Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 26459 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 26459 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/02/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; che ha concluso chiedendo udito il difensore
IN FATTO E IN DIRITTO
Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza con cui il tribunale di Bergamo, decidendo in sede di giudizio abbreviato, in data 3.4.2019, aveva condanNOME COGNOME NOME alle pene ritenute di giustizia in relazione ai reati di bancarotta fraudolenta documentale e di bancarotta impropria da operazioni dolose, rispettivamente ascrittigli ai capi b) e c) dell’imputazione, assolveva l’imputato dal reato di cui al capo b), perché il fatto non sussiste, con conseguente rideternninazione del trattamento sanzioNOMErio in senso più favorevole al COGNOME, confermando nel resto la sentenza impugnata.
Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede l’annullamento, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, lamentando, con due motivi di impugnazione, vizio di motivazione in punto di mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e di mancata esclusione della recidiva, nonché della circostanza aggravante dei più fatti di bancarotta di cui all’art. 219, I.fall.
2.2. Con requisitoria scritta dell’11.2.2024, il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, chiede che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
Il ricorso va parzialmente accolto, nei seguenti termini.
Infondato appare il primo motivo di ricorso, che, pur ponendosi ai confini dell’inammissibilità, va rigettato.
E invero, come affermato dall’orientamento da tempo dominante nella giurisprudenza di legittimità, in tema di circostanze attenuanti generiche, posto che la ragion d’essere della relativa previsione normativa è quella di consentire al giudice un adeguamento, in senso più favorevole all’imputato, della sanzione prevista dalla legge, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto quanto del soggetto che di esso si è reso responsabile, ne deriva che la meritevolezza di detto adeguamento non può mai essere data per scontata o per presunta, sì da dar luogo all’obbligo, per il giudice, ove
questi ritenga di escluderla, di giustificarne sotto ogni possibile profilo l’affermata insussistenza.
Al contrario, è la suindicata nneritevolezza che necessita, essa stessa, quando se ne affermi l’esistenza, di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzioNOMErio; trattamento la cui esclusione risulta, per converso, adeguatamente motivata alla sola condizione che il giudice, a fronte di specifica richiesta dell’imputato volta all’ottenimento delle attenuanti in questione, indichi delle plausibili ragioni a sostegno del rigetto di detta richiesta, senza che ciò comporti tuttavia la stretta necessità della contestazione o della invalidazione degli elementi sui quali la richiesta stessa si fonda.
In questa prospettiva si è evidenziato come il diniego delle circostanze attenuanti generiche sia giustificato anche solo sulla base dell’esistenza di precedenti penali (cfr., ex plurimis, Sez. IV, 28/05/2013, n. 24172; Sez. III, 23/04/2013, n. 23055, rv. 256172).
Orbene la corte territoriale ha reso una motivazione del tutto in linea con i richiamati principi, evidenziando come sia da ostacolo al riconoscimento delle invocate circostanze attenuanti la circostanza che l’imputato risulta gravato da reiterati precedenti penali, anche di natura specifica, sicché i rilievi articolati dal ricorrente sul punto, volti a contestare la gravità dei suddetti precedenti, relativi a reati per i quali è stata irrogata una semplice sanzione pecuniaria e notevolmente risalenti nel tempo (più di dieci anni dalla pronuncia impugnata) e la mancata considerazione dell’intervenuta assoluzione per due delle ipotesi di reato originariamente contestate al COGNOME, non colgono nel segno, presentandosi alla stregua di rilievi sul merito del trattamento sanzioNOMErio, non scrutinabili in questa sede.
Identiche considerazioni valgono per la questione in tema di recidiva.
Secondo l’orientamento prevalente nella giurisprudenza di legittimità, in tema di recidiva facoltativa, è richiesta al giudice una specifica motivazione, sia che egli affermi sia che escluda la sussistenza della stessa, che, tuttavia, può essere adempiuto anche implicitamente ovvero
con argomentazione succinta, con cui si dia conto del fatto che la condotta costituisce significativa prosecuzione di un processo delinquenziale già avviato (cfr. Cass., Sez. 6, n. 14937 del 14/03/2018, Rv. 272803; Cass., Sez. 6, n. 56972 del 20/06/2018, Rv. 274782).
La decisione impugnata risulta del tutto conforme a tali princìpi, posto che la corte territoriale non si è limitata a fare generico riferimento ai precedenti penali dell’imputato, ma ha evidenziato come i reati per cui si procede esprimono “la tendenza dell’imputato a reiterare condotte penalmente illecite, soprattutto in ambito economico”, apparendo sul punto i rilievi difensivi, volti ancora una volta a contestare la rilevanza dei precedenti penali dell’imputato e l’intervenuta assoluzione per due delle ipotesi di reato originariamente contestate, tali da sollecitare una nuova valutazione sul merito del trattamento sanzioNOMErio.
Fondato, invece, appare il secondo motivo di ricorso.
Sgombrato il campo dalla manifesta infondatezza del primo argomento speso dal ricorrente sulla impossibilità di riconoscere la circostanza aggravante di cui all’art. 219, co. 2, n. 1), I.fall., in relazione al reato di cui all’art. 223, co. 2, n. 2), I.fall., posto che la disciplina speciale sul concorso di reati prevista dall’art. 219, comma secondo, n. 1, legge fall., si applica anche alle ipotesi di bancarotta impropria (cfr. Sez. U, n. 21039 del 27/01/2011, Rv. 249666), non può non rilevarsi l’assoluta carenza di motivazione della sentenza impugnata con riferimento alla contestata incidenza sull’entità del trattamento sanzìoNOMErio della circostanza aggravante di cui si discute, applicata dal giudice di primo grado ai fini della dosimetria della pena (cfr. p. 9 della sentenza di primo grado) laddove, rispetto alle ipotesi di reato originariamente contestate al ricorrente in ordine ai reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, di bancarotta fraudolenta documentale e di bancarotta impropria da operazioni dolose come commesse nell’ambito dello stesso fallimento, è “sopravvissuta” solo l’ultima fattispecie, stante l’intervenuta assoluzione del prevenuto dai reati di cui ai capi a) e b) dell’imputazione.
Sul punto, pertanto, la sentenza impugnata va annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della corte di appello di Brescia, che procederà a una nuova valutazione della dosimetria della pena, sopperendo all’indicata lacuna motivazionale.
La non completa soccombenza del COGNOME implica che quest’ultimo non sia condanNOME al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzioNOMErio in relazione alla circostanza aggravante di cui all’art. 219 legge fallimentare, con rinvio ad altra sezione della corte di appello di Brescia per nuovo giudizio sul punto. Rigetta nel resto il ricorso Così deciso in Roma il 27.2.2024.