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Aggravante ingente quantità: i criteri della Cassazione

Un soggetto era accusato di aver fornito 5 kg di cocaina a un clan criminale. Il Tribunale del riesame aveva escluso le accuse di associazione a delinquere e di agevolazione mafiosa. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili sia il ricorso della Procura che quello dell’indagato, confermando che una singola fornitura non basta a provare un’associazione stabile. Ha inoltre ribadito i criteri per configurare l’aggravante ingente quantità, ritenendola corretta per un carico di 5 kg di cocaina.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Aggravante ingente quantità: la Cassazione delinea i confini tra fornitura singola e associazione criminale

Una recente sentenza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sulla differenza tra una fornitura isolata di stupefacenti e la partecipazione stabile a un’associazione criminale. Il caso analizzato permette di approfondire i criteri per l’applicazione dell’aggravante ingente quantità e dell’agevolazione mafiosa, temi cruciali nel diritto penale legato al narcotraffico. La decisione sottolinea come la valutazione degli elementi probatori debba essere rigorosa per distinguere le diverse fattispecie di reato.

I Fatti: una fornitura di 5kg di cocaina

Il caso nasce da un’indagine su un’associazione criminale dedita al traffico di droga. Un soggetto viene accusato di essere un fornitore stabile del sodalizio, con una contestazione specifica relativa alla cessione di 5 chilogrammi di cocaina. L’operazione, avvenuta in Lombardia, era stata monitorata dagli inquirenti e si era conclusa con l’arresto in flagranza del corriere. Inizialmente, all’indagato venivano contestati il reato associativo (art. 74 d.P.R. 309/90), la cessione della droga con l’aggravante ingente quantità e l’aggravante dell’agevolazione mafiosa (art. 416-bis.1 c.p.).

La decisione del Tribunale del Riesame

In sede di riesame, il Tribunale annullava parzialmente l’ordinanza di custodia cautelare. I giudici escludevano sia la partecipazione all’associazione criminale sia l’aggravante mafiosa. La motivazione si basava su un punto fondamentale: nell’arco di circa un anno di indagini, era emersa una sola operazione di fornitura da parte dell’indagato al gruppo criminale. Questo singolo episodio, seppur di notevole entità, non era stato ritenuto sufficiente a dimostrare un vincolo associativo stabile e duraturo. Anche l’aggravante mafiosa veniva esclusa, poiché non era emersa la prova che la condotta fosse finalizzata a favorire l’associazione camorristica acquirente.

I ricorsi in Cassazione: le ragioni di Procura e Difesa

Contro la decisione del riesame proponevano ricorso sia il Pubblico Ministero sia la difesa dell’indagato, per motivi opposti.

Le argomentazioni della Procura

La Procura sosteneva che il Tribunale avesse valutato in modo illogico gli elementi a disposizione. Secondo l’accusa, la sussistenza di rapporti consolidati e l’uso di un linguaggio confidenziale tra le parti dimostravano un legame stabile, tale da configurare il reato associativo. Inoltre, si contestava la lettura frammentaria del compendio investigativo che aveva portato all’esclusione dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa.

Le argomentazioni della Difesa

La difesa, invece, contestava la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per la cessione dei 5 kg di cocaina, la configurabilità dell’aggravante ingente quantità e la valutazione sulle esigenze cautelari, ritenute sproporzionate anche in considerazione del tempo trascorso dai fatti.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili entrambi i ricorsi, fornendo motivazioni dettagliate su ciascun punto controverso.

Il rigetto del ricorso della Procura: mancano le prove di un’associazione stabile

La Suprema Corte ha ritenuto logica e coerente la valutazione del Tribunale del riesame. I giudici di legittimità hanno ribadito che, per configurare un’associazione a delinquere, è necessaria una “durevole comunanza di scopo”. Nel caso specifico, il fatto che in un anno di monitoraggio fosse emersa una sola fornitura, per quanto cospicua, non permetteva di desumere automaticamente l’esistenza di un patto associativo. La valutazione del Tribunale rientrava nell’apprezzamento di merito, non sindacabile in sede di legittimità. Analogamente, è stata confermata l’esclusione dell’aggravante mafiosa: i fornitori avevano agito come “scafati grossisti”, mossi da pura convenienza economica e non con lo scopo specifico di favorire il clan camorristico.

L’inammissibilità del ricorso dell’indagato: confermata l’aggravante ingente quantità

Anche il ricorso dell’indagato è stato giudicato inammissibile. La Corte ha ritenuto “incontestabile” l’identificazione dell’indagato sulla base delle conversazioni intercettate e degli elementi raccolti. Sul punto cruciale dell’aggravante ingente quantità, la Cassazione ha confermato la sua sussistenza, ritenendo i 5 kg di cocaina una quantità tale da superare ampiamente le soglie definite dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite. Infine, le esigenze cautelari sono state giudicate adeguate alla luce dell'”estrema professionalità” e della capacità criminale dimostrata dall’indagato, rendendo “insignificante” il tempo trascorso dai fatti.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa sentenza ribadisce principi fondamentali in materia di reati legati agli stupefacenti. In primo luogo, chiarisce che per contestare il reato associativo non è sufficiente provare un singolo episodio di narcotraffico, anche se di grande rilevanza economica, ma è necessario dimostrare un accordo stabile e una struttura organizzata. In secondo luogo, consolida l’orientamento giurisprudenziale sui criteri per la determinazione dell’aggravante ingente quantità, legandola a parametri oggettivi e non a valutazioni discrezionali. Infine, evidenzia come l’aggravante dell’agevolazione mafiosa richieda una prova rigorosa del dolo specifico, ovvero l’intenzione concreta di favorire l’organizzazione criminale, non essendo sufficiente la mera natura mafiosa della controparte contrattuale.

Una singola, seppur ingente, fornitura di droga è sufficiente per configurare il reato di associazione a delinquere?
No. Secondo la sentenza, una singola fornitura in un lungo periodo di tempo monitorato (circa un anno) non è sufficiente a dimostrare l’esistenza di una “durevole comunanza di scopo” tra fornitore e acquirente, elemento necessario per il reato associativo.

Quali criteri si usano per stabilire se la quantità di droga è “ingente” e giustifica l’aggravante?
La Corte conferma che si devono utilizzare i criteri giurisprudenziali consolidati, basati sul rapporto tra la quantità di principio attivo e il valore massimo tabellarmente detenibile. Nel caso specifico, 5 chilogrammi di cocaina sono stati ritenuti sufficienti per integrare l’aggravante dell’ingente quantità.

Quando si applica l’aggravante dell’agevolazione mafiosa in un caso di narcotraffico?
L’aggravante si applica solo quando è dimostrato che il reato è stato commesso con il fine specifico di favorire un’associazione mafiosa. Non è sufficiente che gli acquirenti appartengano a un clan. Nella sentenza, si è escluso che i fornitori, agendo come “scafati grossisti” per convenienza economica, avessero l’intenzione di agevolare l’organizzazione camorristica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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