Mascherina anti-Covid e Rapina: la Cassazione conferma l’Aggravante del Travisamento
L’uso della mascherina, divenuto un’abitudine quotidiana durante la pandemia, ha sollevato questioni giuridiche inaspettate, specialmente in ambito penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso emblematico, chiarendo se l’uso di una mascherina durante una rapina, quando il suo utilizzo era obbligatorio per legge, configuri comunque l’aggravante del travisamento. L’analisi della Suprema Corte offre spunti fondamentali per comprendere il rapporto tra obblighi normativi e la funzionalità di un comportamento nell’ambito di un’azione criminosa.
Il Caso: Rapina con Mascherina e il Ricorso in Cassazione
Il caso trae origine da un ricorso presentato da un individuo condannato per rapina. La difesa contestava la sussistenza dell’aggravante prevista dall’articolo 628, comma 3, n. 1 del codice penale, relativa all’aver commesso il fatto con il volto travisato. La tesi difensiva si fondava su un argomento apparentemente logico: poiché all’epoca dei fatti vigeva l’obbligo legale di indossare la mascherina per contrastare la diffusione del Covid-19, tale condotta non poteva essere considerata un’azione volontaria finalizzata a nascondere la propria identità, ma un mero adempimento di un dovere. L’imputato contestava, inoltre, la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche.
La Decisione della Corte sull’Aggravante del Travisamento
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la decisione dei giudici di merito. Gli Ermellini hanno ritenuto il primo motivo di ricorso non specifico, in quanto si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte in appello, senza un confronto critico con le motivazioni della sentenza impugnata. Hanno inoltre giudicato manifestamente infondato il secondo motivo, poiché le attenuanti generiche erano state di fatto concesse in primo grado e considerate equivalenti all’aggravante contestata.
Le Motivazioni: Perché la Mascherina Costituisce Travisamento
Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui la Corte ha ribadito la sussistenza dell’aggravante del travisamento. Secondo la giurisprudenza consolidata, ciò che rileva non è l’intenzione soggettiva dell’agente o la liceità del mezzo utilizzato per coprirsi il volto, bensì l’effetto oggettivo che tale condotta produce. La mascherina, coprendo parzialmente il viso, è di per sé uno strumento funzionale al compimento dell’azione delittuosa perché rende più difficile il riconoscimento del responsabile.
Irrilevanza dell’Obbligo di Legge
La Corte ha specificato che l’obbligo normativo di indossare la mascherina è irrilevante. Il travisamento, infatti, è materialmente collegato alla commissione del delitto. Nel momento in cui la mascherina viene sfruttata per facilitare un’azione criminale, la sua funzione sociale e sanitaria viene meno, ed essa diventa parte integrante del piano delittuoso. La condotta non può quindi essere considerata un semplice adempimento di un dovere, ma assume una connotazione illecita a causa del nesso di occasionalità necessaria con il reato commesso.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
In conclusione, la Suprema Corte stabilisce un principio chiaro: la valutazione dell’aggravante del travisamento si basa su un criterio oggettivo e funzionale. Se un qualsiasi mezzo, anche di uso comune o legalmente imposto come la mascherina, viene utilizzato per nascondere le proprie fattezze e facilitare la commissione di un reato come la rapina, l’aggravante sussiste. Questa pronuncia ribadisce che il contesto normativo generale non può offrire uno scudo a condotte che, di fatto, agevolano la realizzazione di un crimine, sottolineando la prevalenza della finalità criminosa sull’origine lecita dello strumento utilizzato.
Indossare una mascherina per obbligo di legge durante una rapina esclude l’aggravante del travisamento?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’aggravante sussiste perché la parziale copertura del volto è funzionale al compimento del reato, rendendo difficoltoso il riconoscimento del responsabile, a prescindere dal motivo per cui la mascherina viene indossata.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile principalmente perché il primo motivo era una semplice reiterazione di argomenti già respinti in appello, senza una critica specifica alla sentenza impugnata. Il secondo motivo, relativo alle attenuanti, è stato giudicato manifestamente infondato poiché tali attenuanti erano già state concesse.
Cosa significa che le circostanze attenuanti sono state ritenute ‘equivalenti’ all’aggravante?
Significa che il giudice, nel calcolare la pena finale, ha considerato che la gravità aggiunta dall’aggravante (il travisamento) e la minore gravità derivante dalle circostanze attenuanti generiche si compensassero a vicenda. Di conseguenza, l’effetto sul calcolo della pena è neutro, come se nessuna delle due circostanze fosse presente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10643 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10643 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/07/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, che contesta la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 628, comma 3, n. 1 cod. pen., non è consentito poiché non risulta connotato dai requisiti, richiesti a pena di inammissibilità del ricorso, dall’ art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., essendo fondato su profili di censura che si risolvono nella reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non caratterizzati da un effettivo confronto con le ragioni poste a base della decisione, e dunque non specifici ma soltanto apparenti, omettendo di assolvere la tipica funzione di una concreta critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
considerato che i giudici di merito hanno correttamente ritenuto la sussistenza dell’aggravante de qua (si vedano le pagg. 1-2 della sentenza impugnata) in conformità a quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui «in tema di rapina, ricorrono gli estremi dell’aggravante del travisamento, ai sensi dell’art. 628, comma terzo, n. 1), cod. pen., nel caso in cui l’agente indossi una mascherina, non rilevando, in contrario, che l’uso della stessa sia prescritto dalla normativa di contrasto alla pandemia da Covid-19, atteso che la parziale copertura del volto mediante la mascherina è funzionale al compimento dell’azione delittuosa, rendendo difficoltoso il riconoscimento del responsabile» (Sez. 2, n. 1712 del 03/11/2021, dep. 2022, Perfetti Rv. 282517 – 01);
Quanto alla possibilità di escludere l’aggravante del travisamento del volto in relazione all’obbligo di indossare la mascherina in conseguenza della emergenza pandemica, deve rilevarsi che il travisamento medesimo risulta essere stato materialmente collegato alla commissione del delitto e comunque idoneo a rendere difficoltoso il riconoscimento dell’autore del fatto (Sez. 2, Sentenza n. 56937 del 20/11/2017 Rv. 271667 – 01). La presenza di un evidente nesso di necessaria occasionalità con il fatto illecito contestato esclude la possibilità di ritenere tale condotta alla stregua di mero adempimento del dovere come già rilevato con la sentenza di questa Sezione n. 1712 del 3/11/2021.
ritenuto che il secondo motivo di ricorso che contesta la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche è manifestamente infondato attesa la loro concessione da parte del giudice di prime cure, come equivalenti alla ritenuta aggravante;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 18 febbraio 2025.