Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30375 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30375 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/07/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME NOME nato a Cesa il 15/12/1958 COGNOME NOMECOGNOME nato a Cesa il 28/6/1955
avverso la sentenza del 13/11/2024 emessa dalla Corte d’assise di appello di Napoli visti gli atti, la sentenza impugnata e i ricorsi; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto dei ricorsi; udito l’Avvocato COGNOME COGNOME in difesa delle parti civili COGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME LorenzoCOGNOME che conclude chiedendo il rigetto dei ricorsi; udito l’Avvocato COGNOME ElisabettaCOGNOME in difesa di COGNOME NicolaCOGNOME nonché in sostituzione dell’Avvocato COGNOME NOME per COGNOME NOME e NOME, che insiste nei motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento; udito l’Avvocato COGNOME NOMECOGNOME in difesa di COGNOME NOMECOGNOME il quale insiste nei
motivi di ricorso e chiede l’annullamento della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
I ricorrenti impugnano la sentenza, resa in sede di rinvio, con la quale la Corte d’Assise di appello di Napoli confermava la condanna all’ergastolo, disposta nei confronti di NOME COGNOME per l’omicidio di NOME COGNOME nonché per i reati di porto della pistola utilizzata per l’omicidio e per l’estorsione in danno NOME COGNOME nonchè la condanna alla pena di 30 anni di reclusione per NOME COGNOME per l’omicidio di NOME COGNOME.
La sentenza in questione è stata emessa a seguito dell’annullamento con rinvio disposto da Sez.2, n. 22575 dell’1/2/2023, con la quale venivano accolti i motivi di ricorso concernenti il riconoscimento dell’aggravante della premeditazione e, conseguentemente, si ritenevano assorbite le ulteriori questioni afferenti al trattamento sanzionatorio.
Nella sentenza rescindente, questa Corte dava atto che l’aggravante della premeditazione era stata riconosciuta esclusivamente sulla base delle dichiarazioni rese dai collaboranti evidenziandosi che, pur essendo i predetti attendibili, con riferimento specifico all’aggravante non erano stati acquisiti elementi di riscontro, sicchè veniva disposto l’annullamento con rinvio su tale aspetto.
La Corte di appello, dopo aver rivalutato l’intero compendio probatorio in relazione ai due omicidi oggetto di giudizio, confermava la sussistenza della premeditazione.
Avverso la sentenza in oggetto, gli imputati hanno proposto distinti ricorsi che, con riguardo alla sussistenza dell’aggravante, pongono questioni sostanzialmente sovrapponibili e, quindi, unitariamente sintetizzabili.
Deducono le difese che la sentenza impugnata si sarebbe limitata a riproporre il medesimo percorso argomentativo già censurato con la sentenza rescindente, in tal modo non ottemperando a quell’esigenza di una diversa e più approfondita valutazione che, in particolare, si sarebbe dovuta basare sull’individuazione di elementi di riscontro esterno rispetto alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia
La tesi recepita dalla Corte di appello si fonderebbe, inoltre, sul ritenuto inserimento degli omicidi in questione in una faida di camorra, verificatasi negli anni 2006-2009, senza che vi sia un’effettiva dimostrazione di tale assunto.
2.1. Nel dettaglio, i ricorsi proposti nell’interesse di COGNOME NOME censurano specificamente i presunti elementi di riscontro, sottolineando come:
non vi sarebbero prove e riscontri in merito agli incontri preparatori dell’omicidio di COGNOME;
il soggetto incaricato di procurare l’autovettura utilizzata per l’omicidio, come
pure la persona che avrebbe verificato la presenza della vittima poco prima della sua uccisione, non erano mai stati accusati di concorso nel delitto;
la circostanza secondo cui NOME COGNOME fratello del presunto mandante dell’omicidio, si sarebbe procurato un alibi falso è del tutto priva di riscontri comunque, non dirimente;
sarebbe frutto di mera congettura l’affermazione secondo cui l’omicidio, in quanto inserito in dinamiche di criminalità organizzata, doveva essere stato necessariamente deciso dal vertice dell’associazione.
2.2. Nell’interesse di NOME COGNOME veniva ulteriormente dedotto che la prova della premeditazione era stata erroneamente dedotta dalle modalità del fatto, nonché dalla presunta decisione di commettere l’omicidio risalente all’autunno, mentre il fatto era stato commesso il giorno di Natale del 2007. Sottolinea la difesa come tale circostanza, riferita dal collaborante COGNOME non ha trovano conferma neppure nelle dichiarazioni rese dall’esecutore materiale, NOME COGNOME.
Con il secondo motivo di ricorso formulato dalla difesa di NOME COGNOME si contesta l’omesso riconoscimento delle attenuanti generiche.
I difensori di NOME COGNOME con i restanti motivi di ricorso, hanno censurato il diniego delle attenuanti generiche e il trattamento sanzionatorio in relazione ai reati di cui ai capi B) e G), nella misura in cui l’aumento complessivamente computato, superando il limite di 5 anni di reclusione, avrebbe determinato l’applicazione dell’ergastolo con isolamento diurno ai sensi dell’art. 72, comma 2, cod. pen.
La Corte di appello, nel determinare l’aumento di pena per il reato di estorsione (capo G) avrebbe omesso di motivare in ordine alle ragioni per cui la pena equa dovesse essere pari a anni 4 e mesi 4 di reclusione; analogo vizio sarebbe ravvisabile anche in relazione all’aumento disposto in relazione al capo B), pari ad 1 anno e 8 messi di reclusione.
Sottolinea la difesa come l’onere di motivazione doveva ritenersi tanto più stringente ove si consideri che, nel caso di specie, la determinazione dell’aumento a titolo di continuazione – da cui discente l’applicazione della pena dell’ergastolo con isolamento diurno – ha comportato l’esclusione della possibilità di ottenere, per effetto del rito abbreviato, la sostituzione della pena dell’ergastolo con quella di 30 anni di reclusione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi degli imputati, in relazione al riconoscimento dell’aggravante della premeditazione, sono infondati.
La sentenza rescindente, nell’indicare l’insufficienza delle mere dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia in ordine alla premeditazione degli omicidi rispettivamente ascritti ai ricorrenti, sottolineava la necessità di una valutazione complessiva del materiale probatorio, al fine di individuare elementi di riscontro specificamente riferibili all’aggravante.
Il giudice del rinvio, diversamente da quanto dedotto dalle difese, si è attenuto a tale compito, evidenziando i necessari riscontri, desumendoli non solo da altre fonti dichiarative, ma soprattutto dal contesto criminale nell’ambito del quale sono maturati i delitti e dalle modalità di esecuzione.
2.1. La Corte di appello ha, in primo luogo, precisato le ragioni per cui gli omicidi di COGNOME e COGNOME si inserivano nella contrapposizione in atto tra il gruppo dei COGNOME e quello dei COGNOME, elencando gli omicidi che nel corso del 2006-2007 avevano preceduto quelli oggetto di accertamento.
La motivazione prosegue sul tema richiamando le dichiarazioni di altro collaboratore – NOME COGNOME ritenuto pienamente attendibile, secondo il quale all’omicidio di COGNOME NOME era seguito, per reazione, quello di COGNOME NOME, in quanto appartenente al clan COGNOME.
L’omicidio di COGNOME, invece, sarebbe stata la risposta del clan COGNOME al tentato omicidio di NOME COGNOME (che è stato riconosciuto quale esecutore materiale del delitto).
L’esistenza di una contrapposizione tra il clan COGNOME e COGNOME è stata confermata anche da altri collaboratori di giustizia, il che rende da un Iato sussistente la reciprocità dei riscontri e, al contempo, trova conferma nell’obiettiva sussistenza di plurimi delitti consumati “in alternanza” ai danni di appartenenti ai due clan rivali.
Il contesto criminale, per come emerge dal susseguirsi di omicidi connotati dal carattere della rappresaglia tra i due gruppi contrapposti, è stato ritenuto pienamente compatibile con l’inserimento dei fatti omicidiari ascritti agli imputati nell’ambito della faida di camorra.
Si tratta di un elemento di valutazione che, in quanto fondato su fatti obiettivi e cioè sull’alternanza tra gli omicidi degli appartenenti ai due clan rivali, costituisc un dato probatorio certo e non fondato su mere congetture, di per sé altamente
,;
4 GLYPH
dimostrativo della sussistenza della premeditazione.
2.2. Per quanto attiene all’individuazione di riscontri oggettivi al narrato di Scarano, la Corte di appello ha adeguatamente sopperito alle carenze motivazionali censurate nella sentenza rescindente.
Con riferimento all’omicidio di COGNOME, si è sottolineato come la dinamica descritta da COGNOME trovi puntuali e specifiche conferme negli accertamenti oggettivi, dai quali risultava che effettivamente la vittima – così come riferito da collaborante – era stata colpita mentre si trovava nella zona antistante l’abitazione del fratello, luogo ove era noto che la vittima avesse l’abitudine di intrattenersi.
Si è ritenuto, pertanto, che la scelta delle modalità esecutive e la necessaria osservazione delle abitudini della vittima, fossero di per sé dimostrative della premeditazione.
Parimenti significativa è la circostanza per cui, subito dopo l’omicidio, COGNOME NOME avrebbe tentato di dimostrare al clan contrapposto la sua estraneità al fatto, all’evidente fine di evitare rappresaglie. Si tratta di circostanza riferita sia COGNOME che da COGNOME e giustamente valorizzata dalla Corte di appello, in considerazione che i predetti collaboranti appartenevano a cosche contrapposte, hanno riferito l’identica circostanza in epoche diverse e non vi sono elementi che possono indurre a ritenere che tale versione sia stata in qualche misura concordata.
2.3. Anche le dichiarazioni rese da COGNOME relativamente alla premeditazione dell’omicidio di COGNOME, sono state adeguatamente riscontrate.
Un’importante conferma è stata tratta dalle dichiarazioni di Mosca, il quale dichiarava di aver appreso da Caterino Nicola che, dopo l’omicidio di COGNOME, COGNOME Giovanni aveva minacciato gravi ritorsioni.
Tale elemento riscontra quanto riferito da COGNOME che specificamente affermava di aver appreso da COGNOME Nicola l’intenzione del clan di “far ricordare il natale alla famiglia COGNOME“, come poi effettivamente avvenuto, visto che l’omicidio di COGNOME è stato commesso il giorno di Natale 2007.
La Corte di appello prosegue la motivazione elencando una serie di collaboratori che, concordemente, confermavano la decisione presa dal clan COGNOME di commettere l’omicidio di COGNOME.
Significativa è anche la circostanza riferita da COGNOME NOME – fratello della vittima – il quale riferiva che quest’ultimo si sentiva minacciato e temeva di essere seguito, aggiungendo che si aspettava una vendetta da parte dei COGNOME nei confronti della sua famiglia, pur non ipotizzando che sarebbero giunti all’uccisione del fratello.
Infine, anche con riguardo a tale delitto, sono stati individuati elementi di
fatto, concernenti la modalità esecutiva dell’omicidio e la necessaria premeditazione dello stesso, tali da costituire di per sé prova della contestata aggravante.
2.4. Le argomentazioni esposte dalla Corte di appello, con riguardo ad entrambi gli omicidi sub iudice, sono immuni da vizi qualificabili in termini di manifesta illogicità o contraddittorietà e, tanto meno, è fondata la tesi secondo cui il giudice del rinvio si sarebbe limitato a riproporre gli stessi elementi di fat ritenuti insufficienti in sede rescindente.
La sentenza impugnata ha fornito un adeguato e solido apparato motivazionale, desumendo la sussistenza dell’aggravante della premeditazione da plurimi elementi, non limitati alle sole fonti dichiarative, ma fondati anche su dati oggettivi e intrinsecamente denotanti la premeditazione dei delitti.
In particolare, è proprio l’inserimento degli omicidi nella descritta faida tra clan contrapposti che fornisce il principale elemento di riscontro alle dichiarazioni rese dai collaboratori. Deve ribadirsi che la causale del delitto, pur non costituendo elemento di prova autosufficiente, può costituire elemento di riscontro individualizzante ad una chiamata in correità dotata dei requisiti di credibilità ed attendibilità, a condizione che sia precisamente connotata nei suoi elementi circostanziali ed oggetto di rigorosa argomentazione in correlazione alle propalazioni che deve avvalorare (Sez. 1, n. 31205 del 23/10/2020, Fortuna, Rv. 279790).
Altrettando dirimenti sono le accertate modalità di esecuzione degli omicidi, la cui decisione è maturata in un contesto di natura associativa ed è stata preceduta da una non marginale attività preparatoria, tale da escludere che i delitti siano frutto di un’estemporanea decisione.
La circostanza aggravante della premeditazione, può essere dimostrata anche con il ricorso alla prova logica, sulla scorta degli indizi ricavabili dalle modalità fatto, dalle circostanze di tempo e luogo, dal concorso di più persone con ripartizione dei ruoli e dalla natura del movente; non è, invece, necessario stabilire con assoluta precisione il momento in cui è sorto il proposito criminoso o quello in cui l’accordo è stato raggiunto, essendo sufficiente che gli elementi indiziari suddetti siano gravi, precisi e concordanti e che, globalmente valutati, consentano di risalire, in termini di certezza processuale, al requisito di natura cronologica e a quello di natura ideologica, in cui si sostanzia la premeditazione (Sez.5, n. 3542 del 17/12/2018, deo. 2019, Rv. 275415).
2.5. I fatti in questione non sono neppure riconducibile all’ipotesi della mera preordinazione del delitto.
Secondo consolidata giurisprudenza, la mera preordinazione del delitto,
intesa come apprestamento dei mezzi minimi necessari all’esecuzione, nella fase a quest’ultima immediatamente precedente, non è sufficiente a integrare l’aggravante della premeditazione, che postula invece il radicamento e la persistenza costante, per un apprezzabile lasso di tempo, nella psiche del reo del proposito omicida, del quale sono sintomi il previo studio delle occasioni e dell’opportunità per l’attuazione, un’adeguata organizzazione di mezzi e la predisposizione delle modalità esecutive. (Sez.1, n. 37825 del 29/4/2022, Tiscornia, Rv. 283512).
Nel caso di specie, è stata correttamente ritenuta la premeditazione e non già la mera preordinazione del delitto, posto che la decisione di procedere ai due omicidi contestati è maturata nel tempo, è derivata dalla necessità di rispondere ad altri delitti subiti dal clan degli imputati, il tutto nell’ambito della logica crim della riaffermazione del proprio potere a discapito del gruppo avverso.
Si tratta di elementi che sono incompatibili con la mera preordinazione che, invece, si connota per l’intervento di un minimo intervallo temporale tra la decisione di compiere il delitto e la sua esecuzione, strettamente funzionale a premunirsi dei mezzi occorrenti.
2.6. Concludendo sul tema, i ricorsi di entrambi gli imputati, con riferimento al riconoscimento dell’aggravante della premeditazione, devono essere rigettati.
Il secondo motivo di ricorso proposto da COGNOME NOME e concernente il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, è manifestamente infondato.
La Corte di appello ha reso una motivazione esauriente sul punto valorizzato plurimi elementi incompatibili con l’applicazione dell’attenuante richiesta, senza che, per converso, il ricorrente abbia dedotto dati fattuali contrari.
Sono fondati, invece, i motivi di ricorso proposti nell’interesse di COGNOME Giovanni relativamente alla determinazione della pena prevista per i due reati posti in continuazione con l’omicidio.
La sentenza impugnata, nello stabilire l’entità della pena inflitta per i reati posti in continuazione (capi B e G), ha sostanzialmente omesso di fornire adeguata motivazione, limitandosi ad affermare che l’aumento di pena doveva essere “più congruamente rideterminato in anni 4 e mesi 4 di reclusione, a cui vanno aggiunti anni 1 e mesi 8 di reclusione”.
La motivazione è meno che apparente, non avendo la Corte di appello specificato, neppur sinteticamente, il criterio applicato e gli elementi valorizzati a fine di addivenire alla suddetta determinazione.
Le Sezioni unite hanno recentemente ribadito che il giudice, nel determinare
la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite, precisando che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi e tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene (Sez.U, n. 47127 del 24/6/2021, COGNOME, Rv. 282269).
Tale principio è stato violato nel caso di specie, soprattutto ove si consideri che l’onere motivazionale, in relazione ai singoli aumenti, doveva ritenersi particolarmente stringente, in quanto – vertendosi nel caso di reati in continuazione con altro delitto punito con l’ergastolo e giudicato in sede di abbreviato – l’entità dell’aumento di pena incide direttamentee sulla possibilità o meno di addivenire alla riduzione dell’ergastolo alla pena di trenta anni di reclusione.
L’art. 72 cod. pen., infatti, prevede che nel caso di concorso di un delitto punito con l’ergastolo e uno o più delitti puniti con una pena complessivamente superiore a cinque anni, si applica la pena dell’ergastolo con isolamento diurno.
Al contempo, l’art. 442, comma 2, cod. proc. pen. – nella versione applicabile ratione temporis stabiliva che, qualora all’esito del giudizio abbreviato sia irrogata la pena dell’ergastolo con isolamento diurno, la riduzione per il rito comporta esclusivamente l’esclusione di quest’ultimo segmento sanzionatorio, restando ferma la pena dell’ergastolo.
È di tutta evidenza, pertanto, come la determinazione della pena complessivamente inflitta per i reati in continuazione, superando il limite di cinque anni, ha comportato l’impossibilità di sostituire l’ergastolo con la pena di trenta anni di reclusione.
Proprio in virtù di tale rilevante effetto, derivante dal calcolo dell’aumento in continuazione, la Corte di appello avrebbe dovuto indicare le ragioni specifiche che hanno condotto alla determinazione di una pena complessivamente superiore a cinque anni di reclusione.
Traendo le conclusioni, la sentenza deve essere annullata con rinvio, nei confronti di COGNOME GiovanniCOGNOME limitatamente alla quantificazione della pena disposta a titolo di continuazione, con rigetto dei restanti motivi.
Il ricorso di COGNOME NOME deve essere rigettato, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali.
Nei confronti di entrambi i ricorrenti deve dichiararsi la definitivi dell’accertamento della penale responsabilità in ordine ai reati oggetto di giudizio.
Entrambi i ricorrenti devono essere condannati anche alla rifusione delle spese
sostenute dalle parti civili, dovendosi specificare che, per quanto riguarda la posizione di COGNOME Giovanni, l’annullamento disposto limitatamente alla
determinazione della pena non incide sulla domanda risarcitoria, sicchè nei confronti delle parti civili il giudizio è definitivo, il che consente la liquidazione d
spese sostenute in questa fase.
PQM
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME Giovanni limitatamente alla continuazione e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della
Corte di assise di appello di Napoli; rigetta nel resto il ricorso.
Rigetta il ricorso di COGNOME Nicola che condanna al pagamento delle spese processuali.
Condanna entrambi gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili costituite, che liquida complessivi euro 6.334,00 oltre accessori di legge.
Così deciso il 10 luglio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente