Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 29420 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 29420 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 11/06/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
– Presidente – Sent. n. sez. 422/2025
NOME COGNOME
– Relatore –
ha pronunciato la seguente
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a ROSSANO il 19/09/1998
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME si riportava alle conclusioni depositate con cui chiedeva il rigetto del ricorso.
1.La Corte di Appello di Catanzaro, con sentenza del 25 settembre 2024, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Castrovillari, rideterminava, previa esclusione dell’aggravante della premeditazione, la pena inflitta a Solferino NOME NOME e a Solferino NOME per i delitti di lesioni aggravate anche dal metodo mafioso in danno di COGNOME NOME, COGNOME e NOME, nonchØ per avere portato fuori dalla loro abitazione le mazze da baseball utilizzate per cagionare tali lesioni, oltre al delitto di violenza privata in danno di COGNOME Massimo, di danneggiamento dell’auto in uso ad Acri Gennarino e dell’incendio dell’autovettura in uso ad COGNOME in anni quattro e mesi uno di reclusione.
I fatti erano così ricostruiti dal giudice di primo grado.
Nella mattinata del 13 luglio 2021 veniva segnalato l’incendio di un ciclomotore sulla INDIRIZZO del Comune di Castrovillari; contestualmente veniva segnalata la presenza di una persona ferita al centro DEA; il ferito – identificato come NOME NOME – risultava essere anche l’utilizzatore del ciclomotore dato alle fiamme.
Successivamente, nel corso della medesima mattinata, veniva segnalato un gruppo di ragazzi che stava danneggiando un veicolo; gli operanti, giunti sul posto, nei pressi di un’autovettura Smart vistosamente danneggiata, intestata a NOME COGNOME,
individuavano un borsello abbandonato contenente i documenti di tale COGNOME COGNOME, marito della COGNOME, e delle tracce di liquido ematico.
Acri, raggiunto in ospedale ove era andato a farsi medicare, affermava di essere rimasto coinvolto in un sinistro stradale.
In ragione delle riprese dei sistemi di sorveglianza pubblici emergevano degli elementi comuni ai due episodi, ovverossia la presenza in entrambe le occasioni di un’autovettura Alfa Romeo di colore blu, appartenete ai soggetti che COGNOME riferiva lo avessero fermato mentre era alla guida del ciclomotore e poi inseguirlo; la presenza di tre persone, una alla guida dell’auto e le altre due che inseguivano COGNOME per colpirlo con delle mazze da baseball che, analogamente, venivano utilizzate per colpire l’auto in uso ad Acri.
Identificata, quindi, la targa dell’autovettura presente in occasione di entrambi gli episodi criminosi, si risaliva all’intestatario, tale COGNOME NOME cl.98 che veniva identificato quale conducente, mentre i passeggeri erano identificati in Solferino NOME Pio, COGNOME NOME cl. ’79 e COGNOME Ivan.
Veniva eseguita una perquisizione a casa di Solferino Gaetano cl. 79 ove venivano rinvenute delle mazze da baseball, una tanica in plastica con residui di carburante, nonchŁ degli indumenti simili a quelli indossati dai soggetti ripresi dalle videocamere sul luogo dei fatti.
A tali episodi ne veniva ricollegato un terzo, avvenuto il 12 luglio in serata, in danno di NOME; anche dalle riprese di tale evento era possibile identificare con certezza un’auto Alfa Romeo 156 di colore blu, i tre COGNOME e COGNOME NOME; tale aggressione era ripresa nella sua interezza dalle videocamere che mostravano COGNOME NOME cl.’79 che, dopo essere giunto nella piazza ove già si trovava il Mari, prendeva dal bagagliaio una mazza da baseball, raggiungeva il nipote NOME e il suo omonimo che era in compagnia di NOME COGNOME; tutti e quattro, poi, raggiungevano NOME che picchiavano con la mazza, calci e pugni.
Quanto all’episodio in danno di COGNOME, una teste aveva visto un’auto blu che si affiancava ad un motorino; due persone che ne scendevano armate di bastoni e una che recava una tanica, poco dopo il ciclomotore prendeva fuoco.
Il conducente del ciclomotore, poi identificato in COGNOME, riferiva di essere stato tamponato da un’auto, di essere caduto, di aver perso le scarpe e di essersi spaventato perchØ inseguito e quindi di aver chiesto soccorso al centro DEA dove, in effetti, era stato segnalato un soggetto vistosamente ferito e bisognoso di cure.
Dalle riprese delle videocamere veniva identificate un’auto Alfa Romeo, e tre persone a piedi che inseguivano un ciclomotore; uno che indossava maglietta bianca e pantaloncini, un altro che indossava maglietta bianca e pantaloni lunghi grigi e un terzo con jeans e maglietta nera.
Due dei tre venivano ripresi mentre portavano le mazze da baseball, ovvero le recuperavano da terra ove verosimilmente erano state lanciate.
Circa i fatti in danno di Acri le immagini estrapolate rendevano un quadro dei fatti notevolmente diverso da quanto riferito dalla vittima, che affermava di aver avuto un incidente stradale, di cui non ricordava i dettagli, avendo sbattuto la testa.
L’autovettura Smart in uso ad Acri veniva affiancata da un’Alfa Romeo di colore blu dalla quale scendevano due individui, uno con maglietta bianca e un altro con una maglietta scura che brandivano entrambi delle mazze da baseball con le quali colpivano l’auto per poi porsi all’inseguimento del conducente.
Circa la individuazione dei responsabili, quanto all’episodio in danno di COGNOME venia
riconosciuto con certezza solo COGNOME NOME quale uno dei passeggeri dell’Alfa Romeo, di proprietà di COGNOME NOME cl. 98; quanto all’episodio in danno di Acri, veniva individuata la medesima auto e ne scendevano due individui, abbigliati come due dei tre inseguitori di COGNOME.
Nel corso della perquisizione eseguita a casa di Solferino Gaetano cl. 79 veniva visto l’omonimo nipote che indossava ancora la medesima maglietta e gli stessi pantaloncini che recavano un numero sulla coscia ed erano per colore identici a quelli indossati dal conducente dell’Alfa Romeo effigiata in occasione di tutti i fatti delittuosi.
In via conclusiva il giudice di primo grado riteneva riconducibili a Solferino NOME cl. 98 e a Solferino NOME Pio la disponibilità e l’utilizzo dell’autovettura, la disponibilità delle mazze da baseball rinvenute nell’abitazione dello zio e degli indumenti identici a quelli indossati dagli aggressori che avevano agito fra il 12 e il13 luglio.
La sentenza emessa dalla Corte di Appello condivideva la ricostruzione fattuale contenuta nella sentenza di primo grado, superando gli elementi di dubbio contenuti nei motivi di appello circa la responsabilità degli imputati e, in accoglimento di un unico motivo di appello, non riteneva sussistente l’aggravante della premeditazione, riducendo così la pena inflitta nel precedente grado di giudizio agli imputati.
Avverso detta sentenza proponevano ricorso COGNOME NOME cl. 98 e COGNOME NOME.
Il ricorso proposto nell’interesse di Solferino NOME NOME Ł a firma dell’avv. NOME COGNOME e si articola su otto motivi di doglianza.
2.1 Con il primo motivo si duole del vizio di motivazione con riguardo alla commissione dei reati sub 1), 2), 3) e 4).
L’affermazione di responsabilità del ricorrente per tutti i fatti contestati discendeva, infatti, dalla presunzione circa la presenza dell’imputato a bordo di una autovettura Alfa Romeo che, a sua volta, derivava dal riconoscimento effettuato attraverso un fotogramma da parte dell’operante COGNOME.
Rimarcava il ricorrente di avere già eccepito in appello la inattendibilità di detto riconoscimento, stante la scarsa qualità delle immagini, ma la Corte, lungi dal valutare tale riportata criticità, riteneva il riconoscimento certo in ragione del fatto che certamente la qualità delle immagini acquisite fosse migliore.
Tale dato, in realtà, non emergerebbe da nessuno dei fotogrammi che recavano immagini vaghe di un volto e, dunque, anche il riconoscimento effettuato dal maresciallo COGNOME doveva ritenersi inattendibile perchØ operato su un materiale visivo di scarsa qualità.
Invero, anche a volere ammettere che l’imputato fosse stato a bordo dell’auto, il fatto che gli orari impressi sulle immagini non fossero stati verificati e che il luogo della ripresa non fosse nØ prossimo nØ contiguo a quello in cui erano avvenuti i fatti, fa di quella circostanza, cioŁ della presenza dell’imputato a bordo di quell’auto un aspetto del tutto inconferente ai fine di un’affermazione di responsabilità.
Analogamente di scarsa conferenza la coincidenza fra il colore della maglietta indossata dal Solferino al momento della perquisizione e quella del soggetto ripreso nei fotogrammi.
Conclusivamente, il ricorrente si doleva del fatto che l’affermazione di penale responsabilità riposasse su un mero sospetto e non già su una pluralità di indizi, gravi, precisi e concordanti.
2.2. Con il secondo motivo lamenta vizio di motivazione in punto alla sussistenza
dell’aggravante di cui all’art. 585 cod. pen., con conseguente violazione di legge per omessa declaratoria di improcedibilità.
La doglianza riguarda l’aggravante contestata in relazione all’aggressione subita da NOME.
Dalle immagini estrapolate, infatti, emergerebbe come NOME venne attinto solo da colpi sferrati senza l’utilizzo di alcuno strumento atto ad offendere, ovvero arma.
Per quanto riguarda l’accenno all’uso di un gancio, lo stesso non potrebbe essere ritenuto integrare l’arma necessaria per contestare l’aggravante.
L’assenza di motivazione circa la sussistenza dell’aggravante delle piø persone riunite faceva ritenere che la stessa dovesse considerarsi insussistente; pertanto, in difetto di entrambe le aggravanti il reato sarebbe procedibile a querela e, quindi, nel concreto, improcedibile per difetto della medesima.
2.3 Con il terzo motivo lamenta vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 585 cod. pen. con riguardo alle lesioni provocate ad NOME NOME e correlativa violazione di legge in punto alla procedibilità del reato.
Le lesioni subite da NOME non vennero provocate con alcuna arma, ma a seguito del tamponamento e il fatto che vi fossero piø persone a bordo dell’auto non avrebbe influito sulla dinamica del fatto, non consentendo di integrare l’aggravante.
2.4 Con il quarto motivo lamenta violazione dell’art. 339 cod. pen. contestato in relazione all’art. 610 cod. pen. e correlativo vizio di motivazione e violazione di legge per omessa dichiarazione di improcedibilità del reato di cui all’art. 610 cod. pen.
Secondo il ricorrente l’impugnato provvedimento avrebbe errato nel ritenere integrata l’aggravante delle piø persone riunite non contestata nel capo di imputazione, nØ mediante riferimento numerico alla norma, nØ nella descrizione della condotta; pertanto, stante l’omessa motivazione sulla sussistenza dell’aggravante ed il fatto che il reato sia divenuto procedibile a querela, tale improcedibilità avrebbe dovuto essere rilevata.
2.5 Con il quinto motivo di ricorso lamenta vizio di motivazione circa la sussistenza dell’aggravante dell’uso delle armi in relazione all’aggressione subita da Acri COGNOME e correlativa violazione di legge per omessa dichiarazione di improcedibilità del reato.
In difetto di videoriprese dell’aggressione l’affermazione circa l’utilizzo delle armi discende da una deduzione fatta dalla Corte in ragione della gravità delle lesioni subite; anche con riferimento a questa contestazione l’aggravante della pluralità di persone Ł rimasta del tutto inesplorata.
La conseguenza sul piano processuale Ł l’improcedibilità del reato per difetto di querela.
2.6 Con il sesto motivo lamenta vizio di motivazione con riferimento all’aggravante di cui all’art. 625 n. 7 cod. pen. come contestata con riferimento all’art. 635 cod. pen. e correlativa violazione di lege per omessa declaratoria di improcedibilità.
La sussistenza dell’aggravante della esposizione alla pubblica fede sussisterebbe, secondo l’impugnato provvedimento, poichØ il danneggiamento principiato presente il proprietario dell’auto Ł perdurato anche una volta che quest’ultimo era fuggito, lasciando l’auto alla mercŁ degli aggressori.
Secondo il ricorrente non vi sarebbe prova che Acri fosse fuggito, poichØ non Ł provato, da un lato, che il soggetto che si allontanava dal luogo dell’aggressione fosse proprio Acri, nØ vi Ł prova che non fosse semplicemente uscito dall’inquadratura.
Indipendentemente dalla sussistenza dell’aggravante, rileva il ricorrente come il delitto di cui all’art. 635 cod. pen. anche laddove aggravato ex art. 625 n. 7 cod. pen. sia divenuto,
a seguito del D.Lgs. 31/2024, procedibile a querela.
2.7 Con il sesto motivo di ricorso lamenta vizio di motivazione in relazione all’aggravante del metodo mafioso contestata per tutti i reati.
Mentre il giudice di prime cure ha ritenuto sussistente l’aggravante con riguardo al metodo mafioso, la Corte territoriale l’ha ritenuta integrata nella sua differente qualificazione della finalità agevolativa.
Secondo la Corte, stante la comune appartenenza di aggressori ed aggrediti ad un contesto di criminalità organizzata, gli scontri si sarebbero dovuti ricondurre ad un riequilibrio di poteri.
Al contrario, secondo il ricorrente, la non esistenza di un gruppo mafioso che facesse capo alla famiglia Solferino o di cui la stessa facesse parte, l’inesistenza di condanne per art. 416 bis cod pen degli imputati escluderebbe la configurabilità dell’aggravante come declinata dalla Corte territoriale.
Secondo il ricorrente, non sussisterebbe detta aggravante nemmeno sotto il profilo dell’utilizzo del metodo mafioso, poichØ si Ł di fronte ad una rissa da strada.
2.8 Con l’ottavo motivo di ricorso il ricorrente lamenta il vizio di motivazione con riguardo alla mancata concessione delle attenuanti generiche.
Ciò che la Corte non ha valutato Ł l’incensuratezza dell’imputato, il suo profilo personologico e il differente profilo partecipativo.
Il ricorso proposto nell’interesse di Solferino NOME cl.’98 Ł a firma NOME COGNOME e si articola su nove motivi di doglianza.
3.1 Con il primo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al riconoscimento della responsabilità dell’imputato in relazione ai capi da 1) a 6).
Le argomentazioni spese dal giudice di primo grado e poi dalla Corte territoriale per sostenere la penale responsabilità dell’imputato, enucleate nella proprietà dell’auto utilizzata dagli aggressori ovvero nella corrispondenza fra gli indumenti indossati dall’aggressore e quelli indossati dall’imputato al momento della perquisizione, non superavano le critiche avanzate all’impianto motivazionale di merito dal ricorrente che rilevava come non fosse mai stato ripreso il viso del conducente dell’auto e, come di fatto, non vi fosse alcun certo riconoscimento del ricorrente; il pantaloncino sequestrato recava un numero «20» mentre quello indossato da uno degli aggressori uno «0»; le dichiarazioni del teste COGNOME che aveva dichiarato come l’auto in questione fosse una sorta di auto di famiglia, lasciata a disposizione, con le chiavi attaccate.
Anche il profilo personologico dell’imputato, privo di precedenti, poco si attaglia al ruolo di conducente dell’auto.
Secondo il ricorrente la Corte territoriale sarebbe pervenuta ad una declaratoria di penale responsabilità sulla scorta di mere deduzioni.
3.2 Con il secondo motivo di ricorso lamenta vizio di motivazione e violazione di legge in punto al riconoscimento delle aggravanti dell’uso delle armi ovvero del numero delle persone in relazione al capo 1) di imputazione.
Le lesioni riportate dall’COGNOME, infatti, per espressa affermazione dei giudici di merito, erano la conseguenza delle cadute dal motorino, pertanto sarebbe errato il riconoscimento dell’aggravante dell’uso delle armi.
Analogamente risulta illogico e contraddittorio il riconoscimento dell’aggravante del numero delle persone, posto che le lesioni erano state cagionate da tamponamento e dalla caduta durante la fuga: la compresenza degli aggressori a bordo dell’auto non ha avuto alcuna influenza sulla causazione delle lesioni.
3.3 Con il terzo motivo di ricorso lamenta violazione di lege e vizio di motivazione con riferimento al riconoscimento dell’aggravante delle piø persone riunite in relazione al capo 2) di imputazione.
Il ricorrente fa presente che la specifica contestazione dell’aggravante non solo non era stata mossa dall’ufficio di procura ma, in ogni caso, non poteva ritenersi sussistente, poichØ la pluralità delle persone non era stata percepita al momento della commissione del reato, poichŁ i correi erano dentro l’autovettura, quando la vittima venne tamponata e costretta ad interrompere la marcia e a darsi alla fuga.
3.4 Con il quarto motivo contesta la violazione di legge e il vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta responsabilità del ricorrente per il fatto di cui al capo 3).
Le dichiarazioni della unica teste oculare COGNOME non erano conclusive, poichŁ ella aveva espressamente escluso di avere visto chicchessia appiccare il fuoco al motociclo, limitandosi ad affermare che il veicolo aveva preso fuoco non appena i due soggetti scesi dall’auto, che si erano avvicinati al medesimo, erano poi rientrati nell’auto; la teste aveva aggiunto che uno dei due recava una tanica del tipo di quelle utilizzate per la benzina.
La teste aveva individuato l’auto di una Alfa Romeo 164 e non 156, ma data la distanza non aveva potuto identificare gli autori, pur potendo vedere distintamente la tanica di benzina: questa affermazione contenuta nella sentenza impugnata si appalesava, secondo il ricorrente, all’evidenza contraddittoria.
3.5 Con il quinto motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al riconoscimento delle aggravanti dell’uso delle armi e del numero delle persone in relaziona al fatto contestato al capo 4).
L’aggravante veniva ritenuta integrata in quanto erano presenti i bastoni, ma tale conclusione non era corretta, perchŁ prescindeva dall’effettivo utilizzo delle armi, in difetto, poi di una ricostruzione certa della dinamica dell’aggressione perpetrata in danno di Acri.
Altrettanto illogico Ł, poi, il volere derivare la certezza dell’utilizzo dei bastoni dalla gravità delle lesioni riportate dalla vittima.
Quanto alla ulteriore aggravante delle piø persone riunite, la Corte di appello non spendeva parola a sostegno e il Tribunale si limitava ad un generico richiamo alla imputazione.
3.6 Con il sesto motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell’aggravante della esposizione alla pubblica fede del bene danneggiato.
Tale aggravante avrebbe mantenuto la procedibilità di ufficio del reato, secondo entrambi i giudici di merito.
A seguito però dell’ entrata in vigore del D. Lgs 31/2024, anche tale ipotesi di danneggiamento aggravato dall’ esposizione a pubblica fede del bene Ł divenuta procedibile a querela; decorso inutilmente il termine per la presentazione della medesima a seguito della novella legislativa, il reato Ł rimasto privo della condizione di procedibilità.
3.7 Con il settimo motivo di ricorso lamenta violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo al riconoscimento delle aggravanti del fatto commesso con armi e in piø persone riunite in relazione al capo 7).
Si tratta dell’aggressione a NOME; dalle riprese emergerebbe che la vittima non venne attinta dalla mazza da baseball che era semplicemente presente in loco e che era stata lanciata in direzione di altro soggetto; quanto al gancio da traino lo stesso venne utilizzato da COGNOME NOME cl. 79 e proveniva dall’auto del NOME.
Trattandosi di un gancio da traino, il medesimo non poteva considerarsi oggetto atto a
offendere e dunque nessun porto ingiustificato era stato commesso con riguardo al medesimo.
Quanto, poi, all’aggravante delle piø persone riunite, ancora una volta sul punto la motivazione Ł del tutto omessa e, stante l’entità delle lesioni si deve ritenere che l’insussistenza delle aggravanti consegni il reato all’area della procedibilità a querela, dovendosi concludere per l’insussistenza della condizione di procedibilità.
3.8 Con l’ottavo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo alla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 416 bis 1 cod. pen.
Rileva il ricorrente come del tutto illogicamente la Corte territoriale abbia ritenuto sussistente l’aggravante sotto il profilo della agevolazione mafiosa, non contestata e nemmeno ritenuta dal giudice di primo grado, che aveva ritenuto sussistente l’aggravante ma sotto il profilo del metodo mafioso.
Secondo la Corte gli episodi contestati si collocherebbero in un contesto di scontri fra diverse fazioni criminali; ciò però non consentirebbe di concludere per la sussistenza dell’aggravante, in quanto non sussiste una cosca Solferino nØ un gruppo criminoso cui appartenesse il ricorrente ed inoltre agli imputati non Ł contestato il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen.
Non sarebbe configurabile, poi, la suddetta aggravante nemmeno sotto il profilo del metodo criminoso, poichŁ le modalità utilizzate piø che appartenere ad un certo agire malavitoso, sono piø tipiche di una rissa da strada.
NØ Ł stata accertata la sussistenza di un diffuso alone di intimidazione tale da rendere piø facile la perpetrazione dei reati, posto che qualche testimone ha fornito una congrua collaborazione al fine di ricostruire gli accadimenti.
3.9 Con il nono motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo alla mancata concessione delle attenuanti generiche, riconoscibili in ragione della incensuratezza, del dato personologico e del differente contributo partecipativo dato al reato rispetto ai correi.
Il sostituto procuratore generale NOME COGNOME depositava conclusioni scritte chiedendo il rigetto di entrambi i ricorsi.
In data 6 giugno 2025 venivano depositate le note di replica nell’interesse di COGNOME NOME NOME a firma del difensore, avv. NOME COGNOME e una memoria di replica nell’interesse di COGNOME Gaetano a firma dell’avv. NOME COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono parzialmente fondati nei termini che seguono.
E’ necessario in via preliminare tracciare i confini del sindacato di legittimità inerenti il vizio di motivazione, declinati nelle seguenti massime cui si intende dare continuità : in tema di giudizio di legittimità, la cognizione della Corte di cassazione Ł funzionale a verificare la compatibilità della motivazione della decisione con il senso comune e con i limiti di un apprezzamento plausibile, non rientrando tra le sue competenze lo stabilire se il giudice di merito abbia proposto la migliore ricostruzione dei fatti, nØ condividerne la giustificazione. (Sez. 1, n. 45331 del 17/02/2023, Rezzuto, Rv. 285504 – 01)
In tema di ricorso per cassazione, il vizio di contraddittorietà della motivazione Ł solo quello che si traduce in un’incompatibilità logica di un passo della decisione con altro passo
della stessa o con atti indicati nel motivo di gravame che appartengano necessariamente al medesimo processo e non anche quello che si risolva in una incompatibilità con una diversa decisione, assunta in altra sede processuale. (Sez. 3, n. 4803 del 18/12/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287429 – 01)
Il difetto di motivazione, quale causa di annullamento della sentenza, non può essere ravvisato sulla base di una critica frammentaria dei suoi singoli punti, costituendo la pronuncia un tutto coerente ed organico, sicchØ, ai fini del controllo critico sulla sussistenza di una valida motivazione, ogni punto va posto in relazione agli altri, potendo la ragione di una determinata statuizione risultare anche da altri punti della sentenza ai quali sia stato fatto richiamo, sia pure implicito. (Sez. 1, n. 20030 del 18/01/2024, COGNOME, Rv. 286492 01)
Nel caso concreto con le censure inerenti il vizio di motivazione i ricorrenti non lamentano una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica nei termini sopra accennati – unici vizi della motivazione rilevabili ai sensi dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen. – bensì una decisione erronea, in quanto fondata su una valutazione asseritamente sbagliata in merito alla partecipazione all’aggressione, alla materiale disponibilità delle armi ed al riconoscimento degli autori.
Il controllo di legittimità, tuttavia, concerne il rapporto tra motivazione e decisione, non già il rapporto tra prova e decisione; sicchØ il ricorso per cassazione che devolva il vizio di motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere le censure nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione, non già nei confronti della valutazione probatoria sottesa, che, in quanto riservata al giudice di merito, Ł estranea al perimetro cognitivo e valutativo della Corte di Cassazione. (Sez. 5, n. 50947 del 13/09/2019, Circo, Rv. 278047 – 01)
2.1 Il primo motivo del ricorso nell’interesse di Solferino Pio Andrea Ł infondato.
L’impugnata sentenza alla pag. 11 ha ribadito gli elementi di prova e indiziari in base ai quali Ł pervenuta alla declaratoria di penale responsabilità del ricorrente, riconosciuto da un teste, operante, nelle riprese delle telecamere di videosorveglianza; analogamente Ł stato sottolineato come il medesimo al momento controllo da parte degli operanti presso la casa dello zio, indossasse una maglietta identica a quelle che indossava nelle videoriprese.
La Corte territoriale ha poi ampiamente affrontato la testimonianza a discarico di COGNOME per rilevarne la non decisività al fine di un alibi.
Partitamente le sentenze di merito hanno evidenziato – quanto all’aggressione in danno di NOME – che le riprese immortalavano l’imputato che usciva e si dirigeva verso NOME e tale COGNOME che al primo si accompagnava; poi iniziava a percuotere NOME insieme a COGNOME e a Solferino Gaetano cl. 98.
Quanto all’aggressione in danno di COGNOME, elemento fondamentale per la ricostruzione della identità dei colpevoli sono ritenute le dichiarazioni dell’operante COGNOME che riconosceva senza ombra di dubbio, come uno dei partecipanti al commando, COGNOME NOME, che indossava una maglietta assimilabile a quella indossata da uno degli inseguitori di COGNOME; analogamente quanto all’episodio in danno di Acri, uno dei due aggressori, scesi dall’Alfa Romeo, con maglietta bianca, era assimilabile ad uno dei due inseguitori di COGNOME.
Ulteriori elementi indiziari utili a completare il quadro della responsabilità del ricorrente sono ritenuti la presenza in occasione di tutti e tre gli episodi criminosi della medesima autovettura Alfa Romeo di proprietà di Solferino Gaetano cl. 98 che la utilizzava insieme al fratello NOME PioCOGNOME la identità degli indumenti indossati dagli inseguitori armati di bastone e
quelli nel possesso degli imputati, nonchŁ il rinvenimento a casa dello zio COGNOME NOME cl. 79 delle mazze da baseball con tracce di vetro e della tanica con tracce di benzina.
Non da ultimo le sentenze evidenziavano i legami familiari fra i soggetti, il fatto che certamente avessero partecipato ad uno degli episodi e che gli altri siano avvenuti con le medesime modalità, con le medesime armi, con l’utilizzo della medesima auto e che i soggetti raffigurati indossassero il medesimo abbigliamento di coloro che erano stati visti inseguire sia Acri sia COGNOME.
Pertanto, sottolineando che la Corte di Cassazione Ł giudice della motivazione, non già della decisione, ribadendo la impossibilità per il giudice di legittimità di rivalutare il compendio probatorio, si deve concludere che nessun vizio di motivazione, nell’accezione ritenuta rilevante dai costanti insegnamenti di questa Corte appare inficiare l’impugnata sentenza che, al contrario di quanto opinato nei ricorsi, ha fornito logica e coerente motivazione in ordine alla ricostruzione dei fatti, con argomentazioni prive di aporie e di contraddittorietà.
2.2 Il secondo motivo di ricorso Ł infondato.
Le aggravanti contestate in relazione al capo 7) sono state correttamente ritenute sussistenti.
Al capo 7) Ł contestato al ricorrente l’aver cagionato lesioni a NOME aggravate dall’uso delle armi, essendo stato colpito con un gancio di ferro e da piø persone riunite.
Secondo la ricostruzione contenuta nelle sentenze di merito – e non contestata dal ricorrente – NOME veniva colpito con calci e pugni e poi con un gancio in ferro sottratto al NOME stesso; i giudici di merito non affermano che egli venne colpito con bastoni o mazze, bensì che COGNOME NOME venne colpito con il bastone; il fatto che il gancio, reperito fortunosamente, sia stato utilizzato per colpire NOME, circostanza appunto incontestata, integra certamente l’aggravante in oggetto; poichØ il gancio traino Ł stato utilizzato in quelle circostanze di tempo e luogo con finalità offensive.
Tale conclusione Ł in linea con l’orientamento di legittimità cui questo Collegio aderisce, secondo cui il mero rinvenimento di un oggetto atto ad offendere, utilizzato – senza soluzione di continuità – a fini offensivi, non integri alcuna delle condotte alle quali l’art. 4 I. 100/1975 assegna rilevanza penale, ma concorre a segnare il disvalore del reato cui accede, rimanendo assorbita nell’aggravante che quell’uso prevede (Sez. 4, n. 822 del 27/08/1996, COGNOME, Rv. 205926).
Piø di recente Ł stato ribadito in questi termini il medesimo principio, secondo il quale in tema di reati concernenti le armi, non sussiste il porto abusivo di strumento atto ad offendere nel caso in cui l’agente abbia reperito l’oggetto sulla pubblica via e lo abbia utilizzato, senza soluzione di continuità, per l’offesa alla persona, restando tale condotta assorbita nella circostanza aggravante prevista per l’uso dello strumento medesimo : si trattava di lesioni aggravate perchŁ commesse mediante un relitto ferroso reperito in strada ed immediatamente utilizzato per ledere. (Sez. 5, n. 47773 del 24/10/2022, COGNOME, Rv. 283955 – 01).
Quanto all’aggravante della pluralità degli agenti, come correttamente ricordato dal ricorrente, in tema di lesioni personali volontarie, l’aggravante delle piø persone riunite non si identifica con il concorso di persone nel reato, sicchŁ, nel caso in cui l’imputazione si limiti a rappresentare la presenza di almeno due soggetti sul luogo e nel momento della realizzazione della condotta, non può ritenersi legittimamente contestata in fatto e ritenuta in sentenza anche siffatta aggravante, in quanto, onde ritenerne concretamente realizzati gli elementi costitutivi, Ł necessario che, a causa della pluralità degli aggressori e della loro
simultanea presenza, si producano nella vittima effetti fisici e psicologici tali da eliminarne o ridurne la forza di reazione. (Sez. 5, n. 27386 del 06/04/2022, Pg, Rv. 283575 – 01)
A tal proposito, il giudice di prime cure afferma esplicitamente che la vittima venne colpita da piø persone riunite «NOME veniva raggiunto da Solferino NOME Pio, COGNOME e COGNOME NOME cl. 79 i quali iniziavano a percuoterlo» e in ragione di ciò giunge alla conclusione della sussistenza dell’aggravante, posto che Ł accertata sia la pluralità delle persone, sia l’esplicito contributo causale di ciascuno dei partecipanti alle lesioni, posto che tutti ebbero a colpire la vittima.
2.3 Il terzo motivo di ricorso Ł infondato.
Il fatto di cui al capo 1) riguarda le lesioni in danno di COGNOME NOME, contestate come aggravate dall’uso delle armi, da piø persone riunite, nonchØ ai sensi dell’art. 416 bis 1 cod. pen.
In tema di lesioni personali, quando la vittima sia stata ferita nel corso di una aggressione caratterizzata da piø colpi, sferrati in parte a mani nude ed in parte con l’uso di un’arma impropria, il reato si considera comunque aggravato ai sensi dell’art. 585 cod. pen., senza che rilevi l’eventuale specifica dipendenza della lesione da uno dei colpi portati senza l’arma, atteso che l’azione, se continua e rivolta all’offesa dello stesso bene, va considerata unica ed interamente attuata mediante l’uso dei mezzi impiegati. (Sez. 6, n. 46498 del 16/09/2004, P.g. in proc. COGNOME ed altri, Rv. 231375 – 01)
L’azione aggressiva in danno di COGNOME deve considerarsi unitaria e, dunque, realizzata – come ricostruito nelle sentenze di merito – con l’iniziale tamponamento del motociclo su cui circolava l’COGNOME, che cadeva a terra; l’azione lesiva continuava con l’inseguimento della vittima da parte degli aggressori armati di bastoni che venivano anche scagliati nella sua direzione.
In ragione del principio espresso da questa Corte nella massima che precede, la circostanza che l’azione sia unitaria e che sia stata attuata utilizzando i bastoni, indipendentemente dal fatto che le lesioni riportate dalla vittima siano state procurate proprio con i bastoni, consente di valutare comunque la condotta come aggravata.
Il maggiore disvalore della condotta sussiste per il solo fatto che siano state impiegate, nell’azione lesiva unica, le armi, indipendentemente dal fatto che le medesime siano state utilizzate al fine di cagionare direttamente le lesioni.
Circa il carattere unitario dell’azione lesiva, così si Ł espressa in motivazione la sentenza citata «l’azione va considerata unica quando gli atti di cui si compone sono contestuali, legati dall’unicità di scopo dell’agente e rivolti all’offesa dello stesso bene. Quando ricorre siffatta situazione, in un’aggressione fisica ai danni della vittima che ha riportato lesioni personali, non Ł possibile distinguere tra lesioni cagionate da calci, da pugni, da testate o da manganellate, trattandosi di atti dell’unica azione che ha cagionato le ferite.»
Quanto, poi, all’aggravate delle piø persone riunite, la ritenuta sussistenza da parte dei giudici di merito emerge chiaramente dalla ricostruzione della dinamica del fatto : la vittima veniva speronata dall’auto a bordo della quale viaggiavano tutti gli assalitori, che poi lo inseguivano lanciando nella sua direzione i bastoni di cui erano armati.
E’ evidente che anche sotto questo profilo la motivazione dell’impugnata sentenza non mostra alcun profilo di contraddittorietà o inadeguatezza.
2.4 Il quarto motivo di ricorso Ł infondato.
Il reato contestato al capo 2) Ł la violenza privata consumata in danno dell’COGNOME che veniva tamponato mentre viaggiava sul suo ciclomotore, venendo così costretto ad interrompere la marcia.
Sebbene non vi sia esplicito richiamo alla sussistenza dell’aggravante delle piø persone riunite, i giudici di merito la hanno ritenuta sussistente, come emerge dalla sentenza di primo grado che, alla pag. 24, vi fa esplicito riferimento per confermare la procedibilità ex officio dell’azione penale rispetto a tale reato.
Tale operazione ermeneutica si appalesa del tutto corretta, in ragione del principio espresso da questa Corte, secondo il quale il principio della contestazione dell’accusa, risalente a quelli del contraddittorio e dell’esclusiva titolarità dell’azione penale in capo al pubblico ministero, impone che l’imputazione sia chiara e precisa e non offra elementi di dubbio; pur ammettendosi la contestazione implicita, non Ł consentito al giudice, al fine di individuare una aggravante o la continuazione, estrapolarla “ad nutum” e integrarla con atti diversi da quelli funzionali allo scopo, quali sono il decreto di citazione, l’interrogatorio, l’ordinanza di custodia cautelare (Sez. 5, n. 10518 del 21/04/1999, COGNOME, Rv. 214401 01).
Nel caso in esame l ‘aggravante in oggetto emerge dalla descrizione della condotta come contenuta nel capo di imputazione sub 2) e come anche descritta nel capo sub 1), che ricomprende, a livello meramente descrittivo, anche il reato di cui al capo 2); come visto al capo 1) detta aggravante Ł esplicitamente constata.
Dunque, il giudice di merito, lungi dall’estrapolare ad nutum , ovvero anche a sorpresa, una aggravante non contestata, la ha ricavata in quanto sussistente nella descrizione naturalistica della condotta, pur in difetto di esplicito riferimento numerico alla stessa.
2.5 Il quinto motivo di ricorso Ł infondato.
Il ricorrente lamenta l’insussistenza dell’aggravante dell’uso delle armi nell’azione in danno di Acri Gennarino, di cui al capo 4).
Ancora una volta la censura parrebbe appuntarsi sulla illogicità o contraddittorietà della motivazione, pur contestando, in realtà, il risultato del procedimento motivazionale che non viene condiviso e che si vorrebbe sostituire con altro.
La sentenza di primo grado affronta la ricostruzione dell’azione lesiva alle pagg 9 e 10 in ragione delle immagini delle videocamere che sorreggono un’aggressione alla persona e alla vettura a colpi di mazza, anche se le immagini non hanno immortalato l’aggressione fisica; Ł però assolutamente condivisibile il ragionamento logico fatto nel provvedimento di merito circa la sussistenza dell’aggravante per l’azione lesiva nei confronti di Acri, visto che nel corso della medesima, almeno per la parte filmata, gli aggressori avevano brandito le mazze che avevano anche utilizzato per danneggiare l’autovettura.
Richiamando, dunque, ancora una volta il principio espresso con Sez. 6, n. 46498 del 16/09/2004, P.g. in proc. COGNOME ed altri, Rv. 231375 – 01, dovendosi ritenere l’unitarietà dell’azione lesiva, non scorporabile i segmenti distinti, emerge la correttezza della conclusione cui sono giunti i giudici del merito.
2.6 Il sesto motivo Ł fondato.
Il delitto di cui al capo 5), cioŁ il danneggiamento della vettura in uso ad Acri Gennarino, come aggravato dalla esposizione alla pubblica fede della autovettura Ł divenuto procedibile di ufficio a seguito delle modifiche da ultimo introdotte dalla L. 31/2024 : pacificamente la querela non venne presentata nei termini.
Il sostituto procuratore generale, nelle sue conclusioni, sottolinea come, pur essendo mutato il regime della procedibilità del fatto come aggravato ai sensi dell’art. 625 n. 7 cod. pen., la procedibilità ex officio del medesimo Ł mantenuta in ragione della entrata in vigore della L. 60/2022 che ha reso procedibile di ufficio i fatti aggravanti ex. art. 416 bis 1 cod.
pen., originariamente procedibili e querela.
Tale conclusione non Ł condivisibile, poichŁ si pone in contrasto con i principio espresso dalla seguente massima di questa corte, cui si intende dare continuità secondo cui, in tema di successione di leggi, qualora, nel corso del giudizio, sia introdotto per il reato in contestazione il regime di procedibilità a querela, e ne venga poi ripristinata la perseguibilità di ufficio, deve darsi applicazione alla legge le cui disposizioni sono piø favorevoli al reo, ai sensi dell’art. 2, comma quarto, cod. pen., attesa la natura mista, sostanziale e processuale, della querela. (Sez. 1, n. 1061 del 20/12/2024, dep. 2025, La, Rv. 287440 – 01).
Come ricordato in motivazione, la giurisprudenza di questa Corte ha da tempo affermato la natura mista, sostanziale e processuale, della querela (v., ad es., Sez. 5, n. 22641 del 21/04/2023, P., Rv. 284749 – 01; su un piano generale, v., di recente, Corte cost., sent. n. 151 del 2023), traendone la coerente conseguenza che, in tema di reati divenuti perseguibili a querela a seguito della modifica introdotta dal d.lqs. 10 ottobre 2022, n. 150, il giudice, in forza dell’art. 2, comma quarto, cod. pen., deve accertare l’esistenza della stessa anche per i reati commessi anteriormente all’intervenuta modifica.
Valendo, dunque, il principio dell’applicazione del regime piø favorevole al reo ex art. 2 comma 4 cod. pen., ovvero quello della procedibilità a querela, i rilievi critici del ricorrente sono sotto questo profilo corretti, non potendosi applicare – come suggerisce il procuratore generale – retroattivamente il regime deteriore introdotto dalla L. 60/2023, che consentirebbe di ritenere procedibile d’ufficio il reato in oggetto.
Le superiori considerazioni comportano l’annullamento senza rinvio in parte qua dell’impugnata sentenza con elisione della pena inflitta per detto reato, improcedibile per difetto di querela, nella misura di un mese di reclusione per ciascuno degli imputati.
2.7 Il settimo motivo di ricorso Ł infondato.
L’aggravante di cui all’art. 416 bis 1 cod. pen. Ł contestata con riferimento ai capi 1), 2), 3), 4), 5), 7).
La lettura della contestazione di cui ai citati capi consente di affermare che l’aggravante mafiosa Ł stata esplicitata sia sotto il profilo dell’utilizzo del metodo mafioso, sia sotto il profilo della finalità agevolatoria ‘con metodo mafioso…oltre che per incrementare il prestigio criminale su territorio’.
La contestazione in forma alternativa di entrambi i profili che caratterizzano l’aggravante speciale di cui all’art. 7 D.L. n. 152 del 1991, conv. in legge n. 203 del 1991, quali l’utilizzo del metodo mafioso o la finalità di agevolazione mafiosa, non Ł illegittima, perchØ in presenza di condotte delittuose complesse ed aperte all’una o all’altra modalità operativa od anche ad entrambe, essa amplia e non riduce le prerogative difensive. In tal caso, la condanna per uno solo dei profili integranti l’aggravante in questione non viola il principio di correlazione tra accusa e sentenza. (Sez. 5, n. 18635 del 14/02/2017, COGNOME, Rv. 270019 01)
A fronte di tale tracciato accusatorio, il giudice di primo grado alle pagg. 26 e segg della motivazione ha ritenuto sussistente detta aggravante sotto entrambi i profili, evidenziando sia le caratteristiche dell’azione, definita plateale e sfrontata, sia l’aspetto agevolativo della consorteria, collocando le condotte all’interno di una contrapposizione fra gruppi rivali al fine di assicurarsi il controllo del territorio; ha altresì richiamato i legami dei soggetti coinvolti con la criminalità organizzata.
Ulteriore elemento che evidenziava era la palese intimidazione esercitata con tale condotta sulle vittime che o negavano di essere state aggredite, ovvero affermavano di non
ricordare nØ le modalità dell’aggressione, nØ l’identità degli aggressori.
Nel medesimo solco tracciato dal Tribunale di Castrovillari si Ł posta la impugnata sentenza della Corte territoriale che ha ribadito la sussistenza dell’aggravante sotto entrambi gli aspetti; tale sentenza sottolinea, poi, che l’aggravante Ł stata ritenuta sussistente in via definitiva per il coimputato COGNOME NOME cl. 79.
Le conclusioni cui sono pervenuti in maniera sostanzialmente sovrapponibile entrambi i giudici di merito si pongono nel solco della consolidata giurisprudenza di legittimità circa la definizione della consistenza della aggravante in oggetto, nella sua duplice declinazione.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, la ratio di tale aggravante Ł quella di contrastare facciano o meno parte di un’associazione di stampo psicologica sulle persone, con i caratteri propri dell’intimidazione derivante COGNOME, Rv. 264900 – 01).
in maniera piø decisa, stante la loro maggiore pericolosità, l’atteggiamento di coloro che, mafioso, si comportino, comunque, “da mafiosi”. Dunque, la circostanza in parola si caratterizza per il fatto che le modalità esecutive del reato devono «evocare la forza intimidatrice del vincolo associativo» (Sez. 6, n. 41772 del 13/06/2017, Vicidomini, Rv. 271103 – 01), capace di determinare «una particolare coartazione dall’organizzazione criminale della specie considerata» (Sez. 2, n. 45321 del 14/10/2015,
Ai fini della configurabilità dell’aggravante dell’utilizzazione del metodo mafioso, di cui all’art. 7 d.l. 13 maggio 1991 n. 152, convertito in legge 12 luglio 1991, n. 203, non occorre che sia dimostrata o contestata l’esistenza di un’associazione per delinquere, essendo necessario solo che la violenza o la minaccia assumano la veste propria della violenza o della minaccia mafiosa, ossia di quella ben piø penetrante, energica ed efficace che deriva dalla prospettazione della sua provenienza da un tipo di sodalizio criminoso dedito a molteplici ed efferati delitti, sicchØ, una volta accertato l’utilizzo del metodo mafioso, l’aggravante, avente natura oggettiva, si applica a tutti i concorrenti nel reato, ancorchØ le azioni di intimidazione e minaccia siano state materialmente commesse solo da alcuni di essi. (Sez. 2, n. 32564 del 12/04/2023, COGNOME, Rv. 285018 – 02)
Ricorre la circostanza aggravante dell’utilizzo del metodo mafioso, di cui all’art. 416-bis. 1 cod. pen., quando l’azione incriminata, posta in essere evocando la contiguità ad una associazione mafiosa, sia funzionale a creare nella vittima una condizione di assoggettamento, come riflesso del prospettato pericolo di trovarsi a fronteggiare le istanze prevaricatrici di un gruppo criminale mafioso, piuttosto che di un criminale comune. (Sez. 5, n. 14867 del 26/01/2021, Marciano’, Rv. 281027 – 01)
La configurabilità dell’aggravante prevista dall’art. 7, d.l. 13 maggio 1991, n. 152 (conv. in legge 12 luglio 1991, n. 203), non richiede necessariamente la sussistenza di una compagine mafiosa o camorristica di riferimento non solo quando Ł contestato l’utilizzo del metodo mafioso, ma anche quando Ł addebitata la finalità agevolativa, anche se, in questa seconda evenienza, occorre che lo scopo sia quello di contribuire all’attività di un’associazione operante in un contesto di matrice mafiosa, in una logica di contrapposizione tra gruppi ispirati da finalità di controllo del territorio con le modalità tipiche previste dall’art. 416-bis cod. pen. (Sez. 2, n. 27548 del 17/05/2019, COGNOME, Rv. 276109 01).
Poste tali premesse, nessun vizio motivazionale o violazione di legge Ł rinvenibile nella motivazione della sentenza della Corte territoriale, che ha, come detto, agganciandosi alle argomentazioni del giudice di primo grado, individuato nell’agire degli imputati non solo le caratteristiche tipiche della condotta mafiosa, ma anche la finalità di agevolare il gruppo
criminale di riferimento, a discapito degli avversari, indipendentemente dalla sussistenza di una ben identificata compagine mafiosa di rifermento, ben potendo ipotizzarsi la volontà di affermarsi di un nuovo centro di potere criminale, facente capo ai Solferino, a discapito degli altri, pacificamente riconducibili al clan Acri-MorfŁ.
2.8 L’ottavo motivo di ricorso Ł infondato.
Lamenta il ricorrente la mancata concessione delle attenuanti generiche e la mancata pedissequa valutazione degli elementi addotti dalla difesa a sostegno della invocata concessione.
In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione Ł insindacabile in sede di legittimità, purchØ sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione. (Nella specie, la Corte ha ritenuto sufficiente, ai fini dell’esclusione delle attenuanti generiche, il richiamo in sentenza ai numerosi precedenti penali dell’imputato). (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME Rv. 271269 – 01)
¨ stato anche affermato che, ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicchØ anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente in tal senso» (Cass., Sez. II, n. 3609 del 18/01/2011, Sermone, Rv 249163).
La concedibilità delle attenuanti Ł stata motivata in ragione del tipo di movente delle loro azioni, del carattere violento degli imputati, per come evincibile dalle loro condotte, nonostante la giovane età, dalla assenza di segnali di resipiscenza : tali argomentazioni sono sufficienti ad ancorare un motivato rigetto; nØ, d’altra parte, a fronte di una motivazione completa e coerente, sul Tribunale incombeva alcun ulteriore onere motivazionale, correlato specificamente alle argomentazioni difensive.
Il ricorso di COGNOME NOME cl. 98 Ł fondato limitatamente al sesto motivo che Ł sovrapponibile al sesto motivo del ricorso di COGNOME NOME COGNOME per la ragioni esposte al punto 2.6.
3.1 Il primo motivo di ricorso Ł infondato.
La declaratoria di penale responsabilità Ł fondata su una valutazione di congruità, precisione e concordanza degli elementi indiziari in atti a carico dell’imputato, non scalfita dalle ragioni di gravame, superate dalle motivazioni dell’impugnata sentenza.
Il ricorrente fa cenno al fatto che alla pag. 8 della sentenza di appello la Corte abbia affermato che alla guida dell’autovettura ci fosse Solferino Gaetano cl. 79, affermazione che Ł – all’evidenza – frutto di un lampante lapsus , poichØ, dal tenore complessivo della argomentazione, Ł evidente che si trattava dell’omonimo piø giovane.
In ogni caso, a fronte della ricostruzione degli elementi di prova a carico dell’imputato, valutati anche sotto la lente delle osservazioni critiche provenienti dalla difesa, il ricorso non Ł stato in grado di apportare alcun elemento di specificità tale da comprovare la sussistenza del lamentato vizio motivazionale.
Non solo, come ricordano le sentenze di merito, l’imputato egli era l’intestatario e l’utilizzatore dell’auto utilizzata dal commando in tutti e tre gli episodi e veniva riconosciuto in occasione dell’aggressione a Mari.
Inoltre, il conducente dell’auto nel momento in cui veniva ripreso indossava dei calzoncini recanti una cifra identica a quella posta sui calzoncini dell’imputato al momento della perquisizione effettuata a casa dello zio omonimo; a tali argomentazioni la impugnata sentenza aggiunge che gli episodi criminosi contestati sono riferibili al medesimo gruppo di soggetti.
3.2. Il secondo motivo Ł infondato per le ragioni esposte al superiore punto 2.3.
3.3. Il terzo motivo Ł infondato per le ragioni esposte al punto 2.4
3.4 Il quarto motivo Ł infondato.
Le doglianze del ricorrente investono la apoditticità della motivazione circa la ritenuta responsabilità per il reato di cui all’art. 424 cod. pen., il travisamento della prova con riferimento alle dichiarazioni della teste COGNOME nonchØ la contraddittorietà della medesima motivazione.
In tema di motivi di ricorso per cassazione, il vizio di “contraddittorietà processuale” (o “travisamento della prova”) vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimità alla verifica dell’esatta trasposizione nel ragionamento del giudice di merito del dato probatorio, rilevante e decisivo, per evidenziarne l’eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi di “fotografia”, neutra e a-valutativa, del “significante”, ma non del “significato”, atteso il persistente divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merito dell’elemento di prova. (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, Dos, Rv. 283370 – 01)
In relazione alle dichiarazioni testimoniali della COGNOME nessun travisamento della prova si Ł verificato, poichŁ la Corte territoriale non ha affermato che la donna avesse visto appiccare il fuoco; anzi ha ribadito in motivazione che tale dato non Ł stato riferito; la teste ha però riferito che non appena i due soggetti che aveva visto vicino al motociclo erano risaliti in auto, il mezzo si era infiammato e che uno dei due aveva con sØ una tanica di plastica.
Nessuna contraddittorietà si appalesa nell’impianto argomentativo contestato, posto che la Corte ha semplicemente accorpato gli elementi indiziari a sua disposizione, interpretandoli univocamente al fine di dedurre dai medesimi il dato non conosciuto, ovverossia che il fuoco sia stato appiccato dai due individui scesi dall’ Alfa Romeo intestata all’imputato.
La circostanza che la teste abbia visto la tanica, ma non l’innesco del fuoco, viene del tutto plausibilmente e coerentemente spiegata nella sentenza impugnata in ragione della distanza rispetto al motociclo e non vi Ł contraddizione rispetto al fatto che invece altri particolari ben piø visibili siano stati percepiti.
3.5 Il quinto motivo Ł infondato per le ragioni esposte al punto 2.5
3.6 Il sesto motivo di ricorso Ł fondato per le ragioni di cui al superiore 2.6
3.7 Il settimo motivo Ł fondato per le ragioni di cui al superiore 2.2
3.8 L’ottavo motivo Ł infondato per le ragioni di cui al punto 2.7
3.9 Il nono motivo Ł infondato.
Lamenta il ricorrente la mancata concessione delle attenuanti generiche e la mancata valutazione delle argomentazioni difensive offerte sul punto; anche per quanto riguarda la disamina di tale motivo si rimanda a quanto osservato al superiore punto 2.8, stante l’unitarietà della motivazione contenuta nel provvedimento impugnato rispetto ad entrambi gli imputati e l’identità delle critiche mosse alla medesima.
4.Quanto al contenuto della memoria e della nota di replica si deve sottolineare che entrambe sono state depositate tardivamente, senza il rispetto dei cinque giorni liberi
dall’udienza come richiesto dall’art. 611 cod. proc. pen.; come Ł stato affermato in un recente arresto di questa Corte, cui si intende dare continuità, nel giudizio camerale di legittimità, le memorie e le produzioni difensive depositate in violazione dei termini previsti, a mente dell’art. 611 cod. proc. pen., in quindici e cinque giorni liberi prima dell’udienza, sono tardive, sicchØ non possono essere prese in considerazione, neppure ai fini della liquidazione delle spese. (Sez. 4, n. 10022 del 06/02/2025, Altese, Rv. 287766 – 02).
La tardività comporta, quale sanzione processuale, la mancata disamina del contenuto dell’atto tardivo, tuttavia, poichŁ nel caso in esame entrambi gli atti di replica contengono argomentazioni già sottoposte al vaglio della Corte con i ricorsi, tali temi sono già stati trattati nei punti che precedono con riferimento alle argomentazioni contenute nei ricorsi, appunto.
Conclusivamente l’impugnata sentenza deve essere annullata senza rinvio stante l’improcedibilità del reato di cui al capo 5) per difetto di querela con correlativa rideterminazione della pena inflitta ai ricorrenti in anni quattro di reclusione.
PQM
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di danneggiamento aggravato di cui al capo 5, in ordine al quale l’azione penale non può essere proseguita per difetto di querela, e ridetermina la pena inflitta ai ricorrenti in anni quattro di reclusione ciascuno. rigetta i ricorsi nel resto.
Così Ł deciso, 11/06/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME