Aggravante Futili Motivi: la Cassazione sulla Reazione Sproporzionata
Nel diritto penale, la valutazione delle ragioni che spingono una persona a commettere un reato è fondamentale per determinare la giusta pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sull’aggravante futili motivi, chiarendo quando una reazione violenta può essere considerata talmente sproporzionata da giustificare un aumento di pena. Il caso analizzato riguarda un ricorso contro una condanna per tentato omicidio, in cui la difesa contestava proprio la sussistenza di tale aggravante.
I Fatti alla Base della Vicenda
Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di tentato omicidio. La Corte d’Appello, pur riformando parzialmente la prima sentenza escludendo la recidiva, aveva confermato la pena a 5 anni di reclusione, riconoscendo la presenza dell’aggravante futili motivi. L’imputato, tramite il suo difensore, presentava ricorso in Cassazione basandosi su due punti principali:
1. L’errata applicazione della legge riguardo alla sussistenza dell’aggravante, sostenendo che la sua reazione fosse stata provocata da offese rivolte alla madre.
2. Un errato bilanciamento tra le circostanze attenuanti generiche e l’aggravante contestata, che a suo dire avrebbe dovuto portare a una pena inferiore.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione della Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno smontato entrambi i motivi di ricorso con argomentazioni nette e in linea con l’orientamento consolidato della giurisprudenza.
L’analisi sull’aggravante futili motivi
Il primo motivo è stato giudicato inammissibile perché riproponeva censure già esaminate e respinte dai giudici di merito. La Cassazione ha sottolineato che la motivazione della Corte d’Appello era logica ed esaustiva. In particolare, era stato evidenziato come le presunte offese alla madre dell’imputato, addotte come giustificazione, non solo non fossero state adeguatamente provate, ma fossero, in ogni caso, del tutto inadeguate a spiegare una reazione così violenta.
La Corte ha qualificato la presunta provocazione come uno ‘stimolo esterno di lieve entità’, un semplice ‘pretesto’ per dare sfogo all’impulso violento dell’imputato. Questo, secondo i giudici, configura pienamente l’aggravante futili motivi, che sussiste quando vi è un’enorme sproporzione tra la causa scatenante e l’azione criminale commessa.
Il Giudizio sul Bilanciamento delle Circostanze
Anche il secondo motivo, relativo al bilanciamento delle circostanze, è stato respinto. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: la scelta del giudice di merito di considerare equivalenti le attenuanti generiche e un’aggravante, anziché far prevalere le prime, rientra nel suo potere discrezionale. Tale scelta è sufficientemente motivata quando è ritenuta la più idonea a garantire l’adeguatezza della pena alla gravità del fatto concreto. Nel caso di specie, la Corte territoriale aveva ritenuto, con un ragionamento logico e non censurabile in sede di legittimità, che l’equivalenza fosse la soluzione più giusta, data la gravità del reato commesso.
Le Motivazioni della Sentenza
Le motivazioni della Corte si fondano su due pilastri. In primo luogo, il rispetto dei limiti del giudizio di legittimità: la Cassazione non può riesaminare i fatti o la valutazione delle prove, ma solo verificare la corretta applicazione della legge. Le critiche dell’imputato sono state liquidate come ‘censure in fatto’, non ammesse in questa sede. In secondo luogo, la corretta applicazione dei principi giuridici in materia di aggravante futili motivi e di bilanciamento delle circostanze. La sproporzione tra causa ed effetto è l’elemento chiave per l’applicazione dell’art. 61 n. 1 c.p., e la decisione sul bilanciamento ex art. 69 c.p. è un potere discrezionale del giudice di merito, sindacabile solo in caso di manifesta illogicità, qui non riscontrata.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce con forza che una reazione violenta non può trovare giustificazione in provocazioni lievi o non provate. L’aggravante futili motivi serve proprio a sanzionare più duramente chi agisce sulla base di un pretesto banale, manifestando una pericolosità sociale accentuata. La decisione sottolinea inoltre l’ampia discrezionalità del giudice di merito nel valutare la pena più congrua, un potere che la Cassazione può sindacare solo in presenza di vizi logici evidenti. Per i cittadini, il messaggio è chiaro: la legge non tollera reazioni sproporzionate e la giustizia valuta non solo l’atto, ma anche l’irragionevolezza delle sue motivazioni.
Quando un motivo è considerato ‘futile’ ai fini dell’aggravante?
Un motivo è considerato futile quando esiste una palese sproporzione tra la causa scatenante e l’azione criminale. Secondo la Corte, anche una provocazione non provata e comunque di lieve entità può essere considerata un mero pretesto per una reazione violenta, integrando così l’aggravante.
La Corte di Cassazione può riesaminare le prove e i fatti del processo?
No, la Corte di Cassazione svolge uno scrutinio di legittimità. Ciò significa che non può riesaminare i fatti o valutare nuovamente le prove, ma si limita a controllare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente le norme di legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e non contraddittorio.
Come funziona il bilanciamento tra attenuanti e aggravanti?
Il giudice, in base all’articolo 69 del codice penale, ha il potere discrezionale di valutare le circostanze attenuanti e aggravanti. Può decidere di far prevalere le une sulle altre o, come in questo caso, di ritenerle equivalenti. La scelta dell’equivalenza è considerata sufficientemente motivata quando è ritenuta la soluzione più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena alla gravità del fatto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10731 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10731 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 26/04/1998
avverso la sentenza del 17/09/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Bari che, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha escluso la contestata recidiva rideterminando la pena inflitta per il reato di cui agli artt 56, 575, 577 c. 1 n. 4, in relazione all’art. 61 n. 1 cod. pen., in anni 5 di reclusione;
considerato che il primo motivo del ricorso, con cui si contesta violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza dell’aggravante dei futili motivi è inammissibile in quanto riproduttivo di censure già adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non scanditi da specifica critica delle argomentazioni poste a base della sentenza impugnata; i giudici di merito hanno infatti, con motivazione logica ed esaustiva dopo avere evidenziato come la giustificazione all’azione rappresentata dalle offese alla madre dell’imputato non fosse neppure adeguatamente provata – affermato che, in ogni caso, essa era del tutto inadeguata a giustificare la violenta aggressione, trattandosi di uno stimolo esterno di lieve entità tale da apparire un mero pretesto per dare sfogo al violento impulso del COGNOME. Così argomentando, la Corte territoriale ha correttamente applicato i principi di diritto più volti affermati da questa Corte in materia; mentre le doglianze difensive si risolvono in censure in fatto non consentite nel presente scrutinio di legittimità.
osservato, quanto al secondo motivo relativo al giudizio di bilanciamento tra circostanze, che è principio consolidato quello per cui, in tema di concorso di circostanze, il giudizio di comparazione risulta sufficientemente motivato quando il giudice, nell’esercizio del potere discrezionale previsto dall’art. 69 cod. pen., scelga la soluzione dell’equivalenza, anziché della prevalenza delle attenuanti, ritenendola quella più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. 2, n. 31531 del 16/05/2017 Rv. 270481); nel caso di specie la Corte barese ha ritenuto, con argomentare logico incensurabile in questa sede, il giudizio di equivalenza tra le attenuanti generiche e l’aggravante dei futili motivi, conforme alla valutazione di gravità del fatto.
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20/02/2025