto a determinare o no il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato e alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549-01; Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, COGNOME, Rv. 249163-01).
Nel caso in esame, la Corte d’Appello ha fornito una incisiva, seppur sintetica, motivazione al diniego delle attenuanti, evidenziando: a) la gravità oggettiva del fatto, caratterizzato dal trasporto di un ingente quantitativo di cocaina; b) le modalità della condotta, rivelatrici dell’inserimento in un contesto di più ampie relazioni criminali, alle quali ha garantito copertura
e impunità; c) l’atteggiamento processuale dell’imputato, non favorevole ad agevolare l’accertamento del fatto.
Si tratta di una valutazione discrezionale che rientra pienamente nei poteri del giudice di merito e che non presenta profili di manifesta illogicità o contraddittorietà.
Il terzo motivo, relativo alla pena accessoria, risulta assorbito dal rigetto dei motivi precedenti. L’interdizione perpetua dai pubblici uffici consegue automaticamente ex art. 29 cod.pen. alla condanna irrogata dai giudici di merito a pena non inferiore a cinque anni di reclusione, con statuizione che, per le precedenti argomentazioni, è risultata immune dai vizi denunciati.
Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così è deciso, 18/09/2025
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME