Aggravante Arma: La Cassazione chiarisce la minaccia con coltello
La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è intervenuta su un caso di minaccia a pubblico ufficiale, chiarendo i presupposti per l’applicazione della cosiddetta aggravante arma. La pronuncia sottolinea l’importanza della coerenza logica nella motivazione della sentenza, annullando una decisione di merito che aveva escluso l’aggravante in modo contraddittorio.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine da un episodio di violenza e minaccia nei confronti di una guardia giurata. Un individuo, dopo una prima colluttazione, si era procurato un coltello. Con l’arma in pugno, mentre si tagliava delle bende, minacciava esplicitamente la guardia, affermando che, una volta finito, lo avrebbe raggiunto e tagliato. A seguito di questi fatti, il Tribunale di Firenze lo aveva condannato per i reati di violenza e minaccia a pubblico ufficiale.
Tuttavia, il giudice di primo grado aveva deciso di escludere l’applicazione dell’aggravante dell’uso dell’arma, prevista dall’articolo 339 del codice penale.
La Decisione del Tribunale e il Ricorso del Pubblico Ministero
Il Tribunale aveva ritenuto non provata la circostanza aggravante. Contro questa decisione, il Procuratore generale presso la Corte di Appello ha presentato ricorso in Cassazione. Il motivo del ricorso si basava su un duplice vizio: l’errata applicazione della legge (inosservanza dell’art. 339 c.p.) e un difetto di motivazione. Secondo l’accusa, la sentenza del Tribunale aveva travisato le prove, in particolare la testimonianza della guardia giurata, ignorando l’evidenza che l’imputato brandiva un coltello mentre pronunciava le minacce.
Le motivazioni sull’aggravante arma
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Procuratore generale, ritenendolo fondato. Il fulcro della decisione della Suprema Corte risiede nell’aver ravvisato un’irrisolvibile contraddizione nella motivazione della sentenza impugnata. Da un lato, il Tribunale dava per accertato che l’imputato avesse pronunciato frasi esplicitamente minacciose, con un chiaro riferimento all’accoltellamento. Dall’altro, pur ammettendo che l’imputato brandisse degli “oggetti” durante le minacce, concludeva che l’aggravante non fosse emersa.
Secondo la Cassazione, questa affermazione è illogica e insufficiente. La coesistenza di minacce verbali di accoltellamento e il gesto di brandire un oggetto compatibile con l’azione minacciata costituisce un quadro probatorio che il giudice di merito non può ignorare con una motivazione così stringata e contraddittoria. Si configura, pertanto, un vizio di motivazione che impone l’annullamento della decisione sul punto.
Le conclusioni
In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza del Tribunale di Firenze, ma limitatamente alla questione dell’aggravante dell’uso dell’arma. La causa è stata rinviata allo stesso Tribunale, che dovrà procedere a un nuovo giudizio sul punto con un diverso magistrato. Quest’ultimo dovrà rivalutare le prove con maggiore coerenza logica, stabilendo se, alla luce delle minacce verbali e delle circostanze di fatto, l’aggravante arma debba essere applicata. La decisione finale influenzerà direttamente la determinazione della pena. Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: la motivazione di un provvedimento giudiziario deve essere sempre esente da vizi logici e contraddizioni.
Quando si applica l’aggravante dell’uso dell’arma in un reato di minaccia?
Secondo la sentenza, l’aggravante si applica quando le minacce verbali fanno esplicito riferimento all’uso di un’arma (es. “ti taglio”) e, contestualmente, l’autore del reato brandisce un’arma o un oggetto atto a offendere, rendendo la minaccia più grave e credibile.
Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza del Tribunale?
La sentenza è stata annullata per un “vizio di motivazione”. La Corte ha ritenuto illogico e contraddittorio che il Tribunale avesse accertato sia le minacce esplicite di accoltellamento sia il fatto che l’imputato brandisse degli oggetti, per poi concludere, senza un’adeguata spiegazione, che l’aggravante dell’uso dell’arma non fosse provata.
Cosa accade dopo l’annullamento con rinvio deciso dalla Cassazione?
Il processo non è concluso. La causa torna al Tribunale di Firenze, dove un nuovo giudice dovrà riesaminare esclusivamente il punto relativo all’aggravante dell’arma. Al termine di questo nuovo giudizio, il giudice deciderà se applicare o meno l’aggravante e, di conseguenza, potrebbe rideterminare la pena finale per l’imputato.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 11675 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 11675 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da Procuratore generale presso la Corte di appello di Firenze nei confronti di NOME COGNOME nato in Marocco il 19/12/2000
avverso la sentenza del 10/09/2024 del Tribunale di Firenze visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente alla aggravante ex art. 339 cod. pen. con rideterminazione della pena.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Firenze ha dichiarato NOME COGNOME responsabile dei reati di cui agli artt. 337 cod. pen. (capo a) e 336 cod. pen. (capo b) ascrittigli con condanna a pena di giustizia.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il Procuratore generale dell Repubblica deducendo inosservanza dell’art. 339, comma 1, cod. pen. e vizio cumulativo della motivazione in relazione alla esclusione della predetta aggrava con riferimento al reato di cui al capo b, tenuto conto della deposizione dibattimentale del teste COGNOME riportate nel ricorso, il cui contenuto travisato dalla sentenza impugnata risultando, al di là di ogni ragionevole dub che l’imputato, dopo aver ingaggiato una prima colluttazione con la guard giurata, si è procurato un coltello con il quale ha iniziato a tagliarsi le subito dopo, sempre bandendo i coltello e invocando il nome di Allah, minacciava la guardia giurata dicendo che appena avesse terminato sarebbe andato da lui lo avrebbe tagliato, facendo chiaro riferimento alla possibilità di utilizzare il che stringeva in pugno.
La emergenza in fatto così provata integra l’aggravante di cui all’art. comma 1, cod. pen. , come correttamente contestata in fatto nel capo b.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e deve essere accolto.
La sentenza impugnata ha escluso la ricorrenza della aggravante dell’uso del coltello, assumendo che la stessa non risulta emersa.
La stringata affermazione negativa, tuttavia, si pone in irresolu contrasto con lo stesso accertamento dibattimentale richiamato in sentenza c ritiene – da un lato – accertata la pronunzia da parte dell’imputato dell minacciose esplicitamente riferite all’accoltellamento; dall’altro, la circo secondo la quale egli brandiva “oggetti” in mano mentre profferiva tali minacce.
Ne consegue la sussistenza del vizio di motivazione dedotto dal ricorrent al quale consegue l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente all aggravante di cui all’art. 339 cod. pen. con rinvio per nuovo giudizio sul pun Tribunale di Firenze in diversa persona fisica.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla aggravante di cui all’art. 339 cod. pen. con rinvio per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Firenze in diversa persona fisica.
Così deciso, il 5 marzo 2025.