Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 30092 Anno 2025
RITENUTO IN FATTO Penale Sent. Sez. 4 Num. 30092 Anno 2025 Presidente: DI NOME
Relatore: NOME
1. Il Tribunale di Napoli, investo dell’istanza di riesame ex art. 309 cod. proc. pen., proposta nell’interesse di NOME COGNOME ha annullato l’ordinanza di custodia Data Udienza: 18/06/2025
cautelare emessa il 12 settembre 2024 dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale limitatamente alla contestazione del reato di cui al capo A) e all’esclusione della circostanza aggravante di cui all’art. 416bis 1 cod. pen., contestata al capo 15). Ha confermato nel resto.
1.1. NOME COGNOME era stato chiamato a rispondere del reato associativo di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, quale partecipe, con ruolo di fornitore stabile di ingenti quantitativi di cocaina, del sodalizio facente capo a Gallo Massimo e NOME NOME, operante dal settembre 2019 ad agosto 2020 il Caivano, parco verde. Oggetto della contestazione è altresì la cessione di una partita di cocaina di ingente quantità, per un peso di 5 chilogrammi (capo 15), effettuata in favore di soggetti intranei al medesimo clan e, nella prospettazione originaria, allo scopo di agevolarne le attività: l’acquisto di cui si tratta, da parte del Gallo e del suo gruppo, è avvenuto nel novembre 2019 in Lombardia, tra i comuni di Casorate Primo e Motta Visconti, ed è culminato con l’arresto in flagranza del corriere COGNOME. I venditori sono stati identificati nei fratelli calabresi COGNOME, NOME e NOME. L’episodio era stato monitorato e seguito dagli inquirenti in presa diretta, sulla scorta dell’attività tecnica già in corso sull ‘ apparecchio in uso al Gallo.
1.2. Il Tribunale del riesame ha escluso la contestata circostanza aggravante cui all’art. 416bis 1 cod. pen. sull’assunto che non potesse dirsi che la condotta dell’indagato fosse stata realizzata allo scopo di agevolare l’associazione camorristica denominata COGNOMENOME. Quanto alla contestazione del reato associativo di cui al capo A), il Tribunale ha sostenuto che, nel periodo di circa un anno di operatività del sodalizio monitorato (risultato capace di movimentare quantitativi di cocaina e di entità pari a diversi chili al mese), i Varacalli risultavano aver rifornito il gruppo Gallo solo nell’occasione del 19 novembre 2019 per i menzionati 5 chilogrammi.
Avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Napoli propongono distinti ricorsi il Sostituto Procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli e i difensori dell’indagato.
Il ricorso della Procura consta di un unico motivo con cui si deduce violazione di legge, nonché manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione. Si evidenzia che , diversamente da quanto argomentato nell’ordinanza impugnata , emergerebbe chiaramente la sussistenza di rapporti frequenti e consolidati tra il COGNOME e i suoi sodali con i due fratelli COGNOME. Rileverebbero infatti le conversazioni da cui emergerebbe il
linguaggio confidenziale, con battute in ordine ai rapporti con elementi di spicco della criminalità calabrese. Come peraltro affermato dal Tribunale di riesame, non era la prima volta che il COGNOME i suoi sodali si recavano presso il COGNOME per rifornirsi di stupefacente. Pur elencando elementi che obiettivamente possono considerarsi indicatori di stabilità e frequenza dei rapporti tra il Gallo e il COGNOME, il Tribunale, illogicamente, non li riteneva idonei e sufficienti a configurare una durevole comunanza di scopo tra i due, tale da integrare la sussistenza del delitto associativo di cui al capo A) e reputare non occasionale la fornitura di cui al capo 15). Sarebbe stato invece concretamente dimostrato che i fratelli COGNOME erano stabili fornitori del sodalizio e quindi partecipi dello stesso. Quanto all’aggravante dell’agevolazione mafiosa di cui all’art. 416bis 1 cod. pen., il Tribunale avrebbe dato una lettura frammentaria del compendio investigativo. In sostanza, la motivazione dell’ordinanza impugnata si connoterebbe in termini di travisamento delle risultanze investigative.
4. Il ricorso dell’indagato consta di tre motivi con cui rispettivamente si deducono:
4.1. Violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo all’art. 292, comma 2, lett. c-bis cod. proc. pen. per essere la motivazione priva dell’esposizione delle ragioni per le quali sono stati ritenuti non rilevanti gli elementi forniti dalla difesa che evidenziavano come l’odierno ricorrente non avesse presenziato all’incontro tra acquirenti e fornitori avvenuti in Motta Visconti nei pressi della INDIRIZZO. Il Tribunale del riesame, in termini autoreferenziali e con motivazione apparente, illogica e contraddittoria, ha ritenuto di condividere l’identificazione di NOME COGNOME, operata dal Giudice della cautela, come uno dei concorrenti nel reato di cui al capo 15) delle incolpazione provvisoria, pure a fronte di un dato investigativo, puntualmente rappresentato dalla difesa dell’indagato con memoria difensiva depositata in sede di riesame e oralmente in sede di discussione in camera di consiglio. L’interlocutore dei dialoghi intercettati non può essere identificato nell’odierno ricorrente perché questi non sarebbe stato compiutamente individuato, visto che la p.g. operante, nell’annotazione riportata nell’allegato 260, ha solo cristallizzato la presenza, di fronte all’abitazione di NOME COGNOME, di una Fiat 500 di colore rosso, non indicando alcun altro elemento che consentisse l’identificazione del ricorrente. In sostanza, secondo la prospettazione logica formulata dalla difesa l’interlocutore , identificato come il ‘ Calabrese 1’ non può individuarsi nell’odierno ricorrente, perché costui non è stato visto né giungere a bordo della Fiat 500 di colore rosso, asseritamente a lui data in uso, né tantomeno entrare nell’abitazione di NOME COGNOME;
4.2. Violazione di legge e vizio di motivazione per aver omesso di considerare la nozione di ingente quantità che implica la presenza di un quantitativo di sostanza stupefacente tale da discostarsi in termini davvero significativi -come costantemente
avviene su base transnazionale – rispetto alla detenzione dei menzionati 5 chilogrammi di cocaina;
4.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in punto di esigenze cautelari atteso, in particolare, che il pericolo di reiterazione del reato è stato ravvisato senza tener conto del tempo intercorso tra l’accadimento del fatto (19 novembre 2019) e il momento di emissione dell’ordinanza di custodia cautelare (12 settembre 2024). Né ordinanza impugnata ha indicato le ragioni in base alle quali ha reputato inadeguata la misura degli arresti domiciliari con le procedure di controllo di cui all’art 275bis , comma 1, cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Entrambi i ricorsi, del Pubblico ministero e dell’indagato , sono inammissibili.
Quanto al ricorso del Pubblico ministero. Con riguardo al profilo inerente al mancato riconoscimento dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato contestato al capo A), il Tribunale, dopo aver premesso che ai fini della configurabilità del delitto di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti è sufficiente l’esistenza tra i partecipi di una durevole comunanza di scopo, costituito dall’interesse a immettere droga sul mercato del consumo, sicché il vincolo associativo sussiste in astratto anche fra fornitori abituali e acquirenti, ha concluso che nel caso in esame non erano emersi elementi da cui desumere tale comunanza di interessi. In tal senso ha sottolineato che nel periodo di circa un anno di monitoraggio dell’operatività del sodalizio in esame (dedito, secondo i collaboratori di giustizia, alla movimentazione di diversi chilogrammi al mese di cocaina), i COGNOME avevano rifornito il gruppo Gallo solo nell’occasione il del 19 novembre 2019 per circa 5 kg (capo 15 di imputazione); che gli approvvigionamenti precedenti del gruppo COGNOME presso i fratelli COGNOME risalivano ad un lontano passato; che l’acquisto da parte del COGNOME presso i COGNOME dei telefoni cellulari criptati, nella prospettiva di futuri traffici comuni, non poteva essere considerato indizio significativo, posto che, non essendo state accertate ulteriori operazioni, non vi erano elementi per ritenere che vi fosse stato un seguito, anche alla luce dell’avvenuto sequestro della droga. Si tratta di un percorso argomentativo coerente con i dati riportati e non illogico nelle inferenze tratte rispetto al quale il Procuratore ricorrente ha meramente opposto un giudizio di pregnanza degli stessi elementi che il Tribunale ha, invece, ritenuto insufficienti a fondare il giudizio sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine alla fattispecie di cui al capo A). Il ricorrente, invero, si è limitato a contestare la valutazione operata in ordine alla gravità del compendio indiziario e ad evidenziare non già eventuali carenze argomentative, la mancata considerazione di altre risultanze, ovvero eventuali discrasie logiche nel
percorso motivazionale adottato, bensì una diversa valutazione degli stessi elementi (la conoscenza pregressa fra i COGNOME e il Gallo, il linguaggio confidenziale utilizzato e la conoscenza comune di elementi di spicco della criminalità calabrese, l’intenzione manifestata di collaborare in ulteriori traffici) già vagliati dai Giudici, così proponendo una censura che esula dal sindacato rimesso a questa Corte. A tale fine si deve ribadire che in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito” (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976). La valutazione in ordine alla sussistenza o insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. è, quindi, censurabile in Cassazione soltanto ove si traduca nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza o manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato.
Medesime considerazioni valgono con riguardo alla contestata aggravante di cui all’art. 416 -bis 1 cod. pen., rispetto alla quale il Tribunale ha offerto una motivazione corretta in diritto e non manifestamente illogica. Richiamato il principio secondo cui, ai fini della configurabilità dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa di cui all’art. 416bis 1 cod. pen., la finalità perseguita dall’autore del delitto, onde evitare il rischio della diluizione della circostanza nella semplice contestualità ambientale, dev’essere oggetto di una rigorosa verifica in sede di formazione della prova, sotto il duplice profilo della dimostrazione che il reato è stato commesso al fine specifico di favorire l’attività dell’associazione mafiosa e della consapevolezza dell’ausilio prestato al sodalizio (Sez. 3, n. 45536 del 15/09/2022, COGNOME Antonio, Rv. 284199 -02), ha osservato che, nella specie, i Varacalli hanno agito da «scafati grossisti», muovendosi secondo criteri di convenienza economica, senza alcuna considerazione per la caratura camorristica dei contraenti. Ha, pertanto, concluso sul punto affermando che non sussiste alcun elemento che porti a sostenere che la condotta dei fratelli COGNOME fosse finalisticamente orientata a favorire un’organizzazione camorristica, peraltro operante a distanza di migliaia di chilometri e il cui capo veniva trattato come cliente fidato solo in ragione dell’entità dell’acquisto compiuto e non certo per contribuire ad affermarne il ruolo egemonico.
Il ricorso è, per le esposte ragioni, inammissibile.
Quanto al ricorso dell’indagato . Il primo motivo è manifestamente infondato. L’ordinanza impugnata dà diffusamente conto (dal primo al quarto foglio) della piena
partecipazione del ricorrente alla fornitura dei 5 kg di cocaina contestata al capo 15), sostenendo in particolare come l’identificazione dell’ indagato sia «incontestabile», giacché i fornitori calabresi (i NOME COGNOME), nel corso delle conversazioni captate, sono chiamati dai membri del gruppo COGNOME proprio con i rispettivi nomi di battesimo: circostanza che, unitamente al fatto che i ‘ calabresi ‘ utilizzano un’autovettura intestata proprio a NOME COGNOME ed un’altra in uso a NOME COGNOME per scortare quelle utilizzate dal gruppo COGNOME durante gli spostamenti tra Casorate Primo e Motta Visconti, tra la carrozzeria La Serie di NOME COGNOME, l’abitazione dello stesso in Motta INDIRIZZO, INDIRIZZO e l’abitazione di NOME COGNOME in Casorate Primo, INDIRIZZO non consente, a detta del Tribunale, errori di persona. In quest’ottica, reputa il Tribunale che poco conti accertare dove materialmente sia avvenuta la consegna della droga (se presso la carrozzeria di NOME COGNOME o presso l’abitazione di NOME COGNOME), essendo pacifico, dalle conversazioni captate, che in quest’ultima sede, alla presenza di entrambi i fratelli, sia avvenuta la consegna del denaro, con evidente partecipazione alla vicenda delittuosa anche da parte dell’odierno ricorrente.
Parimenti privo di pregio si appalesa il secondo motivo di ricorso dell’indagato. Il Tribunale ha affermato che “la consistenza del carico”, pari a 5 kg. di sostanza stupefacente del tipo cocaina, valeva ad integrare l’aggravante di cui all’art. 80, comma 2, d.P.R. n. 309/1990 nella imputazione provvisoria. La motivazione, per quanto succinta, è coerente, oltre che con il dettato normativo, con i principi di matrice giurisprudenziale in materia. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che “in tema di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti, l’aggravante della ingente quantità non è di norma ravvisabile quando la quantità sia inferiore a 2.000 volte il valore massimo, espresso in milligrammi (valore – soglia) per ogni sostanza nella tabella allegata al d.m. 11 aprile 2006, ferma restando la discrezionale valutazione del giudice di merito, quando tale quantità sia superata” ( Sez. U. n. 36258 del 24/5/2012, COGNOME, Rv. 253150). Peraltro, per effetto della espressa reintroduzione della nozione di quantità massima detenibile, ai sensi dell’art. 75, comma 1 bis, d.P.R. n. 309/1990, come modificato dalla legge n. 79/2014, di conversione, con modificazioni, del d.l. n. 36/2014, al fine di verificare la sussistenza della circostanza aggravante in esame, mantengono validità i criteri basati sul rapporto tra quantità di principio attivo e valore massimo tabellarmente detenibile (Sez. 4 n. 55014 del 15/11/2017, COGNOME, Rv. 271680; Sez. 6 n. 50076 del 4/10/2016, Dervishaj e altri, Rv. 268935; Sez. 3 n. 47978 del 28/9/2016, Hrim, Rv. 268699), da ritenersi “flessibili”, soprattutto nel caso di superamento del valore soglia (Sez. 4, n. 49619 del 12/10/2016, COGNOME e altro, Rv. 268624). Questi principi hanno conservato validità anche all’indomani di altra pronuncia delle Sezioni Unite, chiamate a scrutinare se mantenga validità il criterio per la determinazione dell’ingente quantità fissato dalla
sentenza delle Sezioni Unite COGNOME (fondato sul rapporto da 1 a 2000 fra quantità massima detenibile come prevista nell’elenco allegato al d.m. 11 aprile 2006 e quantità di principio attivo contenuto nella sostanza oggetto della condotta) e come debbano essere individuati i fattori della moltiplicazione, il cui prodotto determina il confine inferiore dell’ingente quantità nell’ipotesi di reati concernenti le c.d. “droghe leggere”, alla stregua degli orientamenti che si erano andati delineando all’indomani del ripristino della distinzione tra i due tipi di sostanza stupefacente ad opera della legge n. 79/2014. Il Supremo Collegio, all’esito del rinnovato scrutinio, ha affermato che per l’individuazione della soglia oltre la quale è configurabile la circostanza aggravante dell’ingente quantità continuano ad essere validi, anche successivamente alla citata novella, i criteri basati sul rapporto tra quantità di principio attivo e valore massimo tabellarmente detenibile, fissati dalla sentenza delle Sezioni Unite COGNOME del 2012 (Sez. U. n. 14722 del 30/01/2020, COGNOME, Rv. 279005, in cui, in applicazione dei predetti criteri, la Corte ha, tuttavia, precisato che, con riferimento alle c.d. droghe leggere, l’aggravante non è di norma ravvisabile, quando la quantità di principio attivo è inferiore a due chilogrammi, pari a 4000 volte il valore-soglia di 500 milligrammi; ciò in considerazione del fatto che detto valore era stato riportato a 500 milligrammi, in luogo dei 1000 considerati dalla sentenza COGNOME, essendo stato annullato il d.m. 4 agosto 2006 che aveva portato da 20 a 40 il moltiplicatore della dose media singola pari a 25 mg.). Il motivo di ricorso, da un lato, nel contestare la motivazione dell’ordinanza, non tiene conto dei principi sopra richiamati e, dall’altro, nell’affermare la necessità di ancorare la nozione di ingente quantità ai quantitativi oggetto dei traffici transnazionali, individua un criterio del tutto eccentrico rispetto ad una fattispecie di reato commessa in territorio italiano, la cui offensività è correlata alla potenziale diffusione della sostanza stupefacente in tale territorio.
Quanto al terzo motivo di ricorso, inerente alla sussistenza delle esigenze cautelari, giova preliminarmente ricordare che l’ordinamento non conferisce alla Corte di cassazione alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l’applicazione della misura, nonché al Tribunale del riesame. Il controllo di legittimità è, perciò, circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, risultanti cioè prima facie dal testo del provvedimento impugnato, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (cfr. Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, P.M. in proc. Tiana , Rv. 255460). Tanto premesso,
l’ordinanza impugnata ha sul punto rimarcato la gravità dei fatti, connotati da professionalità estrema, la disponibilità di punti di appoggio differenti per il conteggio del denaro e la custodia del narcotico, la detenzione di telefoni criptati per assicurare la segretezza delle comunicazioni dei clienti per future ulteriori transazioni illecite, la movimentazione di carichi ingentissimi di cocaina e di denaro contante («a riprova dei contatti con canali di approvvigionamento di primo ordine e della capacità di riciclare profitti elevatissimi del narcotraffico, oltre che contatti con ambienti criminali ndranghetisti, sbandierati con orgoglio nelle conversazioni captate»). Rispetto alla descritta spiccata capacità criminale, il Tribunale ha congruamente osservato che il dato della distanza temporale dei fatti (rispetto alla data di emissione della misura cautelare) appare «francamente insignificante» al fine di escludere l’attualità del pericolo di reiterazione del reato da parte del ricorrente. Vi è altresì adeguata motivazione in ordine alla inidoneità della misura degli arresti domiciliari, sia pur assistiti da strumentazione elettronica, posto che l’eccezionale gravità del reato oggetto di addebito, organizzato in ambito domestico, e la capacità di contatti con soggetti residenti a migliaia di chilometri di distanza rendono evidente che gli arresti domiciliari, con monitoraggio elettronico ed eseguiti in domicilio distante dal luogo di residenza dell’indagato, apparirebbero inidonei a scongiurare il ravvisato pericolo di reiterazione, «sussistente al massimo livello e di così alta probabilità da essere confinante con la certezza».
In conclusione, deve essere dichiarato inammissibile il ricorso del Pubblico ministero. E altresì inammissibile ricorso di COGNOME NOME che viene condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. La cancelleria è incaricata degli adempimenti di cui all ‘ art. 94, comma 1ter disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del Pubblico ministero. Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME che condanna il pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all ‘art. 94, comma 1 -ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 18 giugno 2025
Il Consigliere estensore NOME
Il Presidente NOME COGNOME